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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 12:04:57
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| Tizi ha scritto:
ciao Andros.... mio zio purtroppo non c'è più era di Villa S.Antonio OR....ci fosse avrebbe 83 anni.
Hai ragione ieri sera non ho concluso bene la domanda...ero un po assonnata su internet ho letto questo per quanto riguarda sa sciampitta: sa sciampìtta (il passo incrociato): un ballerino, sorretto da altri due, effettua una serie di acrobazie agitando le gambe verso l’alto al ritmo della musica, mentre gli altri componenti del gruppo ballano sullo sfondo con passi incrociati, un po’ strisciati ed un po’ sulla punta dei piedi. Questo ballo spettacolare troverebbe origine in un duello, praticato anticamente a Quartu Sant’Elena, nel quale gli avversari, sorretti dai propri padrini, utilizzavano solo i piedi per tirarsi calci. Oggi quel tipo di scontro è ormai scomparso, ma il ballo che ne è derivato continua a ricordarlo anche con le definizioni, meno in uso, di su ballu de tirài de pei (il ballo a tirar di piedi) e a sa scelleràda (alla scellerata).
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Rileggendo un mio post, a proposito se si danzasse attorno al fuoco o no..devo rettificare e ammettere un mio grossolano errore...Secondo F. Alziator, uno dei massimi studiosi di folklore sardo, il culto del fuoco stava alla base di ogni folklore di remote origini... e quindi anche di quello della nostra Isola! Ho scritto d'impulso...stanco di sentir parlare di danza intorno al fuoco, sempre e comunque!
Sciampitta... Credo bisogna fare dei distinguo...Tizi OK, capito...per tuo zio...ti ricordi se ti ha riferito altro sui balli?
La lotta coi piedi era altro che sa sciampitta. Entranbe si assomigliavano per la presa dei tre "attori" ma la prima era una "lotta" e sa sciampitta un ballo... So che molti siti parlano in modo "certo", secondo loro, di una danza derivata dalla "lotta coi piedi" e come danza di corteggiamento. Bhe, sino a quando, coi documenti o "qualcos'altro di valido" in mano, non mi dimostrano il contrario...io rimango della mia idea...ma, comunque, sempre possibilista...
Andrea
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Modificato da - Andros in data 30/09/2009 12:08:47 |
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Andrea L. |
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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 12:07:45
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| musthayoni ha scritto:
.. scusate .. ma non ho molto tempo al momento per intervenire più precisamente sull'argomento ... .. per quanto riguarda la sciampitta però mi sento di escludere l'aspetto legato alla lotta coi piedi ... e propendo sempre e cmq per l'aspetto propiziatorio .. e con calma mi spiegherò il mio punto di vista ... per adesso riguardate meglio la foto in bianco e nero .. del 1905 e guardate il giovane ballerino situato dietro il suonatore inginocchiato ... lui fu uno di quelli che insegnò sa sciampitta e a sciampittai ai primi ballerini che fondarono il gruppo folk nel 1964 e diede le spiegazioni sul significato del ballo ... io entrai nel gurppo 12 anni più tardi .. ma ebbi modo di sentire di persona le sue spiegaioni al riguardo .. .. per ore è tutto e appena posso metterò qualche altra foto ... saluti ..
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Mustha...ti aspettiamo molto volentieri Andrea p.s.: nella foto del 1905...molti uomini in divisa...perche?
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Modificato da - Andros in data 30/09/2009 12:09:06 |
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Andrea L. |
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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 12:14:19
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Ecco, se interessa, la descrizione del Della Marmora e del Mameli de’ Mannelli, a proposito della lotta con i piedi...
La lotta con i piedi. Un altro esercizio degno di nota e senza dubbio originale è la lotta con i piedi. E’ in uso fra i contadini della Sardegna meridionale, in particolare nei paesi di Quartu e Selargius. Riportiamo la bella descrizione che ne fa il Mameli* in una nota alla Carta de Logu e che mi pare dia un’idea precisa di questo tipo di lotta: “Calzati dei loro burzighinos di cuoio [ma spesso hanno solo sa carza di orbace], i due lottatori si appoggiano colle braccia sugli omeri di due altri giovani per ciascuno, i quali fan da padrini, [ non sempre si appoggiano sulle spalle dei loro padrini, ma a volte questi ultimi sostengono i lottatori intrecciando le braccia e le dita con loro…], ed elevando uno dei piedi incominciano a vibrar de’ colpi all’aria, e quindi si battono…finchè o per stanchezza o per dolore di qualche colpo ricevuto, uno di loro si da per vinto… * In riferimento a Giovanni Maria Mameli nel Commento alla Carta de Logu del 1805
Saluti, Andrea
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Modificato da - Andros in data 30/09/2009 12:15:09 |
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Andrea L. |
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musthayoni
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 18:57:04
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... una foto di repertorio de .. sa sciapitta .. eseguita secondo le indicazioni di un tempo .. oggi sono state apportate ulteriori acrobazie che prima non si eseguivano .. modaficando la sua sostanziale originalità ..
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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 30/09/2009 : 20:22:10
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non ho mai visto ballare sa sciampitta.....mi piacerebbe vederla ma quella antica come si eseguiva un tempo.
Andros, non ricordo che mio padre mi abbia riferito altro sul ballo , ma chiederò. Mi parla di quando dopo una settimana di lavoro si incontrassero in dua prazza e ballassero tutti insieme, ballo come condividere, incontrarsi e perchè no corteggiare, oppure ballavano in mezzo alla strada che allora non erano asfaltate, c'era tanta polvere e afriscoranta cioè buttavano dell'acqua per evitare che la polvere si alzasse. Spesso al ballo si aggiungeva il canto....il meraviglioso canto a chitarra e non solo...mutettusu e altro.
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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 20:37:00
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Tizi, ogni informazione è preziosa...grazie...vedi di scovarne altre Canti, balli..festa! Più tardi, posterò qualcosa che avevo scritto a proposito della "festa" in Sardegna...a dopo Andrea
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Andrea L. |
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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 30/09/2009 : 21:42:21
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Ok Andros.....
Io aspetto il tuo scritto....adoro le tradizioni, balli canti e tutto ciò che riguarda la nostra terra natia.
Consigliami qualche libro da leggere in proposito, così lo passo poi a mio padre
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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 22:45:36
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Eccomi qua Tizi... con vero piacere ti faccio leggere alcune mie cose...
Come possiamo notare delle tracce storico-letterarie documentate, queste attività, il ballo, il canto e la musica, sono state le costanti sempre presenti nel modo di far festa del popolo sardo. A distanza di parecchi millenni, dal periodo prenuragico, passando per quello nuragico ed ancora con le prime invasioni di altri popoli e la conseguente cristianizzazione dell’Isola, questi tre elementi hanno fanno da trait – d’union del popolo sardo attraverso i secoli sino ad arrivare, sia pure con le dovute riserve, ai giorni nostri.
Il concetto di festa, per i sardi, da quel che si evince dai racconti analizzati, era sentito come una necessità del popolo. Essa era scadenzata nel tempo e serviva non solo come atto ludico o di svago ma anche come momento in cui si allacciavano rapporti sentimentali o in ogni caso di socializzazione. Non si esagera se si sostiene che la vita sarda quotidiana e lavorativa girava intorno alla festa. La durata della stessa, infatti, non si limitava al periodo di effettivo consumo del rito ma continuava attraverso i ricordi che ognuno conservava della festa precedente, cui poi facevano seguito le speranze e le aspettative per quella successiva.
L’organizzazione di tal evento, richiedeva uno sforzo collettivo al fine che tutto procedesse bene e grandi erano le attese di chi vi partecipava, ognuno con il suo carico di speranze e bisogni diversi da soddisfare, a seconda del loro stato sociale, dei propri gusti, dell’età e delle abilità. Durante la festa si avevano possibilità diverse di compiere azioni di differente natura: acquisti di vario genere per la presenza di bancarelle di varia merce; si stringevano accordi commerciali e di lavoro; si offriva il pretesto, soprattutto nelle occasioni di solennità religiosa, di indossare, con un certo orgoglio, l’abito migliore e riccamente adornato da gioielli, indice del proprio status; si affermarmava, talvolta, la propria supremazia sociale, motivo di tante rivalità latenti che durante la festività esplodevano.
All’interno della programmazione delle feste, soprattutto quelle importanti, rivestiva particolare importanza la scelta dei musicanti. Tale cernita doveva avvenire, con un certo anticipo, da parte degli organizzatori della festa, seguendo quelle che erano le peculiarità locali del ballo. Quest’ultimo elemento, aveva le sue differenze più o meno evidenti, fra zona e zona e che il musicante doveva conoscere. Il ritmo musicale doveva favorire il “trasporto” da ballo ad atto rituale, ben dosare quelle intensità sonore o fraseggi musicali da dover fornire nei diversi momenti del ballo (is pikkiadas). La scelta quindi, avveniva fra bravi suonatori della zona (ma a volte ci si spingeva anche oltre) e a seconda della disponibilità monetaria degli organizzatori. Nelle altre feste minori, per esempio la domenica, si ballava con le risorse umane o materiali locali. Il bravo suonatore (di qualsiasi strumento) poteva essere sostituito da quello provetto e il coro a tenore o monodico composto dalle persone più esperte avvicendato da quei cori emergenti. Sicuramente e in ogni caso si trovava sempre qualcuno o qualcosa per scandire ritmo e tempo al ballo, l’esempio dell’Angius, quando cita l’uso della chiave percossa ne s’affuente rappresenta l’esempio più classico.
Il dì della solennità di festa, era tempo di dare sfogo alle proprie aspettative senza indugio. Le occasioni non mancavano di certo e, queste, dipendevano dalla durata e dal tipo di festeggiamento: gare di abilità a cavallo, mercatini d’ogni genere, giochi, riti religiosi, pranzi con abbondanza di cibo da consumare e da offrire. Come si è già affermato però, vi erano componenti della festa sempre presenti indipendentemente si trattasse di appuntamento religioso o meno, ossia: il ballo, la musica e il canto. Davvero forte era l’attrazione che i sardi hanno sempre avuto per queste forme di espressività popolare che permetteva di concretare le dinamiche che all’atto della preparazione della festa ognuno dei partecipanti aveva sperato, pensato, preparato.
Andrea
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Modificato da - Andros in data 30/09/2009 22:48:21 |
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Andrea L. |
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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 30/09/2009 : 22:59:49
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| Tizi ha scritto:
Ok Andros.....
Consigliami qualche libro da leggere in proposito, così lo passo poi a mio padre
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Il folklore sardo e Picaro e folklore di Francesco Alziator sono i primi che ti consiglierei...il primo si trova facilmente (non so li da te) perchè riedito da poco, il secondo solo in biblioteca... Questi sono i testi che ti consiglierei per un primo approccio col folklore sardo... Fai sapere... ciao, Andrea
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Andrea L. |
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manu79
Utente Medio
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Inserito il - 01/10/2009 : 00:56:26
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Grazie Amada! Mi hai dato indirettamente un'informazione utile al fine delle mie ricerche. La ripetizione melodica di "setti, setti e cattodixi e setti bintunu", era utilizzata anche da noi per insegnare ai bambini o per dimostrare senza accompagnamento musicale su passu in tresi, il tipico passo campidanese. Ho sempre pensato che fosse un modo inventato da un unica persona per sopperire alla mancanza dell'accompagnamento musicale invece con il tuo intervento mi fai capire che era un modo comune per riprodurre il ritmo musicale campidanese utilizzato per di più anche tra centri molto lontani tra loro: dato il tuo nome penso tu sia di Gesico o mi sbaglio? Per iniziare i bambini al ballo da noi si usava un'altra canzoncina che diceva all'inizio "centu matta di arrosa", purtroppo non abbiamo trovato nessuno che sapesse come continuava, qualcuno di voi ha mai sentito qualcosa di simile? Infine il discorso del ballo intorno al fuoco: in occasione della festa patronale di San Sebastiano Martire al mio paese e nei dintorni si ha la tradizione del falò da accendere il giorno della vigilia; sino alla seconda guerra mondiale, il falò veniva acceso in quella che a quei tempi era "sa prazza 'e is ballus", il rituale che prevedeva la benedizione del fuoco era sempre accompagnato dal suonatore di launeddas il quale si tratteneva poi al termine del rito per accompagnare il ballo. Ora se non ricordo male rivolsi io stesso la domanda agli anziani se si ballasse intorno o nei pressi de "su fogaroni". Mi pare mi dissero nei pressi, anche perchè la catasta era talmente grande da rimanere accesa alcuni giorni e lo spazio assai limitato che a ballarci intorno si sarebbe finiti cotti arrosto, ma vedo di informarmi meglio dai pochi superstiti rimasti (PICCOLA DIGRESSIONE PERSONALE: certo che per me è un vero dispiacere vedere il misero fuocherello attuale che viene fatto al posto del falò, accampando come pretesto le scuse più banali -in sa forredda de domu ci'nd 'e de prusu de fogu- ma i tempi cambiano e il cervello delle persone ancora di più) Mi informerò meglio anche su cosa succedeva in occasione dei fuochi rionali accesi la vigilia di San Giovanni Battista (usanza ugualmente caduta in disuso negli anni cinquanta). Sulle influenze greche o in generale mediterranee del ballo, è indubbio che ve ne siano, ma il modo in cui veniva trasmesso e gestito, e la sacralità e serietà che aveva come un alone intorno sopratutto il passo campidanese molto serio e composto, mi fa pensare che se si sono avute ingerenze extraisolane queste risalgono certamente a tempi antichissimi. Insomma siamo riusciti a tramandare quasi inalterata per secoli un espressione della nostra cultura l'abbiamo rovinata noi stessi negli ultimi cinquant'anni trasformandola da un'espressione popolare ad un esibizione da palcoscenico, con modifiche ed invenzioni varie! Mah!
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Andros
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 01/10/2009 : 08:12:33
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Manu79 ha scritto:
| Andros hai perfettamente ragione. Anche da noi ad Elmas, si ha memoria di situazioni in cui non essendo presente il suonatore, si ballava "su ball'e cresia" all'uscita della messa solenne accompagnati dal suono delle campane al ritmo de "s'arrepiccu" . In altre occasioni, in assenza di suonatore vi era una donna del posto che dava il ritmo del ballo suonando "su tumburinu": questa testimonianza mi è stata data da uno degli ultimi grandi ballerini di quei tempi, scomparso pochi anni fa, che si ricordava pure il nome e cognome della suonatrice, la conferma mi è stata data poi anche da altri. Hai ovviamente ragione anche nel dire che "su ballu 'e sa gruxi" non è un ballo tradizionale per quanto riguarda la coreografia. per quanto riguarda il gruppo Su masu gioco in casa, e senza nulla togliere alla maestria delle esecuzione da parte degli amici del gruppo, l'adozione di questa coreografia venne fatta inapropriatamente proprio in ricordo di quel ball'e cresia di cui parlavo prima. Ma del resto, tolti alcuni aspetti coreografici di un'altro ballo "su ball'i ogai", ti risulta che nell'intherland cagliaritano e forse anche in tutto il resto della sardegna, vi fossero dei balli con una coreografia ben precisa? Che io sappia ai tempi del ballo in piazza l'unica coreografia nota, se così si puo chiamare, era quella de su ballu tundu! |
Vedo che hai accettato l'invito...ti ho spostato il tuo intervento Dunque, Emanuele, nessuna sorpresa per le donne suonatrici...ho solo detto che era raro...abbiamo mensione di donne suonatrici di tamburello e donne partecipanti a cori a 4 voci miste...nell'800 per non parlare delle sculture in pietra di donne con il "timpano" in mano... potrei essere più preciso ma ora ho fretta...
La mia idea su un folklore più credibile? Ti ripropongo un mio vecchio intervento...
Conosco il problema dell'interpretazione molto da vicino e ti assicuro che un folklore credibile, a mio modesto parere, è ancora auspicabile ai tempi d'oggi, senza per questo cadere nel ridicolo. Non sono contro il folklore dei gruppi folk...sono contro le esagerazioni, le mistificazioni e la non conoscenza che molti di loro dimostrano! Ho vissuto da dentro questo problema e penso di parlare con cognizione di causa... Posso dire... che è vero che le attuali manifestazioni folkloristiche sono prodotte in un contesto di circostanze differenti rispetto al passato - come sottolineano etnologi e antropologi - ma non più riproducibile, quindi sarebbe bene accorgerci di un’altra realtà oggettiva e contemporanea: i gruppi folk, ed è con loro che occorre operare e che necessita preparare. I gruppi sono le organizzazioni che in qualche modo hanno trasmesso le tradizioni, talvolta in modo esauriente altre volte falsificandole, ma lo hanno fatto e continueranno a farlo. Si rende necessario, quindi, individuare solo un altro modo, più rispettoso, di proporre quelle attività del popolo del passato. Fare folk...sostengo... è una cosa seria e deve essere espletato da chi dimostra di meritarselo affinando una tecnica che prevede uno studio serio, documentato ed onesto (a cui io aggiungo la mia esperienza diretta) e il mantenimento saldo di tutti quei messaggi-codici propri della cultura plurimillenaria della Sardegna , adattando il tutto, per quanto possibile, alle esigenze di spazio e di tempo cui i gruppi folk sono soggetti e di cui bisogna tenere conto senza peraltro accettare passivamente tutto ciò che viene imposto. Un saluto, Andrea
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Modificato da - Andros in data 01/10/2009 08:13:30 |
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Andrea L. |
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Andros
Salottino
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Inserito il - 01/10/2009 : 08:20:21
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| manu79 ha scritto:
Grazie Amada! Mi hai dato indirettamente un'informazione utile al fine delle mie ricerche. La ripetizione melodica di "setti, setti e cattodixi e setti bintunu", era utilizzata anche da noi per insegnare ai bambini o per dimostrare senza accompagnamento musicale su passu in tresi, il tipico passo campidanese. Ho sempre pensato che fosse un modo inventato da un unica persona per sopperire alla mancanza dell'accompagnamento musicale invece con il tuo intervento mi fai capire che era un modo comune per riprodurre il ritmo musicale campidanese utilizzato per di più anche tra centri molto lontani tra loro: dato il tuo nome penso tu sia di Gesico o mi sbaglio? Per iniziare i bambini al ballo da noi si usava un'altra canzoncina che diceva all'inizio "centu matta di arrosa", purtroppo non abbiamo trovato nessuno che sapesse come continuava, qualcuno di voi ha mai sentito qualcosa di simile? Infine il discorso del ballo intorno al fuoco: in occasione della festa patronale di San Sebastiano Martire al mio paese e nei dintorni si ha la tradizione del falò da accendere il giorno della vigilia; sino alla seconda guerra mondiale, il falò veniva acceso in quella che a quei tempi era "sa prazza 'e is ballus", il rituale che prevedeva la benedizione del fuoco era sempre accompagnato dal suonatore di launeddas il quale si tratteneva poi al termine del rito per accompagnare il ballo. Ora se non ricordo male rivolsi io stesso la domanda agli anziani se si ballasse intorno o nei pressi de "su fogaroni". Mi pare mi dissero nei pressi, anche perchè la catasta era talmente grande da rimanere accesa alcuni giorni e lo spazio assai limitato che a ballarci intorno si sarebbe finiti cotti arrosto, ma vedo di informarmi meglio dai pochi superstiti rimasti (PICCOLA DIGRESSIONE PERSONALE: certo che per me è un vero dispiacere vedere il misero fuocherello attuale che viene fatto al posto del falò, accampando come pretesto le scuse più banali -in sa forredda de domu ci'nd 'e de prusu de fogu- ma i tempi cambiano e il cervello delle persone ancora di più) Mi informerò meglio anche su cosa succedeva in occasione dei fuochi rionali accesi la vigilia di San Giovanni Battista (usanza ugualmente caduta in disuso negli anni cinquanta). Sulle influenze greche o in generale mediterranee del ballo, è indubbio che ve ne siano, ma il modo in cui veniva trasmesso e gestito, e la sacralità e serietà che aveva come un alone intorno sopratutto il passo campidanese molto serio e composto, mi fa pensare che se si sono avute ingerenze extraisolane queste risalgono certamente a tempi antichissimi. Insomma siamo riusciti a tramandare quasi inalterata per secoli un espressione della nostra cultura l'abbiamo rovinata noi stessi negli ultimi cinquant'anni trasformandola da un'espressione popolare ad un esibizione da palcoscenico, con modifiche ed invenzioni varie! Mah!
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Un tuo omonimo e compaesano ha gli stessi tuoi interessi emersi sino ad ora...folklore, ballo sardo, filastrocche...egli ne ha fatto dei libri... mah... Ciao, Andrea
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Andrea L. |
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musthayoni
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Inserito il - 01/10/2009 : 08:40:06
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| Andros ha scritto:
| Tizi ha scritto:
Ok Andros.....
Consigliami qualche libro da leggere in proposito, così lo passo poi a mio padre
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Il folklore sardo e Picaro e folklore di Francesco Alziator sono i primi che ti consiglierei...il primo si trova facilmente (non so li da te) perchè riedito da poco, il secondo solo in biblioteca... Questi sono i testi che ti consiglierei per un primo approccio col folklore sardo... Fai sapere... ciao, Andrea
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.. io aggiungerei anche .. "Contributo allo studio della danza in Sardegna" .. di G. Della Maria .. che ne dici? ..
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musthayoni
Utente Attivo
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Inserito il - 01/10/2009 : 08:45:33
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| Andros ha scritto:
| manu79 ha scritto:
Grazie Amada! Mi hai dato indirettamente un'informazione utile al fine delle mie ricerche. La ripetizione melodica di "setti, setti e cattodixi e setti bintunu", era utilizzata anche da noi per insegnare ai bambini o per dimostrare senza accompagnamento musicale su passu in tresi, il tipico passo campidanese. Ho sempre pensato che fosse un modo inventato da un unica persona per sopperire alla mancanza dell'accompagnamento musicale invece con il tuo intervento mi fai capire che era un modo comune per riprodurre il ritmo musicale campidanese utilizzato per di più anche tra centri molto lontani tra loro: dato il tuo nome penso tu sia di Gesico o mi sbaglio? Per iniziare i bambini al ballo da noi si usava un'altra canzoncina che diceva all'inizio "centu matta di arrosa", purtroppo non abbiamo trovato nessuno che sapesse come continuava, qualcuno di voi ha mai sentito qualcosa di simile? Infine il discorso del ballo intorno al fuoco: in occasione della festa patronale di San Sebastiano Martire al mio paese e nei dintorni si ha la tradizione del falò da accendere il giorno della vigilia; sino alla seconda guerra mondiale, il falò veniva acceso in quella che a quei tempi era "sa prazza 'e is ballus", il rituale che prevedeva la benedizione del fuoco era sempre accompagnato dal suonatore di launeddas il quale si tratteneva poi al termine del rito per accompagnare il ballo. Ora se non ricordo male rivolsi io stesso la domanda agli anziani se si ballasse intorno o nei pressi de "su fogaroni". Mi pare mi dissero nei pressi, anche perchè la catasta era talmente grande da rimanere accesa alcuni giorni e lo spazio assai limitato che a ballarci intorno si sarebbe finiti cotti arrosto, ma vedo di informarmi meglio dai pochi superstiti rimasti (PICCOLA DIGRESSIONE PERSONALE: certo che per me è un vero dispiacere vedere il misero fuocherello attuale che viene fatto al posto del falò, accampando come pretesto le scuse più banali -in sa forredda de domu ci'nd 'e de prusu de fogu- ma i tempi cambiano e il cervello delle persone ancora di più) Mi informerò meglio anche su cosa succedeva in occasione dei fuochi rionali accesi la vigilia di San Giovanni Battista (usanza ugualmente caduta in disuso negli anni cinquanta). Sulle influenze greche o in generale mediterranee del ballo, è indubbio che ve ne siano, ma il modo in cui veniva trasmesso e gestito, e la sacralità e serietà che aveva come un alone intorno sopratutto il passo campidanese molto serio e composto, mi fa pensare che se si sono avute ingerenze extraisolane queste risalgono certamente a tempi antichissimi. Insomma siamo riusciti a tramandare quasi inalterata per secoli un espressione della nostra cultura l'abbiamo rovinata noi stessi negli ultimi cinquant'anni trasformandola da un'espressione popolare ad un esibizione da palcoscenico, con modifiche ed invenzioni varie! Mah!
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... conosco il libro sul ballo ... o invece poche informazioni sugli altri .. ma questo è colpa mia .. e dei miei contratempi che mi distraggono dalle cose che più mi agradano ...
.. manu ... per caso hai fatto o fai parte del cosiddetto gruppo di Ligas ...
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musthayoni
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Inserito il - 01/10/2009 : 08:54:15
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| Andros ha scritto:
Eccomi qua Tizi... con vero piacere ti faccio leggere alcune mie cose...
Il concetto di festa, per i sardi, da quel che si evince dai racconti analizzati, era sentito come una necessità del popolo. Essa era scadenzata nel tempo e serviva non solo come atto ludico o di svago ma anche come momento in cui si allacciavano rapporti sentimentali o in ogni caso di socializzazione. Non si esagera se si sostiene che la vita sarda quotidiana e lavorativa girava intorno alla festa. La durata della stessa, infatti, non si limitava al periodo di effettivo consumo del rito ma continuava attraverso i ricordi che ognuno conservava della festa precedente, cui poi facevano seguito le speranze e le aspettative per quella successiva.
L’organizzazione di tal evento, richiedeva uno sforzo collettivo al fine che tutto procedesse bene e grandi erano le attese di chi vi partecipava, ognuno con il suo carico di speranze e bisogni diversi da soddisfare, a seconda del loro stato sociale, dei propri gusti, dell’età e delle abilità. Durante la festa si avevano possibilità diverse di compiere azioni di differente natura: acquisti di vario genere per la presenza di bancarelle di varia merce; si stringevano accordi commerciali e di lavoro; si offriva il pretesto, soprattutto nelle occasioni di solennità religiosa, di indossare, con un certo orgoglio, l’abito migliore e riccamente adornato da gioielli, indice del proprio status; si affermarmava, talvolta, la propria supremazia sociale, motivo di tante rivalità latenti che durante la festività esplodevano.
All’interno della programmazione delle feste, soprattutto quelle importanti, rivestiva particolare importanza la scelta dei musicanti. Tale cernita doveva avvenire, con un certo anticipo, da parte degli organizzatori della festa, seguendo quelle che erano le peculiarità locali del ballo. Quest’ultimo elemento, aveva le sue differenze più o meno evidenti, fra zona e zona e che il musicante doveva conoscere. Il ritmo musicale doveva favorire il “trasporto” da ballo ad atto rituale, ben dosare quelle intensità sonore o fraseggi musicali da dover fornire nei diversi momenti del ballo (is pikkiadas). La scelta quindi, avveniva fra bravi suonatori della zona (ma a volte ci si spingeva anche oltre) e a seconda della disponibilità monetaria degli organizzatori. Nelle altre feste minori, per esempio la domenica, si ballava con le risorse umane o materiali locali. Il bravo suonatore (di qualsiasi strumento) poteva essere sostituito da quello provetto e il coro a tenore o monodico composto dalle persone più esperte avvicendato da quei cori emergenti. Sicuramente e in ogni caso si trovava sempre qualcuno o qualcosa per scandire ritmo e tempo al ballo, l’esempio dell’Angius, quando cita l’uso della chiave percossa ne s’affuente rappresenta l’esempio più classico.
Il dì della solennità di festa, era tempo di dare sfogo alle proprie aspettative senza indugio. Le occasioni non mancavano di certo e, queste, dipendevano dalla durata e dal tipo di festeggiamento: gare di abilità a cavallo, mercatini d’ogni genere, giochi, riti religiosi, pranzi con abbondanza di cibo da consumare e da offrire. Come si è già affermato però, vi erano componenti della festa sempre presenti indipendentemente si trattasse di appuntamento religioso o meno, ossia: il ballo, la musica e il canto. Davvero forte era l’attrazione che i sardi hanno sempre avuto per queste forme di espressività popolare che permetteva di concretare le dinamiche che all’atto della preparazione della festa ognuno dei partecipanti aveva sperato, pensato, preparato.
Andrea
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.. scusa Andros .. a che periodo ti riferisci ? .. sicuramente ad un passato più recente .. visto che come tu sai .. durante le feste de sa zerachia (ma non solo .. anche per conto dei cosiddetti .. particolari) la partecipazione alle spese dei suonatori avveniva non per corresponsione monetaria .. ma in natura .. .. saluti ..
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