Nota Bene:Capoterra Solo dopo l’anno 1000 e più precisamente verso il 1200 ritroviamo nuovi insediamenti abitativi, nella zona di S. Barbara dove in questo periodo viene costruita, su tracce di un antico eremitaggio, l’attuale chiesetta e poi in seguito un piccolo villaggio. Non molto lontano da S. Barbara fu costruita probabilmente nel 1625 un’altra chiesetta dedicata a S. Gerolamo. Questi due santi sono stati tra i più venerati dalla tradizione religiosa popolare capoterrese.
Bellissimo Marialuisa Ho avuto il piacere di assistere a diversi concerti dei Radiodervish, ne ricordo uno in particolare in un paese dell'appennino ligure, la notte di ferragosto in questa piazzetta illuminata solo dalle torce e la volta del cielo limpida come se anche le stelle stessero ad ascoltare. E poi la magia della musica.
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Ciascuna aurora (ci dicono) ordisce meraviglie Capaci di piegare la sorte più ostinata; Ci sono orme umane che hanno misurato la luna E l'insonnia devasta gli anni e le miglia. Nell'azzurro tendono insidie pubblici fantasmi Che ottenebrano il giorno. Nel mondo non esiste una Cosa che non sia un'altra, o la contraria o nessuna. Me, mi turbano solo le sorprese banali. Mi sbalordisce che una chiave possa aprire una porta, Mi sbalordisce che la mia mano sia un oggetto sicuro, Mi sbalordisce che l'eleatica freccia del greco Fulminea non raggiunga la meta irraggiungibile. Mi sbalordisce che la spada crudele possa essere bella, E che la rosa abbia la fragranza della rosa.
Jorge Luis Borges
Buon sabato ingenuo, cari amici. p.s. Ciao Aldo, ascoltiamo i tuoi silenzi:)
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Essere costretti a volare basso talvolta è possibile. Dimenticare come si vola, invece, è impossibile.
...vero Mansardo...la tua affermazione mi è di conforto.
...il tuo volo nei cieli della Sardegna si accompagna molto bene alle parole di Morandi.
...Grazie a Marialuisa per i versi di J.L. Borges da Lei proposti...
...e continuando a volare per non morire... sulle ali del sorriso di un bambino lungo il percorso tortuoso della vita dedico al mare dentro ad ognuno di noi questo video:
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Buon pomeriggio Suiters. Tempo fa il Lupo, Stefano Benni, scrisse questo racconto che conservo in quell'angolo dedicato alle cose belle. Una storia di mare, come solo lui sa scrivere. E' lungo..... ma vola. Buona lettura.
SAGRADEMARI La storia di Odisseo Sinbad perduto in mare
Su mari è altu e contene muntagne e nimbi e barrancos ca la terra nun tiene Su mari è mannu, doppu nu mari altro mari e mas altro mari appari Su mari cagna culuri pote essere nigro come sangue rapprisu, o trasparente come il cielo, su mari cagna umori pote ridere o minacciare su mari cagna palabras e soni, pote parlari co murmuriu amicu o sciacca de ninna nenna, chiano chiano o con gridu barrosu irosu zrasos zalatta pelagos che calma e inquieta, che culla e schianta Su mari è matre, su mari è bestia manna, su mari è padroni. Non vedrò mai la fine del mare ma lui vedrà la mia. Portami a casa, dio specchiato in cielo e cielo specchiato in dio, guidami poiché io sono sospeso sulla tua grande mano d’acqua. Amigu meu fratello germano mare
Così pensa il marinaio Odisseus s’odiosu Sinbad coddavento su piscatori balenti seduto in tronu de rezzas e oro de squammas, sotto il sole alto come una corona de re trionfanti. E guarda lontano Odisseus Sinbad su sua barca pintada verde e oru con la vela carmilla, che piano batte l’ala de vela come una mariposa una farfalla posada sul mare, ma la mariposa stanca nun vola calma piatta bonaccia aimarada dunas de agua acqua come meli marrana lacu mortu, niente vento ni un zefiru ni sciannu ni sospiro de bentesoi ne schiaffu de tramontana. Mantice de mistral, otre de Grecali, schiaffo di borea, fogu de sciroccu, ostro e libio, levanti e ponenti, venite a muover l’ali della barca mia, gonfiate la randa, fate culo de stoffa, fate chiagnere e pipituare chiglia e cordame, toglietemi da questo mare piatto firmu terribili come lu tempo della morti dopo la morti.
E juorno se nasconne e notte scenne. Su mari de notti è buio come nessuna terra. Su mari è misteru, contene il buio fosco e dint’o buio altro buio nascosto. E stelle non vedo in esta caligna nigra, Orsamanna ti persi e ogu de Sirio e Venus castissima unde sitis dove siete pancalia luminosa perduta, come troverò nord e sud e rotta erias e pedra e terra e i segni lontani dell’uomo? Così parlava su marinaiu Odisseus politropos Sinbad il coddavento su piscatori balenti ma vento non c’era e le stelle erano coperte, e col sole il mare de meli divenne lintea mota, lago d’inferru e bocca di vulcano e palude di lava, e il sole callente mordeva, la sete scavava la gola e tottus is demonis e i fantasimi e sa janas e sos umbras danzavano nel riflesso dell’acqua profonda. Su mari contene monstruos che la terra non immagina. Su mari e mannu dopo mari altro mari appari. Su mari è anghelu e diavola mannara, su destinu pripara. Su mari è culla e bara.
Ma quale peccato accrasti quale aggio fatto per chistu castigu mavu, gridò Sinbad Odisseus e in ginocchio pregò: Posidone deus con la barba d’alga, soffia nella mia vela. Peleo degli abissi gelidi, mandami una veloce corrente. Santa Blanca dei gavia e degli albatros mandami uccelli, sciami di saggientarrubia a batter l’ali e far vento e segnarmi terra. Santo Ceto dei capodogli mandami sa balena a spingermi col muso rugoso. Santa Rosa dei venti rosa tempestosa dammi le tue spine San Rocco mandami acqua piovana. Santa Elena mandami una sirena. Maria de sas algas, aide moi.
E au mesu de mari sgorga un getto alto fino al cielo, una fontana d’acqua verde e brillante, e in cima a quell’obelisco de vedro vivo dondola un pesce meraviglioso. Il pesce cabracho metà dorada metà scrappioi con ali di ventaglio spagnolo e baffi de corallu e sa schiena ircia de spinas agudas più che espadas e coda rubia de sanguini come un vestito di sposa uccisa. Pisci de oru magicu pisci de vetro e corallu e seta aide me cerco sa via de nostos la via del ritorno sa via de domo E su cabracho sputa acqua e risponde: su pisci mannu la conosce dentro al mare più profondo nella fossa adale dove la luce non arriva, ten fathom five dieci miglia a picco e fondo dieci miglia abbassu nell’ inferru, nella grande caverna de mari batipelagos zrasos zalatta. E Odisseus Sinbad chiede: dove, quale è la rotta a navigari? Aspetta la notte con su campu fioritu de estrellas, Odisseus perdido Sinbad e per metà dormi per metà sogna a nord o forse nord ovest tra mistrali e uranos vedrai sa costellazioni di un pesce mostro fratello a me, su scrappioin, la capidazza ispida, sa scarpigna, lo scrofu, o scorfane e tunnaie di musu e gani ma spesso chi è malvagio tiene cuore de angelo e chi è mostro ti aiuterà, segui la stella del suo occhio fino allo scoglio dell’amore salato. Ma non c’è vento dice Sinbad. Se non c’è vento ci sarà. Non hais onda dice Sinbad. Se non c’è onda si muoverà.
E in cielo appare l’occhio della scarpigna musu e cani e si alza la brezza e la nave muove le ossa ciaulandu cigolando e appare uno scoglio e sullo scoglio una sirena canta, e Sinbad è preso d’amore arrattu in un istante e si sdraia a prua ventana e ascolta.
Parole d’amore leggere Bufera possono diventare Passione non ha limiti come il mare Non puoi amare senza annegare Passione non tiene porto Se nei suoi occhi hai mare Di amore sei già morto.
E si alzano tutti i venti in circolo e si mordono la coda e grecali azzanna bentesoi, tramontana sfida ostro, libecciu schiaffeggia ponente, bufera e urugano e ridda e sabba e imbattu e sa barca vola in aria a pitardu scocca nelle nuvole e prende altura come sula come aquilone e poi precipita e cabra e risale e con gran tonfo si tuffa nel mare e scende scende a mare verde e più giù fat fathom five mare blu e poi mare nero e gran abisso e si posa sul fondo tra anfore e scheletri di galeoni. Ohi ohi dice Sinbad morirò sepultu annegato e senza fiato, invece miracolo si accorge che può respirare e muoversi sott’acqua è diventato pesce o tritone, e in quel momento vede davanti a se un occhio giallo che lo guarda. Occhio maligno di piovra, ogu de pruppumannu, ogu de vurpe. E un tentacolo lungo come dieci gomene lo prende alla vita lo solleva lo fa entrare in una caverna. Sa caverna dei mostri de su mari.
E vede mannara sa murena garajuni pintecaboru coi denti de sciabola iagatana. E su calamaru spettru bianco caamà odalisca che addanza coi lunghi tentacoli. E il cavuru granchio assassino che taglia in due. E su pisci vampiru che succhia il sangue. E su pisci fugu sa tracina parasaula ragno varagno che con una sola goccia di veleno ti ferma il cuore. E sa raja la razza con la coda che morde come stizza di fulmine.
E con rumore grande arrivano il re e la regina dei mostri dell’abisso. Rossa de fogu e pelle de, e lance di guerriero sulla testa arriva regina ligusta aragosta aliusta mangosta e al suo fianco pelle de pedra e chela de hierro re astice alifante kentra longhifanti il lupo di mare e fa scattare la forbice manna e ruggisce e dice: abbiamo un mostro nuovo nell’abisso, un piccolo pallido mostro su marinaio odioso su piscatori balenti, noi carne per lui e lui carne per noi, e afferra Sinbad nella chela e lo solleva, basterebbe che stringesse e lo taglierebbe in due come nu cantu e pani. Aita grida Sinbad Odisseo. Aita chiedi. Ma quando impiccato nella rete o sospeso sul bollore della pentola stridevo e chiedevo perché mi cuoci vivo mi hai tu aiutato? E i fratelli miei che hai pescato con rezzas e palamiti e bomba e fiocina, e strappato dal mare vivi a bocca aperta strozza ansante sbattendo la coda in agonia e straziau e squartau, loro non ti chiedevano aiuto? Non sentivo non sentivo dice Odisseo Sinbad. Poiché tu credi che l’unica lingua al mondo sia lingua d’hommine, muti ci dici. Ma come puoi dire questo? Conosci il canto delle balene i brividi del mio carapace la danza di un tentacolo le armonie che attraversano gli abissi, queste sono le parole nostre. Considera Sinbad questa chela, arma perfetta dite vos hommines. Non è un arma, natura me la diede. Voi soli avete inventato le armi, voi soli tra gli animali usate bolas di fuoco e veleni e reti e ingegni e fiocine e tridenti per uccidere noi e il vostro branco anche. E riempite il fondo del mare di olio nero pudescio e di spazzatura e stravu e venenos. E con grandi navi ci inseguite e uccidete, e prendete di noi più di quanto bisogna alla vostra fame mentre nell’abisso nessuno mangia più della fame sua e della legge naturale. La mia corazza geme ferita, la mia chela è prigioniera nella rete, il mio occhio è glauco di veleno, a mille e mille tu uccidesti i miei fratelli, tu cruce de duluri, tu sei il mostro, ritorna tra i mostri. E lo scaglia in alto e la barca torna a galla ed è di nuovo sole a picco e calma spettrale. Pietà pietà dice odisseo Sinbad mai più pescherò e ucciderò ma promessa di marinaio è corta come mezza corda di ancora, e svanisce come goccia d’acqua insoledada.
E viene la notte e un vento di gelo fa battere i denti a Sinbad su piscatori delira e vede nel cielo le stelle cambiare di posto e rincorrersi e cadere, navi di ferro irte di cannoni, e incendi di guerra su isole lontane e aerei in aria, e una voce di tuono viene dal mare.
Su mari è altu e contene muntagne ca la terra nun tiene Su mari è mannu doppu nu mari altro mari appari Su mari cagna culuri e palabras, pote parlari co murmuriu amicu o con sciacca de ninna nenna chiano chiano o con gridu barrosu irosu zrasos zalatta che calma e inquieta, che culla e schianta Su mari è matre, su mari è bestia manna, su mari è padroni.
E quando si sveglia è in un mare che non ha mai visto. Mari ialino quarzu pavimentu de diamante ametista che il sole lumizza e ingioia. E in quello sfavillare arriva rasu de onda il pesce spada il puddiceddu lo spateddu, e sulla punta della spada come a bompressu la sardina umile la picciocchedda palassiola la saracca la saraghina il cicinello Odisseo, dice, vedi il mare come è trasparente ora in esso poi vedere la più piccola cosa, come piccola cosa sono io, poiché di piccole cose sommerse in fondo ai cuori tuoi è fatta la tua vita, guarda laggiù in fondo al mare e capirai.
E Odisseo Sinbad vide suo padre Laerte Alì su saviu che gli insegnava a usare la nassa. E su madre canterina che schioccava lenzuoli al sole E il fratello morto in guerra non sua. E una donna che amò e a cui non lo disse. E quattro dita di vino in un bicchiere insoledado. E una barca piccola su cui imparò a remare. E una sera di vento in cui si sentì solo come nessuno. E il coltello con cui ferì un amico. E un mare nero di sangue di capodoglio, in cui un amico morì E suo figlio con una spada di legno, contro un aereo mostro in cielo. E Penelope mano d’aurora che riparava reti con ago lento. E il giorno vicino e lontano che salutò la sposa e il rumore dei remi nel porto tranquillo e la sua casa a riva che rimpiccioliva. E tutte le parole ascoltate e dette e dimenticate, tutte in quel mare annegate.
E la voce della sardina picciocchedda saraghina cresce e gonfia, ed è voce di vento forte è la voce del pisci mannu che esce dall’acqua spaccando onde, alto come dieci alberi di nave uno sull’altro e dice: Capisci Sinbad? Tutto è nel mare ciò che sei stato, e qui devi tornare. Qui è la tua casa il tuo destino appare ultimo mare dopo mare culla bara pelagos zrasos zalatta. E su pisci manni con la coda battè forte, la barca si capovolse, Sinbad volò e su pisci manni lo portò in fondo al mare. E il mare era pieno di stelle. Mentre scendeva lento, una corrente sotterranea gli spolpò le ossa in sussurri. Odisseo Sinbad su marinaio balenti il re padre il tritone Fleba il fenicio. E capì che era tornato dove era nato. E la barca dondolò sola tre notti e trovò da sola la via di terra, verso la casa di Sinbad. E forse dentro di essa c’era Sinbad che dormiva e sognava o forse nessuno.
Su mari è altu e contene muntagne e abissi e nubi ca la terra nun tiene Su mari è mannu doppu nu mari altro mari e altro mari appari Su mari cagna culuri pote essere nigro come sangue rapprisu o trasparente come il cielo, su mari cagna umori pote ridere o minacciare, su mari cagna palabras e soni, pote parlari co murmuriu amicu o con sciacca de ninna nenna, chiano chiano o con gridu barrosu irosu zrasos zalatta monstrum pelagos che calma e inquieta, che culla e schianta Su mari è matre, su mari è bestia manna, su mari è padroni.
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A proposito del mare....una poesia del grande Eduardo De Filippo....
"O Mare"
"'O mare fa paura" Accussì dice 'a ggente guardanno 'o mare calmo, calmo cumme na tavula. E dice 'o stesso pure dint' 'e gghiurnate 'e vierno quanno 'o mare s'aiza, e l'onne saglieno primm' a palazz' 'e casa e pò a muntagne. Vergine santa... scanza 'e figlie 'e mamma!
Certo, pè chi se trova cu nu mare ntempesta e perde 'a vita, fa pena. e ssongo 'o primmo a penzà ncapo a me: "Che brutta morte ha fatto stu pover'ommo, e che mumento triste c'ha passato". Ma nun è muorto acciso. È muorto a mmare. 'O mare nuna cide. 'O mare è mmare, e nun 'o sape ca te fa paura.
Io quanno 'o sento... specialmente 'e notte quanno vatte 'a scugliera e caccia 'e mmane... migliara 'e mane e braccia e ggamme e spalle... arraggiuso cumm'è nun se ne mporta ca c' 'e straccia 'a scugliera e vveco ca s' 'e ttira e se schiaffea e caparbio, mperruso, cucciuto, 'e caccia n'ata vota e s'aiuta c' 'a capa 'e spalle 'e bracce ch' 'e piede e cu 'e ddenoccie e ride e chiagne pecché vulesse 'o spazio pè sfucà... Io quanno 'o sento, specialmente 'e notte, cumme stevo dicenno, nun è ca dico: "'O mare fa paura", ma dico: "'O mare sta facenno 'o mare".
1968
Traduzione
Il Mare
"Il mare fa paura" Così dice la gente guardando il mare calmo, calmo come una tavola. E dice lo stesso pure nelle giornate invernali quando il mare si solleva e le onde salgono prima fino ai tetti delle case e poi fino alle montagne Vergine santa, libera i nostri figli! Certo, se qualcuno chi si trova in mezzo a un mare in tempesta e perde la vita, fa pena. E sono il primo a pensare fra me e me: Che brutta morte ha fatto questo pover uomo, e che momento triste ha passato". Ma non è stato ucciso. E' morto a mare. Il mare non uccide, il mare è mare e non sa che ti fa paura. Io, quando lo sento, specialmente di notte quando batte la scogliera e caccia le mani, migliaia di mani e braccia e gambe e spalle... rabbioso com'è non se ne importa se straccia la scogliera e vedo che le ritira e si schiaffeggia e caparbio puntiglioso, cocciuto, le ricaccia un'altra volta e si aiuta con la testa le spalle le braccia con i piedi e con le ginocchia e ride e piange perché vorrebbe spazio per sfogarsi... Io, quando lo sento, specialmente di notte, come stavo dicendo, non dico: "Il mare fa paura", ma dico: "Il mare sta facendo il mare".
Quando mi sento giù di morale, quando i pensieri sono un mare in tempesta, quando l'ansia mi assilla allora cerco di trovare pace o parlando con le persone che riescono ad ascoltarmi (in quei momenti non è facile) o leggendo e una delle mie letture preferite (lo sapete già) è la saggezza degli Indiani d'america. Con le loro semplici ma profonde parole mi trasmettono pace....e un briciolo di serenità.
Oggi ho letto o meglio riletto questa meravigliosa poesia....
"Tieni stretto ciò che è Buono"
Tieni stretto ciò che è buono anche se è un pugno di terra. Tieni stretto ciò in cui credi, anche se è un albero solitario. Tieni stretto ciò che devi fare, anche se è molto lontano da quì. Tieni stretta la vita, anche se è più facile lasciarsi andare. Tieni stretta la mia mano, anche quando mi sono allontanato da te
Tizi, non ricordavo questa tua bellissima preferenza, ho qualche libro anche io sui nativi, mi piace molto leggerli e rileggerli, la saggezza di quelle parole è immensa oltre che rispettosa della natura sotto ogni aspetto.
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Si Flore ho inondato Suite di poesie dei Nativi, che io adoro, per la loro saggezza e la loro semplicità, per il rispetto che hanno di tutto ciò che li circonda....purtroppo sono stati violati, uccisi e privati del bene più grande che un essere vivente ha il diritto di avere...la libertà, rinchiusi in riserve.....ma i loro canti, le loro parole non moriranno mai!
Quando mi sento giù di morale, quando i pensieri sono un mare in tempesta, quando l'ansia mi assilla allora cerco di trovare pace o parlando con le persone che riescono ad ascoltarmi (in quei momenti non è facile) o leggendo e una delle mie letture preferite (lo sapete già) è la saggezza degli Indiani d'america. Con le loro semplici ma profonde parole mi trasmettono pace....e un briciolo di serenità.
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"Tieni stretto ciò che è Buono"
Tieni stretto ciò che è buono anche se è un pugno di terra. Tieni stretto ciò in cui credi, anche se è un albero solitario. Tieni stretto ciò che devi fare, anche se è molto lontano da quì. Tieni stretta la vita, anche se è più facile lasciarsi andare. Tieni stretta la mia mano, anche quando mi sono allontanato da te
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"Ci sono due cose durature che possiamo sperare di lasciare in eredità ai nostri figli: le radici e le ali” (Hodding Carter)
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Si Flore ho inondato Suite di poesie dei Nativi, che io adoro, per la loro saggezza e la loro semplicità, per il rispetto che hanno di tutto ciò che li circonda....purtroppo sono stati violati, uccisi e privati del bene più grande che un essere vivente ha il diritto di avere...la libertà, rinchiusi in riserve.....ma i loro canti, le loro parole non moriranno mai!
Condivido pienamente! Sento dai loro pensieri e dalle loro parole una saggezza che affonda in un mondo molto remoto dove l'uomo aveva un rapporto diverso con Madre Natura.
Si Flore ho inondato Suite di poesie dei Nativi, che io adoro, per la loro saggezza e la loro semplicità, per il rispetto che hanno di tutto ciò che li circonda....purtroppo sono stati violati, uccisi e privati del bene più grande che un essere vivente ha il diritto di avere...la libertà, rinchiusi in riserve.....ma i loro canti, le loro parole non moriranno mai!
Hai pienamente ragione Tizi, sono parole immortali.
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