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Nota Bene: All'estremità sud della penisola del Sinis, presso Capo San Marco e subito dopo San Giovanni di Sinis, troviamo un’altra testimonianza della civiltà Fenicio-Punica in Sardegna: i resti dell’antico porto commerciale di Tharros.



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S.ard

Utente Normale



Inserito il - 27/02/2008 : 10:41:26  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di S.ard Invia a S.ard un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Scusa Tuttitano se mi intrometto......
ma vorrei contribuire a rendere palese come le lingue e i corredi genetici abbiano avuto uno sviluppo comune.

Luigi Luca Cavalli-Sforza (Genova, 1922) ha insegnato nelle Università di Cambridge, Parma e Pavia, è stato professore di Genetica all'Università di Stanford in California. Tra le sue opere apparse in italiano ricordiamo: Analisi statistica per medici e biologi (Torino, 1972), Introduzione alla genetica umana (Milano 1974), Genetica, evoluzione, uomo, scritto con Ammerman (Torino, 1986), Chi siamo, con F. Cavalli-Sforza (Milano, 1993).

Da GENI, POPOLAZIONI E LINGUE di Luigi Luca CAVALLI-SFORZA.
Da "Le Scienze - Scientific American" n° 108. 6/99.

Il nostro albero genealogico […] trova parallelismi sorprendenti in una recente classificazione delle lingue. Pertanto i geni, le popolazioni e le lingue si sono irradiati parallelamente mediante una serie di migrazioni che hanno avuto origine, a quanto pare, in Africa e si sono poi diffuse attraverso l’Asia in Europa, nel Nuovo Mondo e nel Pacifico.

Quanto più tempo è trascorso dalla separazione di due popolazioni, tanto maggiore è la distanza genetica tra esse. Pertanto la distanza genetica potrebbe fungere da orologio con cui datare la storia evolutiva.

Con pochissime eccezioni, sembra che le famiglie linguistiche abbiano, nel nostro albero genetico, una origine abbastanza recente. Tentativi compiuti da due gruppi di linguisti […] hanno dato risultati in linea con i dati genetici, del tutto indipendenti. Avevamo così confermato un’ipotesi avanzata nientemeno che da Darwin il quale, nel capitolo 14 di L’origine della specie, sosteneva che, conoscendo l’albero dell’evoluzione genetica, si sarebbe potuto prevedere quello dell’evoluzione linguistica.

Perché l’evoluzione genetica e linguistica dovrebbero avere una così stretta corrispondenza? La risposta sta non nel determinismo genetico, ma nella storia: i geni non controllano la lingua, ma sono piuttosto le circostanze della nascita a determinare le lingue cui l’individuo è esposto. Le differenze linguistiche possono generare o rafforzare le barriere genetiche, ma è improbabile che siano la causa principale della correlazione.







Alberto Piazza è professore di genetica umana e direttore del Dipartimento di genetica, biologia e chimica dell'Università di Torino. Membro del Centro CNR per l'immunogenetica e l'istocompatibilità, è da molti anni visiting professor di genetica alla Stanford University dove lavora con L.L. Cavalli-Sforza sull'analisi dell'levoluzione della specie umana.

- - -

La trasmissione di geni e lingue | di Alberto PIAZZA.
Da "Le Scienze - Scientific American" n° 86. 10/95.
Che l’Italia sia una mescolanza di culture differenti, risultato di storie e movimenti di popolazioni di origine molto eterogenee, è una osservazione comune, quasi scontata: sia l’uomo colto che la persona un po’ curiosa si accorgono di quanto siano varie nella nostra penisola le popolazioni, le tradizioni, i paesaggi. […] Lo studio che voglio presentare intende contribuire alla ricerca della nostra identità storica esaminandola da una angolazione piuttosto inconsueta, quella della struttura genetica. […]

Quando si parla di differenze genetiche tra individui o popolazioni di individui, occorre subito sgombrare il campo dai pregiudizi. Se esaminiamo due individui a caso, il loro corredo genetico ( cioè l’insieme delle informazioni codificate dal DNA contenuto nei cromosomi delle loro cellule e trasmesse ai figli) sarà, con certezza quasi assoluta, diverso: in altre parole, nel mondo biologico la diversità costituisce la regola, l’uniformità l’evento eccezionale. Di conseguenza il pregiudizio che ci porta a distinguere «razze» diverse non ha alcun fondamento biologico, ma è di natura esclusivamente culturale. […].

Nello studio della popolazione italiana, così come negli studi genetici di altre popolazioni umane, sono state esaminate le frequenze dei gruppi sanguigni.

Il gruppo sanguigno Rh ha una frequenza molto variabile nella nostra penisola; se per esempio contassimo gli individui Rh negativi in un paese del Piemonte, troveremmo una porzione di circa il 15%, mentre se facessimo la stessa indagine in Sardegna troveremmo che solo il 5% della popolazione presenta questo carattere.

Benché Piemonte e Sardegna siano territori appartenuti allo stesso regno, differenze etniche più antiche o condizioni ambientali eterogenee possono spiegare queste variazioni di frequenze geniche che ancora oggi siamo in grado di apprezzare. Una simile variabilità è presente anche negli altri gruppi sanguigni esaminati. […]

Ma l’analisi non si limita ai gruppi sanguigni. Per “evitare l’insidia di descrivere una variabilità dovuta all’ambiente invece che alla successione di eventi storici” i ricercatori hanno inserito nel loro studio anche i valori dei diversi caratteri genetici. >>

L’illustrazione […] esemplifica questo tipo di analisi offrendoci una sintesi della collocazione genetica dell’Italia rispetto all’Europa.

La maggior parte delle regioni italiane è qui rappresentata […] insieme a molte nazioni d’Europa […]. Le posizioni di ciascuna regione d’Italia e di ciascuna nazione europea dipendono da due variabili che sono la prima e la seconda componente principale di tutte le frequenze dei geni presi in considerazione. Questa rappresentazione è stata costruita in modo che la distanza di ogni coppia […] di aree circolari misura la loro differenza genetica […].

La prima considerazione che emerge dall’analisi di questa illustrazione è che la Sardegna si distacca dalle altre regioni italiane (Sicilia inclusa) con una diversità genetica che è tra le maggiori riscontrabili in Europa […].

Si noti inoltre la posizione estrema dei lapponi: il loro isolamento genetico rispetto alle altre popolazioni europee è ben documentato. […]

La distribuzione dei 40 geni esaminati in Italia è sintetizzata [nelle tre mappe monocromatiche qui rappresentate in verde, rosso, e blu: esse non contengono tutta l’informazione delle frequenze geniche originali perché si sono esaminate le tre componenti più informative […] escludendo così l’influsso di fattori ambientali.

In tutte le mappe genetiche dell’Italia non viene presa in considerazione la Sardegna.

L’esclusione non è certo dettata dalla mancanza di dati e nemmeno dal minore interesse per quest’isola: se mai è proprio vero il contrario, nel senso che la struttura genetica della Sardegna è così profondamente diversa da quella delle altre regioni italiana che il suo esame richiederebbe una trattazione separata.

Il problema è che se dovessimo inserire i dati della Sardegna genetica nelle tre mappe monocromatiche dell’Italia, la Sardegna risulterebbe di colore intensissimo e l’Italia continentale di colore pallidissimo e uniforme, tanto diverse risultano le due strutture genetiche.




Chiedo scusa per la lunghezza.







  Firma di S.ard 
S.ard
"No semus italianos, no l'amus a esser mai"

 Regione Sardegna  ~  Messaggi: 72  ~  Membro dal: 29/08/2007  ~  Ultima visita: 25/11/2008 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 28/02/2008 : 14:49:58  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Salute! (in senso di sorpresa ed ammirazione, intendo)

Se è stata chiamata in causa anche la Genetica di Popolazioni... forse posso dire qualche cosa anch'io.

I bellissimi studi dell'ormai americano L.Cavalli-Sforza e di Antony Edwards si sono basati sui polimorfismi umani (come i gruppi sanguigni ed una dozzina di altri polimorfismi di circa 15 popolazioni Africane, Europee, Asiatiche ed Americane) e risalgono al 1950. Hanno avuto il merito di aprire la strada alla "computanional biology", dimostrando che la Genetica di popolazioni aveva da dire la sua in modo autorevole, nel campo dell'Antropologia.
Cavalli Sforza e Lewontin hanno dimostrato che - malgrado le differenze esteriori - i gruppi umani sono molto più vicini tra loro di quanto si possa pensare. La razza umana è una, alla faccia di ogni razzismo.
Nei tardi anni '70, W. Gilbert e F. Sanger descrissero - indipendentemente - due sistemi per sequenziare la molecola del DNA (vinsero il Nobel per la chimica nel 1980; oggi si applica il metodo Sanger, che è più semplice).
E qui comincia - davvero! - l'avventura: Sforza (Stanford) e Wilson (Berkeley, Calif) iniziano la rivoluzione dell'antropologia, il primo aprendo la strada per gli studi sul cromosoma Y (linea maschile) ed il secondo sul DNA mitocondriale (linea femminile).
Ambedue, Y e mt DNA, si definiscono DNA non ricombinanti, perché non si mescolano (quasi come le carte di un mazzo) tra loro e con il restante materiale genetico, a formare il nuovo individuo partendo dai due genitori.
Per questo motivo, possono essere seguiti, a ritroso, nelle lente e progressive modifiche subite durante il loro viaggio geografico-storico, a partire dalla zona d'origine dell'uomo (l'Africa) fino ad arrivare dove?
Non certo al primo uomo oppure alla prima donna, (come trionfalmente dissero i giornali a suo tempo) ma al più recente antenato comune (maschio o femmina) ricostruibile con il materiale di cui disponiamo ed alla zona in cui egli visse.
Gli studi si possono eseguire su materiale genetico attuale, ma anche di provenienza archeologica (posto che non vi siano stati inquinamenti con materiale genetico estraneo).
E' una materia appassionante, su cui le "opinioni personali" contano poco, (al massimo, possono servire come ipotesi di lavoro), in quanto i risultati delle ricerche sono costituiti da dati scientifici...

Perché esiste corrispondenza tra evoluzione linguistica ed evoluzione genetica?
Perché la trasmissione culturale (specialmente quella verticale: padre/figlio oppure insegnante/discepolo) presenta molti tratti in comune alla trasmissione genetica, (con l'eccezione della trasmissione orizzontale, tra componenti della stessa generazione)...
E la trasmissione culturale dipende spesso dalla geografia: un medesimo gruppo etnico che si divida (si pensi ad un "Ver Sacrum" di tipo Erodoteo, per esempio) in due gruppi che restino poi separati da una barriera significativa (mare, catena montuosa, deserto etc), in poche generazioni porterà alla comparsa di differenze linguistiche, comportamentali, religiose (quindi culturali), che costituiranno a loro volta ulteriori barriere ostanti ancora di più ad una riunificazione culturale di un genoma che ancora mostrerà consistenti somiglianze, dichiarando la comune origine dei due gruppi.
Più che di Storia, in realtà, si tratta di Geografia...
I gruppi, una volta identici (e geneticamente ancora molto affini) alla fine non si riconoscono più. Possono decidere di fondare stati diversi. E' storia (vedi "Armi, acciaio e malattie" di Jarod Diamond) che talvolta il gruppo di origine abbia invaso le terre del gruppo "figlio", e - non ricordandosi più dell'origine identica - abbia sterminato tutti gli abitanti della nuova colonia. Questo è ciò che si ottiene dimenticando le proprie origini e non tollerando le differenze...

Personalmente, non credo che si debbano sottolineare le differenze e vedere la cosa dal punto di vista di "nazioni" oppure "stati". Credo sia meglio - alla luce dell'origine comune di noi tutti - seguire con passione il filo rosso delle similitudini, conservando con affetto e conoscendo i motivi della propria distinzione dagli altri gruppi umani e la propria dignità di gruppo etnico, ma senza esagerare: simme tutti figli 'e mammà, in fondo...

Ciao, MF







Modificato da - maurizio feo in data 28/02/2008 14:52:53

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

Turritano

Utente Virtuoso




Inserito il - 28/02/2008 : 21:16:05  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Turritano Invia a Turritano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
maurizio feo ha scritto:

Salute! (in senso di sorpresa ed ammirazione, intendo)

Se è stata chiamata in causa anche la Genetica di Popolazioni... forse posso dire qualche cosa anch'io.

I bellissimi studi dell'ormai americano L.Cavalli-Sforza e di Antony Edwards si sono basati sui polimorfismi umani (come i gruppi sanguigni ed una dozzina di altri polimorfismi di circa 15 popolazioni Africane, Europee, Asiatiche ed Americane) e risalgono al 1950. ...
Ciao, MF

Ma... per quanto riguarda la genetica, se ho capito bene, forse sei un pò arretrato. Le ricerche di Cavalli-Sforza e dell'Università di Sassari (e non solo) basate sul DNA, sono andate un pochino avanti dal 1950. Notizie sugli ultimi dati sono state pubblicate anche nel 2007 sulla nuova Sardegna nel mese di Novembre (o forse di Dicembre) e ti assicuro che sono molto interessanti.
Che siamo tutti figli della stessa mamma e, magari anche dello stesso padre (Adamo ed Eva, credo), lo sanno tutti. Si sa anche che il primo antenato documentato è la piccola Lucy, ritrovata in Africa Orientale ormai "qualche" anno fa. Da questo e da altri ritrovamenti parrebbe quindi che la specie umana avrebbe avuto origine in Africa, ma pare anche che i Cinesi non siano molto d'accordo... Comunque sia, dai tempi di Adamo ed Eva o, se preferiamo, di "Lucy", ne è passata di acqua sotto i ponti e molte cose sono cambiate. Forse qualcuno non se n'è accorto, ma sono nati e morti regni, imperi, stati e nazioni. Qualcuno ha dominato e qualcuno è stato dominato e la storia si è sempre ripetuta e sempre si ripeterà, all'infinito, finché ci saranno "figli di quella stessa mamma".
Perché la Storia è sempre in movimento, anche quando sembra ferma e ci riserva sempre nuove sorprese.
Comunque, questo è solo un aspetto del problema che, partito dalla Lingua Sarda (titolo della discussione) poi si è allargato ad altri argomenti abbastanza affini, con punti di vista diversificati. Vogliamo ricominciare?!
Ciao
Turritano






  Firma di Turritano 
Le dominazioni passano ... i Sardi restano!

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Sassari  ~  Messaggi: 4480  ~  Membro dal: 13/01/2008  ~  Ultima visita: 04/10/2016 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 28/02/2008 : 21:46:12  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Turritano ha scritto:

Comunque, questo è solo un aspetto del problema che, partito dalla Lingua Sarda (titolo della discussione) poi si è allargato ad altri argomenti abbastanza affini, con punti di vista diversificati. Vogliamo ricominciare?!
Ciao
Turritano

Sì, hai ragione, abbiamo divagato... Dovremmo attenerci di più al tema. (Conosco tutti i lavori di L.C.S., ma nel mio excursus i lavori di Sforza- Edwards sono del '50 e sono fondamentali, fatti con un vecchio supercomputer Olivetti. Poi ci sono gli altri, ad es. quelli sul cromosoma Y e via dicendo, che sono successivi, fino a quelli recenti e recentissimi di Caramelli - Barbujani - Vona, specificatamente sui sardi e condotti anche su materiale genetico antico non inquinato).

Circa l'ovvietà della stessa mamma, era solo un alleggerimento scherzoso, visto che stavamo diventando tutti troppo seri.

Anche se è sempre un piacere leggere questo forum, persino quando usciamo involontariamente dal tema iniziale.
Ciao,
MF







Modificato da - Nuragica in data 29/02/2008 00:43:28

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

la keta

Utente Normale


Inserito il - 02/03/2008 : 10:27:29  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di la keta Invia a la keta un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Un paio di settimane fa ho assistito e partecipato ad una discussione sul dialetto dell mia zona (Verbania, Lago Maggiore) tra clienti del mio bar. Parlavano di una rappresentazione teatrale messa in scena dalla locale compagnia del dialetto. L'appunto che gli anziani muovevano era rivolto agli attori più giovani che usano spesso termini ed inflessioni che non sono proprie del dialetto di Intra (dove la compagnia ha sede) commentando che "il nostro dialetto si sta perdendo". Questo è vero e falso allo stesso tempo, il dialetto non si sta perdendo ma sta subendo la sua naturale evoluzione. Questa evoluzione si deve considerare positiva perchè significa che la lingua locale viene ancora parlata e ,quindi, è viva e, come tutte le cose vive, cresce e si modifica. Ciò che resta fermo ed immobile è morto. I moderni mezzi di comunicazione, la velocità e la facilità con cui ci si sposta oggi, permettono il contatto giornaliero con persone al di fuori del proprio paese. Questo fa sì che ogni giorno avvenga uno scambio orizzontale di materiale linguistico. Io sono nata a cresciuta a Suna ma lavoro a Intra, ho parecchi amici della val d'ossola, di borgomanero (novarese), di varese, del canton ticino... a voler fare i pignoli dovrei elencare tutti i paesi di provenienza dei miei conoscenti perchè basta percorrere un paio di chilometri per trovare inflessioni e termini profondamente diversi (nelle valli montane come in molte zone della Sardegna fino a pochi decenni fa si poteva parlare di isolamento genetico e linguistico). Il malumore degli ultimi anni rispetto allo stato Italiano ha portato i giovani a voler riscoprire e conservare tradizioni popolari locali e a recuperare il dialetto. La cosa interessante è che molti di questi giovani non possono nemmeno dirsi "purosangue" a causa della forte immigrazione che hanno visto le nostre zone dal dopoguerra in poi. Quindi hanno appreso il dialetto a bocconi qua e là, magari sentendo parlare solo uno dei nonni e più spesso i colleghi di lavoro o gli amici al bar. Il risultato di questo recupero è una lingua che sempre più si va unificando e, volenti o nolenti, sempre più contaminata dall'italiano (che a sua volta ha subito profonde modifiche nel corso dei secoli adattandosi all'inflessione della zona in cui viene parlato).
A mio modesto avviso non bastano però un paio di feste celtiche e quattro parole snocciolate in dialetto per fare di una popolazione uno stato indipendente, ci vogliono realtà locali ben più concrete e basate su di un unità di intenti pratici e politici che dimostrino la reale capacità di una zona di potersi autogestire a livello economico e sociale. Tanti anni di militanza in lega nord mi hanno fatto disgustare certe forme di razzismo inutili e fuorvianti, certe esibizioni di anti-italianità al limite del grottesco (sono io la prima a non sentirmi italiana ma non ho mai bruciato il tricolore a Pontida) che non solo sono di cattivo gusto ma offendono chi, pur cercando di mantenere vive tradizioni e lingua, ricorda il nonno che, potrando quella bandiera in mano, è morto sulle alpi (i nostri nonni non erano stupidi, avevano solo creduto che l'Italia fosse il futuro migliore per i propri figli, se questo non è avvenuto la colpa è di chi non ha saputo far crescere il seme che loro hanno piantato).
Un'altra cosa che mi infastidisce è il vittimismo: non è il popolo sardo l'unico che ha visto occupazioni e devastazioni pesanti a causa di passati conquistatori senza scrupoli. Ancorare la propria indipendenza e la propria affermazione di nazionalità a questi fatti è come una vendetta o ribellione a scoppio ritardato (e che ritardo!). Non capisco quale futuro si possa costruire su rancori millenari quando sia vittime che carnefici ormai sono morti e sepolti da secoli. Ciò non vuol dire dimenticare fatti storici importanti ma cercare di non confondere il malessere attuale con quello passato...






 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Thiesi  ~  Messaggi: 61  ~  Membro dal: 16/10/2007  ~  Ultima visita: 26/09/2011 Torna all'inizio della Pagina

asia
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 02/03/2008 : 10:58:43  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di asia Invia a asia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Splendido e saggio intervento La Keta.

Ho, sull'evoluzione linguistica dei dialetti o delle varianti locali, il tuo stesso parere.
Sono dinamiche di arricchimento, non di depauperazione.

Assolutamente naturali.







  Firma di asia 

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 1634  ~  Membro dal: 29/12/2007  ~  Ultima visita: 14/10/2012 Torna all'inizio della Pagina

Turritano

Utente Virtuoso




Inserito il - 02/03/2008 : 22:53:58  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Turritano Invia a Turritano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
la keta ha scritto:

Un paio di settimane fa ho assistito e partecipato ad una discussione sul dialetto dell mia zona (Verbania, Lago Maggiore) tra clienti del mio bar. ....L'appunto che gli anziani muovevano era rivolto agli attori più giovani che usano spesso termini ed inflessioni che non sono proprie del dialetto di Intra (dove la compagnia ha sede) commentando che "il nostro dialetto si sta perdendo... ecc. ecc.

Volenti o dolenti… c’è una bella differenza fra sardi e italiani di qualsiasi regione. Un bel po’ di cose son già venute a galla. Basta leggere i post precedenti. Io non vorrei ripetermi, ma forse non sono stato abbastanza chiaro. E allora, eccomi qua. Io son sempre disposto a ripetere, rispondere alle domande e ad approfondire ulteriormente, sempre di più, in cerchi concentrici.
Su qualcosa, inevitabilmente non posso non essere d’accordo, ma su altre ogni paragone è improponibile. Per esempio, tu dici:” …"il nostro dialetto si sta perdendo. Questo è vero e falso allo stesso tempo, il dialetto non si sta perdendo ma sta subendo la sua naturale evoluzione. Questa evoluzione si deve considerare positiva perchè significa che la lingua locale viene ancora parlata e ,quindi, è viva". Premettendo che c’è una bella differenza fra LINGUA e DIALETTO, è tutto vero, ma non c’è da rallegrarsi molto, perché, se una lingua o dialetto (come nel caso di Verbania) si evolve troppo e troppo in fretta, uniformandosi all’italiano, equivale a morire. È un destino ineluttabile.
Tu dici:” ... a voler fare i pignoli dovrei elencare tutti i paesi di provenienza dei miei conoscenti perchè basta percorrere un paio di chilometri per trovare inflessioni e termini profondamente diversi…” Io non conosco la situazione delle vostre parti. Ci son stato per un certo periodo (anche nel Canton Ticino) ma, a dir la verità, mi sembravano tutti simili. Non ci sono stato abbastanza e non ho girato abbastanza per notare le differenze. Comunque questo conferma quanto già detto e sempre da me ribadito: questa situazione non è solo limitata alla Sardegna, ma è comune in tutte le zone del Mondo.
Tu dici: “ Il malumore degli ultimi anni rispetto allo stato Italiano ha portato i giovani a voler riscoprire e conservare tradizioni popolari locali e a recuperare il dialetto…” allora si tratta di ”malumore degli ultimi anni” per un dialetto che, seppure è parte importantissima di una cultura, è pur sempre un dialetto, cosa dobbiamo dire allora noi sardi (o quelli che la pensano come me) che subiamo il governo italiano come governo estraneo non dagli ultimi anni ma da secoli. Cosa dobbiamo dire noi, che stiamo perdendo non “un dialetto” ma una ricchissima lingua, una lingua intera con tutti i suoi dialetti?
Tu dici:” A mio modesto avviso non bastano però un paio di feste celtiche e quattro parole snocciolate in dialetto per fare di una popolazione uno stato indipendente, ci vogliono realtà locali ben più concrete e basate su di un unità di intenti pratici e politici che dimostrino la reale capacità di una zona di potersi autogestire a livello economico e sociale…” anche qui, come non essere d’accordo? Tranne per una “piccolezza” (anzi due):
1) prima di tutto, non è difficile sapersi gestire, basta avere la volontà e la preparazione.
2) Ma come si fa ad avere la preparazione (e magari anche la volontà) se un Popolo è stato tenuto sotto il tallone di un altro (o di altri), completamente estranei, per secoli? Quando PER SECOLI è stato tenuto nell’ignoranza? Dimentica la sua storia, dimentica la sua origine e, inevitabilmente, diventa succube del popolo egemone.
Onore a tuo nonno, che è morto sulle Alpi difendendo la sua Patria, ma, con tutto il rispetto, non altrettanto si può dire dei tanti sardi che son morti sulle Alpi, difendendo una patria altrui.

Ma la “perla” del tuo discorso è questa: “Un'altra cosa che mi infastidisce è il vittimismo: non è il popolo sardo l'unico che ha visto occupazioni e devastazioni pesanti a causa di passati conquistatori senza scrupoli. Ancorare la propria indipendenza e la propria affermazione di nazionalità a questi fatti è come una vendetta o ribellione a scoppio ritardato (e che ritardo!). Non capisco quale futuro si possa costruire su rancori millenari quando sia vittime che carnefici ormai sono morti e sepolti da secoli. Ciò non vuol dire dimenticare fatti storici importanti ma cercare di non confondere il malessere attuale con quello passato...”
Brava. Allora:
1) prima di tutto, lascia perdere il “vittimismo”. E troppo facile accusare di vittimismo un Popolo sempre vessato, che finalmente ha la coscienza, la convinzione e la volontà di esprimersi e di far valere le sue ragioni. Il nostro NON è un atteggiamento nevrotico, una tendenza psichiatrica a considerarsi danneggiati per puro autocompatimento e per ricerca di simpatia. Questa parola, offensiva e fuorviante, lasciamola ai politici di professione e ai loro lacchè. Il nostro non è autocompatimento, ma denuncia della verità, perché si sappia e perché ci sia dato, finalmente, il dovuto!
2) “Il Popolo Sardo non è l’unico che ha visto occupazioni, devastazioni …”
Ahn sì? E allora citamene qualcun altro, poi vediamo le differenze e le affinità.
3) “Ancorare la propria indipendenza e la propria affermazione di nazionalità a questi fatti è come una vendetta o ribellione a scoppio ritardato (e che ritardo!).” Questo è proprio il massimo della superficialità, dell’arroganza e, forse, anche dell’ignoranza.
La nazionalità è data dall’appartenenza a una Nazione. Per Nazione s’intende un popolo accomunato da origine, storia, tradizioni e lingua propria. Quindi, non c’è nessuna vendetta, ribellione o rivalsa fine a se stessa, ma in quanto, lo ripeto è un nostro diritto. Noi ancoriamo la nostra nazionalità, e la conseguente richiesta di indipendenza a “questi fatti” (hai proprio ragione: ”fatti”) come tutte le nazioni del mondo hanno sempre fatto e sempre faranno, e non al niente o a parole senza senso. Il dire che queste rivendicazioni sono a scoppio ritardato è frettoloso, ridicolo e segno di tracotanza, perché un popolo si “sveglia” dal letargo quando prende coscienza e/o quando la situazione storica lo permette. Non è il tempo che conta. Troppo comodo dominare e vessare un popolo per secoli, magari fargli anche perdere la propria coscienza, e poi, quando questo finalmente apre gli occhi e reclama ciò che la prepotenza altrui gli ha sempre negato, è troppo comodo dire: ”ma come, è passato tanto (?) tempo, vi maltrattiamo come tutti gli altri, perché non rimanete con noi, e, fra qualche secolo, quando avrete dimenticato ogni parola della vostra lingua, non ricorderete più niente della vostra cultura millenaria, sarete completamente assimilati... non avrete più motivo di volervi indipendenti”. E no! non funziona! Ricordati che quei “fatti”, che ti piaccia no, hanno segnato la nostra storia e rimangono indelebili.
Quindi, il dire poi che questa rivendicazione sia a scoppio ritardato, perché vittime e carnefici sono morti da secoli è, non solo comodo e gratuito, ma ridicolo. E nessuno confonde il malessere attuale con quello passato, se mai è tutto un continuum. E , per finire, non si vuol costruire un futuro su rancori millenari ( meno male che lo riconosci!) ma vogliamo prendere la nostra strada con la nostra testa e le nostre gambe, finalmente!






Modificato da - Turritano in data 02/03/2008 23:07:55

  Firma di Turritano 
Le dominazioni passano ... i Sardi restano!

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: Sassari  ~  Messaggi: 4480  ~  Membro dal: 13/01/2008  ~  Ultima visita: 04/10/2016 Torna all'inizio della Pagina

la keta

Utente Normale


Inserito il - 04/03/2008 : 17:31:48  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di la keta Invia a la keta un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Turritano ha scritto:
Su qualcosa, inevitabilmente non posso non essere d’accordo, ma su altre ogni paragone è improponibile. Per esempio, tu dici:” …"il nostro dialetto si sta perdendo. Questo è vero e falso allo stesso tempo, il dialetto non si sta perdendo ma sta subendo la sua naturale evoluzione. Questa evoluzione si deve considerare positiva perchè significa che la lingua locale viene ancora parlata e ,quindi, è viva". Premettendo che c’è una bella differenza fra LINGUA e DIALETTO, è tutto vero, ma non c’è da rallegrarsi molto, perché, se una lingua o dialetto (come nel caso di Verbania) si evolve troppo e troppo in fretta, uniformandosi all’italiano, equivale a morire. È un destino ineluttabile.

No, non ci siamo Turritano, i dialetti che si parlano in italia non sono derivati dall'italiano e quindi possono considerarsi tutti delle vere e proprie lingue a parte. Io parlo di dialetto intendendo l'accezione più anglosassone del termine e non quella tipica dei linguisti italiani che vedono nel dialetto una lingua inferiore a quella ufficiale.
Ho postato un esempio relativo alla mia zona per esporre la mia idea riguardo l'evoluzione di una lingua (ufficiale o non che sia) e non ho parlato di uniformazione all'italiano ma di contaminazione, ovvero introduzioni di termini e modi di dire non presenti nella lingua antica e "tradotti" in dialetto. Ti faccio un esempio che riguarda l'italiano: il termine "formattare" non esisteva prima della larga diffusione del pc e deriva direttamente dall'inglese "to format". Nel corso dei decenni e senza che ce ne accorgiamo sono molti i termini che si aggiungono al vocabolario insieme a quelli che cadono in disuso. Questo accade a qualsiasi lingua e non vedo perchè il sardo dovrebbe fare eccezione.
Poi ho parlato semmai di unificazione delle varianti dello stesso dialetto.
Per quanto riguarda la Sardegna si definiscono "varianti" campidanese e logudorese che però sono profondamente diverse: io ultimamente preferisco parlare di al max di "varianti del logudorese" e "varianti del campidanese", mi sembra più corretto, ammettere la lingua sarda comune a me sembra folle ma immaginare un amalgamarsi spontaneo e naturale delle varianti, per quanto possa sembrarti abominevole, mi sembra realistico.

ah, a proprosito, lo sai che l'insubria è una zona che si estende in tre regioni e due nazioni? vogliamo fare una gara al popolo più sfigato? maddai!
io sono a favore dell'indipendenza, della conservazione delle tradizioni, del rivalorizzare le lingue locali, dell'autodeterminazione dei popoli e di tutte queste belle cose, non ti confondere, non sono ITALIANA

Ultima cosa, non mi sembra d'aver offeso in alcun passo del mio post la cultura e la storia sarda per le quali nutro rispetto ed interesse viscerali.
Siamo tutti ignoranti.






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Turritano

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la keta ha scritto:


No, non ci siamo Turritano, i dialetti che si parlano in italia non sono derivati dall'italiano e quindi possono considerarsi tutti delle vere e proprie lingue a parte. Io parlo di dialetto intendendo l'accezione più anglosassone del termine e non quella tipica dei linguisti italiani che vedono nel dialetto una lingua inferiore a quella ufficiale ...
Ultima cosa, non mi sembra d'aver offeso in alcun passo del mio post la cultura e la storia sarda per le quali nutro rispetto ed interesse viscerali.
Siamo tutti ignoranti.

Cara Keta, ho come l’impressione che non ci intendiamo: a volte (solo a volte!) diciamo le stesse cose, ma non ci capiamo. Forse parliamo due lingue diverse...
E chi mai ha detto che i dialetti italiani, che si parlano in Italia, sono derivati dall’italiano? Io no, e non l’ho nemmeno letto da nessuna parte. Sarebbe ridicolo. Io ho sempre visto, non solo nei testi di linguisti italiani, ma europei (per esempio tedeschi) che si fanno delle classificazioni di affinità, non di derivazioni. Tenendo sempre ben presente che qui stiamo parlando di lingue ROMANZE (neolatine), la derivazione è una sola: il latino. Quindi: presupposto sbagliato. Tu puoi parlare secondo l’accezione che più ti piace, anche di quella cinese, ma, per quanto mi riguarda, non cambierebbe il discorso di una virgola. Infatti non è questione di vedere nei dialetti “una lingua inferiore a quella ufficiale”, ma di classificazione per famiglie. Per esempio i “dialetti” che si parlano nel Nordovest dell’Italia, sono classificati come “gallo-italici” e non perché derivino dall’italiano, ma perché ne sono affini. L’esistenza di differenze, nell’ambito di questo dialetto (come in ogni altro), è la cosa più naturale del mondo. Basterebbe parlare del Sassarese, che qualche differenza si può trovare anche fra un quartiere e l’altro della città. Non si può certo far assurgere ogni dialetto al rango di lingua, altrimenti nel mondo ci sarebbero parecchi milioni di “lingue” (la torre di Babele). Mettiamo che la “Padania Occidentale” diventasse indipendente e, ipso fatto, proclamasse “Lingua” l’insieme dei dialetti “gallo-italici. Potrebbe farlo, ma ciò non toglierebbe quella “Lingua” dal novero dei dialetti italiani.
Il termine “formattare” deriva dall’inglese? Ebbè, che cosa c’entra?! Chi ha mai detto il contrario? Qualche anno fa ho conosciuto uno studente egiziano e stavamo parlando della lingua araba. Anche per l’arabo il discorso non cambia: da stato a stato, da zona a zona, ci sono differenze notevoli, sostanziali, ma la cosa curiosa è che, quando gli ho chiesto come si diceva “aeroporto” in arabo, lui mi ha risposto: “airport”. Ma quello è un termine inglese. Mi ha spiegato che quasi tutte le parole moderne nella lingua egiziana, sono parole “internazionali” e, per la maggior parte derivano dall’inglese. Poi c’è il rovescio della medaglia: anche la lingua inglese ha parole non anglosassoni. Per esempio “terracotta” si dice “terracotta”, come in italiano, tale e quale!
Tu dici:”Questo accade a qualsiasi lingua e non vedo perchè il sardo dovrebbe fare eccezione”. E chi ha mai detto che il sardo fa eccezione. Ho sempre detto esattamente l’opposto.
Sempre a proposito del Sardo, a mio personale, modestissimo parere, la Lingua Comuna, non è folle per niente, semmai è una soluzione logica e razionale, non sarebbe la prima volta che tale soluzione viene adottata: molte nazioni l’hanno fatto senza problemi. Se tu avessi letto tutti i post di questa discussione, avresti saputo ciò che ne penso e il mio ragionamento su di essa. Comunque, questa lingua sarda unificata può piacere o meno (di solito non piace a nessuno) ma mi sembra l’unico modo di avere un Sardo Ufficiale (da usare negli atti ufficiali di tutti gli uffici della Sardegna) senza cozzare nei soliti, inevitabili, assurdi campanilismi. Un altro modo sarebbe quello di prendere come Lingua Ufficiale quella più rappresentativa e usata nella “letteratura sarda” , ma qual è? Qui cadremmo nel campanilismo e, ineluttabilmente, mezza Sardegna non gradirebbe. Comunque, parlando del Sardo nel suo complesso, dai linguisti (che fanno distinzione tra Lingua e Dialetti) è classificata come lingua e non come dialetto.
Pensa che qualche anno fa, il Consiglio Comunale di Sassari ha disinvoltamente dichiarato il “Sassarese” “Lingua di Sassari” e così è stata registrata ufficialmente nello statuto della città!!! Assurdo! ridicolo!
Tu dici: “sarda comune a me sembra folle ma immaginare un amalgamarsi spontaneo e naturale delle varianti, per quanto possa sembrarti abominevole, mi sembra realistico”.
Un amalgamarsi spontaneo e naturale delle varianti, per me, non sarebbe “abominevole”, tutt’altro (non farmi dire cose che non penso nemmeno!) ma, se non folle, utopistico e irrealizzabile. Anzi, è così che si formano e si allargano sempre di più, le differenze fra dialetti, anche della stessa zona. Perché si avveri una cosa simile non ci sono i presupposti. Sarebbe a dire: ci vorrebbe una comunicazione rapida, diffusa, continua e capillare fra tutte la zone della Sardegna e, soprattutto, ci dovrebbe essere un largo, prevalente, comune uso del sardo in tutta la Sardegna. Tutto questo, oltre ad essere ben lontano dalla realtà dei fatti, non basterebbe nemmeno, perché la tendenza è esattamente opposta. Sarebbe necessario un intervento delle Autorità, ed è lì che il problema si riaprirebbe: quale variante? Insomma, non se ne esce!
Tu dici: “ah, a proprosito, lo sai che l'insubria è una zona che si estende in tre regioni e due nazioni? vogliamo fare una gara al popolo più sfigato? maddai!” fare gare di quel tipo non mi interessa nemmeno. Mi interessa solo quello che riguarda la Sardegna. C’è qualcosa che non va: credevo di essere stato chiaro, ma, o sono io che non mi spiego bene (probabile) o sei tu che non capisci ciò che dico (meno probabile, ma sempre possibile).
L’ Insubria si estende in due regioni e tre nazioni? Ma no, non me lo dire! (a proposito, guarda che nel post precedente ho accennato al Canton Ticino!). Potrei chiederti: “e tu lo sai in quante nazioni e regioni si estende il tedesco? E l’Occitano?” Ma non te lo chiedo,perchè son sicuro che lo sai meglio di me.
Un’ultima cosa: hai ragione, “siamo tutti ignoranti”. Chi più chi meno, naturalmente!






Modificato da - Turritano in data 04/03/2008 23:22:20

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la keta

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Inserito il - 05/03/2008 : 10:22:49  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di la keta Invia a la keta un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Sono sicura che a volte (e quante volte!) non ci si intenda e si finisca per dire le stesse cose condite in salse diverse. La discussione per me è un attimo in cui posso condividere le mie idee, chiarire posizioni, aggiungere ("non si finisce mai di imparare" è il mio luogo comune preferito) e, perchè no?, cambiare opinione. Questa premessa è per dire che accolgo con piacere chi si concede alla discussione con pazienza e voglia di approfondire.
Quindi propongo di proseguire, partendo dal presupposto che siamo entrambi corredati di un minimo di intelligenza e cultura, senza tralasciare un pizzico di ironia (sempre gradita).
Il mio interesse per questo ed altri argomenti riguardanti alla terra Sarda non è solo "intellettuale", tra 5 mesi diverrò residente di un paese in provincia di Sassari, vivrò la Sardegna quotidianamente, con tutti i suoi pro ed i suoi contro. Per me, che non ho genitori o nonni sardi, la lingua si pone come una cosa nuova da imparare. Sarebbe molto più comoda se fosse unificata in quella forma "comune" che però, da quanto ho potuto constatare, non gode di dell'approvazione generale della popolazione. La mia domanda è: credi che in un futuro prossimo si riuscirà a conquistare il favore della maggioranza? Con quali mezzi è, sempre secondo te, più giusto sensibilizzare la gente? Con quali argomenti? Si sa che oggi come oggi, nonostante le tante belle parole che si possono fare dalla piazza ai salottini, alla fine sembra tutto scadere in un triste e arrendevole "ma chissenefrega", la gente è sempre rivolta a guardare il suo piccolo orticello (ahimè, ultimamente sempre più piccolo), come mai tanta gente non crede che una ipotetica indipendenza sarda possa apportare benefici non solo culturali ma anche economici?
Seguo questo tread dall'inizio, forse sembra una cosa inutile fare il punto della situazione e riassumere cose già dette ma dopo 24 pagine di post si può dire che l'argomento interessi parecchio... se è un'idea cretina cestinatemi






Modificato da - la keta in data 05/03/2008 10:24:40

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Turritano

Utente Virtuoso




Inserito il - 05/03/2008 : 23:07:41  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Turritano Invia a Turritano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
la keta ha scritto:

Sono sicura che a volte (e quante volte!) non ci si intenda e si finisca per dire le stesse cose condite in salse diverse. La discussione per me è un attimo in cui posso condividere le mie idee, chiarire posizioni, aggiungere ("non si finisce mai di imparare" è il mio luogo comune preferito) e, perchè no?, cambiare opinione. Questa premessa è per dire che accolgo con piacere chi si concede alla discussione con pazienza e voglia di approfondire. ...

Ciao Keta, rispondo volentieri. Come si fa a non rispondere a una persona che ha dimostrato sensibilità, intelligenza e una gentilezza non comune? Anche a me piace confrontarmi civilmente con gli altri, anche e soprattutto con chi la pensa diversamente da me, a condizione che ci sia voglia di ascoltare gli argomenti dell’altro senza arroccarsi in assurdi pregiudizi e, soprattutto, rispetto reciproco.
Sono contento che tu, non sarda, venga a stabilirti in Sardegna, perché dimostri un interesse e una sensibilità per la nostra Terra che non tutti hanno. E io apprezzo molto, anzi mi sento orgoglioso. Io sono stato qualche anno”fuori”, diciamo all’estero. Stavo bene. Mi piaceva la gente ma, ti assicuro che non vedevo l’ora ti tornare in Sardegna, era tutt’un’altra cosa, con tutti i “pro” e tutti i ”contro “! E alla prima occasione sono tornato.
Il punto della situazione sulla Lingua Sarda e sull’Indipendenza? Eh… domanda da niente! Anche perché non so il tuo livello di conoscenza. Comunque vediamo di fare un discorso succinto, sintetico e, per quanto possibile chiaro. La domanda è legittima e non certo cretina.
Parliamo della lingua Sarda. Come tu sai, si tratta di una lingua composta essenzialmente da tre varianti e diverse sottovarianti, questo è dovuto alle varie vicende storiche che hanno caratterizzato l’isola nei secoli e, a mio parere, all’isolamento di fatto che hanno tenuto separate diverse parti dell’isola fra di loro, ma, soprattutto, al fatto che è mancata da secoli un’unità politica indipendente che avrebbe dovuto per forza adottare una lingua ufficiale. Oggi è molto più difficile, per i motivi già detti. C’è gente che non vuole la Lingua Sarda, sotto nessuna forma, e non vede l’ora che questa lingua scompaia per sempre. Per vari motivi: ci sono quelli che la temono, perché vedono in essa un argomento di identità e hanno paura che rappresenti un’arma formidabile per l’Indipendenza. Ci sono altri che la vedono non come una nobile eredità dei nostri avi, ma come relitto del passato, inutile e retrogrado; ad altri ricorda ignoranza e miseria; ci son quelli che hanno faticato a imparare l’italiano e insegnarlo ai loro figli e non vogliono riconoscere che (secondo loro) i loro sforzi sono stati inutili; quelli che vogliono tante lingue ufficiali quante sono le varianti e, magari le sottovarianti, e così via. A questi aggiungiamo un altro gruppo, il più deleterio di tutti: c’è chi rema contro comunque (politici ed ”intellettuali”, naturalmente). Sono i nemici più temibili a cui spesso si associano i primi. Questi non sono sprovveduti, ma agiscono con maligna intelligenza: sfruttano tutti i motivi suddetti per fomentare malcontento e resistenza ad ogni tentativo di salvaguardare, o peggio, unificare la Lingua Sarda. Il tutto condito abbondantemente, nell’opinione pubblica, con un inqualificabile “ma chi se ne frega!” A questo quadro triste e deprimente aggiungiamo la situazione odierna della Lingua Sarda: oggi, se non ancora morta, è agonizzante, almeno in gran parte della Sardegna, a cominciare dalle città, piccole e grandi: la gente la usa sempre di meno, i giovani che parlano sardo ormai sono rari. E’ un quadro sconfortante, preludio a una morte sicura, che la nobiltà della nostra Lingua di certo non merita. Secondo me, il tentativo di unificare la Lingua “a tavolino”, cioè confezionarne una che le rappresenti tutte, è una soluzione pratica e intelligente. Non è l’ ideale, ma è la soluzione più logica e razionale, quella che potrebbe salvare il Sardo da una fine ineluttabile. Ci sarebbero altre soluzioni: sceglierne una per tutte; far assurgere a lingua ufficiale ognuna delle tre varianti e qui, a parte che il problema si ripresenterebbe (quale delle sotto varianti?), non sarebbe unificante ma ufficializzare le divisioni, cosa per me, inaccettabile. Non ti dico invece quella che piacerebbe a me, sarei accusato di bieco campanilismo però, se insisti, te lo dico lo stesso: il “Sardo Logudorese”. Ma sarei disposto ad accettare una qualunque delle tre soluzioni purché “sa Limba” continui a vivere, con la dignità che si merita. Con quali mezzi e con quali argomenti sensibilizzare la gente? Con la conoscenza, con l’informazione. A cominciare dalle scuole, con lezioni specifiche e mirate. Poi incoraggiando le giovani coppie a parlare in Sardo ai propri figli, con premi e privilegi. Creare posti di lavoro appositi per i Sardofoni. Insomma, i mezzi ci sarebbero, ma non c’è la volontà di farlo. Si potrebbero creare anche movimenti di pressione: fondare associazioni, motivate e combattive, di parlanti in Sardo in ogni angolo della Sardegna ma, per far questo, è necessario avere molti soldi e molto tempo. Ci vorrebbe un mecenate… ma dov’è?
Per parlare di indipendenza, che anche secondo me porterebbe benefici non solo culturali ma anche economici ci vorrebbe un altro discorso , forse ancora più lungo e complesso. Qui espongo brevissimamente il mio punto di vista. Primo di tutto è questione di dignità: la Sardegna è una nazione e non merita di essere succube di un'altra, a prescindere… basta pensare a come ha perso l’indipendenza e, soprattutto come è “diventata italiana”.
Anche qui è questione di conoscenza e informazione, capillare e neutrale, e non punto di vista smaccatamente “italianista”. E qui mi fermo (almeno per ora)!

Un saluto
Turritano
P:S: non vorrei essere impertinente, ma mi potresti dire, se non il paese, la zona della provincia di Sassari in cui andrai ad abitare? Te le ricordo: Turritania, Romangia, Nurra, Coros, Meilogu, Monte Acuto, Goceano e Anglona (un tempo c’era anche la Gallura, ma ora è diventata provincia a se stante).






Modificato da - Turritano in data 05/03/2008 23:20:38

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maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 06/03/2008 : 19:56:56  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Il Sardo – rispetto ad altre lingue – non possiede un completo livello d’elaborazione. Sembra strano che sia così, vista la vetustà delle Civiltà Protosarde che hanno preceduto l’attuale Neosarda, che è identificabile con quella Occidentale Europea. Ma forse si spiega con le complesse vicissitudini storiche e geografiche della popolazione, che forse – tra l’altro – è giunta in Sardegna in epoca pre- scrittura.
Un ingegnoso metodo di quantificazione di questo stato di elaborazione raggiunto dalle lingue romanze minori (Occitanico, Ladino – nelle varianti Grigionese, Dolomitico e Friulano – Francoprovenzale, Guascone e Gallego) è stato ideato da Kloss e Muljacic, già nel 1978. (ricordando che le lingue romanze comprendono anche il Piemontese, il Veneto, il Corso, il Catalano e l’Aragonese, oltre a lingue statali, ad esempio: l’Italiano, il Francese, lo Spagnolo).
Il sistema consiste in una griglia composta di nove caselle numerate, che possiedono coordinate indicanti – in ascisse – i livelli di elaborazione ideali (dal basso in altro: E = scritti non letterari elementari; D = divulgativi; O = di ricerca, altamente originali. Nell’asse orizzontale delle coordinate, trovano posto, da sinistra a destra: i temi nazionali N, i temi umanistici di carattere nazionale, U; i temi scientifici di carattere internazionale. Rappresentando in questo modo lo stadio raggiunto rispettivamente dal Catalano (9) e dal Sardo (1,2,4,5, e parte di 3) e confrontando i due grafici, si può fare qualche interessante considerazione:
1) Il Catalano è un ex-lingua minoritaria, in quanto ha raggiunto (se non ancora completato) il massimo di elaborazione e di pianificazione linguistica (Price, Kremnitz, Blasco), figurando quasi completa anche la casella più alta a destra, la (9).
2) Il Sardo presenta gravi carenze istituzionali ed è priva di quelle premesse che potrebbero accelerare il processo di codificazione (una certa omogeneità dialettale; la presenza di un Centro di diffusione soverchiante tutti gli altri, una grande tradizione letteraria).


O 7 8 9\
D 4 5 6
E 1 2 3
N U S
C A T A L A N O


O
D 4 5
E 1 2 3\
N U S
S A R D O

Il Catalano ha raggiunto tutte le condizioni per diventare una lingua pienamente elaborata.
Il Sardo dispone di alcune iniziative importanti, sia in prosa letteraria che in poesia, oltre ad un certo numero di riviste e giornali che impiegano totalmente o parzialmente il sardo, oltre a rappresentazioni teatrali ed alcuni programmi televisivi e radiofonici e perfino alcuni testi scientifici.
I passi necessari per raggiungere la piena realizzazione dello status di lingua sono ancora discussi e complessi, non essendoci Consenso su come unificare il Sardo (un processo che dovrebbe avvenire spontaneamente, in realtà, ma che qualcuno sente la necessità di “facilitare”) per raggiungere un completo bilinguismo, mediante una corretta ed accorta pianificazione della lingua e dello status del Sardo.
Il grande ed inarrestabile processo di cancellazione di nuove lingue che ha avuto inizio con l’epoca delle grandi esplorazioni, nel 1500, ha portato – da allora – alla scomparsa definitiva di circa 9.000 linguaggi, su circa 15.000 allora esistenti, in un periodo di circa 500 anni. Si prevede che - in circa un altro secolo – il 90% di quelle restanti scomparirà, ad un ritmo che alcuni temono elevatissimo.
Una lingua candidata alla sopravvivenza in questo ineluttabile processo, deve essere parlata in un Centro dominante, che ne permetta l’imposizione culturale su tutte le altre.

Si teme per il Greco, parlato da “solo” 10.000.000 di persone.

Che ne pensate voi, di questo quadro un po’ pessimistico?

Un caro saluto

MF
chiedo scusa per la cattiva qualità degli schemi, che nell'originale da me scritto erano più belli, non so come cambiarli








Modificato da - maurizio feo in data 06/03/2008 20:01:45

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

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Turritano

Utente Virtuoso




Inserito il - 06/03/2008 : 22:52:43  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Turritano Invia a Turritano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
maurizio feo ha scritto:

Il Sardo – rispetto ad altre lingue – non possiede un completo livello d’elaborazione. Sembra strano che sia così, vista la vetustà delle Civiltà Protosarde che hanno preceduto l’attuale Neosarda,


Maurizio, non so proprio dove vuoi arrivare, con tutta quella pappardella che hai inviato nel tuo ultimo post, a mio infimo parere, un pochino confusa e rabberciata.
Pappardella che si compone di:
tabelle e cose strane e non accessibili ai più;
altre quanto meno abbondantemente opinabili;
e cose già dette e ripetute con altre parole.
Per quanto mi riguarda, come già detto, si potrebbero fare di ogni dialetto una lingua e anche qui sorgerebbero problemi perché ogni dialetto ha le sue varianti ecc. ecc. Esempio eclatante è, lo ripeto, il Sassarese che è stato unilateralmente e disinvoltamente proclamato LINGUA di Sassari con atto ufficiale del Consiglio Comunale di Sassari, il che, a me Sassarese passionale, mi ha lasciato di stucco e per niente convinto. Ma di questo vorrei parlarne in una apposita discussione che ho intenzione di aprire, se avrò tempo.
Io mi attengo a classificazioni semplici e lineari delle lingue (romanze) come quella del tedesco Heinrich Lausberg (Linguistica romanza) condivisa da gran parte dei linguisti. poi, si sa, ognuno potrebbe confezionare una sua propria teoria: per quanto strampalata possa essere, nessuno glielo vieta.
Tenendo ben presente che qui si dovrebbe parlare solo di lingua Sarda, citando le altre lingue solo per dimostrare qualcosa sempre in funzione della Nostra Lingua, lasciando perdere numeri e schemi, prendiamo alcune affermazioni del tuo post.
Tu dici: "Il Sardo – rispetto ad altre lingue – non possiede un completo livello d’elaborazione. Sembra strano che sia così, vista la vetustà delle Civiltà Protosarde che hanno preceduto l’attuale Neosarda, che è identificabile con quella Occidentale Europea. Ma forse si spiega con le complesse vicissitudini storiche e geografiche della popolazione, che forse – tra l’altro – è giunta in Sardegna in epoca pre- scrittura".
A parte il fatto che si dovrebbe prima spiegare cosa s’intende per “completo livello d’elaborazione” , non è strano per niente. le civiltà protosarde c’entrano come i cavoli a merenda, e il mettere in relazione la Lingua Sarda e il suo opinabile mancato ” livello d’elaborazione” col fatto che “forse – tra l’altro – è giunta in Sardegna in epoca pre- scrittura” è quanto meno esilarante! Infatti è a tutti noto che le prime genti sono arrivate in Sardegna quantomeno 350 MILA anni fa (sito di Perfugas, rio Altana) e quasi tutti sanno che, a quell’epoca la scrittura era ben lungi dall’essere inventata. Nemmeno la cultura prenuragica, per quanto se ne sa, conosceva la scrittura mentre se la conoscessero i nuragici ci sono tesi contrastanti. Ma anche se la conoscessero, come sembra, ha poca o nessuna importanza per il nostro discorso. Infatti, una lingua, per evolversi, elaborarsi e non essere assorbita in un’altra, ha bisogno di una scrittura diffusa e letteraria, e questo si ha solo in civiltà evolute ed urbane, con regni stabili, periodi di pace prolungata e di un certo benessere diffuso: questo non è il caso della civiltà nuragica che, come tutti sanno, è stata stroncata a livello pre urbano. Quindi, tralasciando le città Fenice o Shardana, entriamo nell’era romana. Ed è infatti in questo lungo periodo che si sono verificate tutte questi presupposti e quindi, alla caduta dell’impero, in Sardegna si è evoluta e sviluppata la sua lingua che, è bene ricordarlo, faceva parte delle lingue neolatine NordAfricane ormai scomparse. E qui mi fermo, per non ripetere per l’ennesima volta, cose già dette.
Anzi no, come ultima cosa voglio accennare al Catalano, visto che qualche cosa a che vedere con la Lingua Sarda ce l’ ha, non foss’altro per il periodo della sua dominazione.
Catalano ex lingua minoritaria. Innanzi tutto la Catalogna (parte preponderante del regno di Aragona) ha goduto ciò di cui la Sardegna non ha mai avuto se non in minima parte: un regno stabile e in espansione, benessere diffuso. Ha quindi avuto modo e tempo di elaborare la sua lingua, di scrivere enormi quantità di atti ufficiali e, soprattutto, di produrre una sua abbondante letteratura. Fino alla sua unione col Regno di Castiglia. La Sardegna di quel periodo, completamente asservita prima al regno di Aragona (capitale Barcellona, lingua ufficiale il Catalano)) e poi al Regno di Spagna (capitale Madrid , lingua ufficiale il Castigliano), non poteva produrre niente di suo e da non dimenticare, la prima cosa che fecero gli aragonesi dopo aver conquistato la Sardegna, fu quella di bruciare sistematicamente tutti gli archivi per far perdere ai sardi la loro memoria storica. Comunque, dopo l’unione, proprio per l’egemonia castigliana, anche il Catalano entrava in crisi. Ma,a differenza del Sardo, aveva lasciato un abbondante produzione letteraria e un gran numero di documenti ufficiali. Quindi, rproporre una lingua ufficiale per la lingua catalano fu relativamente facile: c’erano precedenti documenti di una lingua unitaria ufficiale. In quanto alla perdita delle lingue nel mondo, per me non “è mal comune mezzo gaudio”, mi interessa solo tutelare e salvare la Nostra, come dice un’articolo inapplicato della costituzione.






Modificato da - Turritano in data 06/03/2008 23:01:32

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maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 07/03/2008 : 09:58:40  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
La situazione del sardo.
"Tutta quella pappardella, confusa e rabberciata, le cose strane ed opinabili, le tabelle inaccessibili ai più e cose già dette con altre parole" non sono mie: si tratta di un brano di pugno di Eduardo Blasco Ferrer, che sarà molto contento della tua critica amichevole e benevola, Turritano.
Egli parla proprio di lingua sarda ("La lingua sarda contemporanea" - Edizioni Della Torre) e cita il Catalano solamente per un confronto col Sardo e proprio per dimostrare che il sardo è "una lingua in via di elaborazione incipiente". gli schemi ed i numeri sono - a suo vedere - un brillante metodo per evitare lunghe disquisizioni descrittive dello stato di maturazione della lingua: mi capita di essere d'accordo con lui, mentre a te no.
Dopo avere descritto in toni pessimistici la lunga e difficile strada da seguire affinché la complicata situazione attuale sarda evolva eventualmente in un biliguismo, con una lingua sarda finalmente completa, egli conclude (stranamente) con toni ottimistici, dichiarandosi fiducioso circa questa possibilità. E su questo chiederei un'opinione agli altri partecipanti al Forum, visto che la tua c'è già.
(Va da sé che per civilità protosarda pre scrittura, intendevo quella pre - statale della Chiefdom nuragica e non intendevo assolutamente disturbare antenati così lontani come quelli che tu hai scomodato dai loro sacelli: non è certo questo il punto focale del mio post, ma mi fa piacere di averti fatto fare una sana risata).

La situazione del'Inglese (sempre in funzione del Sardo, naturalmente).
Perché una lingua si affermi e si espanda, (e ciò vale anche per il Sardo) essa deve possedere alcuni requisiti fondamentali. Deve essere parlata da un Centro di potere capace d'imporla, (in qualunque modo questo avvenga, militarmente, culturalmente o commercialmente: ma non è questo il punto, che conduce fuori strada).
L'Inglese - cosa riconosciuta - ha questa forza, attualmente. Esso è però più parlato - numericamente, nel mondo - in versioni non corrette: l'Inglese parlato in India, quello cinese, etc.
Vorrei sapere dagli altri partecipanti al Forum che cosa ne pensano: seguirà l'Inglese la stessa strada del Latino e delle lingue romanze, dando origine a numerose altre lingue in qualche modo ad esso riconducibili, ma geograficamente diverse?

Il Mondo Le teorie degli esperti (e parlo di troppa gente: antropologi, linguisti e genetisti, per cui faccio soltanto il nome di Spencer Wells, per brevità e per garanzia di serietà: fa capo ad una ricerca mondiale della National Geographic Foundation) sono per una rapida estinzione di massa delle lingue sopravvissute fino ad oggi ad un processo che è in corso da cinquecento anni e sotto studio da almeno cinquanta.
Mi piacerebbe avere opinioni riguardo a questo, anche da S.ard, che in fondo ha dato inizio a questa discussione, inaspettatamente ricca di connotazioni ed aspetti differenti ed interessanti. Che futuro può avere il Sardo, inserito in questo quadro? quanti sono coloro che lo amano così tanto da lottare contro tendenze che - a quanto sembra - sono mondiali?

Naturalmente, io mi limito ad esporlo, questo quadro, ma - vi confesso - non lo ho certo dipinto io. E non ho mai parlato di "mal comune mezzo gaudio". Perché non è affatto così che io vedo la situazione. Anzi, credo di essere stato male interpretato o di essermi spiegato in modo insufficientemente chiaro.

Spero non questa volta.
Un caro saluto a tutti.







Modificato da - maurizio feo in data 07/03/2008 10:03:51

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Beni: ti naru unu contu...

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la keta

Utente Normale


Inserito il - 07/03/2008 : 10:51:40  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di la keta Invia a la keta un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
maurizio feo ha scritto:
Che ne pensate voi, di questo quadro un po’ pessimistico?


Io penso che nella pratica una tendenza possa essere sempre modificata se esiste il volere di farlo insieme ad iniziative concrete per attuare tale modifica. Credo che non conti tanto il numero di individui che parlano una lingua (vorrebbe dire dar credito alla logica del "un giorno parleremo tutti il cinese") ma l'utilizzo che tali persone fanno di quella lingua. Una lingua ben radicata nella vita quotidiana non può morire a meno che non scompaia la gente che la parla.
Qualche tempo fa, durante una gita, camminando per le vie di Orgosolo, ho sentito un gruppetto di bambini che tra di loro si esprimevano in sardo (ne ho dedotto la variante del loro paese) con grande sorpresa delle mie amiche sarde che hanno commentato che ormai è una cosa rara sentire bambini esprimersi in lingua. La famiglia ha un ruolo fondamentale nella conservazione della lingua, questo l'hanno capito un po' ovunque, niente vergogna nel disquisire nel dialetto del proprio paese ma orgoglio e responsabilità sono da trasmettere ai più piccoli.
Quindi, indipendentemente da ciò che è stato, è fondamentale ciò che si farà da qui in poi. Ci sono lacune da colmare a livello culturale di persone che non conoscono storia e lingua della propria terra e che dovranno fare uno sforzo in questo senso.
Sono d'accordo con Turritano quando elenca le categorie che non vogliono il sardo per una serie di questioni che vanno dalla paura alla semplice pigrizia. Qui c'è da lavorare parecchio, togliere le erbacce, seminare, curare, con tutti i mezzi possibili (esclusa la violenza, naturalmente ).
Sono anche d'accordo, per quel poco che per ora so e per quanto valga l'opinione di una che non è sarda, che il logudorese sia la variante con le "carte in regola" per essere prospettata come lingua ufficiale (la questione "lingua ufficiale" ha valore puramente pratico, è interesse comune scegliere la variante con i requisiti per esserlo). Il logudorese avrebbe un senso se insegnato nelle scuole più che una LSU potendo attingere da una notevole quantità di opere scritte (documenti, poesia, trattati di ortografia, ecc...). Io terrei ben distinte due cose: la trasmissione di lingue e tradizioni locali che sono responsabilità delle famiglie e delle singole comunità; il divulgamento di una lingua ufficiale che deve essere opera di istituzioni pubbliche.

Rispondo al P.S. di Turritano: Meilogu, precisamente Thiesi e a tal proposito dico che, a furia di sentirlo parlare, il thiesino lo imparerò, perchè "voglio" e credo che "volere" una cosa sia il primo passo per ottenerla e se ce la può fare una del Lago Maggiore...






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