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dadynette
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 26/10/2006 : 21:01:00
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waouhhhhhhhhhhhhhhh!!!! bello bello!!! ancora ancora!!! ajoooooooooooooo tutti vogliamo sapere come andrà a finire!! deziriri!!
anche se sto qui, il mio cuore e sempre li http://dadycreations.over-blog.com/ http://dadynette.boosterblog.com/
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Fish
Utente Attivo
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Inserito il - 27/10/2006 : 10:01:58
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Il resto del capitolo, il quale - come avrete modo di leggere - si scosta notevolmente dalla tradizione dei racconti popolari sardi, per inoltrarsi - anche se fuggevolmente - nelle trame dei moderni fantasy. Spero vi piaccia. Anche perché la fine del racconto ormai è vicina... Ancora due capitoli.
... continua...
IX
(SECONDA PARTE) ... Le figlie di Dettori non capirono quel discorso. Erano vicine al portone, vicine alla salvezza. Bastava varcarlo e correre giù, verso l’Osteria. Lì, quasi probabilmente, avrebbero trovato qualcuno… Eppure non potevano muoversi. “Non preoccupatevi,” disse Lucia Musinu, quasi leggendo il loro terrore. “Siete sotto l’effetto di un incantesimo.” Quelle parole disorientarono le due ragazze. Il loro viso tradì quell’emozione. Allora Lucia Musinu continuò: “Quella che avete di fronte a voi è Munda Marixi. Voi, piccole, non la conoscete, ma lei è una strega potente… Soprattutto malvagia... Voleva trarvi in inganno e portarvi alle cripte di Monte Cuccurdoni. Lì sareste diventate sue serve…” La giovane strega si voltò verso le ragazze. I suoi occhi dardeggiavano odio, eppure cercò di rassicurarle. “Non credetele! Mente! E’ lei la strega malvagia dalla quale voglio salvarvi!” In quel momento Lucia Musinu aprì le braccia e una folata di vento gelido investì Munda Marixi, che cadde a terra. Dopo di che, si sollevò in aria, e allungando il braccio verso la giovane strega, saettò una luce rosso sangue che colpì la donna nel petto. Quello spettacolo fece urlare Caterina, mentre Teresina rimase pietrificata. La giovane strega, tuttavia, non fu abbattuta. Si alzò quasi immediatamente e, agitando la mano, lanciò una saetta verde che colpì Lucia Musinu nella spalla. La serva cadde a terra, ma si rialzò subito. Allora, pronunciando strane parole, fece apparire delle immagini terrificanti che attaccarono Munda Marixi, la quale, per nulla spaventata, bruciava quelle figure spettrali con lingue di fuoco che le fuoriuscivano dalla bocca. Lucia Musinu non si arrese. Cominciò nuovamente a vorticare in aria, e Munda Marixi la seguì. Ciò che accadde dopo fu veramente spettacolare e terrificante allo stesso tempo. Le due donne si lanciavano saette e gridavano strane e aliene parole, alle quali seguivano eventi che sfuggivano alla comprensione umana. Tutto ciò durò fin quando Munda Marixi, approfittando di un momento di distrazione di Lucia Musinu, si avventò con odio contro le due ragazze. “Se non le potrò avere io,” gridò, “periranno!” Le due ragazze quando videro la strega volare verso di loro, urlarono di terrore. Lucia Musinu, ripresasi, fu tuttavia lesta. Pronunciò un incantesimo che creò una barriera di aghi tra la strega e le due ragazze. Munda Marixi andò a sbatterci contro e urlò di dolore quando le punte gli trafissero il viso. Ma, con meraviglia delle due figlie dei Dettori, ciò durò pochi secondi. Infatti, gli aghi scomparirono, e con essi le ferite nel volto della strega. Ma questo fu sufficiente affinché Lucia Musinu riprendesse il controllo della situazione. Infatti, quasi immediatamente, scagliò un'altra folata di vento che portò la strega, ancora stordita dal dolore degli aghi, verso l’alto; dopo di che la raggiunse, librandosi in aria come una piuma. Le due streghe, nuovamente faccia a faccia, ricominciarono a lanciarsi le saette di fuoco, fin quando, Munda Marixi, dopo una finta, fece una cosa inaspettata: lanciò la propria saetta contro le figure immobili e inermi dei genitori delle due ragazze. Lucia Musinu, inorridita, gridò la propria rabbia e con un gesto del braccio creò una barriera di difesa che riparò le figure indifese. Ciò, però, la distrasse, e questo fu sufficiente per Munda Marixi, che lanciò una potente saetta che investì in pieno la serva, la quale cadde a terra svenuta. La giovane strega esultò. Immediatamente, sotto lo sguardo allibito e terrorizzato delle due ragazze, atterrò leggera dinanzi a loro, controllando di sottecchi che la sua avversaria non si risvegliasse. “Bene,” disse, ansimante. “Non posso eliminarla, ma per un po’ starà buona, mentre io mi occuperò di voi.” La risata, non più calda, era agghiacciante e crudele. “Il tempo incede. Vi porterò alla cripta antica e lì vi trasformerò nelle mie fedeli schiave. Mi servirete per tutto il tempo a venire, e nutrirete la mia magia e la mia vita fino a consumarvi!” Le due ragazze, orripilate, cercarono di opporre resistenza, ma la strega pareva avesse un potere tremendo che impediva loro di fuggire. Non bastasse ciò, due cani neri come la notte si materializzarono lì, davanti a loro. Feroci e rabbiosi, le fissavano, minacciosi. “Non osate muovervi,” fece loro, Munda Marixi. “I miei due fedeli guardiani vi dilanierebbero in un baleno.” Mentre diceva questo, guardò il cielo. Il buio stava svanendo, l’eclissi stava terminando, e grosse nuvole cominciavano ad addensarsi, fino a trasformarsi in piccole gocce di piogga. Allora la strega imprecò. Fissò nuovamente le due ragazze e disse loro: “Ora, dobbiamo andare. Lucia Musinu mi ha fatto perdere del tempo prezioso… L’eclissi non durerà ancora molto, e io devo compiere il rito prima che il cerchio nero della luna abbandoni completamente il disco solare.” Con quelle parole, Munda Marixi si portò al centro del piazzale, e con un gesso disegnò uno strano simbolo. Dopo di che, cominciò a recitare strane preghiere in una lingua sconosciuta. Quando finì, fece un cenno alle due ragazze di venire verso di lei. Teresina e Caterina potevano muoversi. Avrebbero potuto fuggire se non fosse per i due cani e la paura che dominava i loro cuori. Timidamente e rassegnate, si diressero verso la donna, con i due animali che da dietro, con ringhi febbrili, le spingevano verso la loro padrona. Disperate guardavano Lucia Musinu a terra, svenuta. Quando furono dinanzi alla strega, questa fece cenno loro di mettersi al centro del simbolo. “Non posso portarvi con il mio potere nella cripta. Ho bisogno di un aiuto…” e rise. “Dovrete stare immobili. E’ già tutto predisposto. Non basterà che un attimo.” Le due ragazze si misero al centro del sinistro disegno. Allora Munda Marixi cominciò una strana litania. Quello che accadde fu davvero terrorizzante. Le due ragazze si videro avvolte in un vortice di anime che urlavano agghiaccianti e oscene parole. Caterina cominciò a gridare, mentre Teresina la teneva stretta. Ma cosa stava accadendo? Si chiese, piangente. Perché loro? Perché Lucia Musinu non veniva ad aiutarle? Quando un buco nero cominciò a formarsi sotto di loro, un precipizio oscuro che pareva le stesse risucchiando al suo interno, accadde l’imprevedibile. E accadde in un attimo: una figurina nera si appostò dietro la strega e con un bastone la colpì violentemente sul capo. La strega imprecò di dolore e si voltò; la figurina, veloce come un fulmine, tirò fuori un pugnale intarsiato con strani disegni e glielo conficcò nel petto. Bastò un secondo, l’urlo disumano fu davvero orripilante. Munda Marixi si allontanò barcollando mentre cercava di estrarsi il pugnale, senza riuscirvi: lentamente cominciò a disgregarsi; la sua pelle cominciò a creparsi, e una luce rossa cominciò a filtrare dal di dentro, finché il suo corpo non esplose, scomparendo nel nulla. Il pugnale cadde a terra. La figurina andò a ripescarlo e se lo mise in tasca. Il vortice delle anime dannate che avvolgeva le due Dettori scomparve all’istante e con esso il buco nero. Le due ragazze si ritrovarono in mezzo al sinistro disegno, esauste e smarrite. I cani neri non c’erano più, scomparsi anch’essi con la malvagia strega, o forse prima, eliminati da quell' inaspettato arrivo. Quello che rimaneva era l’incantesimo che aveva tramutato Don Dettori e Donna Maria, il medico e la meretrice, in statue di sale. Le due ragazze si alzarono e uscirono dal simbolo disegnato, ancora stordite, mentre la pioggia cominciava a scrosciare violentemente e l’eclissi scompariva con i suoi residui di oscurità. La figurina, intanto, era ferma sulla giovane Lucia Musinu, la quale, dopo poco, si alzò riassumendo, improvvisamente, le sue abituali sembianze di vecchia. Nella fitta pioggia, lei e l’altra si diressero al centro della piazza, dove Teresina e Caterina erano ancora ferme, immobili, mentre osservavano i due profili avvicinarsi. Fu la serva a parlare. “Siamo state fortunate,” disse, ridacchiando. Teresina, fradicia, aveva il viso ancora sconvolto per quello che era accaduto. “State lontano!” urlò, proteggendo dietro di se Caterina, ancora piangente. “Voi… Voi siete streghe!” La vecchietta rise. “Già!” “Non avere paura,” intervenne Lucia Musinu con voce calma. “Non ti basta quello che hai visto per capire che siamo animate da buone intenzioni?” Teresina si morse il labbro. “Non so più cosa pensare, Lucia Musinu,” rispose, stravolta. E guardando le figure immobili dei suoi genitori, aggiunse esasperata: “Fateli tornare com’erano prima!” Lucia Musinu sorrise con calma. “Certo, ma voi dovrete dormire…” Caterina e Teresina cominciarono ad avere una forte spossatezza. Le due figure davanti a loro cominciarono a sfuocare nella bruma e nella pioggia fitta, per poi scomparire nel confortevole buio del sonno.
... continua...
Un uomo intelligente spesso si troverebbe in imbarazzo senza la compagnia di qualche sciocco!
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Modificato da - Fish in data 27/10/2006 10:04:23 |
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cedro del Libano
Salottino
Utente Mentor
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Inserito il - 27/10/2006 : 21:05:01
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Molto bene. Dovresti cercare un editore e farlo pubblicare niente male come inizio di scrittore.Hai una fantasia esuberante. Spero comunque abbia almeno pensato di preservare i diritti d'autore. Con qualche piccola correzione potrebbe anche essere adattata a comedia Perche' non la proponi a qualche compagnia teatrale'? Aspetto il finale.
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Fish
Utente Attivo
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Inserito il - 28/10/2006 : 21:53:30
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Cara Cedro del Libano, grazie tante delle tue belle parole. In realtà, non sono proprio un novizio della scrittura, visto che scrivo ormai da tempo. Peraltro, ho avuto la soddisfazione di veder selezionato un mio racconto (con relativa pubblicazione) al premio letterario Sinnus, Segnali di Confine, che si svolge a Siurgus Donigala ogni anno.
Detto questo, eccovi la conclusione.
X Teresina aprì gli occhi, alzandosi di scatto dal letto. Si guardò attorno e vide Caterina ancora addormentata che parlava nel sonno. Si alzò e andò a destarla. La ragazza aprì gli occhi. “Che c’è?” “Come stai?” Caterina si stropicciò il viso. “Bene. Perché?” “Hai sognato qualcosa stanotte?” La sorella ci pensò su. “Nulla di particolare… Ero troppo stanca per la giornata di ieri… Quella gita bagnata e con l'eclissi che abbiamo fatto a Monti Mannu, assieme a Mammai e Babbai, mi ha spossata… Ma perché questa domanda? “E il tuo disturbo?” Caterina strabuzzò gli occhi, si toccò il ventre con circospezione. “Sorella mia, è scomparso! Aveva ragione il dottore! Il mio era solo un gonfiore causato dal corpetto. E quella tisana che mi ha dato mi ha fatto davvero bene.” “Certo,” gli rispose Teresina. “Cerca di mangiare di meno però, e vedrai che il corpetto non ti darà più fastidi!” Caterina fece il viso offeso. “Perché, secondo te, io mangio troppo?” Teresina, alzandosi dal letto della sorella, sorrise. “Beh, tu assomigli troppo a mammài. Non è un mistero che mangi!” Caterina si alzò. “Sei una screanzata!” le fece. “Essere la sorella maggiore non ti da diritto di trattarmi così…” Poi trasalì. “Che ore sono?” L’orologio a pendolo faceva un quarto alle undici. “Così tardi? Ma… come mai nessuno ci ha svegliate?” Proprio in quel momento esplosero delle voci concitate che provenivano dalla camera affianco. Le due sorelle aprirono la porta e videro i genitori, poco fuori dalla stanza, che discutevano. “Ma com’è che è così tardi?” sbraitava Don Raffaele, mezzo vestito. “Ma non è possibile!... Lucia!” urlò. Donna Maria, intanto, aiutava il marito a sistemarsi la camicia. “Abbiamo dormito troppo, marito mio… La giornata di ieri… E comunque, non c’è da preoccuparsi. Oggi è domenica.” Don Raffaele scosse la testa. “E con ciò? I miei animali non lo sanno che oggi è domenica!... Lucia!” insistette. “Ma ci sarà pure qualche servo pastore a badarle! No?” obiettò Donna Maria, spazientita, mentre gli spazzolava la giacca di velluto verde. “Forse Basiliu…” “Quell’ubriacone?!” sbottò Don Raffaele, bloccandosi di colpo. “Giustappunto lui! Prima di andare a Monti Mannu, l’ho spedito a Santu Miali. L’altra notte ha fatto una cagnara, giù nel piazzale! Era chiaro che fosse ubriaco fradicio!” E riprendendo a vestirsi, urlò nuovamente: “Ma dov’è quella benedetta donna?!” Si sentì uno scricchiolio nelle strette scale, e la figura della serva apparve. “Don Raffaele, che c’è? Perché gridate così?” “E’ tardi!" gli rispose lui, stizzito. "Perché non mi hai svegliato alla solita ora?” La serva parve offesa. “E quando mai io ho svegliato voi, oh su meri?” Don Raffaele imprecò. “E’ vero... Però, visto che l’ora si faceva tarda, potevi pure preoccuparti di venire a vedere perché nessuno si svegliava.” “Oh su meri,” rispose Lucia, visibilmente irritata, “anche se sono solo una povera serva, sono una cristiana. E come tutte le brave cristiane, la domenica vado a messa. Per cui, io sono uscita questa mattina, ho detto il rosario e ho ascoltato la parola del Signore!” Caterina e Teresina risero. Don Raffele, sentendo quelle risa, si voltò. “E voi? Come mai siete ancora in vestaglia?” Le due ragazze arrossirono, e il loro viso si fece serio. “Babbài,” fu Teresina a parlare, “anche noi abbiamo dormito come sassi. Forse la colpa è della bella giornata. Non come quella di ieri...” “Dai, lasciale stare,” intervenne Donna Maria. “Oggi è domenica.” L’uomo brontolò qualcosa e si diresse verso le scale. “Va bene, va bene. Io vado. Sarò a casa per pranzo.” Dopo che se ne fu andato, Lucia Musinu si avvicinò a Donna Maria. “Ma si è alzato male, Don Raffaele?” La donna alzò le spalle e sorrise. “Deve aver fatto qualche brutto sogno. A un certo punto ha gridato nel sonno. Quando si è svegliato mi ha guardata e ha esclamato: ‘un corvo’!’” Teresina e Caterina si guardarono. “Brutto sogno davvero,” e risero nuovamente. Donna Maria allora guardò le figlie con aria seria. “Che ridete voi? Perché non andate a vestirvi? Visto che non si è andati a messa, bisogna approfittare per pulire.” E guardando la serva con complicità, aggiunse: “Vero Lucia?” La serva annuì seria. “Ci sono un bel po’ di cosette che vorrei farvi fare. Quando vi sposerete, dovrete essere capaci a far tutto…” Le due ragazze s’incupirono. Senza proferire ulteriori parole, entrarono in camera loro. La giornata si preannunciava inaspettatamente faticosa.
L'orologio del campanile rintoccò mezzogiorno. Il dottore chiuse gli occhi in una smorfia di dolore. Poi li riaprì e rimase immobile a fissare la strada. Il mal di testa non gli era ancora passato del tutto. “Passerà,” fece Rosina Matta, la sua governante, mentre, con modi spicci e veloci, gli rifaceva il letto. Gioacchino Murgia si voltò e sbuffò. “Questo è poco ma sicuro, Rosina. Dottor Serpi ha fatto un ottimo lavoro sul taglio... Solo che non riesco ancora a capacitarmi di cosa possa essere successo.” La governante scosse la testa. “Non chiedetelo a me, oh su dottori! Siete uscito ieri mattina, dicendo che vi recavate dai Dettori, poi invece vi abbiamo trovato verso sera nella zona della Spendula, ferito e svenuto.” “Appunto!” fece il dottore, perplesso. “Io non ricordo di come ci sono arrivato alla cascata! Non ricordo che volessi andare per funghi... Cos'hanno detto i Dettori?” “Non c'erano ieri. Così ha riferito la serva quando siamo andati da loro... Ha detto pure che voi certamente non v'eravate visto... E comunque, oh su dottori, quando vi abbiamo trovato, il cestino e il coltello l'avevate... Il colpo vi ha fatto perdere la memoria.” Il dottore, toccandosi la fasciatura sul capo, annuì. “Hai ragione, Rosina. E che non m'era mai capitata una cosa simile...” “C'è sempre una prima volta,” ribatté la donna, che gli si avvicinò con maggiore dolcezza. “Su, ora venite di là che vi ho preparato un buon brodo di pollo.”
Graziedda Salis aveva ancora un po' di nausea. Il giorno prima era stata malissimo e non era uscita per nulla; e la notte, peraltro, non aveva neanche lavorato (per quanto lei lavorasse con i villacidresi, visto che la sua clientela era composta soprattutto da ricchi notabili dei paesi limitrofi). Spostò il piatto della minestra e si alzò. Era indecisa se uscire un poco o restare ancora rintanata in casa. La giornata era stupenda e non sarebbe stata una cattiva idea salire fra le montagne e restare lì a pensare alla propria misera vita. Ci pensò un attimo, e alla fine, dopo un bel sospiro, decise che l'idea non era proprio cattiva. Forse una bella passeggiata verso Monte Margiani l'avrebbe rilassata. Magari avrebbe pure incontrato qualche simpatico pastore che, in cambio di qualche carezza, le avrebbe regalato una bella forma di formaggio e un po' di latte fresco. Con quel pensiero, leggermente divertita, sorrise. Così, senza indugiare oltre, prese una piccola brocca, si mise uno scialle sulle spalle e uscì, dirigendosi verso Seddanus. Era proprio una bella giornata, convenne tra se, mentre assaporava il tiepido sole autunnale sul viso. Epilogo Il giorno si avviava lentamente al tramonto. Le prime stelle, come capocchie di spillo, cominciarono ad ammiccare nel cielo terso: le minacce di piogga del giorno prima, infatti, erano completamente svanite nel vento autunnale che iniziava a imperversare sempre più frequentemente nella pianura campidanese, mentre i contadini preparavano la raccolta delle olive, stendendo ampi teli bianchi sotto le piante, e scuotendone con le canne i folti e grassi rami. Ma il vento correva pure fra i monti, dove i pastori trascinavano ancora le proprie greggi, in cerca degli ultimi germogli, prima del freddo invernale e delle calde stalle in cui gli animali sarebbero stati rinchiusi fino alla successiva primavera. E il vento, già vestito di freddo autunnale, imperversava anche fra le case del piccolo centro pedemontano. E fra queste case, ve n’era una in particolare: una catapecchia fatiscente, dove una vecchietta, il cui capo imbiancato era racchiuso in un fazzoletto nero, masticava lentamente il suo pane secco, inzuppato nel latte appena munto. Accanto, stava Lucia Musinu che la osservava con soddisfazione. “Buono?” chiese. La vecchietta, con fare arcigno, bofonchiò un’affermazione e continuò a masticare. “Ce la siamo vista brutta, Giuannica. Non credi?” insistette allora Lucia Musinu. Giuannica Marajani annuì. ”C’è mancato poco si!” esclamò, fermandosi dal masticare. “Munda Marixi ti stava per accoppare!” e rise. “Sai che non poteva,” le ribatté Lucia Musinu, sorridendo. “Tra streghe non ci si può ammazzare. E’ stato merito tuo, se lei ora è tornata al diavolo.” “Già. La legge parla chiaro…” “Comunque sia,” disse Lucia Musinu, “ci siamo liberate di un bel pericolo. Le due figlie dei Dettori l’hanno scampata bella.” Giuannica Marajani scosse la testa. “Ma perché ci tieni tanto a quelle due cristiane?” Lucia Musinu alzò le spalle. “Non ne ho idea. E’ che mi ci sono affezionata. E non volevo che quella fattucchiera da strapazzo potesse far loro del male.” “Già, ma Donna Maria stava per mandare a monte tutti i nostri piani. Proprio il giorno dell’eclissi ha creato quello scompiglio!” “E’ stato un caso,” sospirò Lucia Musinu. “Donna Maria, udendo alcune mezze frasi di Caterina, s'era convinta che fosse in stato interessante, e ha insistito per sapere chi fosse il colpevole. Voleva chiederlo a lei, ma io ho detto no. Piangeva. Allora l’ho convinta a venire qui.” La vecchietta ridacchiò. “Si, si… Il corvetto... Bella scena, hai visto?” Lucia Musinu annuì. “Purtroppo però non avevo previsto che quell’idiota di Ziu Basiliu Marongiu andasse a svegliare Don Raffaele per dirgli che ci aveva visto in giro per il paese, e che Donna Maria, in un eccesso di zelo, lasciasse un biglietto per le figliole. Così è successo tutto quello che sai…” La vecchietta rise ancora. “E si! Quell’ubriacone (giustamente punito!) aveva intuito bene. Così è andato a mettere la pulce nell’orecchio di Don Raffaele Dettori che vi ha seguite sin qui. Credendo che il mio corvetto fosse Donna Maria, è tornato indietro, non accorgendosi che le figlie l’avevano seguito per riferirgli del biglietto…” “Già. Ed è lì che è scoppiato il putiferio. Le due ragazze hanno visto due uomini che si recavano da quella meretrice. Credendo che fossero Ziu Basiliu e Don Raffaele, sono tornate a casa sconvolte…” Giuannica Marajani tossì. “E chi avrebbe immaginato che quella strega di Munda Marixi era già lì, in attesa? Il mio corvo me l’ha riferito subito dopo che voi ve ne andaste. Purtroppo, ho impiegato del tempo per compiere il rito del pugnale...” Lucia Musinu annuì nuovamente. “Nemmeno io me ne accorsi. Così l’incantesimo che aveva esteso sui Dettori colpì pure me. Quando tornai, e Donna Maria mi riferì che le sue due figlie avevano visto il padre e Basiliu recarsi dalla meretrice, rimasi scandalizzata e adirata. Intanto, Munda Marixi approfittò della situazione, esasperando i toni. Il suo piano era chiaro, Giuannica: quell’occasione le offriva la possibilità di eliminare i genitori delle due ragazze. L’odio fomentato avrebbe infatti indotto Donna Maria a commettere l’assassinio del marito, del dottore e anche della meretrice. E io ero lì ad aiutarla… Se non fossi intervenuta tu a rompere l’incantesimo…” Giuannica guardò la strega con un ghigno. Poi si alzò e andò ad aggiustare il fuoco. Infine si girò verso Lucia Musinu. “Questo è il mio compito, Lucia Musinu. Ed è il mio compito da quando mi portasti via dai miei genitori, tanti anni fa…” Lucia Musinu chiuse gli occhi. Forse era per questo che non voleva che la stessa cosa accadesse alle due ragazze. Forse perché vedeva negli occhi svegli e scintillanti di Giuannica Marajani la tristezza e la consapevolezza di essere la serva di una strega che non poteva essere più liberata dalle sue catene.
FINE
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Modificato da - Fish in data 28/10/2006 21:57:06 |
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Albertina
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Inserito il - 28/10/2006 : 23:23:23
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Complimenti Fish, a attrus contus. Nel prossimo, di cosa ci parlerai? Aspetteremo con pazienza, ciao, buona domenica
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Ela
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Inserito il - 29/10/2006 : 00:21:11
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Bravo Fish!!!!Mi è piaciuto molto....Aspettiamo un altro racconto..
C'esti un'isola in su Mediterraniu aundi s'aria fragada de mari,de terra e de mirtu.....esti sa Sardigna......
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Inserito il - 30/10/2006 : 23:30:49
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Mi unisco ai COMPLIMENTI Davide!!
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