Forum Sardegna - Quanti erano i Nuragici
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Nota Bene: Ninetta Bartoli, nobildonna, nata a Borutta nel 1896 fu in assoluto la prima donna sindaco sia della Sardegna sia d’Italia. Resse le sorti del paese di Borutta per 12 anni, vale a dire dal 1946 fino al 1958.



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maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 11/11/2009 : 19:01:49  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Robur.q: per onestà, devo correggere una mia affermazione troppo generica ed assolutista, circa la deforestazione.
Altrimenti, la conversazione prenderà la strada sbagliata, perché - ovviamente - tu vorrai (doverosamente, a questo punto) correggere questo mio errore.
Lo correggo io:
In effetti la deforestazione ci fu, nel Mediterraneo. E con conseguenze anche molto grandi. Specialmente per le isole, che sono gli ecosistemi più deboli.

L’estrazione del rame dal minerale grezzo richiedeva circa 300 chili di carbone per produrre un chilo di rame da 30 chili di vena di solfuro di rame. Per una tonnellata di carbone di legna servono 12 – 20 metri cubi di legna.

L’Egitto, virtualmente privo d’alberi, ricorreva al Libano (Byblos) per il legno di cedro, per la costruzione di templi, per le spedizioni navali commerciali e per il mobilio.

Un accenno alla deforestazione si rinviene persino nel romanzo Accadico-Sumerico Gilgamesh , nel punto in cui l’eroe, aiutato da Enkidu, abbatte la Foresta di Cedri, in seguito uccidendo il suo guardiano mostruoso Humbaba.

Sappiamo bene, oggi, che la terra dei Sumeri, come tutta la “mezzaluna fertile”, una volta deforestata, è stata esposta a gravissima erosione da parte delle brevi piogge torrenziali e non ha più visto ricrescere la foresta primitiva.

Si calcola che l’abbattimento intensivo d’alberi nel Medio Oriente sia iniziato nel 1200 a.C., ma probabilmente tale data va alzata per le regioni più asciutte ancora più ad Est. Il Codice di Hammurabi (1750 a.C.) commina la pena di morte per l’abbattimento non autorizzato di alberi. Il problema, quindi, era sentito: doveva anche essere peggiore nelle regioni ad intenso sfruttamento, come ad esempio l’Anatolia, dove l’estrazione con il fuoco, la fusione e la forgiatura erano già vecchie di 3000 anni!

Non tutti avevano la “coscienza civile” e l’attenzione di Hammurabi. Molto più tardi, Eratostene, scrivendo a proposito di Cipro nella tarda età del bronzo (1200) afferma che, malgrado la grande attività di deforestazione, nell’isola sono stati aperti appena dei sentieri, tanto essa è riccamente coperta di alberi. Gli agricoltori erano anzi incoraggiati, con premi in terre, a rendere agibili all’agricoltura nuove superfici di bosco.

L’età del bronzo, con il moltiplicarsi di strumenti sempre migliori per l’abbattimento d’alberi e con l’incremento della richiesta di combustibile necessario per l’aumentata produzione mineraria, può anche essere vista come un’onda inesorabile di distruzione delle foreste e del legname, che si dirige verso Occidente. Nell’800 (uso estensivo ornamentale; introduzione delle coperture in coppo) e nel 500 (nascita delle civiltà “classiche”), tutte le foreste intorno al mediterraneo sono in stato d’agonia.

Si calcola che le miniere di Laurion presso Atene, in 300 anni circa abbiano prodotto 3500 tonnellate d’argento ed 1.4 milioni di tonnellate di piombo. A fronte di questa produzione, si calcolano avvenuti un consumo di 1 milione di tonnellate di carbone e la deforestazione di 101.170 chilometri di bosco. Anzi, si ritiene possibile che l’attività estrattiva sia terminata non per esaurimento delle vene, non per raggiungimento del livello dell’acqua, bensì per l’elevatissimo costo raggiunto dal combustibile.

Il resto, nel prossimo articolo di s.a.

Questo, per completezza.

Prendo senz'altro per buono quello che mi dici sull'agricoltura.
Ma ho ferrati dubbi sui bovini (per quel che vale), anche se non dispongo, come per il patrimonio bovino toscano di dati genetici su quello sardo.


A dopo, naturalmente
Maurizio











  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

robur.q

Utente Senior



Inserito il - 11/11/2009 : 19:02:03  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
condivido assolutamente la tua prudenza; sappiamo troppo poco o forse non siamo ancora in grado di "legare" le informazioni che abbiamo; non credo che i Sardi antichi (io credo che si chiamassero così da sempre ma Dio solo sa cosa vuol dire), abbiano dominato alcunchè fuori della nostra isola (chi lo pensa è malato di nazionalismo con complesso di inferiorità), ma certamente erano una comunità importante nel bacino del mediterraneo, che ha sicuramente lasciato tracce civili più che militari. La cifra che tu indichi, 50000 mi sembra adatta all'inizio dell'età del bronzo, ma, come capitava facilmente nel passato, poteva essere interessata da crescite sostenute in periodi particolarmente fortunati, e da crisi spaventose il tutto in periodi molto ristretti. Si tratta quindi, più che di indicare una cifra, di individuare una "forchetta" entro la quale l'entità della popolazione è variata, con un massimo che forse in nessun caso potrà aver superato le 200000 o 300000 unità, cifra non più sostenibile dalla risorse disponibili.







 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013 Torna all'inizio della Pagina

DedaloNur
Salottino
Utente Master



Inserito il - 11/11/2009 : 19:16:29  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
robur.q ha scritto:

Maurizio, non sto affatto litigando (per così poco!!!)
Stiamo solo discutendo civilmente tra persone sensibili e appassionate!!!
Ma veniamo al sodo:
primo - no, non penso che nelle terre che circondano la Sardegna siano passati i Caterpillar a distruggere tutte le tracce delle antiche civiltà; infatti ci sono monumenti dell'epoca, in Corsica, nelle Baleari, ma non così tanti e non così imponenti; d'altronde, laddove ci sono state antiche civiltà del periodo o successive, penso a Creta, al Peloponneso, all'Etruria, le tracce ci sono, eccome, e monumentali.

Bravo Robur...infatti abbiamo megalitismo anche in:
Spagna,
Francia,
Germania.
Ne isolani ne conservatori: molti gli eserciti che lì attorno passarono, che dovrebbero distruggere e non lasciar traccia dei tempi remoti.
In realtà, abbiamo opere megalitche anche in Italia.

secondo - perchè la storia dell'isola di Pasqua dovrebbe essere un unicum? io invece credo che sia successo molte volte nella storia dell'uomo, sto parlando di disastri ecologici e/o demografici (basta pensare alla peste nera anche e proprio in Sardegna);

anche questo è corretto. Si sospetta che qualcosa del genere sia accaduto proprio a Malta. Gli acheologi considerano anche dei casi nell'america precolombiana.

terzo - le mie sono idee basate su considerazioni di tipo economico e sociale: infatti, anche se non sappiamo in quanto tempo sono stati costruiti 8000 nuraghi, tuttavia, per la complessità della costruzione, solo una società relativamente stratificata e numerosa poteva distrarre forze lavoro così consistenti per realizzarli, ed anche formare una manodopera specializzata tecnicamente preparata e capillarmente diffusa sul territorio!!! Stiamo parlando di 8000 torri a tholos diffuse in ogni angolo, anche in posti veramente incredibili. I nuraghi non sono casette in ladiri costruite con scarsa tecnologia e che il tempo può annientare, ci vuole un sacco di gente con la pancia piena per portare pietroni giganteschi in "cuccuru de monti"; con pancia piena, ben organizzati e diretti in una struttura sociale complessa e ricca per i tempi; sono le capacità tecniche ed organizzative che distinguono la Sardegna Nuragica dalle terre circostanti, non c'è niente di simile intorno: ecco perchè la cifra che indichi tu mi sembra sottodimensionata: con popolazione che, secondo i tuoi calcoli sarebbe decisamente superiore, i sardi del medio evo hanno costruito "solo" poche decine di chiesette romaniche!!!!

Sono d'accordo sull'impostazione qualitativa:. è il punto di partenza più oggettivo per qualsiasi altra considerazione. i nuraghi a dire il vero sono anche migliori delle tholos Micenee quanto a tecnica costruttiva. Hoskin afferma che il Santu Antine è la costruzione a secco più sofisticata del mondo, perchè qui giunse a vera maturazione questa tecnica.

Non sono d'accordo sull'impostazione quantitativa, in qualunque verso la si stabilisca :
Qualcuno afferma: Abbiamo moltissimi nuraghi: quindi avevamo una grande popolazione. Ma i Nuraghi erano edifici pubblici e non furon costruiti in tempi brevi. è una sciocchezza bella e buona. Ovviamente su questo Maurizio era d'accordo.

anche nell'ipotesi di tempi di costruzione assai lunghi, coerenza vorrebbe che non si legasse il numero degli abitanti a tale attività. Alla fine è infatti solo un impostazione inversamente proporzionale ma sostanzialmente uguale alla prima: la sardegna aveva pochi uomini quindi costruì i nuraghi in moltissimo tempo.

Ma, non sappiamo ne il perchè e quindi il "quando" usassero edificare nuraghi: scadenze naturali, religiose, culturali, necessità politiche.
ne quante persone vi attendessero. Una popolazione assai numerosa può delegare tal compito a poche persone e metterci più tempo,
rispetto ad una popolazione meno numerosa ma che ben organizzata e più motivata, sopperisce con questo alla penuria di uomini. Sono tutti casi possibili.

Ma su quest'ultima considerazione temo che maurizio sarà meno d'accordo:
Maurizio Feo ha scritto:
In quanto tempo, nessuno si azzarda a dirlo, per non incorrere in critiche urticanti. Se - per ipotesi - sono stati edificati in un periodo di tempo molto lungo, questo sicuramente corrobora la mia tesi del numero piccolo. Se fossero stati edificati nel corso di dieci anni, i "Nuragici" allora avrebbero dovuto essere più numerosi dei sardi di oggi, per costruirne circa 800 all'anno.










Modificato da - DedaloNur in data 11/11/2009 19:24:51

  Firma di DedaloNur 
Freddie Mercury - In My Defence
http://www.youtube.com/watch?v=4TgX...ture=related

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“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” Dante Alighieri

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Sassari  ~ Città: sassari  ~  Messaggi: 2565  ~  Membro dal: 15/09/2008  ~  Ultima visita: 07/10/2014 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 11/11/2009 : 19:30:16  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
robur.q ha scritto:

condivido assolutamente la tua prudenza; sappiamo troppo poco o forse non siamo ancora in grado di "legare" le informazioni che abbiamo; non credo che i Sardi antichi (io credo che si chiamassero così da sempre ma Dio solo sa cosa vuol dire), abbiano dominato alcunchè fuori della nostra isola (chi lo pensa è malato di nazionalismo con complesso di inferiorità), ma certamente erano una comunità importante nel bacino del mediterraneo, che ha sicuramente lasciato tracce civili più che militari. La cifra che tu indichi, 50000 mi sembra adatta all'inizio dell'età del bronzo, ma, come capitava facilmente nel passato, poteva essere interessata da crescite sostenute in periodi particolarmente fortunati, e da crisi spaventose il tutto in periodi molto ristretti. Si tratta quindi, più che di indicare una cifra, di individuare una "forchetta" entro la quale l'entità della popolazione è variata, con un massimo che forse in nessun caso potrà aver superato le 200000 o 300000 unità, cifra non più sostenibile dalla risorse disponibili.

Questo in realtà è un consenso, robur.q: il primo che ricevo in questo Forum.
Ti ringrazio.
MF









  Firma di maurizio feo 
Beni: ti naru unu contu...

 Regione Emilia Romagna  ~ Città: Roma  ~  Messaggi: 2962  ~  Membro dal: 11/01/2008  ~  Ultima visita: 23/03/2012 Torna all'inizio della Pagina

robur.q

Utente Senior



Inserito il - 11/11/2009 : 19:50:28  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di robur.q Invia a robur.q un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
bene !!!!
discutendo francamente ma senza preconcetti, si può arrivare a ipotesi più largamente condivise.
Ipotesi, però, temo, per ancora molto tempo.
Mi sembra che comunque si sia d'accordo su un punto: la Sardegna nuragica era una società complessa ed articolata, per un certo periodo attualmente non definibile, in maniera maggiore che le terre più vicine.
Ho visitato Micene e Tirinto, e devo dire che ho sentito aria di casa...








 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: assemini  ~  Messaggi: 1124  ~  Membro dal: 06/06/2009  ~  Ultima visita: 04/05/2013 Torna all'inizio della Pagina

maurizio feo
Salottino
Utente Master



Inserito il - 11/11/2009 : 20:19:49  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Esistono sporadiche tracce di protosardi, attribuibili addirittura al Paleolitico inferiore e superiore ed al Mesolitico. Dobbiamo pensare che i primi abitatori fossero cacciatori/raccoglitori. Probabilmente, vivevano in bande, in altre parole in piccoli gruppi di familiari, nomadi, male organizzati, ostili gli uni con gli altri. Soffrivano una vita dura, animale: sopravvivevano appena. Conseguentemente, la densità demografica era così bassa, da non ottenere, oggi, alcuna visibilità archeologica. I pochi resti di cui disponiamo non ci permettono di trarre conclusioni certe, bensì soltanto deduzioni ed ipotesi.
Al Neolitico antico (7 - 8000 anni fa) appartengono le prime tracce d’agricoltura e d’allevamento, di ceramica (un marcatore costante della presenza d’agricoltori), di tessuti, di strumenti di pietra e, più tardivamente, d’ossidiana. La distribuzione dell’ossidiana di Monte Arci, estesa a tutto il Mediterraneo occidentale, autorizza l’ipotesi che ne sia derivata all’isola una certa fortuna economica. Sappiamo che l’agricoltura deve avere apportato alcuni vantaggi, in particolare un incremento demografico, ed un miglioramento delle condizioni della popolazione che la praticava, che però, con ogni probabilità, era di provenienza esterna. Dobbiamo supporre che l’arrivo in Sardegna dei pastori/agricoltori dette inizio a ciò che rappresenta la regola, non l’eccezione, in tali casi. È credibile, cioè, che i primi, fossero più sparsi e disorganizzati, mentre i secondi fossero più numerosi già in partenza ed avessero una forma d’organizzazione superiore. I cacciatori furono spazzati via (?), senza tanti complimenti, dagli agricoltori, ovunque essi entrarono in contatto (esistono tesi discordi). Probabilmente, anche per questo non si trovano valide tracce genetiche di quei cacciatori. Del Neolitico, medio e recente, sono alcuni resti umani che presentano lesioni traumatiche: ossa con tracce di ferite da punta e da fendente, in uno stato di consolidazione che depone per una lunga sopravvivenza dopo il trauma. Forse, il livello della ‘medicina’ di allora era già abbastanza soddisfacente. Alcuni reperti dimostrano la presenza di rachitismo: una malattia carenziale causata da ipovitaminosi D e da scarsa esposizione al sole in età infantile. È troppo poco, per trarne conclusioni più generali. A questo punto, però, con ogni probabilità, l’organizzazione sociale prevalente delle popolazioni sarde era quella di tribù. È il tipo d’aggregazione che più spesso, ma erroneamente, s’attribuisce all’età nuragica.
In seguito, osserviamo la comparsa di particolari distintivi, in diverse località sarde, che denominiamo variamente. Alla cosiddetta cultura di Bonu Ighinu (5 – 6000 anni fa) appartiene il culto della Dea Madre, tipico del Mediterraneo orientale. Rappresentano questa facies un gruppo centro occidentale, più evoluto e composto d’individui più robusti, in migliori condizioni di salute, ed un gruppo orientale, più primitivo ed affetto da malattie anche gravi.
Distinguiamo poi la cultura d’Ozieri (4 – 5000 anni fa) che presenta sepolture in domos de janas. Nei siti della cultura d’Ozieri sono stati rinvenuti resti di bue, maiale, pecora (domestici) e di cervo, cinghiale, muflone, pesci e frutti di mare (selvatici), oltre a sili per l’immagazzinamento di cereali. È chiaro che ci troviamo di fronte a popolazioni di pastori/agricoltori già discretamente avanzate ed alquanto organizzate. Possiedono un proprio bagaglio materiale e culturale, che non è più soltanto quello originale, di tipo Mesopotamico, ma si è già arricchito con altri elementi, in comune con quelli delle genti Egee, degli agricoltori del Mediterraneo orientale. La differenziazione in atto, tra le diverse sedi geografiche sarde, la dice lunga sulle difficoltà che l’orografia isolana pone ai contatti interculturali interni. Non c’è, quindi, da vincere soltanto la distanza dalle popolazioni esterne e l’isolamento di fatto dal mondo. Esistono anche le separazioni locali, le difficoltà di comunicazione interna. Tali barriere hanno pesato sullo sviluppo linguistico dei sardi, oltre che su quello genetico. Sappiamo che la Geografia pone, talvolta, insuperabili ostacoli ad ogni sviluppo. Più probabilmente, si tratta ancora di popolazioni organizzate in tribù, ma è possibile che vi sia una prima timida evoluzione verso le chefferie. Distanza e rarità di contatti determinano una specie di mosaico di piccoli principati distinti. Sembra, però, che i protosardi, per un motivo o per l’altro, non riescano mai ad avviarsi a diventare una società ricca e di lunga fortuna, produttrice di tecnologia ed esportatrice d’usi e costumi. Anzi, restano sempre in precario equilibrio tra sopravvivenza ed estinzione. Sono sempre stati poco numerosi. È, questo, il famoso ‘collo di bottiglia’ genetico, che inciderà pesantemente sul patrimonio di popolazione dei Sardi, determinandone la diversità profonda da tutte le altre etnie attuali. È anche il fattore che frena l’accrescimento della loro complessità sociale, in altre parole il progresso propriamente detto.
A questo punto, è necessario riferire dei risultati archeologici in termini di paleopatologia, correlandosi in altre parole alle malattie di quel tempo. I reperti ossei della cultura d’Ozieri sono i primi in cui si riconosce la cosiddetta iperostosi porotica . Si tratta d’una risposta patologica del tessuto osseo, composto di rarefazione ed indebolimento, controbilanciati da neoproduzione ossea, con un finale aumento di spessore. Il tutto, in risposta ad uno stato cronico di scarsa ossigenazione del sangue. La malaria può essere responsabile di ridotta ossigenazione cronica, con l’anemia che essa determina. Per la verità, anche altre malattie, possono essere responsabili dell’iperostosi , ma non convince che così tanti sardi dovessero soffrirne allora, se non la presentano adesso: quali cause potevano essere presenti allora, che ora non ci sono più? Secondo un’ipotesi possibile, i sardi d’Ozieri erano già sotto l’effetto selettivo naturale della malaria, alla quale rispondevano con l’iperostosi porotica e stavano elaborando una loro iniziale resistenza immunologica. Un primo effetto di ciò fu, forse, che i nuovi venuti, si trovarono a mal partito, una volta giunti in un’area d’endemia malarica (a meno di non essere già immunizzati a loro volta). Questo fattore contribuì a ridurre, se non ad annullare, qualsiasi flusso genico dall’esterno: in tutte le epoche, i nuovi arrivati si ammalavano; quindi, o morivano prima di riprodursi, o se n’andavano via, o restavano in numero davvero esiguo . Un secondo effetto può essere stato quello di una regressione dell’organizzazione sociale protosarda, dovuta all’indebolimento che la malattia determina nei suoi elementi ed al risultante spopolamento.
Verso la fine del Neolitico, inizia la fase di Monte Claro, con l’introduzione del Megalitismo, di probabile origine occidentale. S’assiste ad un regresso complessivo, rispetto alla cultura d’Ozieri, (4500 – 3800 anni fa: età del Rame, facies di Filigosa e d’Abealzu). È elevata l’incidenza della carie dentaria, soprattutto nei reperti di sesso femminile, forse anche in rapporto alle gravidanze.
È un passo indietro annunciato, secondo la nostra ipotesi, cui solo le neoformate resistenze immunologiche e, forse, l’abbandono dei siti di più pericolosa endemia malarica, metteranno qualche primo, parziale rimedio. Per completezza, va detto che la malaria è ufficialmente citata nei primi anni della conquista romana, 334 a.C., nella seconda guerra punica (Livio XXIII 34, 10), nel 178 a.C., periodo della magistratura di T. Eburzio e della questura di Caio Gracco, 126 a. C. (Livio XLI 6, 6). Alcuni autori considerano questo silenzio come una prova certa dell’assenza della malaria nell’isola, prima di queste date. Essi formulano l’ipotesi dell’introduzione romana della malaria in Sardegna. Ma se si accetta il principio che un fatto non si sia verificato, soltanto perché non se n’è parlato, né scritto, per esso si potrebbe anche affermare che più del 90% della storia umana non sia mai avvenuto.
Un altro motivo del succitato passo indietro, potrebbe essere dato da motivi bellici: forse, coloro che introdussero il Megalitismo, non lo fecero in modo del tutto pacifico. Chi sostiene questa tesi si basa sul fatto che i resti ossei dell’epoca sembrano mostrare evidenti problemi traumatologici, talvolta gravi, cui una valida medicina permette sopravvivenze anche lunghe . Alla fine dell’età del Rame, anche in Sardegna si diffuse la cultura paneuropea del cosiddetto ‘vaso campaniforme’. La medicina aveva introdotto la trapanazione del cranio, talvolta multipla (quattro casi documentati in Sardegna). Con l’età del Bronzo (3800 – 3500 anni fa), le trapanazioni proseguirono, secondo una moda ormai generalizzata; la carie ritornò un reperto di rara osservazione . Nei resti di questo periodo riusciamo a riconoscere le tracce d’artrosi, sia giovanile/adulta, sia senile. Comparve la tomba a camera lunga (cultura di Bonnanaro), che già annunciava la successiva tomba dei giganti, caratteristica del periodo più distintivo dell’isola, il Nuragico (3500 – 2340 anni fa). L’iperostosi porotica si diffuse a tutto il bacino del Mediterraneo, insieme al suo comune denominatore, l’anemia cronica. La medicina non sa dare una soddisfacente spiegazione a questo fenomeno, che non si è più ripetuto dall’età dei metalli. Nel periodo nuragico, la carie dentaria era più frequente e grave in reperti galluresi, anche se non del tutto assente altrove. Secondo alcuni, ciò sarebbe imputabile ad una stratificazione sociale già in atto da qualche tempo: un’economia prevalentemente pastorale in Gallura (sepoltura in tafoni) ed una basata sull’agricoltura nelle altre zone osservate (tomba dei giganti). Più probabilmente, le divisioni sono determinate dall’ambiente, dalla conseguente disassuefazione tra gruppi umani, dalla loro successiva diversificazione e, infine, a mio vedere, dall’organizzazione sociale in chefferies indipendenti, con differenti economie. Il diverso tenore di vita e d’igiene si rifletterebbe anche sull’incidenza della carie dentaria. Sappiamo che nel periodo nuragico era presente una forma di tubercolosi, perché possediamo dal 1979 i reperti che lo dimostrano, provenienti dalla zona di Predu Zeddu (Nu). Si tratta di una donna, che sopravvisse all’infezione tubercolare polmonare giovanile, poi alla sua conseguente e grave manifestazione ossea, che fuse insieme alcune sue vertebre cervicali. La donna guarì – ovviamente senza cure – raggiunse l’età adulta e poi morì, per cause indipendenti dalla tubercolosi, forse di vecchiaia. Globalmente, specialmente nel nord dell’isola, il periodo nuragico si presenta come un’epoca di miglioramento dello stato generale di salute degli abitanti, in cui si assiste anche ad un aumento della statura degli individui. Fu, questo, il periodo che avrebbe potuto lanciare lo sviluppo dell’Isola: la popolazione totale, grazie ad un’economia superiore a tutte le precedenti raggiunge, secondo i calcoli di alcuni, le 200.000 unità. Una bell’evoluzione, dalle poche centinaia d’individui degli inizi!
Si vede bene, però, che le osservazioni paleopatologiche possibili sono scarse e, soprattutto, limitate al solo tessuto rimastoci, le ossa: quindi non permettono conclusioni statistiche, né considerazioni finali troppo soddisfacenti, a parte la formulazione d’ipotesi di verosimiglianza competitiva. Per quello che riguarda le malattie in genere e la loro incidenza, dobbiamo credere che non differissero di molto da quelle che affliggono la popolazione sarda al giorno d’oggi, che globalmente è più alta, più sana ed in condizioni generali incomparabilmente migliori.
I LIVELLI D’ORGANIZZAZIONE.
I Sardo Nuragici non erano abilissimi fonditori. Non conoscevano la tecnica della saldatura: infatti, ad esempio, fissavano ancora i bronzetti ai piedistalli con piombo fuso, nell’VIII e VII secolo a.C. Ma, come si è spesso ripetuto, conoscevano la lega del bronzo, che non potevano avere appreso in Sardegna. Erano sicuramente stati esposti culturalmente alla tecnica, oppure l’avevano appresa altrove, lungo il tragitto per la Sardegna. Le presunte frequentazioni Micenea e Cipriota, forse, non sono estranee a questo fatto . Due bronzetti rappresentano uomini, che sollevano l’ormai inutile stampella, dopo la guarigione. Altri bronzetti, anche se interpretati variamente, rappresentano – più verosimilmente – madri, con in braccio il figlio malato. Esse esprimono l’atto di impetrare la pietà divina, oppure di ringraziamento per la grazia della vita. Questo fa propendere per un’interpretazione dei bronzetti come specie d’ex-voto, che pare più corretta: una forma d’arte minore, ma immediata e sincera, che mostra nella sua fragile realtà una popolazione sofferente e semplice. Ma la rappresentazione è anche quella di una società stratificata, in cui sono presenti ruoli diversi, alcuni dei quali non produttivi: figure di culto, militari, nobili, popolani. Questo parla a favore della Chefferie.
Erano pastori transumanti, con tutte le tipiche stigmate: la conoscenza delle tecniche casearie (yoddhu ), il bagaglio leggero (kilim, forno temporaneo ipogeo, età). Numerosi tratti culturali (abiti, culto, miti, tradizioni, artigianato, fassoni) tradiscono origini orientali. Alcuni erano agricoltori ed allevatori, come dimostra il loro relativamente più elevato livello igienico sanitario. Quali erano le condizioni decisive sullo sviluppo sociale della popolazione isolana?

1. La Sardegna era ed è compresa nella fascia climatica, descritta in precedenza come ideale, per l’acclimatazione di piante ed animali di provenienza dalla (MF). Purtroppo, è anche un ambiente insulare fragile, cagionevole e ristretto, non molto fertile, con un territorio estesamente carsico e rare precipitazioni (il che ha fatto la fortuna del culto dell’acqua, col suo Dioniso primitivo, Baki). È un ambiente privo di gran parte delle numerose specie vegetali di cui sopra (ad esempio, sappiamo che il primo impulso ad un’intensiva coltura del grano le venne dai Cartaginesi, che obbligarono con gravi minacce i sardi all’abbattimento degli alberi da frutto). In più era un posto isolato e lontano, pertanto difficilmente raggiungibile. Era frequentata solo come fondaco o ‘punto di passaggio’ (il successivo nome euboico Ichnoussa indicherà proprio questo), oppure solo dai famigerati cercatori di metalli micenei e poi ciprioti (Molybodes, Argyrophleps sono nomi che indicano il piombo e l’argento come oggetti della ricerca). I talenti di tipo Egeo rinvenuti sull’isola corroborano questa tesi. La fortuna dell’ossidiana di Monte Arci, in fondo, si deve a ricerche antesignane dello stesso tipo.
2. La Sardegna, sappiamo, non offriva gran che, in fatto d’animali addomesticabili: il cervo, per suo carattere, non è addomesticabile (a differenza, ad esempio, della docile renna). Il cavallo non esisteva (il cavallino della giara, contrariamente a quanto si potrebbe credere, è di recentissima introduzione). Anche l’asino, domesticato in Egitto, vi giunse dal medioriente: il lemma tirrenico deriva dal sumero ansu.
3. Probabilmente, i gruppi di C/R dell’isola, nonostante la loro bassa densità di popolazione, erano già in condizioni limite di difficoltà: l’estinzione del prolago sardo fa pensare che l’ambiente dei cacciatori fosse già da qualche tempo alla corda e che riconoscesse come assolutamente necessario un ulteriore apporto alimentare. Che le estinzioni del Pleistocene siano state numerose, lo dicono i resti d’animali strani che sono stati scoperti sull’isola: elefantini nani, piccoli coccodrilli, orsi, scimmie, lupi. È credibile che i Sardo Nuragici abbiano sfruttato con piacere, sia le piante utili portate con sé dall’oriente (olivo, melo, mandorlo, alcuni cereali?), sia quelle già presenti in Sardegna (quercia, lentisco, mirto, corbezzolo, altre?). Con ciò, dettero inizio al loro ben noto aumento demografico nell’isola, che altrimenti non ci sarebbe stato.
4. Infine, la malaria fu sicuramente un fattore ostacolante la prosperità e la crescita economica e sociale, pure se, entro certi limiti, esercitò anche una specie di perversa ‘protezione’ del territorio da influenze esterne. Sicuramente, però, fu un potentissimo strumento di pressione ambientale sulla popolazione dell’isola, che ne porta tuttora il vistoso marchio (favismo, talassemia). Inconsapevolmente, l’abbattimento d’alberi da parte dei protosardi, fu un sicuro fattore facilitante dell’endemia, perché rese l’ambiente più adatto all’insetto vettore del Plasmodio, l’Anopheles.
Se ne può dedurre che il quadro paleosardo non è esattamente quello di una terra promessa, felice, favorita dalla geografia. Pertanto, è del tutto ammirevole che si sia avuto quel particolare sviluppo di civiltà insulare che già conosciamo. Ma c’è dell’altro.
QUASI UNO STATO SARDO.
I Nuragici resistettero ad un primo tentativo Cartaginese d’invasione, nel 540 a.C. circa, respingendolo ed infliggendo durissime perdite al loro esercito, tanto che il loro generale, Malco , fu punito con l’esilio dal Senato di Cartagine. Quell’esercito non era piccolo, perché altrimenti una punizione simile sarebbe stata ingiustificata. Inoltre, Malco non sarebbe riuscito, con i resti di quell’armata sconfitta, a mettere d’assedio Cartagine per conquistarla, come fece. Perché mai è importante ciò? Perché non sarebbe potuto succedere, se i Sardo nuragici non avessero avuto abbastanza coesione e coscienza di sé.
Per creare una coesione tale da organizzare una resistenza all’invasione, dei Cartaginesi prima e dei Romani poi, essi dovevano già essere a livello di Stato, o almeno di Chefferie . Nell’ipotesi contraria, se i Sardi, al tempo delle invasioni, fossero stati sparsi in bande indipendenti, oppure divisi in piccoli nuclei tribali, semplicemente non avrebbero potuto difendersi in alcun modo, come invece hanno fatto. In una banda o una tribù, come già detto, il sentimento di patriottismo è impensabile: non esiste il concetto di sacrificio personale, per il bene della comunità. È solo nella Chefferie, che s’inizia a trovare un’ideologia, che anticipa la religione istituzionalizzata e che rafforza l’autorità del capo. Il capo può essere guida politica e religiosa ad un tempo. Ecco perché una larga parte dei contributi raccolti serve per costruire templi, che servono come luoghi di culto e come segni tangibili del potere . Ecco, quindi, che possiamo affermare che i Sardo Nuragici erano almeno al livello sociale d’aggregazione che gli antropologi chiamano Chefferie e che può essere tradotto in una specie di Principato, antesignano dello Stato . Se essi avessero avuto a disposizione ancora qualche centinaio d’anni, probabilmente la loro densità abitativa sarebbe stata enormemente più alta, le loro necessità alimentari ed economiche più insoddisfatte, la loro civiltà più avanzata e complessa. Parimenti, molto più alta si sarebbe espressa la loro aggressività militare, per le sopravvenute necessità espansionistiche dettate da nuove e maggiori esigenze di nutrimento e di spazio. Sicuramente, in un giorno stabilito di una stagione sacra, avrebbero salpato per una terra promessa, per conquistarla. Per essa, avrebbero combattuto e, forse, vinto. Avrebbero imposto la loro lingua ad altri. I dialetti italiani, oggi, chissà, sarebbero stati neonuragici…
Ciò non è avvenuto, come sappiamo. Altri popoli, provenienti da paesi geograficamente prossimi, avevano già avuto più frequenti e proficui scambi culturali, ricevevano continui e sempre nuovi apporti tecnologici dai paesi confinanti, che non erano separati dal mare. Pertanto avevano avuto una crescita più rapida e completa. Erano Cartaginesi e Romani. Già in fase di crescita competitiva e d’assoluta necessità di conquista di nuove terre da sfruttare. Hanno visitato i Sardi troppo presto, quando ancora questi non erano pronti né a portare guerra fuori dell’isola, né a difendersi validamente entro di essa.
Semplicemente, l’isolamento non aveva permesso che la loro crescita tecnologica e demica avesse la stessa rapidità di quella d’altri. Mentre gli altri, insomma, svolgevano i compiti a casa insieme, i Sardi lavoravano da soli . In realtà, è addirittura sorprendente che essi, in condizioni di così grande svantaggio ambientale, fossero riusciti a realizzare la cosiddetta Civiltà Nuragica, tanto particolare e così unica nel mondo. Forse perché, partendo inizialmente da temi almeno in parte in comune con altri, in seguito i Sardi hanno dovuto elaborarli e svilupparli indipendentemente da ulteriori stimoli culturali esterni, a causa dell’isolamento prolungato e insistito, in un ambiente che proibisce o rallenta ogni crescita e maturazione. In tal modo, ogni sviluppo si è limitato ad una ripetizione, con solo piccole varianti, con alcune amnesie, di pochi temi e forme architettoniche, moltiplicando all’infinito e riproducendo, con tenacia tradizionalista e fedeltà insulare, quei pochi miti divini già noti, quei semplici ed antichissimi riti religiosi, quelle tecniche povere ed austere, che noi oggi studiamo e, spesso, sottovalutiamo o male interpretiamo. In assenza, quasi totale, d’ogni contaminazione esterna.
Forse questo piegarsi in se stessi, parzialmente quasi involvendosi, invece di evolversi, può spiegare la lunghissima durata del periodo temporale che oggi noi assegniamo alla cosiddetta “Civiltà Nuragica”. Possibilmente, come alcuni adombrano, forse anche a ragione, la lunghezza esagerata di tale periodo non è reale. Forse, essa si deve soltanto alla scarsità delle nostre cognizioni al riguardo: in fondo, si tratta di preistoria, perché non possediamo altro che pochissime prove documentali. È certamente possibile che noi riuniamo, sotto un unico nome di comodo, vari cicli umani distinti e successivi, che appartengono a società umane diverse. Sempre di Sardi, naturalmente.
Ai tempi d’Ospitone, quasi mille anni dopo l’episodio di Malco, la trasformazione in Stato parrebbe essere completa, nonostante tutte le traversie incontrate, nonostante la sconfitta con Cartaginesi e Romani e la terribile battuta d’arresto di tutta la comunità sarda. Papa Gregorio Magno scrive la sua famosa lettera, infatti, trattando Ospitone proprio come il capo militare di uno stato straniero, esortandolo a favorire la missione ecumenica di Felice e Ciriaco, suoi inviati. Gregorio tende a mediare tra poteri forti, nella situazione incerta, per non rischiare di perdere definitivamente i propri interessi morali e materiali, qualunque sia l’esito finale della contesa. Perciò, scrive anche al capo bizantino Zabarda, invitandolo alla pace con i Sardi… Ma era tardi: i Sardi erano ormai marginalizzati, nel quadro politico economico del mondo.
I Nuragici, quindi, furono sconfitti, è un fatto storico. Ma, in condizioni analoghe, altri popoli furono completamente spazzati via dalla storia, per sempre . Non i Sardi.
Sconfitti? Sì, ma senza vergogna. Non c’è vergogna nella necessità del Fato, come non c’è gloria nel favore del capriccio divino. Anche, però, ricordiamolo, Sardi ideatori di qualche cosa di grande, che doveva essere impossibile ed invece è stato realtà; che doveva scomparire ed invece è ancora qui: abbiamo testimoni di pietra indistruttibili. Qualche cosa d’unico al mondo, perché nei molti altrove, curiosi e splendidi, che possiamo visitare, nulla di simile è dato trovare. Qualche cosa di cui andare fieri, oggi, domani e sempre, come esseri umani, sardi e non sardi. Qualche cosa da conoscere bene, senza dubbi, con affetto. Con l’impegno a proteggerlo e a preservarne il ricordo. Ecco, perché non si visita il Losa in pochi minuti…

E' un articolo datato. proporrei di non soffermarsi esclusivamente su incertezze ed imprecisioni, che non ho ancora corretto.









Modificato da - maurizio feo in data 11/11/2009 20:23:03

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DedaloNur
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maurizio feo ha scritto:

robur.q ha scritto:
Si tratta quindi, più che di indicare una cifra, di individuare una "forchetta" entro la quale l'entità della popolazione è variata, con un massimo che forse in nessun caso potrà aver superato le 200000 o 300000 unità, cifra non più sostenibile dalla risorse disponibili.

Questo in realtà è un consenso, robur.q: il primo che ricevo in questo Forum.
Ti ringrazio.
MF

ma la cifra massima non doveva essere max sui 150.000 (senza credeci troppo però)?

quanto ai 50.000 iniziali dell'età del bronzo potrei anche condividiere. Se però mi si piegasse un attimo quanti erano i neolitici...









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Turritano

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DedaloNur ha scritto:
ma la cifra massima non doveva essere max sui 150.000 (senza credeci troppo però)?

quanto ai 50.000 iniziali dell'età del bronzo potrei anche condividiere. Se però mi si piegasse un attimo quanti erano i neolitici...

Esatto. Tuttavia 150 mila abitanti, per quei tempi, su 24 mila km q. non è poco, figuriamoci 300 mila.








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Le dominazioni passano ... i Sardi restano!

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Turritano

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Inserito il - 11/11/2009 : 23:38:27  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Turritano Invia a Turritano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
robur.q ha scritto:


---
non credo che i Sardi antichi (io credo che si chiamassero così da sempre ma Dio solo sa cosa vuol dire), abbiano dominato alcunchè fuori della nostra isola (chi lo pensa è malato di nazionalismo con complesso di inferiorità), ma certamente erano una comunità importante nel bacino del mediterraneo, che ha sicuramente lasciato tracce civili più che militari
.....

Sarei d'accordo su molti concetti da te espressi, compresa la prudenza ma, cautela per cautela, non si può escludere che, in qualche maniera i nuragici (o sardi antichi, che anche a mio parere si chiamavano Sardi), abbiano dominato su qualche parte del Mediterraneo senza pur tuttavia lasciare tracce militari (stiamo parlando di tempi al limite con la preistoria). Le “tracce civili” invece, che spesso seguono quelle militari, sono ben visibili agli occhi di tutti, quindi difficilmente confutabili, anche se non hanno bisogno di documenti scritti, letterari.
Formulando questa ipotesi io, nazionalista dichiarato, non mi sento "malato" né, tantomeno, affetto in alcun modo da complessi di inferiorità
Turritano








Modificato da - Turritano in data 11/11/2009 23:40:30

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Lessa
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Della serie...se si afferma di non sapere nulla di preciso...come si può negare a priori qualcosa solo perchè non ci convince?

concordo con turritano.


Interessantissimo articolo Maurizio...









Modificato da - Lessa in data 12/11/2009 00:19:19

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seddoresus pater

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Inserito il - 12/11/2009 : 10:16:54  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di seddoresus pater Invia a seddoresus pater un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ottimo articolo maurizio anche se come detto altre volte e ripeto adesso il passo sotto è un'emerita boiata,le precipitazioni 3000 anni fà erano abbondantissime x via dei residui effeti dell'ultima era glaciale,precipitazioni notevoli che hanno favorito l'estesa copertura forestale della nostra isola

"1. La Sardegna era ed è compresa nella fascia climatica, descritta in precedenza come ideale, per l’acclimatazione di piante ed animali di provenienza dalla (MF). Purtroppo, è anche un ambiente insulare fragile, cagionevole e ristretto, non molto fertile, con un territorio estesamente carsico e rare precipitazioni (il che ha fatto la fortuna del culto dell’acqua, col suo Dioniso primitivo, Baki). "








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DedaloNur
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Inserito il - 12/11/2009 : 10:40:54  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Turritano ha scritto:

robur.q ha scritto:


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non credo che i Sardi antichi (io credo che si chiamassero così da sempre ma Dio solo sa cosa vuol dire), abbiano dominato alcunchè fuori della nostra isola (chi lo pensa è malato di nazionalismo con complesso di inferiorità), ma certamente erano una comunità importante nel bacino del mediterraneo, che ha sicuramente lasciato tracce civili più che militari
.....

Sarei d'accordo su molti concetti da te espressi, compresa la prudenza ma, cautela per cautela, non si può escludere che, in qualche maniera i nuragici (o sardi antichi, che anche a mio parere si chiamavano Sardi), abbiano dominato su qualche parte del Mediterraneo senza pur tuttavia lasciare tracce militari (stiamo parlando di tempi al limite con la preistoria). Le “tracce civili” invece, che spesso seguono quelle militari, sono ben visibili agli occhi di tutti, quindi difficilmente confutabili, anche se non hanno bisogno di documenti scritti, letterari.
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Reges soliti sunt esse Etruscorum qui Sardi appellantur
Solitamente i re degli Etruschi sono coloro che vengono chiamati Sardi









Modificato da - DedaloNur in data 12/11/2009 10:47:05

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Lessa
Salottino
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Inserito il - 12/11/2009 : 12:38:31  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Lessa Invia a Lessa un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
DedaloNur ha scritto:

Turritano ha scritto:

robur.q ha scritto:


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non credo che i Sardi antichi (io credo che si chiamassero così da sempre ma Dio solo sa cosa vuol dire), abbiano dominato alcunchè fuori della nostra isola (chi lo pensa è malato di nazionalismo con complesso di inferiorità), ma certamente erano una comunità importante nel bacino del mediterraneo, che ha sicuramente lasciato tracce civili più che militari
.....

Sarei d'accordo su molti concetti da te espressi, compresa la prudenza ma, cautela per cautela, non si può escludere che, in qualche maniera i nuragici (o sardi antichi, che anche a mio parere si chiamavano Sardi), abbiano dominato su qualche parte del Mediterraneo senza pur tuttavia lasciare tracce militari (stiamo parlando di tempi al limite con la preistoria). Le “tracce civili” invece, che spesso seguono quelle militari, sono ben visibili agli occhi di tutti, quindi difficilmente confutabili, anche se non hanno bisogno di documenti scritti, letterari.
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Turritano

Reges soliti sunt esse Etruscorum qui Sardi appellantur
Solitamente i re degli Etruschi sono coloro che vengono chiamati Sardi


a onor del vero manca una parte della frase originaria.... se non sbaglio ne modifica leggermente il significato.

seddoresus pater ha scritto:

ottimo articolo maurizio anche se come detto altre volte e ripeto adesso il passo sotto è un'emerita boiata,le precipitazioni 3000 anni fà erano abbondantissime x via dei residui effeti dell'ultima era glaciale,precipitazioni notevoli che hanno favorito l'estesa copertura forestale della nostra isola

"1. La Sardegna era ed è compresa nella fascia climatica, descritta in precedenza come ideale, per l’acclimatazione di piante ed animali di provenienza dalla (MF). Purtroppo, è anche un ambiente insulare fragile, cagionevole e ristretto, non molto fertile, con un territorio estesamente carsico e rare precipitazioni (il che ha fatto la fortuna del culto dell’acqua, col suo Dioniso primitivo, Baki). "

è vero, e l'abbiam anche scritto da poco.
Inoltre nel testo ci son altre piccole inesattezze come questa.

Ma Maurizio ci aveva avvisati...per cui....









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maurizio feo
Salottino
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Inserito il - 12/11/2009 : 20:51:38  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Sì: ci sono delle inesattezze, ma non ho avuto il tempo per limare gli errori, alcuni dei quali mi erano già stati segnalati...
Né avrò tempo di seguito, perché sto per assentarmi.
Comunque, i dettagli più precisi sul clima e sulla vegetazione più probabili allora saranno senz'altro i benvenuti, da parte mia, che non sono troppo "strutto" al riguardo ("nessuno siam perfetti: ciascuno abbiamo i suoi difetti").
Mi sembra che sia partito un post apposito ed andrò a vedere subito.
In ogni caso, mi sembra che - senza essere troppo schizzinosi - si stia andando pian piano verso un possibile consenso insieme.
Non credo che si possa essere troppo esigenti su numeri precisi, come del resto anche in molti altri casi.
Martin Bernal, di fronte a richieste di puntualizzazioni troppo puntiformi, ma che non modificano un concetto generale di base, parla di "malriposta precisione". Io credo che - ad un certo punto - ci si debba accontentare.
Grazie a tutti.
MF









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gina

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Inserito il - 16/11/2009 : 00:40:20  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di gina Invia a gina un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
DedaloNur ha scritto:


Reges soliti sunt esse Etruscorum qui Sardi appellantur
Solitamente i re degli Etruschi sono coloro che vengono chiamati Sardi
[/quote]

caro dedalonur
la frase di Sesto Pompeo Festo continua così:Quia estrusca gens orta est sardibus--
ovvero: poiché il popolo etrusco è di stirpe sarda.
Questo però, il buon Leonardo Melis forse non lo sapeva. Tant'è che non lo ha messo nel suo libro. Questa è la prova che gli etruschi erano di origine sarda.
Gina








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