Nota Bene:Is Fassõis - ossia "I fascioni (di giunchi)", è il nome sardo di origine latina che si assegna alle straordinarie imbarcazioni degli stagni di Santa Giusta. Il "Fassõis", lungo quattro metri e largo, al massimo, un metro, è composto, come dice il nome, da "fascioni" di giunchi che crescono sulle rive lacustri, detti "su fenu" e "sa spadua", legati in modo da rendere appuntita la prua e tronca la poppa.
.... e accetto di essere partecipe di un'incomprensibile ma pur sempre confortante immensità. Signore e signori, Mozart.
Grazie , il mio piccolo pensiero è che sia stato l'unico "genio" in campo musicale . Appena potrò ritagliarmi del tempo mi piacerebbe riprendere il filo e trascrivere dalle sue lettere : era un uomo mite , un uomo che si rifiutò sempre di volere per diventare , per ottenere e che volle solo essere . Prometto che tornerò sul piccolo magico "Trazom ". Oggi , per cacciare la melancolia *, sorridiamo con loro ?
* Durer , " Melencolia ", 1514
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Dopo queste piacevolissime digressioni, torniamo alla scrittura.
Cala la sera su Cagliari. C’è chi torna a casa per cenare e non uscire più, chi invece dopo cena va al cinema o a teatro, chi cena fuori. E c’è anche chi, sfidando gli scricchiolii sempre più sinistri delle articolazioni, mette a repentaglio la propria incolumità e talvolta quella degli amici più cari. In altre parole, fa sport. Qualcuno corre e simula ginnastica nei parcheggi attorno allo stadio. Alcuni sono clamorosamente fuori allenamento (li riconosci perché sbuffano rumorosamente e inciampano spesso nella propria lingua), molti hanno intenzioni autenticamente salutistiche, moltissimi vanno dove li porta il pantacollant aderente della prima atleta che capita a tiro. Altri giocano a basket, a tennis, a calcetto. E qui entra in scena l’abominevole uomo delle nove, colui che tutte le settimane tiene insieme un gruppo di irriducibili bambinoni che, per un’ora, si concedono una temporanea deroga alla propria acerba saggezza.
Io sono un abominevole uomo delle nove. Da tanti anni, tutti i venerdì, alle nove di sera, con la complicità di altri avanzi di spogliatoio, gioco a calcetto con l’unico obiettivo di riportare a casa la carcassa in condizioni di autosufficienza. Soprattutto da quando – era il 1992 – il ginocchio sinistro ha deciso di rinunciare ad un legamento costringendomi a giocare con molta prudenza ed un ingombrante tutore azzurro. Per fortuna ci sono compagni di squadra e avversari, alcuni bravi (quindi noiosi e inutili sotto il profilo letterario) altri improponibili. Questi ultimi per me sono come gli astronauti che si muovono in assenza di gravità. L’unica differenza è che loro si agitano in assenza di talento. I movimenti però sono molto simili e tale beata incoscienza li rende quasi poetici. Se mi promettete di non dirlo a nessuno, ve ne parlo. I nomi sono di fantasia, non voglio querele.
Pippo. Una sera particolarmente umida, mentre provava il doppio passo alla Puskas (o alla Muscas, come suggerì qualcuno), ha scoperto a 48 anni di avere menischi masterizzati e si è afflosciato indecorosamente sulla linea laterale. Capimmo subito che non si trattava della solita crisi respiratoria. Non so cosa abbia raccontato alla moglie. Non l’abbiamo più visto.
Onofrio. Preferirebbe giocare il lunedì, perché il venerdì la madre non cucina carne e lo costringe a mangiare minestrone di fagioli. E noi ne paghiamo le conseguenze. Ogni movimento azzardato è seguito da un rumore ambiguo: un latrato, un panno strappato, una sirena di nave. Dovrebbe almeno evitare di battere i calci di rinvio contraendo troppo violentemente i muscoli della pancia e soprattutto astenersi dal saltare per colpire di testa perché ad ogni ricaduta la valvola della cisterna mostra preoccupanti cedimenti. E’ immarcabile come Cristiano Ronaldo, ma per motivi molto diversi.
Si racconta che Nereo Rocco dicesse a certi suoi giocatori “Tu colpisci qualsiasi cosa si muova sull’erba. Se è il pallone, pazienza”. Eddy (diminutivo di Eddy Legno) ha assimilato perfettamente questa indicazione di Rocco. In difesa fa coppia con Teddy, noto Pinocchio per la scioltezza dei movimenti e l’invidiabile tocco di palla.
Frulio. Ex attaccante, ormai dinamico e imprevedibile quanto una cassapanca in cemento, è anche rigorista e per questo si è guadagnato il nomignolo di Rigor Mortis.
Di tutt’altra pasta è Zenobio, detto Prolasso, giocatore volenteroso e corpulento, in grado di presidiare da solo il centrocampo ma votato chiaramente all’attacco. Cardiaco. Sudatore inesauribile, è impossibile stringergli la mano al termine delle partite.
A onor del vero, va detto che non siamo incoscienti fino in fondo. Prendiamo le nostre precauzioni. A Mariello, il più anziano, inguaribile portiere, abbiamo chiesto una foto recente a figura intera con le parti numerate così da poterlo rimettere insieme più facilmente nel malaugurato caso si smontasse sotto i nostri occhi.
Insomma, siamo mestieranti che si difendono ancora piuttosto bene. Finchè dura. Cioè fino a quando ci divertiremo e il fisico non alzerà bandiera bianca. Il gusto del gioco che ci portiamo dentro deriva dall'essere cresciuti all'aria aperta, con amici in carne e ossa, UN pallone (se si bucava o finiva nel canale, addio), scarpe faticosamente comprate e conservate come reliquie, il profumo dell'erba nelle narici, le calze schizzate dal fango e le ginocchia scartavetrate. Per fortuna, la Playstation è toccata in sorte ad altre generazioni.
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.... Il gusto del gioco che ci portiamo dentro deriva dall'essere cresciuti all'aria aperta, con amici in carne e ossa, UN pallone (se si bucava o finiva nel canale, addio), scarpe faticosamente comprate e conservate come reliquie, il profumo dell'erba nelle narici, le calze schizzate dal fango e le ginocchia scartavetrate.
Oh , lo sappiamo bene noi donne che andiamo a vedervi ( a volte fingendo interesse per non dipiacervi ), noi che abbiamo lavato divise con vari olezzi a fratelli o cugini , noi che (...di nascosto ) abbiamo consultato pagine della Gazzetta - che di femminile ha solo il rosa - per ben figurare nelle interminabili discussioni o riunioni calcistiche , e noi al seguito . C' è chi poi ,vedi la sottoscritta , si è trovata con due fratelloni e la collezione delle figurine Panini : <se mi dai un Rivera raro , ti do tre Bulgarelli , o preferisci un Giggiriva ? > Bei ricordi , bei ricordi , Mansardo . E sarà per questi ricordi che il brano che segue l'ho sempre portato nel cuore ?
"Ma Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore un giocatore lo vedi dal coraggio dall'altruismo e dalla fantasia "
Modificato da - Marialuisa in data 03/04/2009 09:55:11
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UtOld
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Mansardo ha scritto:
Dopo queste piacevolissime digressioni, torniamo alla scrittura.
E’ da tempo che la sera mi fiondo su Suite per ascoltare riflessioni, racconti e musica … ma l’argomento su “ L’abominevole uomo delle nove “ mi ha fatto ricordare tante situazioni che più vere di così si muore …. Grazie per l’allegria e il lavorio di mascelle per le risate.
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Mansardo, te lo devo proprio dire: mi hai fatto ridere parecchio con la storia dell'abominevole uomo delle nove. Personalmente, vorrei esprimere tutta la mia solidarietà per Eddy Legno e Pinocchio, due figure che sento molto vicine.... Saluti
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Non credo ci sia bisogno di presentare quella che è una delle più belle canzoni d'amore di tutti i tempi. Parere personalissimo, naturalmente. Una celeberrima serenata sarda. A beneficio di coloro che non hanno dimestichezza con la lingua sarda, posto il filmato con la traduzione in italiano.
Abbiamo tributato i giusti onori a tanti musicisti nazionali e stranieri, del passato e del presente (e certamente continueremo a farlo), ma oggi ho pensato che in questo spazio, così eterogeneo per sensibilità e forme comunicative, non dovesse mancare una delle perle più preziose della nostra isola.
P.S. Grazie a tutti per gli attestati di gradimento, di solidarietà e di umana comprensione nei confronti dell'abominevole uomo delle nove.
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Mi chiedo quanto sia attuale il famoso motto attribuito a De Coubertin. Oggi, nello sport, più che mai è essenziale vincere. Spesso a qualsiasi costo. Forse è sempre stato così. Forse il motto in questione è stato sin dall'inizio un luogo comune svuotato di qualsiasi significato reale. Forse. Io credo però che, se vale ancora nelle partite di calcetto tra amici, vuol dire che un certo significato deve pur averlo. Ma appena si sale di livello agonistico, il peso dell'ideale decoubertiano evapora.
E' facile, allora, intuire la prima discriminante: i soldi. Nello sport professionistico, un principio di pura partecipazione è anacronistico. C'è di mezzo il guadagno, i bilanci, le società da gestire con tutto ciò che comporta (dipendenti, immobili, impianti, etc.). Lo sport è una componente, una barchetta circondata da interessi che provocano onde sempre più alte. E allora partecipare non basta, altrimenti a certi livelli non si sopravvive.
Ed ecco affiorare la seconda discriminante, la più potente e subdola: la televisione. Oggi, gran parte dello sport si regge sugli introiti dei diritti televisivi. Il calcio è il volano, ma (in diversa misura) ne beneficiano tante altre federazioni. La tv domina sullo sport. Basta guardare gli orari degli eventi sportivi. Calcio, formula 1, olimpiadi, tanto per citare le manifestazioni più ghiotte, sono ormai una voce del palinsesto televisivo. Tv significa tanti soldi, significa foraggiare il movimento sportivo (agonistico e dilettantistico), significa visibilità e quindi sponsor, significa poter pianificare. Significa aver venduto l'anima all'etere. In questo vortice, vincere diventa guadagnare molto di più.
Ma c'è un però. Ultimamente intravedo un diabolico piegarsi delle logiche sportive alle esigenze commerciali, una mutazione genetica che, paradossalmente, rivitalizza il significato del motto di cui parliamo. Quando hanno capito che se vince uno solo, come nello sport dovrebbe avvenire, il business cala, i dirigenti sportivi hanno escogitato un sistema geniale anche se non nuovissimo (lo fece con degli alimenti Qualcuno, molto più importante di loro, parecchi anni fa in un contesto più serio): moltiplicare i vincitori. Esempio: nel calcio, tanti anni fa, esisteva la Coppa dei Campioni, che veniva disputata esclusivamente dalle squadre vincitrici dei rispettivi campionati nazionali. Era a eliminazione diretta fin dal primo turno, quindi vincere la Coppa dei Campioni era difficilissimo. Oggi, invece, al suo posto hanno inventato la Champions League, a cui partecipano le prime 4 o 5 di ogni campionato (quindi vincere lo scudetto non è più essenziale) e che prevede l'eliminazione diretta soltanto nella fase finale, perchè nei primi mesi c'è la fase a gironi che assicura a tutte le (troppe) partecipanti una passerella televisiva di almeno 6 partite, rigorosamente in diretta. In altri sport, con lo stesso intento, sono spuntati come funghi trofei, tornei, supercoppe, premi, meeting. Questo vuol dire più soldi per tutti. Dal punto di vista sportivo fa discutere, dal punto di vista commerciale è una gran trovata.
Se nascesse oggi, De Coubertin probabilmente correggerebbe il tiro: l'importante non è vincere, è partecipare ai profitti.
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E' facile, allora, intuire la prima discriminante: i soldi.
Se nascesse oggi, De Coubertin probabilmente correggerebbe il tiro: l'importante non è vincere, è partecipare ai profitti.
Bella , immediata e triste la tua riflessione , Mansardo . E nel leggerla , ieri sera , dopo aver postato l’almanacco , mi sono risolta di far svaporare l’ amarezza e far affiorare un briciolo di speranza, prima di rispondere . Sì , perché l’ assunto denaro , che ormai tale è diventato , è come un pulsante rewind che avvolge velocemente a sé tutti gli avvenimenti che ci preoccupano negli ultimi tempi e che ci fanno tanto meditare . Due sono le immagini che mi tornano alla mente , e non so perché le abbia accomunate o almeno non ne intuisco la ragione : quella di Pantani che, in sella alla sua bicicletta sfilando prima gli occhiali e poi la bandana , corre in salita verso il traguardo . Un’immagine archetipo : prima del diluvio , prima della perdita dell’innocenza . L’altra immagine è quella del pianeta Africa , costantemente presente nella coscienza dell’uomo occidentale , quella mano dolente che chiede aiuto ai fratelli , quella moltitudine di bambini che hanno avuto la sfortuna di nascere tra la miseria , le malattie e la fame terribile . Lo sconforto per l’impotenza è tanta , ma la speranza mai deve abbandonarci . Due , anche qua come nello sconforto , sono le prospettive che si aprono , almeno per me : rivalutiamo la bellezza del creato , la natura è una madre generosa , accogliente , non diamola mai per scontata . Ma cos’ è un’operazione finanziaria riuscita , una eredità ricevuta di fronte a un’alba che si tinge di rosa dopo lo stupore per le sfumature più scure ? Cosa è una vincita al totocalcio rispetto alla consapevolezza di aver compiuto un buon lavoro gratificante e sapere che sei l’artefice di quel gruzzolo che meritatamente hai guadagnato con le tue capacità mentali o manuali ? E’ tutto nelle capacità naturali dell’uomo , nulla di artificiale . Per finire , per molti una banalità , forse : vogliamo dare una rivalutazione ad alcune discipline che possono fare molto in ambito educativo ? Se sì , allora rispolveriamo seriamente le discipline umanistiche , non sono mai fini a se stesse . Se quei manager che tanta parte hanno avuto nella responsabilità dell’attuale crisi economica fossero stati educati a una coscienza etica , a uno spirito critico per se stessi e per la società in cui operano avremmo avuto altri scenari . Perché le discipline umanistiche a questo servono , e mi torna in mente il saggio di Calvino sulla lettura dei classici , anche in senso lato , e mi convinco che questa sia la strada . Con speranza e buona volonta .
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Marialuisa ha scritto: ... L’altra immagine è quella del pianeta Africa , costantemente presente nella coscienza dell’uomo occidentale , quella mano dolente che chiede aiuto ai fratelli , quella moltitudine di bambini che hanno avuto la sfortuna di nascere tra la miseria , le malattie e la fame terribile . Lo sconforto per l’impotenza è tanta , ma la speranza mai deve abbandonarci . Due , anche qua come nello sconforto , sono le prospettive che si aprono , almeno per me : rivalutiamo la bellezza del creato , la natura è una madre generosa , accogliente , non diamola mai per scontata . Ma cos’ è un’operazione finanziaria riuscita , una eredità ricevuta di fronte a un’alba che si tinge di rosa dopo lo stupore per le sfumature più scure ? Cosa è una vincita al totocalcio rispetto alla consapevolezza di aver compiuto un buon lavoro gratificante e sapere che sei l’artefice di quel gruzzolo che meritatamente hai guadagnato con le tue capacità mentali o manuali ? E’ tutto nelle capacità naturali dell’uomo , nulla di artificiale . Per finire , per molti una banalità , forse : vogliamo dare una rivalutazione ad alcune discipline che possono fare molto in ambito educativo ? Se sì , allora rispolveriamo seriamente le discipline umanistiche , non sono mai fini a se stesse . Se quei manager che tanta parte hanno avuto nella responsabilità dell’attuale crisi economica fossero stati educati a una coscienza etica , a uno spirito critico per se stessi e per la società in cui operano avremmo avuto altri scenari . Perché le discipline umanistiche a questo servono , e mi torna in mente il saggio di Calvino sulla lettura dei classici , anche in senso lato , e mi convinco che questa sia la strada . Con speranza e buona volonta .
Condivido in toto il tuo pensiero, ma ho evidenziato le frasi che andrebbero scritte all'ingresso di ogni scuola e di ogni ufficio. Quando l'uomo si distacca dalla natura (intesa anche come etica, quindi il discorso riguarda a buon diritto le discipline umanistiche) ha tutto da perdere. Sempre.
L'Africa è un enorme problema irrisolto, un buco nero nelle coscienze dei paesi sviluppati. Senza uno sforzo congiunto e immediato delle nazioni più progredite, che vadano oltre la solita elemosina (quando va bene), il problema è destinato inesorabilmente a ingigantirsi.
P.S. Ogni promessa è debito. Sapevo di avere da qualche parte una versione diversa della colonna sonora de "Il cacciatore". L'ho trovata addirittura su Youtube. Eccola.
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Bella , immediata e triste la tua riflessione , Mansardo . E nel leggerla , ieri sera , dopo aver postato l’almanacco , mi sono risolta di far svaporare l’ amarezza e far affiorare un briciolo di speranza, prima di rispondere . Sì , perché l’ assunto denaro , che ormai tale è diventato , è come un pulsante rewind che avvolge velocemente a sé tutti gli avvenimenti che ci preoccupano negli ultimi tempi e che ci fanno tanto meditare ... ...Due , anche qua come nello sconforto , sono le prospettive che si aprono , almeno per me : rivalutiamo la bellezza del creato , la natura è una madre generosa , accogliente , non diamola mai per scontata . Ma cos’ è un’operazione finanziaria riuscita , una eredità ricevuta di fronte a un’alba che si tinge di rosa dopo lo stupore per le sfumature più scure ? Cosa è una vincita al totocalcio rispetto alla consapevolezza di aver compiuto un buon lavoro gratificante e sapere che sei l’artefice di quel gruzzolo che meritatamente hai guadagnato con le tue capacità mentali o manuali ? E’ tutto nelle capacità naturali dell’uomo , nulla di artificiale . Per finire , per molti una banalità , forse : vogliamo dare una rivalutazione ad alcune discipline che possono fare molto in ambito educativo ? Se sì , allora rispolveriamo seriamente le discipline umanistiche , non sono mai fini a se stesse . Se quei manager che tanta parte hanno avuto nella responsabilità dell’attuale crisi economica fossero stati educati a una coscienza etica , a uno spirito critico per se stessi e per la società in cui operano avremmo avuto altri scenari . Perché le discipline umanistiche a questo servono , e mi torna in mente il saggio di Calvino sulla lettura dei classici , anche in senso lato , e mi convinco che questa sia la strada . Con speranza e buona volonta .
Concordo pienamente con quanto hai scritto, mi sembra che oggi, in generale, ciò che non è spendibile immediatamente, pronta cassa, non sia degno di essere perseguito; non che non se ne riconosca il valore, questo ancora accade, qualche volta, ma è come se determinate cose facessero parte di un altro mondo, ormai passato. E molti chinano la testa, fanno un sospiro e dicono: "Purtroppo oggi va così". La capacità di sapersi soffermare a guardare la Natura, l'amore per tutte le forme d'arte, l'interesse verso certi saperi, piccoli ma importanti, non pagano subito, un'operazione finanziaria riuscita, un quiz televisivo, la veloce scalata al successo si. Poi magari ti accorgi che un giorno quello che hai imparato nel tempo può aiutarti a riflettere, anche su cose molto pratiche, e che la tua anziana zia, mentre intreccia le scope di palma (cosa di nessuna utilità apparente al giorno d'oggi), inconsapevolmente ti sa portare oltre il semplice gesto, aiutandoti a capire cose molto più grandi, che forse neanche lei sa di sapere. Non so se mi sono spiegato ma la cultura umanistica, che è alla portata di tutti benché ignorata da molti, è come un oggetto bello riposto in un cassetto: un giorno, quando meno te l'aspetti, lo ritrovi, lo porti fuori e lo trovi ancora più bello; allora ti congratuli con te stesso per averne intuito il valore, anche quando gli altri ti dicevano che non ne valeva la pena, raggelando i tuoi entusiasmi con la fatidica domanda "Ma a cosa ti serve?" Concordo col tuo invito alla speranza: per me è un bisogno oltre che una convinzione, anche se, parlandone, spesso vengo preso per un illuso che vive sulle nuvole.
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La notte è trascorsa e siamo qui ancora col cuore gonfio di amarezza e ci sentiamo tutti terremotati , tutti sfollati . Se siamo uomini dobbiamo sentirci accomunati dallo stesso destino e sentirci piccoli piccoli , là fuori al freddo e tra le macerie ,come la gente d’Abruzzo . Le tragedie ci costringono a guardarci dentro , ci ri-scopriamo fragili in questo nostro agitarci inutile , viandanti polverosi sotto lo stesso cielo .
Mansardo , aspetto le tue parole - come sempre - piene di buon senso , consapevole che oggi dobbiamo confortarci vicendevolmente .
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La notte è trascorsa e siamo qui ancora col cuore gonfio di amarezza e ci sentiamo tutti terremotati , tutti sfollati . Se siamo uomini dobbiamo sentirci accomunati dallo stesso destino e sentirci piccoli piccoli , là fuori al freddo e tra le macerie ,come la gente d’Abruzzo . Le tragedie ci costringono a guardarci dentro , ci ri-scopriamo fragili in questo nostro agitarci inutile , viandanti polverosi sotto lo stesso cielo . Mansardo , aspetto le tue parole - come sempre - piene di buon senso , consapevole che oggi dobbiamo confortarci vicendevolmente .
E’ difficile oggi trovare le parole, davanti a una tragedia così immensa, allo stesso tempo collettiva e intima, spaventosamente intima per coloro che hanno perso tutto, affetti, casa, ricordi, lacrime. Talmente intima da essere definitiva per coloro che hanno perso la vita. Un dolore così lascia inebetiti. E’ come se la natura ci resettasse per farci urlare di paura e costringerci a ricominciare daccapo. Il senso delle mie riflessioni di qualche sera fa (guardo il cielo che ha ancora gli ultimi riverberi di luce, mi sento piccolo e insignificante) è proprio questo. Siamo solo briciole, ricordiamocelo in ogni istante.
L’ineluttabilità devastante di un terremoto ci fa, come hai meravigliosamente osservato tu, ri-scoprire fragili viandanti polverosi. Per lavoro, mi occupai di terremoti tanti anni fa. C’è ben poco da fare. Sapere che sta per arrivare, ma non sapere esattamente quando e dove, equivale a non sapere niente. Possiamo soltanto tenerci pronti a limitare i danni, ma dobbiamo aspettare la botta. Al di là delle polemiche, è questa la realtà: è una sfida impari. Noi contro la terra. Ieri sera, guardando la televisione veniva il groppo in gola. E tanta voglia di rimboccarsi le maniche, di essere d’aiuto per quella povera gente privata di tutto. Ero da quelle parti, due mesi fa. Una interminabile teoria di paesini antichi, formati da poche case che si stringevano attorno a un campanile. Le macerie di oggi saranno rimosse, ma i cuori andati perduti chi li restituirà ai loro cari?
Tutte le volte che siamo colpiti duramente ci chiediamo come faremo ad andare avanti. Intanto dobbiamo confrontarci, come hai detto tu. E sia. Guardiamoci dentro e proviamo a capire il significato del dolore, che ci traghetta verso un’altra dimensione, ci cambia le sembianze, ci fa crescere. Non dobbiamo consentire che il dolore ci abbia attraversato invano, altrimenti saremmo costretti a riviverlo. Il dolore deve essere un veicolo per migliorarci, ma questo non si può capire subito, quando si è ancora nel vortice della disgrazia. Come quelle semplici casette con il loro campanile, dobbiamo stringerci attorno a chi soffre per andare oltre lo sconforto. Il tempo non passa mai invano. Paulo Coelho un giorno disse che non esiste notte tanto lunga da non permettere al sole di sorgere. Il grande Eduardo, molto tempo prima, sintetizzò così: Ha da passa’ ‘a nuttata. La notte sarà lunga. Ma restando uniti ne vedremo la fine e potremo dare finalmente il benvenuto a un nuovo tiepido, luminoso, fraterno raggio di sole.
Abbiamo bisogno di conoscere l'inferno per risorgere. Dedicata a chi oggi ha il diritto di piangere e di sentirsi perduto.
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Nevathrad
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Inserito il - 07/04/2009 : 10:04:38
Mansardo, le parole che hai scritto sono quelle che ognuno di noi vorrebbe dire e non sa, la chitarra di Metheny fa da sottofondo perfetto alle corde della nostra anima che si sono mosse così violentemente. Grazie.
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