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Ela
Moderatore
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Inserito il - 22/10/2006 : 15:22:10
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C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
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dadynette
Salottino
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sagitterv
Nuovo Utente
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Inserito il - 22/10/2006 : 21:07:27
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devo dire che il tuo modo di scrivere è notevole,hai una notevole proprietà di linguaggio e se pure ancora non sono riuscito a leggere tutto il tuo postato già ho potuto notare la tua padronanza di penna. E' interessante anche la storia che ci presenti... Inoltre ho già visitato il tuo blog e letto alcune tue poesie. Aspetto comunque di leggerlo tutto spero che tra i vari impegni riesca a farlo presto.
Ci risentiamo comunque.
A presto.
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Fish
Utente Attivo
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Inserito il - 22/10/2006 : 23:24:16
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Grazie sagitterv...Mi fai arrossire...
Un uomo intelligente spesso si troverebbe in imbarazzo senza la compagnia di qualche sciocco!
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Albertina
Salottino
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Inserito il - 23/10/2006 : 22:49:02
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Ciao, Davide. Nessuna nuova oggi dalla famiglia Dettori? E va bene. Aspettiamo!!!
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Fish
Utente Attivo
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Inserito il - 24/10/2006 : 09:11:39
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Posto due capitoli, perché uno è davvero breve.
... continua...
VII Dopo che Don Raffaele, congedato Ziu Basiliu, entrò in casa, andò in camera delle figlie. Si affacciò e vide le sue due bambine beatamente addormentate. Lentamente, si diresse in camera sua, timoroso di vedere un corvo nero sullo stipite del letto. Mentre entrava quatto, quatto nella stanza, si lamentava mentalmente, domandando a Dio cosa avesse fatto di male affinché gli avesse mandato quel maleficio. Tastò il letto e notò che la moglie non c’era. Emise allora un mugolio di dolore, e vi si buttò sopra, addormentandosi quasi subito. Poco più tardi, Donna Maria entrò nella camera, scorgendovi il marito che, mezzo vestito, ronfava pesantemente. Con il cuore traboccante di dolore per la figlia defraudata, accarezzò il volto dell’uomo, il quale, sentendo la mano leggera della moglie, nel sonno farfugliò: “Vai via, brutto corvaccio!” Donna Maria a quelle parole sussultò. Ritirò immediatamente la mano, domandandosene il senso. Povero marito, si era detta. Come mai dormiva tutto vestito? Quando l’aveva lasciato, russava beatamente sotto le coperte. E invece ora era vestito di tutto punto, come se stesse per uscire. Fece per destarlo, quando decise di attendere l’indomani. Cautamente lo svestì e lo mise sotto le calde lenzuola di pesante lino. Dopo di che, indossò la vestaglia da notte e vi si infilò pure lei. E mentre cercava di addormentarsi, rimuginava sul come fare per dire tutto al marito della loro Caterina. Maria Spanu era atterrita. Quel vecchiaccio lì, come aveva potuto sedurre la loro bambina?
VIII L’albeggiare arrivò presto. I raggi del sole illuminarono la vasta distesa del Campidano, risaltando gli orti e i campi arati in un baluginare mattutino che asciugò la prima rugiada. I fiotti di luce arrivarono fino alle pendici della catena del Linas e fino a Villacidro, e ivi penetrarono le case dalle strette finestre aperte, mentre i passerotti, infreddoliti, cinguettavano allegramente, balzando da un tetto all’altro e da un albero all’altro. Allora, i primi segni di vita cominciarono a destarsi sonnacchiosamente: carri trainati da asini e cavalli iniziarono a percorrere le viuzze del paese; gente che chiacchierava sommessa usciva di casa per dirigersi negli orti o nel Lavatoio. Il tutto condito da sbadigli, saluti e risate, nella consapevolezza del nuovo giorno e nell’ignoranza di quanto era avvenuto la notte appena trascorsa. Donna Maria era ancora addormentata, quando Don Raffaele, svegliandosi, la vide al suo fianco profondamente assopita, e sussultò, rimembrando la notte appena passata. Poi ebbe il dubbio che tutto quello che aveva visto allora fosse stato il frutto di un brutto sogno. Si alzò cautamente e si vestì. Uscì e scese giù nella cucina, dove Lucia Musinu, già in piedi, era indaffarata nelle faccende domestiche. Don Raffaele, quando la intravide, si bloccò e la guardò di sottecchi, accennando un saluto. Ecco la strega, si disse, mentre fissava il suo viso arcigno. Intanto, nell’aria si diffondeva un gradevole odore di latte, caffè e pane appena sfornato. Don Raffale, allora, sentì i primi crampi allo stomaco. Si sedette sul grande tavolo di legno e attese che Lucia Musinu gli portasse la colazione. Anche se era una strega, ammise, ci sapeva fare con la cucina. La serva si mosse immediatamente: in una grande tazza di ceramica gli versò il caffè fumante, aggiungendovi poi un po’ di latte di capra caldo. Gli mise accanto alcune fette abbrustolite di civraxu fresco e si allontanò. Il tutto, senza alcuna parola, tanto che Don Raffaele, che sapeva la donna loquace, si domandò insistentemente del perché non parlasse. Alla fine, dopo aver tastato un po’ la colazione, guardò nuovamente la serva che spazzava il pavimento. “Lucia,” esordì titubante, “come mai quell’aria truce? Non è che stai male? Se vuoi portiamo qui il dottore!” La serva, a quelle parole, sbiancò. “Mai che io voglia un simile essere che mi tasti il corpo!” disse, quasi offesa e con una carica d’odio che le fece lampeggiare gli occhi. “Se ciò dovesse accadere, una fattura gli faccio!” Don Raffale sussultò, perché sapeva che l’avrebbe fatto. In ogni caso, non comprendeva quale uomo avesse il coraggio di toccarla, se non per necessità professionale. “Perché dici questo?” ribatté infine, prendendo coraggio. “Il mio corpo è sano, oh su meri.” L’uomo annuì: era chiaro che quell’astio aveva a che fare con la sua natura di strega. Non poteva essere diversamente. Già. E ora pure la moglie… Oh, cosa doveva fare? Rivolgersi a un prete? Don Peppinu Frongia l’avrebbe cacciato via a pedate dalla Chiesa, se fosse andato a raccontare simili cose! Peggio, l’avrebbe fatto scomunicare dal Vescovo. No, non era quella la soluzione. Eppure doveva trovarla. Doveva informarsi su come allontanare la malvagità della strega dalla sua casa, e salvare così la moglie e le figlie. Nel piano superiore, Teresina e Caterina erano già deste da un pezzo. Ogni tanto spiavano la camera dei genitori per vedere se il padre, mattiniero, si fosse già alzato. E quando avevano sentito i passi pesanti dell’uomo che scendeva le strette scale di legno, scricchiolanti al suo peso, uscirono e andarono verso la sua camera. Bussarono un paio di volte, prima che una voce assonnata rispose: “Avanti!” Le due ragazze entrarono. Donna Maria era già in piedi. Quando vide le figlie vi si buttò sopra, piangente. Le due ragazze non capirono finché la donna, singhiozzante, non parlò. “Oh, poveri noi, figlie mie… Che disgrazia che ci è capitata! Il nostro buon nome offeso fra i villacidresi…” Le due ragazze si guardarono. Sapeva già tutto? Allora si strinsero a lei. Era inutile ostentare ignoranza. “Si, mammài, povere noi! Che vergogna…” La donna, con le grosse guance rigate di lacrime, annuiva. “Si, si… vostro padre…” “Che vergogna,” disse Teresina. “Un uomo della sua età, del suo prestigio…” “Già,” la seguì Caterina. “Come ha potuto fare questo…” “Oh povere noi,” insisteva Donna Maria. “Che cosa abbiamo fatto di male per meritare questa infamia?” Poi, quasi accortasi che qualcosa non tornava, si staccò dalle figlie e le guardò sospettosa: “Che c’entra vostro padre? Io non parlavo di lui? Che mai ha fatto per disonorare il suo nome?” Le ragazze allora si guardarono con aria interrogativa, poi fissarono la madre: non sapeva nulla. Oh, povera donna, pensarono. Fu Teresina a parlare. “Oh, mammài, non so se abbiamo il coraggio di dirtelo…” La donna arricciò il naso. Si portò le mani ai fianchi e fissò ferma gli occhi delle figlie. “Che cosa? Suvvia parlate,” e guardò Caterina con aria severa. “Oh, povera mammài,”riprese, piangente, Teresina, “nostro padre si vede con la meretrice… Graziedda…” La donna per poco non svenne. Si buttò nel letto, impallidita: questo era troppo! Prima la figlia, ora il marito. Com’era possibile che tutto ciò potesse accadere nel giro di una serata? Che male aveva fatto? Quale incantesimo malvagio, quale fattura, aveva colpito la loro tranquilla esistenza? “Siete sicure?” balbettò, col viso nuovamente rigato dalle lacrime. Le ragazze, piangenti, annuirono. “Si, si, mammài. L’abbiamo visto con i nostri occhi… Era insieme a quell’alcolizzato di Ziu Basiliu. L’abbiamo seguito, quando tu ci hai lasciato il biglietto. Noi pensavamo che fosse andato a cercare te… Ma poi abbiamo capito che non era così…” “Basiliu? E cosa c’entra lui?” Le ragazze raccontarono quello che era successo quella notte. “Ah, è così?” annuì, Donna Maria con il viso tirato. “Era tutta una messinscena! Ecco dove stava andando quel pastore, quando l’ho incontrato! Era tutto organizzato con quello sciagurato!” In quel momento, Lucia Musinu entrò in camera. “Oh sa meri,” disse, “ha già raccontato tutto?” e guardò le ragazze piangenti. “Hanno già confessato?” Donna Maria scosse la testa e scoppiò a piangere. “Serva mia, c’è di peggio!... Molto peggio!” La serva rimase spaesata. “In che senso? Don Raffale è giù, che beatamente si gusta la colazione, e voi siete tutte qui a piangere?” “Quel porco!” sibilò Donna Maria. Lucia Musinu, nel sentire quell’improperio, rimase scandalizzata. “Ma… Donna Maria, ma che dite?” La padrona scosse la testa, e indicando l’unica sedia nella stanza, ordinò: “Siediti, serva fedele, che ti raccontiamo la triste verità.” Quando Donna Maria ebbe finito, pure la serva cominciò a gemere. “Oh, povere noi,” mugolava. “Ma quale maleficio ha colpito questa casa?” Qualcuno, in quel momento, chiamò dal piazzale. Lucia Musinu si affacciò con le lacrime agli occhi. Quando vide chi era, sbiancò. Si girò verso Donna Maria e disse con odio. “Ecco, è arrivato l’altro criminale! Pare che siamo alla resa dei conti! Giuannica Marajani l’aveva predetto!” “Chi è arrivato?” chiese Caterina che stava affacciandosi alla finestra. “Tu rimani qui, e non farti vedere!” disse Donna Maria, trattenendo la figlia. “Che a quello ci pensiamo noi!” Le due ragazze non capirono, e mentre le due donne scendevano di fretta per le scale, si affacciarono, vedendo solo il medico, Gioacchino Murgia. Don Raffaele, intanto, avendo udito la voce familiare del dottore, si affacciò sorridente: “Venite dentro, dottore! Quale buon vento? Ho proprio del caffè caldo…” Il vecchio medico si avvicinò alla porta, e con la sua faccia irsuta e sorridente fece un cenno di saluto a Don Dettori, stringendogli la mano. “Oh, mio caro Don Raffaele,” disse, “sono venuto qui per Caterina… L’altro giorno…” La frase non fu terminata. Donna Maria, appena scesa, scostò il marito dall’ingresso e, come una furia, si gettò sopra il medico. L’uomo, allibito, cadde a terra, mentre la donna lo colpiva ripetutamente sul viso. “Maledetto porco! Tu ci hai rovinato!” gridava. Quasi immediatamente arrivò pure Lucia Musinu, che partecipò alla bagarre, fendendo calci ai fianchi del vecchio medico che urlava aiuto. Don Raffaele rimase stranito, e stava per dare man forte al povero dottore, credendo ciecamente che le due donne ormai erano possedute da qualche malefico demonio, quando dal grande portone, qualcuno chiamò. “Don Dettori! Ci siete?” A quelle parole, le due donne si fermarono come d’incanto e guardarono in direzione della voce. Il vecchio medico, terrorizzato, profittando della pausa, con la faccia gonfia e gli occhi lacrimanti, cercò di liberarsi e tirarsi indietro; possibilmente, di fuggire. Ma Donna Maria, fissando con odio Graziedda Salis, in piedi dinanzi al portone, lo trattenne per la caviglia. “Dove credi di andare?” gli sibilò. “Con te non abbiamo ancora finito!” La meretrice, intanto, guardando spaventata quella bizzarra situazione e il povero medico, suo affezionato cliente, malmenato e steso sul piazzale, con le due donne che lo trattenevano per le caviglie, non seppe che fare. Sorridendo debolmente, guardò Don Raffaele, e agitò il suo capello. “Don Raffaele... questo è vostro… Due miei…” A quelle parole, Donna Maria si alzò e si diresse con calma verso la donna. “ Deh! Chi te l’ha dato il capello di mio marito?” chiese, feroce. Graziedda Salis sussultò. “Me l’ha dato…” Senza finire la frase, si voltò e cercò di fuggire via, mollando il capello di stoffa. Ma Donna Maria, nonostante la mole, fu più veloce di lei e la prese per la coda dei capelli, facendola cadere per terra. La meretrice, allora, gridò aiuto. Ma Donna Maria pareva indifferente alle urla. “Vieni, bella mia, vieni che oggi facciamo tutti i conti,” e mentre lo diceva, trascinava la donna verso il centro dell’aia. Sono pazze! Questo pensava Don Raffaele, mentre vedeva la moglie e la serva invasate che malmenavano il medico e la meretrice. “Maria mia, ma che stai facendo? Smettila!” le urlò. Donna Maria guardò torva il marito. “Con te facciamo i conti più tardi!” Don Raffaele sussultò. “Ma che stai facendo? Le urla attireranno i vicini che chiameranno i carabinieri!” “Zitto, oh su meri!” fece Lucia Musinu, furiosa, “che stiamo riparando alle offese subite. Zitto! Che Donna Maria è una santa donna e voi siete un pervertito! E con voi, questo qui!” E ridendo in modo lugubre, indicò Gioacchino Murgia, piangente e supplichevole che venisse lasciato andare. “Ma che vai dicendo, o serva?” rispose Don Raffaele, offeso. “Guarda che io qui sono il padrone! Stai al tuo posto!” Donna Maria guardò nuovamente il marito, mentre incurante manteneva per la coda la meretrice. “Ha ragione lei!” gli replicò, minacciosa. “Lucia Musinu è una santa donna e ha ragione! Noi qui si sta riparando a due torti!”
... continua...
Un uomo intelligente spesso si troverebbe in imbarazzo senza la compagnia di qualche sciocco!
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Modificato da - Fish in data 24/10/2006 09:26:22 |
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Paradisola
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Inserito il - 24/10/2006 : 10:03:58
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..bello..bello..bello..domani l'altro capitolo??
Complimenti Fish!!
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Ela
Moderatore
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Inserito il - 24/10/2006 : 13:32:44
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Dai Fish!!!!Pensavo di leggere la fine....Quanti capitoli ci sono ancora? MOlto bello e molto accattivante...Perchè non te le fai pubblicare?
C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
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Fish
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Inserito il - 24/10/2006 : 14:11:22
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Cara Ela, cercasi editore... Voi ne conoscete qualcuno? Comunque, i capitoli sono ancora tre o quattro... Dunque, questa settimana saprete il finale...
Un uomo intelligente spesso si troverebbe in imbarazzo senza la compagnia di qualche sciocco!
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Modificato da - Fish in data 24/10/2006 14:11:47 |
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Barbaricina
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Inserito il - 24/10/2006 : 19:35:12
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sempre più bello.....
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Albertina
Salottino
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Poetessa Paradisolana
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Inserito il - 25/10/2006 : 22:33:44
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Davide???? Donde stai? Davideeeeeeeeeeeeeeee??? Non vorrai mica andare via prima di farci sapere come va a finire la storia!!!!!!!
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Fish
Utente Attivo
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Inserito il - 26/10/2006 : 10:38:12
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Oggi posto solo una parte del IX capitolo. Domani posterò l'altra...
... continua...
IX (PRIMA PARTE)
Le due ragazze guardavano dalla finestra, visibilmente scosse per tutto quello che stava succedendo nel piazzale. Era quasi certo che di lì a poco qualcuno sarebbe giunto per vedere cosa stesse succedendo in casa Dettori. Qualche agricoltore, forse. L'imponente edificio, infatti, era al limite estremo della via Roma, in aperta campagna, circondato da orti e uliveti, in gran parte della ricca famiglia, ma non tutti. E in quella giornata di sole, qualcuno avrebbe udito certamente quelle urla. “Non verrà nessuno, invece.” Le due ragazze, piangenti, si destarono e si voltarono. Videro una giovane donna, bella, in veste bianca. “Chi siete?” chiesero, turbate per l’intrusione. “Come avete fatto a entrare?” “Non importa chi sono io,” rispose lei, che si avvicinò. “Ferma lì, o gridiamo aiuto!” esclamarono le due ragazze, minacciose. “Ma non è di me che dovete avere paura,” ribatté la donna, sorridente, fermandosi. “Io sono qui per aiutarvi.” Teresina e Caterina non capirono. “Ma che dite?” Fece la prima. “Aiutarci? Perché? Noi non abbiamo bisogno di nulla,” e indicando le urla che provenivano dal piazzale in basso, aggiunse: “Se c’è qualcuno che ha bisogno d’aiuto, sono quelli laggiù!” La giovane donna scosse la testa. “No. Siete voi due che avete bisogno d’aiuto.” “Ancora non capiamo,” ribatté con insistenza Teresina. La giovane donna sbuffò. “Prima di tutto, oggi non verrà nessuno, perché qualcuno ha fatto in modo che non venisse nessuno… Che nessuno sentisse quello che sta accadendo qui dentro… E poi c’è l’eclissi…” “L’eclissi?” “Si. Sapete che cos’è?” Fu Caterina ad annuire timidamente. “Certo, i libri parlano chiaro, e noi andiamo a scuola...” “Bene. Allora saprete che durante l’eclissi i poteri di una strega si centuplicano. Diventano immensi…” Sentendo nominare la parola ‘strega’, Teresina e Caterina sussultarono. “Strega? Cosa stai farfugliando, donna? Qui non ci sono streghe!” fu Teresina e parlare. “Sbagliate. Io lo sono,” ribatté la donna. Quelle parole fecero sbiancare le due ragazze che, agghiacciate, si appiattirono nel muro affianco alla finestra. “Va via!” le dissero, all'unisono e tremanti. “Noi non abbiamo nulla da offrirti!” La giovane donna sorrise nuovamente. “Certo che no. Non per me. Ma per qualcun altro si,“ e indicò la finestra. “La fuori c’è una delle più malvagie streghe che siano mai vissute... Vuole impadronirsi di voi. E questo è il giorno ottimale. C’è l’eclissi…” Le due ragazze scossero la testa. “Stai dicendo assurdità!” le urlò Teresina. Ancora una volta, la giovane strega scosse la testa. “No... Guardate, è laggiù. Ha preso vostra madre in un incantesimo. Ella fra poco commetterà un crimine, avvolta dall’odio cieco che le ha istigato. Ucciderà Don Dettori, e voi resterete completamente orfane e indifese… Quando ci sarà l’eclissi, vi trasformerà in sue schiave, e allora sarete perdute per sempre… Dovete venire con me. Subito!” Le due ragazze furono avvolte dal dubbio. Fuggevolmente guardarono fuori dove, stranamente, non si udivano più urla. Teresina, allora, sempre con gli occhi fissi sulla giovane donna, si avvicinò cauta alla finestra per vedere meglio cosa fosse successo. Quello che vide la lasciò allibita. Erano tutti fermi, bianchi come il marmo; immobili come tronchi di alberi avvizziti che spesso aveva visto nelle campagne circostanti. “Ma che prodigio è questo?” sussurrò, spaventata. “Sono stata io,” disse la strega. “Per impedire l’inevitabile, ho trasformato tutti in statue di sale… Ma non posso trattenere oltre la furia che c’è in quella malvagia donna. Dovete decidente in fretta. Guardate,” e con un cenno del viso indicò l’esterno. “Guardate, il cielo comincia a incupirsi. L’eclissi ha inizio… Dobbiamo andare, prima che l’oscurità scenda! Se ciò accade e voi siete ancora qui, la strega malvagia non potrà essere fermata. Dobbiamo immediatamente fuggire via!” Caterina e Teresina, disorientate, guardarono fuori. Effettivamente il cielo stava oscurandosi, come se stesse calando la notte. Si impaurirono. Sentivano che quello che stava dicendo quella strana donna corrispondeva alla realtà: giù nel piazzale, i litiganti erano effettivamente statue di marmo. “Allora?” chiese, impaziente, la strega. “Dobbiamo andare, prima che lei arrivi. Se farete come vi dico, sarete salve e saranno salvi pure i vostri genitori.” Le due ragazze, a quelle parole, si voltarono verso di lei e fecero un cenno d’assenso, rassegnate nell'affidarsi a quella misteriosa quanto sinistra figura di donna. La strega sorrise placida e annuì. “Bene. Possiamo andare.” In fila, scesero le strette scale di legno. La giovane donna stava dietro di loro. Quando arrivarono al pian terreno, videro la porta spalancata nel piazzale. Le due ragazze riconobbero subito la sagoma del padre, immobile sulla porta, con l’espressione visibilmente spaventata; riconobbero pure la figura della madre che, con il viso contorto dalla rabbia, teneva con le sue piccole mani la meretrice per i capelli e il dottore per la caviglia, in un'aberrante forma che saldava le tre figure come fossero state scolpite da un blocco unico. Indugiarono ancora sulla tetra scena, incupita dall’incedere dell’oscurità, per cercare la figura di Lucia Musinu; tuttavia, non la videro. Allora, presero un bel respiro, e facendosi coraggio, uscirono fuori per cercare meglio, ma senza risultato. Intanto, la giovane strega stava dietro di loro e si guardava attorno con circospezione. “Su, su. Andiamo. Sento che è qui! Correte…” le incalzò. Le due ragazze si misero paura. L’aria era fosca. L’oscurità ormai era calata quasi del tutto. Uno strano vento cominciò a levarsi. Un vento gelido, come non s'era mai sentito in autunno. Fu in quel momento che una voce parlò; una voce che riconobbero immediatamente. “Ferme!” ordinò. Caterina e Teresina si bloccarono di colpo, proprio vicino al portone del piazzale. Si voltarono, e videro una giovane ragazza vicino allo stipite della porta d’ingresso. Incredibile, ma nei lineamenti candidi e persino belli, riconobbero il viso della vecchia serva. Il suo corpo sinuoso era avvolto in un vestito etereo e nero come la notte. La strega dal vestito bianco si voltò verso di loro. “Andate! Ci penserò io a fermarla…” “Perché non dici loro la verità?” gridò allora Lucia Musinu. La donna, il cui abito bianco svolazzava nei mulinelli del vento, la minacciò. “Va’ via! Ti conviene!” Lucia Musinu rise. “Povera stolta! Credevi sul serio che questo gioco mi avrebbe tratto in inganno?”
...
FINE PRIMA PARTE IX CAPITOLO
... continua...
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Albertina
Salottino
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Inserito il - 26/10/2006 : 18:09:19
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Beh, insomma Davide, adesso ti metti a dosarci anche i capitoli!!!Ma si può sapere chi è la coga in questa storia? O ce lo fai sapere entro stasera, oppure faccio una puntata nel paese d'ombre e faccio io le indagini! Attento, avresti qualcosa da perdere!!!! Nel senso che i tuoi lettori potrebbero rivolgersi a me per avere notizie della famiglia Dettori!
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Ela
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Inserito il - 26/10/2006 : 19:27:34
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Adesso che sembrava arrivare la fine...la cosa si complica ancora di più!!!!!! Non di pozzu prusu...ollu sciri sa finiiiiiiiiiiii!!!!!Ajò Fish...lavora un pò di più e scrivi almeno 2 cap. per volta:
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Barbaricina
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Inserito il - 26/10/2006 : 20:28:03
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Davide.....posso solo dire...... FANTASTICOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!
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