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Zinnibiri
Utente Normale
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Inserito il - 10/09/2007 : 18:25:16
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Ciao Francesco come vedi ho accettato l'invito, 8 pagine son tante per ora ho letto le prime 3 le discussioni sono molto interessanti. Di seguito il mio contributo in Sardo Medio Campidanese per la precisione Serramannese
Alta/ Manna quanto alta la sua statura / manna cantu sesi longa col suo passo eretto/ cun sa camminada deretta porta l’acqua / pottasa s'acqua sul sentiero della vita./ in su mori de sa vida
Sicuramente le prime 2 righe in sardo non rendono perchè si potrebbero ritradurre così: Grande grande quanto sei lunga
Andrebbero sicuramente interpretate, per poi affinare in Sardo delle parole che ne rendano il significato.
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 17/09/2007 : 05:53:46
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cara Zinni, finalmente hai trovato la mia discussione e vedo che subito ti sei buttata nella collaborazione!
Grazie!
Aspetto il tuo contributo, tutti lo aspettiamo.
un abbraccio
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 06/01/2008 : 20:18:15
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Ben presto metterò on line il mio sito di poesie con una sezione speciale con tutte le traduzioni in sardo (nelle diverse varianti locali) fatte dalle amiche e amici di Paradisola
mie poesie tradotte in sardo da tante/i care/i amiche/ci c/o: Tutti i Forum Cultura in Sardegna Scrittori di Paradisola Traduzione in sardo di poesie
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 10/01/2008 : 13:23:20
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Haiku 4
Lo sparviero piega la testa guarda la pernice che corre tra l'erba alta.
Haiku 5 L'usignolo trilla il suo canto dal ramo di ramo in ramo sale alle nuvole il canto si compone al mio ascolto.
scritte secondo lo stile Haiku del XVII secolo.
_________________________ mie poesie tradotte in sardo da tante/i care/i amiche/ci c/o: Tutti i Forum -> Cultura in Sardegna -> Scrittori di Paradisola -> Traduzione in sardo di poesie ----------------- ICHNUSA LIBERA!
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francesco44
Salottino
Utente Medio
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Inserito il - 13/01/2008 : 02:17:26
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Lisboa, per il viandante arrivato da altri siti è nome dal suono compiuto come un atto d’amore, che nel cuore entra frusciando che scalza le radici e lo riempie di altre memorie antiche. È suono di reminiscenze che insegue anche all’altro capo del mondo chi va lontano ma non la lascia. Può essere abbandonata Lisboa, perché non s’allontana dagli occhi, con le sue mura grigie pur solari, le vie disegnate dalle ombre guizzanti delle veloci nuvole che scorrono piene sui colli, giocando a rimpiattino con il sole. Lisboa, suono lento e maturo da assaporare, dalle sillabe curve, carezzate dalla lingua e dalle labbra come l’ultimo bacio. Suono che salpa da dentro la bocca con lieve schiocco Lis- come vela gonfiata dal vento, per poi avviarsi col dolce sibilo della brezza mattutina a riempire le labbra bo- della sorda risacca dell’onda atlantica e infine terminare col sospiro aperto dell’amante appagato. aa- Lisboa, nome modulato di canzone racchiusa in tre note, sonorità di canto antico e sussurrato che scivola sul Tago aprendosi all’abbraccio del mare. Lisboa, città capricciosa che ti sconcerta mentre la esplori con la cautela dell’amante in cerca di sensualità celate, che sconcerta chi si fa percorrere le vie coronate di palazzi dai ricchi balconi, dalle entrate imponenti ornate di pietre severe dalle facciate chiazzate d'azulejos, dalle finestre ampie e dai solidi tetti. Case splendenti nel loro restauro, eppure discrete in questa manifestazione di una ricchezza che un tempo fu di famiglia ed ora di anonima società d'azioni. Poi, come dal nulla, rompendo l’armonia della fila di feconde residenze, si affianca un palazzetto con porte murate ed il tetto cadente privato delle grondaie, dalle finestre infrante ed muri sbrecciati di colore grigio striato di nerofumo. Un’antica dimora abbandonata che vagando ne trovi tante di queste case solitarie con le facciate adorne d’azulejos frantumate, le occhiaie vuote delle finestre da cui intravedi i muri interni scarnificati. Case senza padroni che suscitano la tristezza di una vecchia signora che fu tanto amata ed ora è sola, senza la dignità di una perduta ricchezza giovanile e priva degli affetti che partirono per non tornare. Lisboa da vagare senza meta, carezzata con passi lenti, voltando un angolo rapido di volo di rondine, attraversando un incrocio piccolo di timido e pubere bacio d’amore, schivando con l’eleganza poetica del torero un piccolo orgoglioso tram sferragliante, infilando una stradina con le case che si inchinano su essa come a proteggerla, immergendola in un’atmosfera di riservatezza, dove scorre l’uniformità delle facciate trascurate delle case e delle finestre che svelano stanze calde d’umida umanità. Lisboa si svela nelle sensazioni accomodate di chi riconosce una figura in vero mai vista eppure ritrovata nella memoria del sogno, che scivola tra vie succinte nella loro essenzialità, così volute per creare colleganza tra famiglia e famiglia, che sfociano in una piazza vasta, enorme nella sua improbabilità, dominata da una statua d’un grande di tempi perduti alla vita ma non al ricordo, piazze fatte per raccogliere gente e farla incontrare e cicalare. Vie caste e dignitose salgono e scendono intrecciate per poi trasmutarsi in irrisolte stradine di astrusi dislivelli topologici e infine cadere in piazzette minuscole e dislivellate, refrigerate da un minuscolo fronzuto alberello che sale veloce dalle pietre sconnesse di un antico acciottolato. Lisboa, città dei sette colli stretti tra loro come a proteggersi dai venti freddi ed umidi dell’Atlantico che s’incanalano lungo il Tago seguendo come gabbiani le navi che tornano da lontano. Sette colli dalle curve prepotenti ed esposte senza pudore a difesa dell’assalto degli stranieri, con stradine dai marciapiedi a scalini stretti come grondaie, false scalinate in cui l’umida foschia dell’alba non riesce a penetrare, inerpicate a mozzafiato verso i viali alberati che dominano i tetti precipitati sulle balze che separano i quartieri, che corteggiano le piazze ombrose, che scortano fino ai miradores da dove si può inseguire con lo sguardo la luce che rimbalza dai colli procaci, che scivola carezzevole e s’infila ora vivida ora ambrata, tra curva e curva, giocando tra vicoli e strade e piazze, che illumina angoli nascosti, oscuri recessi d’intimità umana che si dischiudono e si spalancano spudorati al suo bacio luminoso. Lisboa provoca con seduzione matura e consapevole, sorprende con l’incanto della spontaneità impudica e accarezza i tuoi sogni con la spigliatezza di femmina navigata che tutti accoglie e nessuno respinge, che si apre senza chiedere, che aspetta d’essere indagata senza imporsi, che non si spoglia e si fa scoprire, che si abbandona a chi la percorre vibrante di un’attesa che mai si consuma.
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