Forum Sardegna - Traduzione in sardo di poesie
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Nota Bene: In Vallermosa , nella località "Matzanni" si trovano tre pozzi sacri a breve distanza l’un dall’altro Quasi tutti hanno il medesimo schema costruttivo: Il pozzo vero e proprio ricoperto dalla tholos o cupola ,il tutto in pietre più o meno lavorate , la scala e l’ atrio o vestibolo.
Quali cerimonie religiose civili o terapeutiche si celebrassero non è dato sapere con precisione:studi e ricerche hanno tentato di dare spiegazioni più o meno convincenti, probalbimente si praticava il culto dell’acqua.



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Zinnibiri

Utente Normale


Inserito il - 10/09/2007 : 18:25:16  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Zinnibiri Invia a Zinnibiri un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ciao Francesco come vedi ho accettato l'invito, 8 pagine son tante per ora ho letto le prime 3 le discussioni sono molto interessanti.
Di seguito il mio contributo in Sardo Medio Campidanese per la precisione Serramannese

Alta/ Manna
quanto alta la sua statura / manna cantu sesi longa
col suo passo eretto/ cun sa camminada deretta
porta l’acqua / pottasa s'acqua
sul sentiero della vita./ in su mori de sa vida

Sicuramente le prime 2 righe in sardo non rendono perchè si potrebbero ritradurre così:
Grande
grande quanto sei lunga

Andrebbero sicuramente interpretate, per poi affinare in Sardo delle parole che ne rendano il significato.






 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: Samassi  ~  Messaggi: 77  ~  Membro dal: 03/09/2007  ~  Ultima visita: 17/08/2011 Torna all'inizio della Pagina

francesco44
Salottino
Utente Medio



Inserito il - 17/09/2007 : 05:53:46  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di francesco44 Invia a francesco44 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
cara Zinni,
finalmente hai trovato la mia discussione e vedo che subito ti sei buttata nella collaborazione!

Grazie!

Aspetto il tuo contributo, tutti lo aspettiamo.

un abbraccio







 Regione Lazio  ~ Prov.: Roma  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 172  ~  Membro dal: 25/06/2007  ~  Ultima visita: 07/11/2008 Torna all'inizio della Pagina

francesco44
Salottino
Utente Medio



Inserito il - 06/01/2008 : 20:18:15  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di francesco44 Invia a francesco44 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ben presto metterò on line il mio sito di poesie con una sezione speciale con tutte le traduzioni in sardo (nelle diverse varianti locali) fatte dalle amiche e amici di Paradisola


mie poesie tradotte in sardo da tante/i care/i amiche/ci c/o:
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 Regione Lazio  ~ Prov.: Roma  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 172  ~  Membro dal: 25/06/2007  ~  Ultima visita: 07/11/2008 Torna all'inizio della Pagina

francesco44
Salottino
Utente Medio



Inserito il - 10/01/2008 : 13:23:20  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di francesco44 Invia a francesco44 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Haiku 4

Lo sparviero piega la testa
guarda la pernice
che corre tra l'erba alta.

Haiku 5
L'usignolo trilla il suo canto dal ramo
di ramo in ramo sale alle nuvole
il canto si compone al mio ascolto.


scritte secondo lo stile Haiku del XVII secolo.

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francesco44
Salottino
Utente Medio



Inserito il - 13/01/2008 : 02:17:26  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di francesco44 Invia a francesco44 un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Lisboa,
per il viandante arrivato da altri siti
è nome dal suono compiuto come un atto d’amore,
che nel cuore entra frusciando
che scalza le radici
e lo riempie di altre memorie antiche.
È suono di reminiscenze
che insegue anche all’altro capo del mondo
chi va lontano ma non la lascia.
Può essere abbandonata Lisboa,
perché non s’allontana dagli occhi,
con le sue mura grigie pur solari,
le vie disegnate dalle ombre guizzanti delle veloci nuvole
che scorrono piene sui colli,
giocando a rimpiattino con il sole.
Lisboa,
suono lento e maturo da assaporare,
dalle sillabe curve,
carezzate dalla lingua e dalle labbra come l’ultimo bacio.
Suono che salpa da dentro la bocca con lieve schiocco
Lis-
come vela gonfiata dal vento,
per poi avviarsi col dolce sibilo
della brezza mattutina a riempire le labbra
bo-
della sorda risacca dell’onda atlantica
e infine terminare col sospiro aperto dell’amante appagato.
aa-
Lisboa,
nome modulato di canzone racchiusa in tre note,
sonorità di canto antico e sussurrato
che scivola sul Tago
aprendosi all’abbraccio del mare.
Lisboa,
città capricciosa che ti sconcerta
mentre la esplori con la cautela dell’amante
in cerca di sensualità celate,
che sconcerta chi si fa percorrere
le vie coronate di palazzi dai ricchi balconi,
dalle entrate imponenti ornate di pietre severe
dalle facciate chiazzate d'azulejos,
dalle finestre ampie e dai solidi tetti.
Case splendenti nel loro restauro,
eppure discrete in questa manifestazione di una ricchezza
che un tempo fu di famiglia
ed ora di anonima società d'azioni.
Poi, come dal nulla,
rompendo l’armonia della fila di feconde residenze,
si affianca un palazzetto con porte murate
ed il tetto cadente privato delle grondaie,
dalle finestre infrante ed muri sbrecciati
di colore grigio striato di nerofumo.
Un’antica dimora abbandonata
che vagando ne trovi tante di queste case solitarie
con le facciate adorne d’azulejos frantumate,
le occhiaie vuote delle finestre
da cui intravedi i muri interni scarnificati.
Case senza padroni
che suscitano la tristezza di una vecchia signora
che fu tanto amata ed ora è sola,
senza la dignità di una perduta ricchezza giovanile
e priva degli affetti che partirono per non tornare.
Lisboa
da vagare senza meta,
carezzata con passi lenti,
voltando un angolo rapido di volo di rondine,
attraversando un incrocio piccolo di timido e pubere bacio d’amore,
schivando con l’eleganza poetica del torero
un piccolo orgoglioso tram sferragliante,
infilando una stradina
con le case che si inchinano su essa come a proteggerla,
immergendola in un’atmosfera di riservatezza,
dove scorre l’uniformità delle facciate trascurate delle case
e delle finestre che svelano stanze calde d’umida umanità.
Lisboa
si svela nelle sensazioni accomodate di chi riconosce una figura
in vero mai vista eppure ritrovata nella memoria del sogno,
che scivola tra vie succinte nella loro essenzialità,
così volute per creare colleganza tra famiglia e famiglia,
che sfociano in una piazza vasta,
enorme nella sua improbabilità,
dominata da una statua d’un grande di tempi perduti alla vita
ma non al ricordo,
piazze fatte per raccogliere gente
e farla incontrare e cicalare.
Vie caste e dignitose salgono e scendono
intrecciate per poi trasmutarsi
in irrisolte stradine di astrusi dislivelli topologici
e infine cadere in piazzette minuscole e dislivellate,
refrigerate da un minuscolo fronzuto alberello
che sale veloce dalle pietre sconnesse di un antico acciottolato.
Lisboa,
città dei sette colli stretti tra loro
come a proteggersi dai venti freddi ed umidi dell’Atlantico
che s’incanalano lungo il Tago
seguendo come gabbiani le navi che tornano da lontano.
Sette colli dalle curve prepotenti
ed esposte senza pudore a difesa dell’assalto degli stranieri,
con stradine dai marciapiedi a scalini stretti come grondaie,
false scalinate in cui l’umida foschia dell’alba non riesce a penetrare,
inerpicate a mozzafiato verso i viali alberati
che dominano i tetti precipitati sulle balze
che separano i quartieri,
che corteggiano le piazze ombrose,
che scortano fino ai miradores
da dove si può inseguire con lo sguardo la luce
che rimbalza dai colli procaci,
che scivola carezzevole
e s’infila ora vivida ora ambrata,
tra curva e curva,
giocando tra vicoli e strade e piazze,
che illumina angoli nascosti,
oscuri recessi d’intimità umana
che si dischiudono e si spalancano spudorati
al suo bacio luminoso.
Lisboa
provoca con seduzione matura e consapevole,
sorprende con l’incanto della spontaneità impudica
e accarezza i tuoi sogni con la spigliatezza di femmina navigata
che tutti accoglie e nessuno respinge,
che si apre senza chiedere,
che aspetta d’essere indagata senza imporsi,
che non si spoglia e si fa scoprire,
che si abbandona a chi la percorre
vibrante di un’attesa che mai si consuma.


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