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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 10/07/2007 : 01:19:12
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FUOCO SACRO
Fuoco sacro è l’ultimo raggio di tramonto. In te s’immerge il mio spirito graffiato dalla sabbia. Bagna bagna di lacrime il deserto della mia anima dalla roccia nasce il fiore
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 10/07/2007 : 01:21:45
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IL TUO RIMPROVERO È MIELE CHE ACQUIETA LA MIA ANIMA
il tuo sorriso è fiore di camomilla nel prato della mia anima.
la tua parola cade su me come petalo di rosa e profuma la mia anima
il tuo occhio brilla della tristezza antica delle Pleiadi e illumina la mia anima
l'infuso del vino vecchio colora le tue labbra e adorna la mia anima.
Marzo 2007
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 10/07/2007 : 17:35:25
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TU FIGLIA
Donna, facciamo una cosa mai fatta. prendiamo un soffio di vino color di rosa al volo afferriamo una manciata di versi niente di più, a noi che serve? In più solo un pezzo di pane senza sale. Poi voliamo mano nella mano lì dove c’è il silenzio ambrato di un tramonto sardo. Qui sediamoci, più potenti dei potenti sultani della terra. Non piangere sul passato, le lacrime di tuo padre l’hanno lavato. Le carezze accetta chè spazzano i rimorsi della tua vita e dell’ingiustizia fanno giustizia tu felice. Che è il mondo se non il nulla? Ma tu non sei il nulla e liberi viviamo. Brindiamo al giardino che ci circonda e che il vino scorra come ruscello purificando le nostre anime. Intorno a noi la piana bruciata risorge con la forza della primavera. E come dice il saggio Kayyam: Siedi qui in paradiso, assieme a un volto di paradiso.
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 10/07/2007 : 17:51:54
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IL CANTO DELL’INIZIATO
Ho bevuto le acque di tutti gli oceani, mi sono ubriacato di luci boreali, ho dormito avvolto nei nembi equatoriali, tra le onde congelate delle comete ho pianto liquide rocce vesuviane, il mio urlo ha percosso la foresta pluviale il mio passo ha tormentato il marmo e il basalto della perduta carovaniera verso l’ignoto. Busso alla porta boreale nudo come battito di ciglia e il padre dei saggi china la testa tace e il silenzio si adagia esile polvere sul mio cuore. Sento il soffio di passi lievi d’Antenati l’Evento discende intorno a me immane istante di tempo, scintilla d’eone, nel deserto ricolmo di sapienza assaporo l’oro vermiglio del mio sangue sacrificale lavato dal bianco latte augurale. Il mio alito vitale strappato purificato dalla maestria dei colpi dello scalpello di cristallo traspare d’ultimata pietra senza fessura. Io vapore benedetto asperso nel popolo iniziatico brillo della luce livida delle mie tre luci e tre colpi di tuono risuonano e dai principi di scolta l’eco riecheggia tre volte e ancora tre volte. Piane, le parole sempre le stesse immemori scivolano sulle spirali del tempo, scandite come frecce antiche in slancio stocastico. Io lucida fiamma immota varco la notte sacra consacrando le parole del silenzio solenne. La tenebra mi avvolge soccorritore mantello, il silenzio si erge a mia difesa affilato rasoio d’oro e d’argento, lama di sole e di luna percuote coi neri raggi lo scheletro dei sensi. Nel cielo di luce siderale, notte ultima notte immota, densa come lava, protetta dalle ali del drago, le magmatiche orde vanamente urlano agli spalti delle mura uraniche, aspetto con la pazienza del predatore il messaggio delle stelle e intanto chinato alla triplice fiamma alzo il mio canto al cielo e canto l’elegia del mio campione regale. Sulla torre del Sud l’araldo in attesa accorda la voce, la scolta sul bastione dell’Ovest custodisce l’Opera e le ombre lente della memoria ondeggiano con odore di passo antico al ritmo del tamburo rituale. La verde egida è tesa come lancia di fuoco, il basilisco di smeraldo traccia cinque spire sulla cenere lunare come fastose insegne canore lucide d’olimpico olio d’oliva. Col gesto lento del mare primordiale il padre dei saggi tace e con le parole mute del mistero, col silenzio di neve cristallina vola nell’abisso del mio corpo di terra illumina la mia innocenza trasparente e danza e ride e danza e ride con me sulla mia tomba.
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Grodde
Utente Attivo
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Inserito il - 10/07/2007 : 20:56:00
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| francesco44 ha scritto:
MADRE
Madre, in ginocchio alla tua soglia Osservo il buio della tua stanza Illuminato dal biancore del tuo corpo Il tuo respiro lieve riempie il mio vuoto Le tue parole sento Perse nel mondo antico dei ricordi Ricadono su di me come pioggia di primavera Mi avvicino con timoroso rispetto Accarezzo la tua mano gonfia I tuoi occhi mi penetrano guardando la mia anima Per scoprire chi io sono diventato Si madre io sono quello che tu ricordi e Io sono quello che tu sai che sarò Il bambinetto nudo sulla spiaggia Che chiedeva la frittatina, L’uomo che nella tua memoria del futuro Solo io sarò. Il dolore madre può raggiungere le vette dell’impassibilità Il mio sguardo si perde nel mare celeste dei tuoi occhi Mare dolce ed assente di chi è sopra ogni giudizio Vedo le tuo ossa madre e le accarezzo con la mano fredda Riscaldata da esse ed io madre dipingo le tue ossa con l’ocra sacrale. Le tue dita tremano come la carezza di ali di farfalla Tra le mie dita lievi come il mio amore. Perché mi guardi così ? Perché alla mia domanda non rispondi? Il tuo sguardo è severo ma senza rimprovero Cosa chiedi madre? Il mio silenzio è pieno di ciò che solo un figlio può dire La mia lingua immobile vibra d’amore inesprimibile Le mie labbra sono serrate sul rimprovero al tuo lasciarmi Controllo la mia rabbia con lo sforzo dell’operaio Che ha costruito con fatica inumana il suo tempio dell’amore Ritrovo lo strazio del mio distacco dal tuo capezzolo Non sento l’odore del tuo corpo di fanciulla Tocco il tuo corpo e non trovo le membra sode conosciute Madre sei un filo evanescente di fumo Che si perde nelle spire del tempo Il mio sguardo ti segue e si perde nell’infinito Della mia maternità.
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Rieccomi, siamo un pò in arretrato con le traduzioni
MAMA
Mama, imbenujadu a su jannile tou Abbàido s'oscuridade de s'istanzia tua Illuminadu dae su biancore de su corpus tou Su respiru tou lèbiu, pienat su meu bòidu Sas paràulas tuas intendo Pèrdidas in su mundu antigu de sos ammentos Rùen subra de a mie comente abba de beranu Mi avvicino cun timerosu respettu Accarissio sa manu tua ufiada Sos ojos tuos mi penetran abbaidende s'anima mia Pro iscobèrrere su ki so diventadu Si mama, deo so, su ki tue t'ammentas, e Deo so, su ki tue ischis ki happo a essere Su pizzinneddu nudu subra 'e s'ispiaggia Ki domandaìat sa frittada S'homine ki in sa memoria tua de su futuru Deo e bia happo a essere Su dolore mama, pòdet raggiunghere sos cùccuros de s'impassibilidade S'ojada mia si perdet in su mare celeste de sos ojos tuos Mare dulche e assente, de chie est subra de ogni judiziu Bido sos ossos tuos mama, e accarissio sa manu tua fritta Iscaldìda dae issos, e deo mama Pinto sos ossos tuos cun s'ocra sacrale Sos poddighes tuos trèmen comente sa carissia de alas de mariposa Intre sos poddighes mios, lèbios comente s'amore meu Pro itte m'abbàidas gai? Pro itte a sa domanda mia no rispondes? S'ojada tua est severa, ma kena rimproveru Itte domandas mama? Su silenziu meu est pienu de su ki solu unu fizu podet nàrrere Sa limba mia immobile vibrat de amore inesprimibile Sas laras mias sun serradas subra 'e su rimproveru a sa tua lassada Cuntrollo sa rabbia mia cun sa podda de s'operaiu Ki hat fraigadu cun podda disumana su tempiu sou de s'amore Agatto s'istraziu de su distaccu meu dae su cabiju tou No intendo su fiagu de su corpus tou de pisedda Tocco su corpus tou e no agatto sos brazzos sodos connottos Mama, ses unu filu evanescente de fumu Ki si perdet in sas lòrigas de su tempus S'ojada mia ti sìghit e si perdet in s'infinidu De sa maternidade mia
Saludos, a sa prossima traduzione
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 11/07/2007 : 21:55:38
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La traduzione di Grodde ha il sapore del miele amaro di corbezzolo, aspro e selvaggio come i sentimenti che impregnano i miei versi
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skywalker57
2917
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Inserito il - 12/07/2007 : 15:41:55
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Spero di inserire il post nella discussione giusta. Siccome fra dieci giorni si sposa mio cognato, vorrei fargli gli auguri in sardo, chi mi aiuta a trovare la frase giusta da inserire nel biglietto, possibilmente in campidanese, grazie 1000
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Modificato da - skywalker57 in data 12/07/2007 15:43:47 |
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 18/07/2007 : 04:14:00
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Una sfida non da poco per i traduttori/trici in sardo! Questi sono AIKU, poesie tradizionali giapponesi. Lo schema è: 3 versi di 7-9-7 sillabe. In genere sono espressioni "minimaliste", nel senso dell'espressione di emozioni e sentimenti di semplicità assoluta.
Ogni volta che ci provo sento un gran rumore di scricchiolii: sono le ossa del maestri giapponesi dell'aiku che si rivoltano nelle loro tombe.
Non ci dobbiamo fare impressionare: anche loro all'inizio sentivano gli stessi scricchiolii dei loro maestri. Chissà un giorno...
L'eventuale traduzione in sardo dovrebbe seguire lo stesso schema 7-9-7 possibilmente rispettando il pensiero da me espresso (ma non è necessario).
AIKU 1 Solo il fumo vaga Nella foresta senza fuoco Ch’è stato spento da me.
AIKU 2 Tranciando il mio cuore Fruscia la fredda nuda lama Al destino non fuggo.
AIKU 3 Silente fu il grido Silente è la risposta Al nulla mi affaccio.
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 18/07/2007 : 04:43:57
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Di tutt'altro genere
SEQUENZA DI SPECCHI
Allungo le mie mani immergendole nella nebbia del nulla. afferro l’indistinta essenza della mia vita come in sequenza di specchi la vita scorre rimbalzando d’immagine in immagine perdendosi nel fioco oscurarsi della mente rapita.
Le braci del pensiero si spengono sotto le ceneri della storia immobile, il filo di fumo del mio essere si svolge lento, inutile, attratto dal respiro delle stelle nelle lente spire dell’amore perduto.
Molle s’abbandona la volontà nell’immemore flusso sanguigno del pulsare cosmico inseguendo l’immersione nell’acqua rituale della dissoluzione d’ogni simulacro
14 dicembre 2006
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Bakis
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 18/07/2007 : 12:02:52
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Francesco 44,sperando di avere fato cosa gradita,nel senso che la versione della traduzione è in lingua sardo-logudorese,ti ho tradotto :LA NUOVA IMPRESA.
S’atzagna noa
A s’atzagna noa t’abias chene t’ortare
e pigo tando a sa sedda ‘e tumbas eroicas
‘ue innartzo su tumalu ‘e pedras moras
e interro su coro meu
e lanto s’urtimu saludu chi rodulat in su nudda
‘ue s’alenu ‘e Zefiru iscurrit in su tempus
munnat sos petalos de sas paraulas mias
e los ispraminat in s’ispatziu eternu e e sa losa tua
no’ est in sa rena
no’ est in sa terra,
no’ est in su mare,
est in su nostru pettus ‘e omines semplices.
LA NUOVA IMPRESA
Alla nuova impresa ti avvii senza voltarti
e
salgo allora sulla collina delle tombe eroiche
ove innalzo il tumulo di pietre nere
e seppellisco il mio cuore
e
lancio l'ultimo saluto che rotola nel nulla
dove alito di zefiro che scorre nel tempo
spazza i petali delle mie parole
e li dissemina nello spazio eterno
e
la tua tomba
non è nella sabbia
non è nella terra,
non è nel mare,
è nel nostro petto di semplici uomini.
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Modificato da - Bakis in data 18/07/2007 12:04:26 |
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Bakis
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 18/07/2007 : 12:21:38
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Non avevo visto che Grodde l’aveva gia fato! Meglio! Vuol dire che ci sono due versioni in cui si notano e si dovranno apprezzare le sottili e potenziali varianti che la nostra lingua ha.
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 18/07/2007 : 21:28:52
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Carissimo Bakis, questo è proprio quello che desideravo di più!! L'avere diverse versioni nei vari dialetti sardi dei miei versi. Hai perfettamente ragione, anche se da me non espressamente dichiarato, la mia ricerca era ed è quella di dare risonanze diverse alle stesse parole e sentimenti. Sentire modulazioni, suoni, pronunce e parole che variano all'interno della nostra stessa regione credo che PARADOSSALMENTE sia una diversità che ci unifica: l'unità nella differenziazione. Perchè tutti i differenti dialetti e parlate sardi sono l'espressione di una matrice etnico-culturale che non trova l'uguale in Italia. La fierezza di un popolo passa, prima di tutto, per la sua lingua che si trasmette, con i necessari ed imprescindibili cambiamenti che nella storia si verificano, e che comunque mantiene il substrato arcaico che tale lingua possiede da sempre.
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Bakis
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 18/07/2007 : 21:48:52
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LA NUOVA IMPRESA
Alla nuova impresa ti avvii senza voltarti
e
salgo allora sulla collina delle tombe eroiche
ove innalzo il tumulo di pietre nere
e seppellisco il mio cuore
e
lancio l'ultimo saluto che rotola nel nulla
dove alito di zefiro che scorre nel tempo
spazza i petali delle mie parole
e li dissemina nello spazio eterno
e
la tua tomba
non è nella sabbia
non è nella terra,
non è nel mare,
è nel nostro petto di semplici uomini.
S'impresa noa
A s'impresa noa t'avvias kena ti girare E Pigo tando subra su montiju de sas tumbas heroicas In ue alcio su muntone de pedras nieddas E interro su coro meu E Imbòlo s'ultimu saludu ki lòddurat in su nudda In ue s'alènu de zefiro ki iscurret in su tempus Ispazzat sos petalos de sas paràulas mias E los semenat in s'ispaziu eternu E Sa tumba tua No est in sa rena No est in sa terra No est in su mare Est in sa pettòrra nostra de semplices homines
S’atzagna noa
A s’atzagna noa t’abias chene t’ortare e pigo tando a sa sedda ‘e tumbas eroicas ‘ue innartzo su tumalu ‘e pedras moras e interro su coro meu e lanto s’urtimu saludu chi rodulat in su nudda ‘ue s’alenu ‘e Zefiru iscurrit in su tempus munnat sos petalos de sas paraulas mias e los ispraminat in s’ispatziu eternu e sa losa tua no’ est in sa rena no’ est in sa terra, no’ est in su mare, est in su nostru pettus ‘e omines semplices.
..........Vi trovi differenze sostanziali?
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Modificato da - Bakis in data 18/07/2007 21:55:42 |
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francesco44
Salottino
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Inserito il - 25/07/2007 : 02:21:37
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Care amiche e cari amici è arrivato il momento del riposo vacanziero. Dunque un saluto e buone vacanze. Ci risentiamo a settembre. Francesco44
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francesco44
Salottino
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Inserito il - 04/09/2007 : 17:24:21
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Eccomi di nuovo tra voi desiate amiche, lettrici, poetesse, ammiratrici, spasimanti, deliranti e chi più ne ha più ne metta, meglio se di più. Sono tornato. Non so se questa è da considerare come novella fausta o infausta.
Agli amici mando un virile quanto astemio (sono a dieta ahimè) saluto.
Dicono che la poesia è frutto del dolore. In effetti, ve lo vedete uno che se la gode, ride, mangia e amoreggia con gran sollazzo e si mette a poetare? Ma manco ci pensa, vuole godersela!
Perchè? A voi la risposta.
Non mi dite che la felicità porta anch'essa a poetare, che proprio nel delirio dell'innamoramento si poeta quanto in quello del dolore. Ma appunto sono deliri, mica sollazzi. Io ho sollazzato in quel della Valle della Loira prima e a Parigi poi. Arrancando dietro una moglie assatanata di castelli, residenze nobiliari, giardini fatati, musei, gallerie, ecc. ecc. mi sono distratto abbastanza, e conseguentemente ho poco poetato. Quel poco lo sto ripulendo (non certo nell'Arno, inquinato com'è!). Ancora non so se ne verrà fuori qualcosa di degno e sopportabile per voi. Si vedrà. Nel frattempo cercherò qualche vecchia poesia, rimasta in qualche angolino del PC, all'ombra di un chip o timidamente mimetizzata tra i transistor. A presto e ciao a tutte/i
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