Forum Sardegna - Esami ancillari dell'Archeologia
    Forum Sardegna

Forum Sardegna
Nome Utente:

Password:
 


Registrati
Salva Password
Password Dimenticata?

 

    


Nota Bene: Capoterra Solo dopo l’anno 1000 e più precisamente verso il 1200 ritroviamo nuovi insediamenti abitativi, nella zona di S. Barbara dove in questo periodo viene costruita, su tracce di un antico eremitaggio, l’attuale chiesetta e poi in seguito un piccolo villaggio. Non molto lontano da S. Barbara fu costruita probabilmente nel 1625 un’altra chiesetta dedicata a S. Gerolamo. Questi due santi sono stati tra i più venerati dalla tradizione religiosa popolare capoterrese.



 Tutti i Forum
 Cultura in Sardegna
 Archeologia in Sardegna
 Esami ancillari dell'Archeologia
I seguenti utenti stanno leggendo questo Forum Qui c'è:


Nuovo Evento      Bookmark this Topic  
| Altri..
Pagina Precedente | Pagina Successiva
Autore Discussione
Pagina: di 4

pollo mannaro

Utente Medio


Inserito il - 14/11/2011 : 16:23:14  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
maurizio feo ha scritto:

"Ahimé" - disse, e abbandonò ogni passata speranza.


Averne di gente così.....






 Regione Estero  ~ Città: Atlantide  ~  Messaggi: 450  ~  Membro dal: 25/12/2010  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 14/11/2011 : 20:00:27  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Tutti gli esami cui ho accennato sono parte integrante di scienze a sé stanti e possiedono una propria precisa identità e dignità, all'interno del proprio campo, nei rispetti del quale non sono certo ancelle, bensì regine...
Comunque sia, visto che - in questo caso - sono tutti esami "ancillari" dell'archeologia, penso che potrei scegliere di parlare in modo un po' più intensivo di uno di essi...
Essendo io un medico, naturalmente preferisco parlare di una materia nella quale mi trovo (finalmente!) a mio agio, perché si tratta di una scienza medica: la Genetica.
Si è visto che molte scienze specialistiche sono ignorate o scarsamente impiegate (adducendo vari pretesti, tra cui i pretesi costi, che in realtà spesso non sono elevati). In particolare, alcune non sono simpatiche, anche perché non sono comprese.
1) Il pretesto meno crudele verso/contro la Genetica è che - essendo una scienza medica - ci potrà fornire solamente notizie d'interesse sanitario.
Non è affatto così. Ormai si possono eseguire test genetici anche per altro scopo, visto che anch'essi non sono più inavvicinabili nel loro costo, né eseguibili unicamente in uno o due laboratori.
2) Un pretesto più aggressivo è quello secondo cui "i genetisti dovrebbero finalmente mettersi d'accordo tra di loro, invece di saltare fuori con risultati sempre contrastanti e diversi".
Faccio notare che - malgrado la splendida vis polemica contenuta in questa critica fattami dal Prof. Pittau - essa rispecchia molto di più le incertezze, le incapacità a comprendere e l'ignoranza di un certo pubblico non aduso alle cose genetiche. Ma più ancora: chi "divulga" i risultati degli studi genetici dovrebbe avere innanzitutto la cortesia e l'eleganza di averli compresi, lui per primo. Purtroppo, così non è ed è proprio leggendo certe spazzature divulgative che s'ingenerano errate opinioni.
Io personalmente sono stato citato in nota come genetista (non lo sono assolutamente!) pubblicante una non meglio specificata rivista (?) "genetics" (sic!) in un libro recentemente pubblicato da un autore autodidatta sardo che non sapeva neppure di che cosa stava scrivendo, ma che adesso si va molto gloriando della propria opera (meravigliosamente illustrata, a dire il vero, come doveva assolutamente fare, perché le allodole amano spassionatamente copulare con gli specchietti) raffazzonata copiando ed incollando un po' dovunque.
Ora: spiegare la Genetica (con tendenza ad andare nel campo della Genetica di Popolazioni) non è esattamente la cosa più facile ed agevole.
Tenterò di farlo, fin che posso e con la dovuta calma... Se l'argomento interessa, s'intende.







  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

pollo mannaro

Utente Medio


Inserito il - 14/11/2011 : 21:09:58  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
@Feo
Finalmente ho trovato un momento per scrivere una risposta non troppo frettolosa. Mi permetto di riassumere i punti che hai elencato (ne manca volutamente qualcuno):
1. Circa 2250 anni fa, nell' Egitto Tolemaico, un uomo – conosciuto oggi come “M1… Ecco uno solo dei tanti tipi di studio che potrebbero eseguirsi sulle ossa dei resti sardi, che talvolta risultano abbandonati nelle Domos de Janas (come si è visto anche in alcune fotografie comparse su questo Forum)
2. l'archeobotanica e l'archeozoologia.
3. esami sul Dna.
4. studio della lingua
5. I "vecchi" sistemi di datazione usati dagli archeologi.
6. Il "famigerato" C14.
7. Dendrocronologia
8. Lo studio dell’Idratazione dell’Ossidiana, invece, dovrebbe esserlo: si tratta di misurare lo spessore dello strato d’idratazione, causato dall’ingresso di vapore, nelle superfici scheggiate del vetro vulcanico. Permetterebbe di studiare epoche comprese tra i 200 ed i 200000 anni fa… Non mi pare che sia stato gran che utilizzato in Sardegna, da sardi. Fin qui sembra che quasi esclusivamente Tykot abbia condotto studi esaustivi in Sardegna. E dire che il costo non è improponibile....
9. Un altro metodo di datazione, più recente e meno noto, è quello della (Termo)luminescenza
10. Comunque sia: i problemi nelle datazioni ci sono eccome: inutile negarlo.

Prima di tutto ti ringrazio per l’impegno: ho letto con interesse e sei stato molto chiaro (se mai decidessi di aprire qualche topic su una singola voce, ad esempio la termoluminescenza, si potrebbe parlare di alcuni dettagli).
In generale però, e come ti avevo preannunciato, mi permetto di essere un po’ critico nei tuoi confronti per l’eccessivo risalto dato al presunto “passatismo” del mondo archeologico isolano. Per contestare questa impostazione (e ciò vuole essere solo un contributo positivo alla questione, sia chiaro) vorrei farti prendere in considerazione il contesto generale della ricerca archeologica sarda, sia in termini numerici (e di conseguenza la struttura costituita dalle risorse umane e dai fondi disponibili) che di produzione scientifica.
Per il primo punto, considera che la ricerca copre attualmente tutto lo spettro della storia dell’uomo (meno il paleolitico, ma sarebbe una lunga digressione) quindi dal neolitico al medioevo, e ciò è giustificato dal fatto che la ricerca deve necessariamente coprire ciò che si ritrova nel territorio. Ad esempio: Stiglitz sta scavando il tempio della Sella del Diavolo, ma la prima cosa che hanno trovato (lo strato superiore) è medievale, dunque serve un medievista (che sappia di Sardegna)! Oppure D’Oriano scopre navi Vandale e non può permettersi di non capirne, sia di scavo che di conservazione.
Quindi abbiamo un mondo accademico (e vi includo anche coloro che operano in connessione con le soprintendenze) che non può essere sproporzionato rispetto al milione e mezzo di abitanti che conta il Paradiso, ma deve comunque interessarsi dello stesso spettro temporale di qualunque altro posto in Italia, ben più abitato e ricco di noi.
Ciò nonostante, se osservi la produzione scientifica del mondo archeologico sardo, ci trovi rappresentati tutti i punti che hai elencato (anche il primo, se non sei rigido e vuoi davvero una mummia, perché da noi è difficile trovarne). Si tratta di capire se l’incidenza percentuale di questi tipi di studio (rispetto a quelli più classici, se mi passi il termine) sia meno marcata per l’archeologia sarda rispetto al continente o all’estero.
Sebbene non possa esserne certo (non ho numeri da mostrare) mi pare che la situazione sarda sia più o meno in linea con il resto del mondo: una gran massa di studi “convenzionali” (Spero che nessun archeologo mi prenda a sberle per il mio lessico, ma bisogna pur semplificare) una minore incidenza di lavori “innovativi”. Questi ultimi, forse, sono maggiormente visibili per gli appassionati ( e di certo per i mezzi d’informazione di massa).
Da questo punto di vista, quindi (e posto che abbia inteso bene il tuo pensiero) non sono d’accordo con te: le nuove tecniche sono presenti anche da noi (mi viene da citarti l’archeozoologia, ad esempio, che è diventata prassi, oppure le datazioni al C14 sempre più diffuse o gli studi dei pollini e dei semi).

Un discorso a parte è invece questo: qual è il contributo che possiamo attenderci dall’integrazione delle “nuove” tecniche?
Certamente elevato, purché però si tratti di un approccio pienamente interdisciplinare in cui la metodica archeologica (ed il rigore!) guidi il resto. In questo senso ho inteso la frase di Stiglitz che parlava di DNA (e che condivido), nel senso che il filo conduttore deve essere necessariamente un approccio di tipo archeologico (cioè bisogna mettere alla base della disciplina lo scavo stratigrafico ed il continuo riferimento ad esso).






 Regione Estero  ~ Città: Atlantide  ~  Messaggi: 450  ~  Membro dal: 25/12/2010  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 17/11/2011 : 13:34:45  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Dunque: come può la genetica servire agli scopi dell'archeologia?
In molti modi: purché si comprenda bene che tipo di strumento sia la Genetica, quali sono le sue possibilità e dove esattamente sia più elevato il suo livello di precisione.
Nel senso che, se si deve colpire una zanzara, non si userà certo il bazooka e se si deve fermare un carro armato non è appropriato farlo con una paletta acchiappamosche...

Facendo un discorso generale, la genetica, studia (nei casi in cui questo sia possibile!) la composizione del genoma (umano e no: il discorso vale meravigliosamente anche per gli animali e per le piante), di esseri contemporanei e no...
Attualmente, la genetica è oramai in grado di trarre molti più elementi, non solamente fisici, ma anche psicologici - da un filamento di Dna - di quanti non facesse solo pochi anni fa.

E' errato presumere che dal Dna attuale, di esseri viventi ora, non si possano trarre notizie circa il passato delle relative specie (vedremo insieme come ciò sia possibile).

Per quanto riguarda la Sardegna, ciò vale a dire che notizie sulle passate generazioni di Sardi si possono validamente trarre anche dal Dna di Sardi attuali e non solamente studiando quel (molto poco) Paleo-Dna che eventualmente si può reperire in resti antichi (nei quali, tra l'altro, il Dna può essere danneggiato ed incompleto; oppure può essere inaffidabile, in quanto i resti sono stati toccati a mani nude e contaminati da Dna Moderno .
In genere, fino ad oggi, gli studi effettuati sul Dna dei Sardi Antichi (dell'Età del Bronzo, prevalentemente) si sono svolti esclusivalentemente estraendo materiale proteico - e quindi contenente Dna - dai denti [Barbujani et al.]).

Naturalmente, ci si deve liberare - qui - delle presunzioni errate circa il fatto che l'aspetto fisico esterno (Fenotipo) di un essere qualunque sia importante ai fini di una ricerca genetica: non è affatto la regola ed è anzi un modo di procedere che può condurre a grossolani errori (e su questo modo di procedere errato si basa ogni considerazione di discriminazione razziale).

L'unica nozione che vorrei sottolineare - con questo mio intervento di oggi - è che l'aspetto esterno di ogni essere è solamente l'interfaccia tra l'ambiente nel quale esso vive ed il suo genoma (Genotipo).

Questo concetto si può semplificare in un esempio. Si può mettere la stessa identica acqua sia in un vetro cilindrico di colore rosso, sia in un bicchiere cubico di vetro verde: otterrò senz'altro due liquidi che possiedono apparentemente forme e colori differenti, ma sono sostanzialmente identici, nella realtà, pur apparendo molto differenti a prima vista.

Ecco dove sta per intero il significato - veramente effimero e spesso insignificante o del tutto fuorviante - del Fenotipo (aspetto esterno): esso ci dice più della Geografia, attraversata nel tempo dal soggetto che stiamo studiando, che non della vera sostanza di cui è composto.

Per secoli gli studiosi (seri) si sono sprecati nello studio delle dimensioni delle ossa lunghe, dei diametri cranici e di molte altre misura antropometriche: inutilmente.
Nessuno studioso di Antropologia o di Genetica riporta ormai più (se non a titolo di semplice curiosità secondaria) le misure antropometriche, dal momento che esse sono prive d'importanza e dipendono dalla dieta, dalla geografia e da altri numerosi fattori (quale ad esempio è la temperatura).

Certamente, è importante sapere che le Australopitecine erano piccole di taglia e di statura, rispetto a Homo Sapiens: ma non ha più alcun significato scientifico paragonare due popolazioni umane sulla base delle misure antropometriche e pretendere di trarne indicazioni (inutile dire che ci sono libri pubblicati di recente, che si rifanno a queste misure ormai riconosciute come parametri fuorvianti: non vanno comprati, perché gli autori ignorano regole fondamentali).









Modificato da - maurizio feo in data 17/11/2011 13:43:56

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 17/11/2011 : 14:56:13  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Quindi, la prima cosa da fare è rispondere alla domanda: "Che cosa è Genetico e che cosa non lo è?"

Il linguaggio, ad esempio, sembrerebbe esserlo. Nel senso che le scimmie (anche quelle più simili all'Uomo Moderno, quali lo scimpamzé ed il gorilla) non possiedono un apparato di fonazione versatile come quello umano. Possono pronunciare solo alcune vocali. E' questo il motivo per cui, nei vari tentativi d'insegnare loro una forma di comunicazione (da studiosi estremamente pazienti) è stato insegnato in genere un linguaggio dei segni...
La loro "mancanza" di un linguaggio è forzatamente e primariamente biologica e su base genetica, anche in presenza di un'intelligenza che permette l'apprendimento e l'uso di una forma "muta" di comunicazione.

L' Homo Neandethalensis possedeva l'osso ioide (che è indispensabile per modulare il suono emesso), ma l'angolazione e la lunghezza del laringe non permetteva al Neandertal di pronunciare "i", "a", "u","g" e "k". Secondo alcuni, questa precisa e grave limitazione del linguaggio fu una delle differenze che lo fecero soccombere a noi.

Quindi - per ciascuna specie - esistono motivi genetici (ed ereditari, su basi anatomiche e fisiologiche che si sono evolute nel tempo) per la possibilità di prodursi in un linguaggio da sfruttare per la comunicazione.
Il successivo sviluppo di una scrittura, però, non è genetico (oppure lo è in misura insignificante): è invece un tratto eminentemente culturale.

Andrebbe da sé che la trasmissione del tratto culturale (linguaggio scritto, parallelamente a quello parlato) proceda di pari passo con la trasmissione di tutti gli altri tratti genetici più strettamente biologici: sarebbe bello, ma non è così, nella realtà.

Perché la popolazione si espande geograficamente, crescendo di numero, oppure viaggia e si trasferisce in un altrove lontano.
Gli ostacoli della distanza (oltre a quelli geografici: monti, fiumi e mari) determinano progressive modifiche del modo di parlare, l'introduzione di vocaboli nuovi e la perdita di alcuni dei vecchi (non ci sono salmoni nel Mediterraneo, né betulle: sono due vocaboli che subiscono uno dei due destini, perdita o creazione, a seconda del movimento della popolazione). Dopo un congruo numero di anni, si potranno avere due popolazioni geneticamente identiche, ma parlanti lingue differenti. Oppure popolazioni che parlano la lingua di un invasore (gli Ungheresi che parlano Magiaro), dal quale sono geneticamente molto differenti.

Con questo concetto non intendo certo convincere nessuno del fatto scientifico che l'unità linguistica sia molto meno importante dell'identità genetica. Ma di fatto è così.
In Turchia si parla Turco, ma la realtà genetica mostra un sorprendente mosaico di popolazioni di tutti i tipi...







  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 18/11/2011 : 15:12:05  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
La Genetica può essere d'aiuto nel chiarire alcuni concetti - circa i sardi, ma anche circa moltissime altre popolazioni - sui quali si dibatte ancora: tre sono quelli che mi vengono in mente per primi (ma ce ne sono sicuramente altri..).
Il Tempo, lo Spazio e l'Isolamento: elencati così, non significano gran che.
Comincerei dall'Isolamento.

Mi fa sorridere il fatto che si insista - da parte di alcuni - a controbattere che l'isolamento dei Sardi non ci fu mai: in genere, si tratta di persone che sostengono a spada tratta l'efficienza della navigazione Sarda, che permise "frequenti contatti (ed incroci) con tutte le genti del Mediterraneo".

La realtà [del Paleo- Neo- ed Eneolitico e persino dell'Età del Bronzo] è che tutta la navigazione antica (inclusa, per forza di cose, quella eventualmente sarda, della cui esistenza non è mia intenzione discutere qui), fu essenzialmente precaria, prevalentemente di (piccolo e medio) cabotaggio e limitata solo a settori ristretti del Mediterraneo.
Questo non esclude che l'arrivo dei Neolitici sull'isola fosse - ovviamente - per mare: ma non si trattava di "battelli di linea" con frequenza abituale, condotti da eqipaggi con regolari turni di navigazione tra una sponda e l'altra.
Bensì, si trattava di viaggi ben motivati da ragioni precise e talvolta gravi, sulle quali sono state fatte numerose ipotesi, tra le più e le meno valide e fantasiose...

Ma - si dirà - questa asserzione non dimostra nulla ed è "legata ad una ideologia" cioé è oppugnabile e contrastabile con una asserzione formulata secono un'ideologia contrastante ed opposta...

Che cosa parla così tanto a favore dell'isolamento dei Sardi, da rendere poco credibile scientificamente chi insista a negarne la realtà?

Ecco:

Gli esseri viventi, nella loro riproduzione, rispondono a un certo numero di regole biologiche precise, che permettono loro di trasmettere alle successive generazioni i caratteri specie-specifici, in modo da conservarne nel tempo la biodiversità e la distanza con altre specie differenti: altrimenti, tutto il Mondo sarebbe popolato da un'unica specie vivente (probabilmente bruttissima), ciò che sarebbe in prima istanza molto noioso ed inoltre pericolosissimo per la permanenza della Vita sulla Terra. Nello stesso tempo, però, alcuni provvidenziali "errori di copiatura" del Dna garantiscono l'introduzione di caratteri nuovi in ciascuna specie, assicurandone l'evoluzione, grazie al fatto che questi cambiamenti ("mutazioni") possono essere favorevoli, sfavorevoli oppure indifferenti.

Queste regole precise sono diventate "leggi" della Genetica, enunciate in modo preciso dai primi genetisti che le hanno studiate e portate all'attenzione di tutti i loro successori...
Alcune sono piuttosto difficili da spiegare, altre molto meno. Ma - che le si capisca oppure no - si tratta di leggi ineludibili, altrettanto quanto lo è la "legge" di gravità...

Sto qui introducendo il difficile concetto, che appartiene alla Genetica di Popolazioni, di "Deriva Genetica", che spiegherò certamente meglio in seguito: mi preme però insistere su un fatto, in particolare, perché è di grande importanza.
La Deriva si applica solamente su popolazioni piccole: tanto più grande è una popolazione e tanto meno si applica la deriva; tanto più piccola è la popolazione, tanto di più si applica la deriva genetica, con i suoi risultati inaspettati ed imprevedibili.

Come può una popolazione già piccola in partenza restare piccola abbastanza a lungo, cioé per un numero di riproduzioni (= generazioni, un periodo di circa 20 anni per ciascuna generazione) sufficiente a produrre il profondo cambiamento che se ne osserva alla fine, se questa popolazione non è isolata?

Noi osserviamo oggi una popolazione sarda differente da qualunque altra esistente al mondo: dal punto di vista genetico (e solo da quello!) i Sardi non solo non sono Italiani, ma non sono neppure Mediterranei, né Europei, né altro.
Perché?
Perché la Deriva ha agito su di essi in modo profondo, sostanziale e definitivo.

Questo significa e conferma due verità biologiche inconfutabili:

1) i Sardi furono pochi e
2) furono isolati.

Si tratta di verità scientifiche non negabili, non di opinioni. Lo dico perché sempre - a questo punto - qualcuno mi guarda torvo e mi dice: "Questo sarà quello che credi tu".
Nessuno può affermare: "Io sono di parere diverso" (o meglio, affermandolo dimostra la propria completa ignoranza della realtà concreta dei fatti).
Proprio perché - analogamente - nessuno può dire che non esistono la gravità, la nascita, l'invecchiamento e la morte.
Sono fatti reali, che piacciano, che facciano paura, che confortino le nostre tesi, speranze e preferenze, oppure no.







Modificato da - maurizio feo in data 18/11/2011 15:24:13

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 18/11/2011 : 19:00:36  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Lo spazio:
immaginiamo di avere un colorante idrosolubile.

Quindi, immaginiamo di avere una vasca poco profonda, piena d'acqua.
Adesso, immaginiamo di versare molto lentamente il colorante in un punto qualsiasi della vasca.

Otterremo una composizione piuttosto artistica, con sfumature decrescenti di colorante: sarà più concentrato nel punto centrale (il punto in cui lo abbiamo versato) e man mano diventerà più diluito con l'allontanarsi da quel punto. Le parti più lontane della vasca potranno anche non essere affatto raggiunte dl colorante e restare occupate da acqua perfettamente limpida.
Potremmo anche complicare la distribuzione del colorante, aggiungendo nella vasca corpi estranei che ne ostacolino la diffusione: mucchietti di sabbia, barriere di pietre, paletti etc.

Abbiamo così creato un esempio di "marcatore" di diffusione, che, nel nostro caso, riguarda la diffusione del colorante nell'acqua.

Se disponessimo di un analogo marcatore di diffusione della specie umana nel Mondo, saremmo a posto!

Benissimo, come molti sanno già più che bene, un simile marcatore biologico (o marker) già esiste ed è stato scoperto proprio dalla Genetica.
E il bello è che si comporta proprio nello stesso modo in cui si comporta il colorante nell'acqua: esiste cioé un "gradiente" di concentrazione decrescente" di questo marcatore, man mano che ci si allontana dalla sua origine.

Origine è il termine corretto, perché ciascuno di questi marcatori è dovuto al crearsi di una mutazione casuale nel genoma umano.
Il primo individuo portatore di tale mutazione - riproducendosi - trasmette la propria mutazione ai discendenti, che nel tempo fanno altrettanto, si moltiplicano e - eventualmente - i loro eredi si allontanano migrando dalla sede d'origine, avendo nel loro spostamento gli ostacoli orografici (catene montuose, mari, fiumi, clima etc) ed eventualmente culturali e linguistici, che modificano discretamente una distribuzione che altrimenti sarebbe molto uniforme.

I genetisti assegnano a questi marcatori numeri e sigle molto simili a quelle che gli ingegneri automobilistici appioppano ai loro nuovi modelli sperimentali: sono sigle che complicano inutilmente un quadro generale piuttosto semplice.
Se due uomini diversi, magari con il colore della pelle differente e parlanti due lingue differenti, che credono in divinità differenti, possiedono in comune uno di questi markers, allora certamente quei due uomini hanno un medesimo antenato comune in un passato più o meno lontano.

Anche questa è una legge genetica ineludibile: nessuno vi si può sottrarre, che gli piaccia oppure no, (che ci creda, persino, o no) non vi si può sottrarre.

Ora, la frequenza temporale con la quale le mutazioni si verificano in determinati punti dei cromosomi, è nota. E questo, introduce opportunamente il fattore tempo, nelle nostre osservazioni...








Modificato da - maurizio feo in data 18/11/2011 19:12:11

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

Trambuccone
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 18/11/2011 : 22:45:44  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Trambuccone Invia a Trambuccone un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Spiegazione chiarissima e utilissima, almeno per me.
Grazie Maurizio, carry on!
T.







Modificato da - Trambuccone in data 18/11/2011 22:50:56

  Firma di Trambuccone 
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum......et tertia non datum.

 Regione Sardegna  ~ Città: Nord Sardegna  ~  Messaggi: 1509  ~  Membro dal: 16/09/2007  ~  Ultima visita: 07/09/2013 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 09:04:14  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Un tipo particolare di "clan" ancestrale.
Nello studiare il genoma per ricostruire una discendenza, i genetisti di popolazione ricercano quei punti precisi del DNA dove si sa che sono avvenute delle variazioni (mutazioni) per non dovere sempre sequenziare tutto il genoma, (operazione troppo costosa, attorno ai 200.000 – 300.000 euro per ogni singolo DNA: almeno, a questi prezzi viene offerto a ricchi privati che lo richiedono, il costo reale è minore ed è molto diminuito nell'ultimo decennio).

I punti con variazioni si chiamano markers. (Il marker, quindi, è quel tratto del cromosoma dove si cercano, in quanto statisticamente più probabili, le mutazioni avvenute nel tempo). Comunque, all'atto pratico, i due termini si possono usare con il medesimo significato.

Dato che si tratta d’eventi rari, che si sono verificati in qualche punto del passato in individui singoli, queste mutazioni dei markers permettono di definire linee uniche di successione, quasi come ricostruendo la linea genealogica in un clan (naturalmente, "clan" non è usato qui con lo stesso medesimo significato che la parola possiede nella descrizione dell'evoluzione antropologica: questi "clan" non si sono mai veramente radunati tutti insieme, ad esempio).

Se immaginiamo come un albero le migrazioni umane e l’evoluzione genetica, gli aplogruppi sono dei rami.
Due individui che posseggano lo stesso marker, devono avere avuto in comune un antenato, prima o poi nel passato: in un ramo più grosso, oppure addirittura nel tronco.
Seguendo a ritroso i rami di questo albero, (con studi su popolazione) si può arrivare al punto (che è temporo-spaziale, in realtà, non solo spaziale, come si vedrà) in cui i rami convergono, cioè al più recente antenato del “clan” che stiamo esaminando. Ogni volta, lo studio non permette di proseguire a ritroso più di un certo limite: anche se - avendo il materiale genetico - in teoria solamente potremmo risalire al primo "uomo"..

In termini genetici, questi clan si chiamano aplogruppi: ciascun aplogruppo è caratterizzato da un particolare accumulo di marcatori genetici . Ogni individuo può quindi essere assegnato al proprio aplogruppo (il “clan”, che fa capo ad un singolo individuo, maschio o femmina a seconda che si usi materiale Y oppure mtDNA) e si possono anche stabilire correlazioni fra aplogruppi differenti. Naturalmente, sono stati individuati diversi aplogruppi, affiliazioni e sottogruppi: siccome per ognuno si usano sigle fatte di numeri e lettere, la denominazione di ciascun “clan” diventa un poco complicata. Gli individui che si possono fare risalire al medesimo aplogruppo non sono affatto necessariamente simili: essi possono presentare differenti aplotipi (varianti alleliche strettamente correlate, perché situate sul cromosoma molto vicine tra loro, che vengono quindi ereditate tutte insieme).

Per il cromosoma Y, la frequenza distributiva in Europa è stata ascritta a 7 gruppi principali (caratterizzati dalla lettera M, per marker), che rappresentano il 95% della popolazione attuale.
L’aplogruppo R1b (marker M343) è molto frequente nel versante atlantico e decresce in frequenza procedendo verso est (quasi tutti i maschi irlandesi, un terzo di quelli ungheresi e polacchi). Quasi speculare ad esso è l’aplogruppo R1a1 (marker SRY10831.2), molto frequente in Europa orientale e parte dell’Asia.
J2 ed E3b si distribuiscono specialmente in Europa meridionale, nel Medio Oriente (in Grecia, circa un quarto della popolazione maschile), svanendo in Europa settentrionale.
I1a ed I1b sono rispettivamente accentrati in Scandinavia e nei Balcani e testimoniano dell’antichità di scambi e migrazioni tra uomini del centro e del nord europeo.
L’aplogruppo N, presente in Scandinavia e nell’Asia settentrionale, sta a dimostrare invece che la separazione fra popolazioni nordiche ed occidentali/meridionali è comunque stata molto forte e netta.

Molto più numerosi sono gli aplogruppi ottenuti con il mtDNA.
Il più famoso, L0 è quello che fu definito dell’”Eva mitocondriale” e dette origine a diversi malintesi. Si formò presumibilmente 100.000 anni fa e rappresenta – piuttosto che la prima donna, come fu erroneamente esclamato – il punto più antico dell’albero mitocondriale a cui si possa risalire con la genetica. Infatti, le prove archeologiche e fossili depongono per un’origine dell’uomo discretamente più antica: circa 200.000 anni fa (anche se comportamenti umani moderni sono datati solamente attorno a 50.000 – 70.000 anni fa: il che significa che non consideriamo propriamente umano ciò che è esistito prima).

I sardi appartengono all’aplogruppo I (che ha frequenze elevate in Bosnia e Scandinavia) in particolare al sottogruppo I1b1b, che è tipico dell’isola (ne esiste una presenza nella zona dei Pirenei).
Anche l’aplogruppo G, branca dell’aplogruppo F, è relativamente frequente in Sardegna (13,8% nella media della popolazione sarda, con punte del 25% nel nord dell’isola) e nei Pirenei: fanno capo ai markers M201 ed M89, rispettivamente, e sarebbero indice di migrazione dall’Anatolia.
L’aplogruppo G si sarebbe formato circa 20.000 anni fa, secondo il YCC (Consorzio per il Cromosoma Y).

Bisogna essere molto prudenti e ragionevoli, nel tentare di trarre conclusioni dai dati: e questo è "il ponte degli asini" che distingue in genere i ricercatori scientifici dai ricercatori di best sellers.

Da quanto riassunto sopra, qualcuno "dedurrebbe" con certezza che i Protosardi navigatori ed indomabili conquistarono in passato i paesi Scandinàvi, ad esempio; probabilmente "saprebbe" anche quale nome essi davano a sé stessi (ho qualche sospetto sul nome più probabile), quali navi usassero ed altre amenità.
Altri - adducendo anche prove rigorosamente "interdisciplinari" (ad esempio linguistiche) - trarrebbero la conclusione "definitiva" che i Protosardi derivano dalla Spagna, magari dalla zona dei Pirenei.

Faccio qui notare che costoro - sia quelli più accreditati, sia quelli non accreditati - non conoscono la Genetica, né sanno interpretare le scoperte della Genetica di Popolazioni.

Nessuna deduzione, ancora è possibile dalle incompletissime nozioni parziali fin qui riportate.








Modificato da - maurizio feo in data 19/11/2011 09:39:31

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 10:16:02  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Differenza tra individui e popolazione.
Individui.
Gli individui posseggono, nel proprio patrimonio genetico, alleli e genotipi, che si esprimono nel fenotipo esterno, che noi tutti possiamo vedere e su cui basiamo i nostri giudizi estetici e talvolta – purtroppo – discriminanti e razzisti. (Aristotele credeva – giudicando dall’aspetto fenotipico – che la giraffa fosse frutto di un incrocio tra un ghepardo ed una gazzella! L’aspetto fenotipico è molto ingannevole e questo ne è un umoristico esempio).
Ma ciascun individuo resta – geneticamente – ciò che era alla nascita, per tutta la propria vita, fino alla morte.
È noto che ogni individuo possiede un mtDNA, (o DNA mitocondriale, citoplasmatico, che può essere usato per rintracciare la linea femminile dei suoi anteneati), mentre il DNA del cromosoma Y (che determina il sesso maschile ed è assente nelle donne, le quali se la cavano egregiamente anche senza) permette di rintracciare gli ascendenti maschili.
Gli altri componenti del DNA, contenuti negli altri cromosomi, si combinano variamente (quasi mescolandosi come le carte in un mazzo), ma il mitocondriale e l’Y non lo fanno. Mentre il restante DNA dei genitori si mescola in vario modo, il mt DNA del padre non entra (insieme al materiale nucleare dello spermatozoo maturo, che ne è privo) nella cellula uovo che formerà il nuovo individuo figlio. Invece il mtDNA materno, che è nel citoplasma, sarà invece sempre presente nel figlio (maschio o femmina).
Questi due tipi di DNA sono soprannominati DNA uniparentale o non ricombinante e offrono numerosi vantaggi: innanzitutto, una forte strutturazione geografica (in misura differente: la migrazione femminile è da sempre stata maggiore di quella maschile) [1]; mtDNA è inoltre di piccole dimensioni e già presente in molte copie in ogni singola cellula (ogni cellula possiede molti mitocondri) e pertanto agevola lo studio.

[1] Dupanloup I, Pereira L, Bertorelle G, Calafell F, Prata MJ, Amorim A, Barbujani G (2003) A recent shift from polygyny to monogamy in humans is suggested by the analysis of worldwide Y-chromosome diversity. J Mol Evol 57:85–97 - Seielstad MT, Minch E, Cavalli-Sforza LL (1998) Genetic evidence for a higher female migration rate in humans. Nat Genet 20:278–280.







Modificato da - maurizio feo in data 19/11/2011 10:21:03

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 10:16:36  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Popolazione.
Una popolazione, invece, è caratterizzata dalla frequenza dei diversi genotipi e dei diversi alleli presenti nel suo contesto, che la distinguono dalle altre. S’intende quindi che una popolazione può cambiare, nel corso del tempo. Una popolazione si dice in equilibrio, quando le sue frequenze geniche sono prevedibili dalle sue frequenze alleliche e queste ultime non cambiano nelle generazioni. Una popolazione in equilibrio non evolve.
Le cause di un disequilibrio sono, cioè, fattori dell’evoluzione.
Le popolazioni possiedono frequenze alleliche e frequenze genotipiche, che le contraddistinguono. Le variazioni nel tempo delle frequenze alleliche sono oggetto di studio della genetica evoluzionistica, che ricostruisce alberi filogenetici con significato storico geografico.
Le condizioni perché una popolazione resti in equilibrio, oppure si evolva sono riassunte nella tabella sottostante, ove compaiono, contrapposti [non riesco ad appiare i dati della tabella, ma è chiaro che i numeri sono riferiti a fattori corrispondenti ed opposti] i fattori che agiscono in senso contrario:

1 Incroci casuali.
2 Una popolazione grande.
3 Un tasso di mutazione trascurabile.
4 Una migrazione trascurabile.
5 Una mortalità indipendente dal genotipo.
6 Una fertilità indipendente dal genotipo.


1 Inbreeding (incroci fra consanguinei).
2 Deriva genetica (popolazione piccola).
3 Mutazione (da pressione ambientale).
4 Migrazione (apporto di altri geni)
5 Selezione naturale.
6 Selezione naturale.


Nella seconda serie (corsivo) figurano fattori che i Sardi – intesi come popolazione – hanno conosciuto molto da vicino, in vari periodi antichi o recenti, nel corso della loro storia. Sono proprio questi fattori, quelli che hanno in più tappe ed in modi differenti cambiato profondamente il patrimonio genetico isolano, fino a farlo diventare ciò che esso è oggi: il genoma semplificato di una popolazione che è un isolato genetico, differente da qualsiasi altro, così distante da qualsiasi altra popolazione – in termini di distanze genetiche – da non potere essere rappresentato sulle carte cromatiche di gradiente, create a suo tempo dal prof. Piazza per l’Italia . Mentre in tutta la Penisola e la Sicilia si avevano gradazioni di colore che sfumavano l’uno nell’altro a seconda delle differenti frequenze geniche, la Sardegna mancava del tutto, oppure appariva bianca, con tante scuse da parte dell’autore per il disappunto dei lettori sardi .







Modificato da - maurizio feo in data 19/11/2011 10:23:16

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 11:25:12  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
La “Deriva Genetica”.
Uno dei fattori che sono stati citati più spesso, come responsabili dell’unicità del genoma sardo, è l’effetto “bottle neck” (significa "collo di bottiglia" e definisce l'effetto sul numero di una popolazione, molto ridotto in seguito all'effetto di una o più difficoltà ambientali, che possono esitare nell'estinzione).

Esso consiste in un episodio o combinazioni di essi, (migrazione, carestia, epidemia, guerra, glaciazione o altro) che può modificare grandemente il patrimonio genetico di una popolazione, generalmente non molto grande.

Conviene descriverlo con un esempio: se s’immagina il patrimonio genetico di una popolazione come costituito da 100 palline colorate contenute in una bottiglia, l’episodio accidentale che incide sul patrimonio stesso è rappresentabile con l’atto di versarne alcune fuori attraverso il collo di bottiglia (tanto per restare in tema), e poi di riporre la bottiglia: ciò che è uscito dalla bottiglia è la popolazione sopravvissuta...

Poniamo che vi siano geni molto comuni e numerosi, le palline blu (70%); altri meno frequenti, le palline rosse (10%) e gialle (19%); altri rari, una pallina bianca (1%). Il risultato del fatto accidentale è dato dal caso: statisticamente è molto probabile che, nella nostra popolazione nuova, si trovi qualche pallina blu (6). Forse, ce ne sarà qualcuna gialla (3). Potrebbe darsi il caso che vi si trovi la pallina bianca e nessuna rossa.

Avremo così una popolazione sopravvissuta all’evento, con una composizione genetica molto diversa da quella d’origine, sia in sostanza (totale assenza di palline rosse), sia in percentuale (molto più elevata per le palline bianche: da 1% a 10% e per le gialle, da19% a 30%, ridotta da 70%a 50% per le blu).

In casi severi, l’effetto collo di bottiglia può condurre all’estinzione







  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 11:29:27  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Per continuare il (noioso) discorso descrittivo dell'aplogruppo dei sardi,

La mutazione M170 avrebbe avuto origine in Europa circa 23000 - 28000 anni fa (Semino et al., 2000; Chiarelli, 2003; Rootsi, 2004) in popolazioni di cultura Gravettiana , la mutazione I-M26 avrebbe avuto origine in una popolazione rifugiatasi in Spagna e Francia meridionale, durante l’ultimo picco di glaciazione e si sarebbe diffusa in Sardegna all’incirca tra 13000 e 9000 anni fa (Passarino et al., 2001; Rootsi, 2004) .

L’aplotipo I-M26 è presente in tutta la Sardegna (Passarino et al., 2001; Zei et al., 2003), con frequenze geniche fino oltre il 30% (dall’1 al 7 % nella penisola iberica).

L' aplotipo R-M18 è esclusivo della Sardegna e origina per acquisizione di una mutazione dall'aplogruppo più antico R-M173.

L'interpretazione dei risultati fa risalire in modo lineare la popolazione sarda attuale da una popolazione ancestrale fondatrice che potrebbe aver raggiunto l'Isola in più ondate durante il Paleolitico superiore. I geni dei sardi si inquadrano perfettamente nell'ambito del pool genico europeo con grosse differenze però in termini di frequenze geniche (per lo più dovuti a effetto del fondatore e deriva genetica casuale).

I sardi attuali mostrano maggiore variabilità di quelli “nuragici”, come è ovvio, vista la tendenza globale all’amalgama: semplicemente, non sono più isolati come un tempo!

Alcune popolazioni sarde odierne, però, mostrano moltissime affinità genetiche con i sardi “nuragici”. (Gli Etruschi, invece, già molto meno omogenei in antico rispetto ai nuragici, non possiedono affinità con i toscani di oggi).

Per il momento è sufficiente avere stabilito che la Deriva Genetica ha agito realmente, in tutti i suoi aspetti, e non una volta sola sulla popolazione dei Sardi: già questo fatto basta a giustificare le differenze genetiche tra i sardi ed il resto del Mondo.







  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 11:52:55  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Il Tempo.

Se qualcuno desiderasse controllare ed approfondire questo argomento,annoto qui l'indirizzo del più grande studio mondiale sulla Genetica di Popolazione oggi in corso:

www.nationalgeographic.com/genographic/atlas.html

Ma - visto che ho fatto correlazioni fra spazio e tempo, dovrò dire almeno due parole al riguardo.

Il numero delle mutazioni accumulate in regioni cromosomiche non ricombinanti è stato utilizzato come “orologio molecolare”, con metodi induttivi poco graditi agli scettici .

La mutazione - come è noto - è un errore casuale nella replicazione di un nucleotide del DNA, così come un refuso lo è in un processo di stampa. Costituisce l’elemento fondamentale dell’evoluzione: ne avvengono circa 50 ogni generazione (su vari miliardi di nucleotidi).

Conoscendo il numero di mutazioni che si verificano in una generazione è facile risalire in linea teorica a quante generazioni siano occorse per creare le differenze riscontrate nel DNA di due individui diversi.

E quindi determinare anche l’epoca in cui due rami dell’albero filogenetico si sono separati.

L'esercizio non è dei più semplici, come potrebbe invece sembrare, dato che le mutazioni possono essere sia aggiuntive, sia sottrattive. Riconoscere l'azione sovrapposta di questi fattori - quando si presuppone che siano intervenuti più volte nel tempo e con azione contraria, richiede molta esperienza, chiarezza d'idee, l'abilità d'usare supercomputer appositamente programmati a svolgere questo incarico complicato e la perfetta conoscenza dei meccanismi con cui intervengono sul filamento del Dna le mutazioni. Il metodo è criticato proprio per via di queste difficoltà dai detrattori.

Ma ciò non toglie che il percorso umano è stato "mappato" a partire da più di 200.000 anni fa - in Africa - e sono ormai numerose le mappe su cui i singoli percorsi dei singoli aplogruppi hanno seguito nel corso delle loro migrazioni, nel tempo e nello spazio.

Proprio a Roma, in questi giorni, e fino al 12 febbraio, è in corso la mostra: "Homo Sapiens. La grande storia della Civiltà umana", presso il Palazzo delle Esposizioni via Nazionale.
Per chi volesse informazioni:
www.homosapiens.net
e anche
www.palazzoesposizioni.it
. I curatori sono Luca Cavalli Sforza e Telmo Pievani.
Due nomi di cui fidarsi, insomma.







Modificato da - maurizio feo in data 19/11/2011 11:54:43

  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 19/11/2011 : 12:15:15  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Quindi, è oggi possibile rappresentare graficamente, sulle mappe geografiche, gli spostamenti umani relativi alle migrazioni, avvenuti da 200.000 anni fa ad oggi.
Si tratta di mappe continuamente aggiornate in vari piccoli dettagli, in quanto il numero sempre crescente di soggetti studiati aggiunge sempre nuove notizie...
Esistono zone (temporali e geografiche) di "oscurità"?
La risposta è sì e le ragioni sono numerose.
In alcune zone si tratta di carenza di esami utilizzabili.
In altre, i flussi ed i reflussi di popolazioni che andavano e venivano, hanno cancellato più volte le tracce e decisamente troppo complicato il quadro.

Ma i risultati non sono ancora arrivati tutti e i genetisti sono ottimisti circa la possibilità di rispondere a domande alle quali prima era impensabile rispondere, solo con tecniche archeologiche "tradizionali".







  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina
Pagina: di 4 Discussione  
Pagina Precedente | Pagina Successiva
Nuovo Evento      Bookmark this Topic  
| Altri..
 
Vai a:
Herniasurgery.it | Snitz.it | Crediti Snitz Forums 2000