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Tharros
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 04/09/2009 : 14:07:13
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| Turritano ha scritto:
| Tharros ha scritto:
Qualsiasi aggiunta, obiezione e critica è assolutamente accettata, anzi, richiesta. ..... ::::
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Ecco Tharros, è proprio questo il motivo che mi ha spinto a fornire ulteriori notizie sulla mia città ... e lo farò anche per altre Turritano
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Occhei..
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E' sempre meglio sembrare stupidi tacendo invece di darne la conferma parlando!! |
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Gianf89
Nuovo Utente
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Inserito il - 06/09/2009 : 03:48:13
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Leggendo "ittinerario dell'isola di Sardegna, volume terzo" di Alberto La Marmora, di cui vi do il link di una versione on line del libro: http://www.sardegnacultura.it/docum...30171230.pdf Ho trovato una cosa che potrebbe essere interessante per la nostra discussione. Alle pagine pagine 178-179 La Marmora, riferendosi alla Chiesa di Nostra Signora di Tergu, dice:
| Nella chiesa, di fronte all’altare maggiore, si trova un’iscrizione romana che non ho pubblicato nella seconda parte del Viaggio in Sardegna, perché all’epoca non ne conoscevo l’esistenza: A. EGRILIUS A. F. PLARIANUS DECURIAL. SCR. CER ET CL. TIPHERMIONE FECERUNT CL. TIF. IRENAE LIB. LIBERTABUS POSRISQ FORUM. L’iscrizione è stata riprodotta dallo Spano240, dallo Henzen241, e più tardi dall’Orelli242; ma le interpretazioni date da questi ultimi due studiosi delle parole SCR. CER. della terza riga, che essi leggono SCR(IBA) CER(IALIUM), non soddisfano a ragione il primo che, conoscendo il nome portato un tempodalla località in cui fu raccolta la pietra funeraria, non dubita un istante che si tratti di uno scrittore di Cericum, cioè locale. D’altronde, in un altro documento pubblicato pochi mesi fa dallo stesso canonico Spano243, si legge che una principessa sarda, che aveva trovato rifugio e protezione presso un capopastore chiamato Cericon, in seguito avrebbe edificato in suo onore una città con questo nome o piuttosto con quello di Cerico, lo stesso che sembra essere indicato nell’iscrizione. È dunque provato che questa città esisteva al tempo dei Romani; il nome fu cambiato in seguito in Cerigo, noto già nel Medioevo e da lì è venuta l’alterazione Tergu, che è l’attuale denominazione della chiesa di Santa Maria.
239. P. Martini, Storia ecclesiastica di Sardegna, cit., vol. III, p. 414. 240. G. Spano, Memorie sull’antica Truvine, cit., p. 2. 241. In Bollettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica di Roma, 1853, p. 56. 242. Inscriptionum Latinarum Selectarum Amplissima Collectio, vol. III, Turici, 1856, p. 313, n. 6561. 243. G. Spano, Testo ed illustrazioni, cit., pp. 112-113.
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Se quello che dice il testo è quanto meno plausibile, è ragionevole pensare che nella zona tra l'attuale Romangia è Anglona esistesse un importante centro abitato, forse di epoca Nuragica, che esercitava una forte influenza tanto da dare origine al nome di molti villagi sorti sucessivamente in questa zona, come appunto Sennori(in sardo Sennaru=>Gennaru), Gennor, Gerito, Geridu-Gelithon e Tergu. Oppure e probbabile che progressivamente la gente abbia abbandonato la citta e abbia formato diversi villaggi, mantenendo però il nome della citta originaria,...... forse questa ricerca dell'origine misteriosa dei toponimi mi sta entusiasmando troppo facendomi vaneggiare....Voi cosa ne pensate di queste teorie?
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leonardo
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Inserito il - 08/09/2009 : 08:17:53
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Ciao. Una precisazione: è molto riduttivo far partire la storia di Bosa dal 1112 cioè dall'anno di costruzione del castello. Forse l'attuale insediamento è si fondato in tale epoca, ma Bosa esiste già in epoca fenicia e romana, seppur dislocata a poca distanza dall'attuale. Ciao.
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leonardo |
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Tharros
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 08/09/2009 : 08:25:47
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| leonardo ha scritto:
Ciao. Una precisazione: è molto riduttivo far partire la storia di Bosa dal 1112 cioè dall'anno di costruzione del castello. Forse l'attuale insediamento è si fondato in tale epoca, ma Bosa esiste già in epoca fenicia e romana, seppur dislocata a poca distanza dall'attuale. Ciao.
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Come ho gia avuto modo di scrivere più sopra io metto degli spunti che, volendo, possono essere suscettibili di aggiunte, precisazioni, ampliamenti correzzioni e quant' altro.
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Modificato da - Tharros in data 08/09/2009 08:26:16 |
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Tharros
Salottino
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Inserito il - 08/09/2009 : 17:58:09
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Gavoi
Ancora incerte le origini e il significato del toponimo Gavoi: comunità, recinto di bestiame, accrescitivo di Gavino, il Santo turritano al quale è intitolata la Chiesa parrocchiale.
Tracce di storia
Gavoi viene citato più volte nell'elenco dei centri abitati sardi che nella metà del secolo XIV versano le decime alle curie di Roma (Diocesi di Santa Giusta). A firmare la pace del 1388 fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona, fu un gavoese: Bernardus Lepore, in rappresentanza della Barbagia di Ollolai e della Curatoria di Austis. La storia di Gavoi è molto antica. Pare ormai accertato che si tratti di una colonia ebraica del IV secolo d.C., probabilmente proveniente dalla stessa Isola: nel I secolo d.C. i Romani avevano effettuato massicce deportazioni dall'attuale Medio Oriente, ed avevano creato (principalmente nel Campidano di Cagliari) colonie giudaiche in Sardegna, alcune delle quali si erano successivamente spostate verso località più favorevoli.
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Modificato da - Tharros in data 08/09/2009 17:59:03 |
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Tharros
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 09/09/2009 : 11:25:50
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Laconi
L' etimologia del nome Laconi, seppur non certa ma probabile, sottolinea l'importanza del luogo che in greco veniva chiamato “lahane” ovvero “confine o limite”, trasformatosi poi in “lacana” ed infine Laconi. Questo è sempre stato un luogo di confine tra la Barbagia ed il Mandrolisai.
Tracce di storia
Le tracce più antiche della presenza dell'uomo nel territorio di Laconi appartengono al Neolitico Antico (6000-4500 a.C.). I ritrovamenti effettuati nelle numerose spelonche, evidenziano lo stanziamento di gruppi di cacciatori: ne sono una prova i reperti rinvenuti nella "Grotta Leòri" e a "Sa Spilunca Manna". Tra la fine del neolitico e l'inizio dell'Età dei metalli (3700-2400 a.C.), quando prende piede l'agricoltura e l'allevamento, prendono vita le prime forme di insediamento prmanente attraverso villaggi di capanne testimoniati dai resti presenti a Sarcidanu, Monte Feurrèddu, ed a Cirquìttus. Le testimonianze del periodo successivo (2500-1800 a.C.) sono affidate ad i numerosi menhir presenti nelle campagne di Laconi. La Civiltà nuragica, così come in tutta la Sardegna, ha lasciato i segni più evidenti della presenza dell'uomo e del suo rapporto col territorio. Il numero di nuraghi presenti evidenzia l'importanza del territorio in antichità. Oltre ad un cospicuo numero di nuraghi sono presenti le domus de janas di Is Mureddas, Cirquittus, Pranu 'e Arranas e di Pranu Corongiu. L'importanza strategica del luogo oltre ad essere evidenziata dai numerosi nuraghi è confermata dai resti di una fortificazione cartaginese del V secolo a.C. A partire dall'anno 238 a.C. è possibile trovare i segni della presenza dei Romani. Laconi viene citata la prima volta documenti scritti in epoca bizantina (XI e XII secolo), quando la Sardegna è divisa “Giudicati”. Inoltre, durante la stessa epoca, a Laconi nascono numerosi re come Orocco, Torchiano II e Costantino I. Il 24 gennaio 1388 giungono a Laconi i rappresentanti per la firma della pace tra Arboresi e Aragonesi. Nel 1421 Alfonso II d'Aragona affida a Giovanni De Sena Laconi, Genoni e Nuragus. Dal 1479 il governo passa ad Enrique Enriquez, permettendo la nascita del marchesato dei Castelvì. Nella notte fra il 20 e 21 giugno del 1668 Agostino di Castelvì viene assassinato, e successivamente Francesca Zatrillas di Siete Fuentes, rimasta vedova, si risposa con Silvestro Aymerich. Con la nascita del loro primogenito Gabriele Antonio nasce anche la dinastia dei marchesi di Laconi che fino al 1720, anno in cui fu abolito il feudalismo, governarono Laconi. Nel 1870, Laconi entra a far parte della provincia di Cagliari e viene costruita la strada statale permettendo lo sviluppo economico della zona.
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Modificato da - Tharros in data 09/09/2009 11:27:27 |
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Grodde
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Inserito il - 09/09/2009 : 18:26:34
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piccola precisazione il nome Laconi è dovuto come detto da Tharros dal termine greco Lahane, diventato poi in Sardo Làcana
il confine in questione era quello tra il territorio controllato dai romani, chiamato Romània, e il territorio controllato dai Barbaricini, detto Barbaria, e proprio a Laconi vi era una delle postazioni di confine dei romani, con una guarnigione a difesa del territorio, simili insediamenti circondavano tutta la Barbagia, a volte anche dotati di fortificazioni, e avevano il compito di tenere d'occhio le bellicose popolazioni delle montagne
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laier
Salottino
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Campione Gp Passalafoto
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Inserito il - 09/09/2009 : 19:29:31
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qui ho trovato qualcosa di interessante su alcuni comuni sardi...
regio decreto che autorizza alcuni comuni ad assumere nuove denominazioni
http://www.sardegnadigitallibrary.i...12500051.pdf
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Tramonto a Porto Cauli - Masua
Iglesias (CI)
..un altro meraviglioso angolo di Sardegna |
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Tharros
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 10/09/2009 : 06:14:40
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Santa Maria Navarrese
Seguendo la tradizione, il nome di Santa Maria Navarrese verrebbe da una principessa della Navarra che nel 1052, scampata a un naufragio trovò rifugio in questo tratto di costa e fece costruire una chiesetta per ringraziare la Madonna.
Tracce di storia
Santa Maria, è la frazione di Baunei, dalla quale non molto tempo fa la gente iniziò a costruirvi dando vita in poco tempo ad un vero e proprio paese. Prima di allora infatti il paese costiero veniva visitato in occasione della festa di Santa Maria, il 15 Agosto, e non divenne mai dimora stabile sia perchè vicino alle zone di pianura e di conseguenza solitamente stagnose e portatrici di dannose epidemie che per la totale assenza di dedizione alla pesca. Le malattie portate da questi ambienti erano assai dannose e trasportate persino dal vento che a Baunei (480 metri sul livello del mare) era identificato come vento di ponente. Per lungo tempo, fino a quando l'unico modo per evitare le malattie era quello di starne lontano, la popolazione rimase nell'abitato di Baunei e si dedicò alla coltivazione, all'allevamento. In un passato più recente fu un utile approdo per napoletani, genovesi, siciliani e romani che qui potevano approvvigionarsi di formaggi, pelli, lardo, granaglie e vino; nonostante la vicinanza al mare, come detto prima, i baunesi non furono mai dei pescatori e anche quei pastori che si avvicinavano alla costa, poche volte approffittavano dei pesci. Forse anche perchè la costa, subito dopo Santa Maria e per un quarantina di chilometri, è altissima e praticamente inavvicinabile dalle barche. Solo pochi erano gli approdi e sul fondale di questi si possono ritrovare i resti di imbarcazioni che affondarono per causa delle tempeste. (tratto da www.s.maria navarrese.com)
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Modificato da - Tharros in data 10/09/2009 06:17:17 |
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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 10/09/2009 : 07:41:47
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Tharros complimenti per il post......molto interessante.
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Panorama
Villa Sant' Antonio (Or)
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Turritano
Utente Virtuoso
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Inserito il - 10/09/2009 : 08:51:56
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| leonardo ha scritto:
Ciao. Una precisazione: è molto riduttivo far partire la storia di Bosa dal 1112 cioè dall'anno di costruzione del castello. Forse l'attuale insediamento è si fondato in tale epoca, ma Bosa esiste già in epoca fenicia e romana, seppur dislocata a poca distanza dall'attuale. Ciao.
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Pienamente d'accordo, e diciamo pure che Bosa, anticamente, si chiamava "Calmedia". A monte dell'attuale abitato, sempre vicino al fiume Temo (sulla sinistra, nei pressi della Chiesa di S. Pietro) si trova una grande necropoli di tipo fenicio. Turritano
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Tharros
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 10/09/2009 : 09:50:46
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Bosa
In realtà il nome di Bosa ha origini antichissime: un’epigrafe fenicia, oggi perduta, incisa su un blocco di arenaria, risalente probabilmente al IX – VIII sec. a.C., attesta per la prima volta la presenza di un popolo Bs ‘n, riferito alla popolazione di Bosa. La città è inoltre ricordata dall’Itinerario Antoniano e da una serie di portolani e carte nautiche medioevali.
Tracce di storia
Bosa fu una delle stazioni fenicie più note e questi insediamenti costituivano dei punti d’appoggio per la navigazione e il commercio tra Africa e Sicilia verso le Baleari e la Spagna da un lato e Corsica e Gallia dall’altro. È difficile stabilire con certezza in che luogo la colonia fenicio-punica fosse situata ma i ritrovamenti di monete e altri materiali tra cui un’anfora del III sec. a.C., fanno pensare che fosse ubicata in località Messerchimbe o nella zona di Sa Idda Ezza. Numerose Domus de Janas presenti nella zona testimoniano la presenza di antiche civiltà in Età preistorica e protostorica. Più scarse sono le testimonianze dell’Età nuragica, limitate alla presenza di pochi resti La Bosa romana in origine sorgeva molto più a monte dell’ipotetico sito fenicio, sulla strada di Tibula Sulcos, presso l’attuale chiesa di San Pietro. Il centro romano ebbe una notevole prosperità grazie anche alla presenza del porto di Terridi che il monte di Sa Sea proteggeva dal maestrale. In quel periodo la foce del Temo era molto più a monte e l’Isola Rossa non era ancora collegata alla terraferma. La città aveva il suo centro sotto il monte Nieddu ma si estendeva oltre la riva destra del fiume: le due sponde erano collegate da un ponte (Pont’ezzu) ad un’arcata, ornato di statue, oggi andato distrutto e di cui rimangono pochi resti. La strada romana che attraversava la città e superava il Temo nelle vicinanze del ponte, collegava Bosa a nord con Turris Libisonis (Porto Torres) e a sud con Tharros. In Età imperiale Bosa ebbe il rango di Municipio dei cittadini romani e un proprio consiglio di decurioni. Nel 1112 (data recentemente messa in discussione e spostata al XIII sec.) fu costruito il castello dei Malaspina sul colle di Serravalle. Da questo momento ebbe inizio una fase di trasferimento urbano dal vecchio al nuovo sito, conclusosi nel secolo XIV. La vecchia Bosa fu gradatamente abbandonata e i cittadini iniziarono a costruire le loro case ai piedi del castello per averne la protezione. Inizia così a svilupparsi il quartiere medioevale di Sa Costa che ancora oggi mantiene una suggestione storica notevole. Ripresero così tutte le attività agricole, commerciali e marittime ma il castello e il borgo sottostante mantennero la propria individualità giuridica. Nel 1297 il Papa Bonifacio VIII concesse in feudo la Sardegna al re d’Aragona Giacomo II, il quale iniziò a prenderne possesso nel 1323. risalgono proprio a questo periodo le fortificazioni di numerosi castelli della Sardegna tra cui quello di Bosa. Nel 1308 i Malaspina vendettero i loro diritti sulla planargia compreso il castello a Mariano II d’Arborea. Il castello e il suo borgo passarono, con l’arrivo degli aragonesi, prima al giudicato d’Arborea, poi il territorio fu di nuovo in mano ai Malaspina fino al 1330 quando lo cedettero definitivamente allo spagnolo Pietro Ortis a cui si deve l’ampliamento della cinta muraria con la creazione di una torre pentagona. Tornato agli arborensi il territorio bosano fu alla base di uno scontro aperto tra catalani e arborensi. Nel 1355, al primo Parlamento sardo, Bosa fu rappresentata sia nel braccio feudale che in quello ecclesiastico. Tra i suoi privilegi vi era quello di battere moneta infatti durante il regno di Giovanni II d’Aragona, ne fu coniata una di piccolo taglio chiamata Minuto. Nel 1478 gli arborensi furono sconfitti definitivamente. Nel 1499 infatti, Ferdinando il Cattolico la dichiara tale con tutti i privilegi e gli onori e lasciando il castello infeudato all’ammiraglio Villamarì Mentre la città cresce e progredisce, l’interesse dei feudatari diminuisce e il castello inizia la sua decadenza e, nel 1571, viene abbandonato dai soldati. Anche la città si avvia al declino quando nel 1528 la foce del Temo fu ostruita con dei massi per impedire lo sbarco dei francesi comandati da Andrea Doria. Il fatto provocò conseguenze disastrose per la città: acque malariche ristagnarono a S’Istagnone e cattivi odori causati dal mancato ricambio dell’acqua con il mare, si diffusero nella città; il porto divenne accessibile solo pochi mesi all’anno e i diritti doganali crollarono; il delta del fiume andò interrandosi a causa della sabbia e delle alluvioni. Nell’Ottocento Bosa conobbe un notevole risveglio economico, soprattutto nel 1807 quando divenne Capoluogo di provincia, sede della Prefettura e Intendenza. Si sviluppò l’attività conciaria e la popolazione subì un graduale aumento. Le vecchie mura che la circondavano vennero abbattute per dare spazio all’espansione verso il mare. Nel secondo quarto del secolo, la città si abbellì con la costruzione di nuovi edifici e la ristrutturazione di altri. Nel 1887 venne inaugurato l’acquedotto a ricordo del quale fu edificata la fontana in trachite rossa e marmo che oggi sta al centro di Piazza Costituzione. Insieme all’acquedotto venne realizzata la rete fognaria e nel 1870 fu costruito un nuovo porto formato dalla scogliera che univa l’Isola Rossa alla sponda sinistra del Temo. Nel 1871 venne invece aperto il ponte a tre arcate, in trachite rossa, sul Temo, in sostituzione di quello precedente in legno a sette archi crollato all’inizio del XIX secolo. ( tratto da www.bosaonline.com)
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Modificato da - Tharros in data 10/09/2009 09:55:51 |
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Turritano
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Inserito il - 10/09/2009 : 23:00:18
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Non per polemica, né per contestare i dati di www.bosaonline.com, ma per precisare, devo dire che io ho l’abitudine, di non attingere e riferirmi a notizie e dati su internet (se non per rispolverare date o nomi che al momento possono sfuggirmi). Scrivo di mio, secondo testi stampati da autorevoli storici e, perché no, secondo la mia logica, la mia esperienza personale diretta e/o indiretta. Il caso di Bosa, la vecchia Calmedia (esiste anche una squadra di calcio con quel nome, proprio per ricordare l’antica denominazione. Inoltre nel sita on line c’è una grave lacuna: non si dice che Bosa è una delle sette “Città Regie” della Sardegna di epoca spagnola. Neanche a farlo a posta, mia moglie è di Bosa, da generazioni. I genitori avevano ereditato una campagna proprio dietro la chiesa di S. Pietro, sul lato sinistro del Temo. Questa campagna (grande più di 2 ettari) sale dal piano al monte e, guarda un po’, si chiama proprio “Messer Kimbe” (tradotto: (“signor cinque”). Quell’anfora (punica, seconda la sopraintendeva dei beni culturali di Sassari) e stata trovata da mio suocero una trentina di anni fa, sotto le radici di un plurisecolare albero di olivo e consegnata spontaneamente ai responsabili della Sopraintendenza. Ogni anno, durante l’aratura del terreno, l’aratro rompeva qualche anfora anche di grandi dimensioni. Davanti alla casetta rurale, c’erano inoltre due tombe in pietra (anch’esse requisite) che venivano usate tranquillamente come “setzidolzos” (“sedili”) da chissà quanto tempo. Un’altra osservazione (non se l’abbia a male Tharros, che sta conducendo una discussione veramente interessante con encomiabile zelo): se di ogni paese città si deve scrivere tutta la storia per filo e per segno (al di là delle contraddizioni ed inesattezze sempre in agguato), penso che ogni post diventerebbe estremamente lungo e quindi “pesante”. Per Sassari io ho fatto una descrizione sintetica, troppo sintetica, per cui conto di postare una seconda puntata: sarà gradita. Turritano PS: mi scuso in anticipo se ho detto qualcosa di in enesatto.
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Tharros
Salottino
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Inserito il - 11/09/2009 : 08:30:53
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| Turritano ha scritto:
Non per polemica, né per contestare i dati di www.bosaonline.com, ma per precisare, devo dire che io ho l’abitudine, di non attingere e riferirmi a notizie e dati su internet (se non per rispolverare date o nomi che al momento possono sfuggirmi). Scrivo di mio, secondo testi stampati da autorevoli storici e, perché no, secondo la mia logica, la mia esperienza personale diretta e/o indiretta. Il caso di Bosa, la vecchia Calmedia (esiste anche una squadra di calcio con quel nome, proprio per ricordare l’antica denominazione. Inoltre nel sita on line c’è una grave lacuna: non si dice che Bosa è una delle sette “Città Regie” della Sardegna di epoca spagnola. Neanche a farlo a posta, mia moglie è di Bosa, da generazioni. I genitori avevano ereditato una campagna proprio dietro la chiesa di S. Pietro, sul lato sinistro del Temo. Questa campagna (grande più di 2 ettari) sale dal piano al monte e, guarda un po’, si chiama proprio “Messer Kimbe” (tradotto: (“signor cinque”). Quell’anfora (punica, seconda la sopraintendeva dei beni culturali di Sassari) e stata trovata da mio suocero una trentina di anni fa, sotto le radici di un plurisecolare albero di olivo e consegnata spontaneamente ai responsabili della Sopraintendenza. Ogni anno, durante l’aratura del terreno, l’aratro rompeva qualche anfora anche di grandi dimensioni. Davanti alla casetta rurale, c’erano inoltre due tombe in pietra (anch’esse requisite) che venivano usate tranquillamente come “setzidolzos” (“sedili”) da chissà quanto tempo. Un’altra osservazione (non se l’abbia a male Tharros, che sta conducendo una discussione veramente interessante con encomiabile zelo): se di ogni paese città si deve scrivere tutta la storia per filo e per segno (al di là delle contraddizioni ed inesattezze sempre in agguato), penso che ogni post diventerebbe estremamente lungo e quindi “pesante”. Per Sassari io ho fatto una descrizione sintetica, troppo sintetica, per cui conto di postare una seconda puntata: sarà gradita. Turritano PS: mi scuso in anticipo se ho detto qualcosa di in enesatto.
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Carissimo Turritano, non sono sardo, come ben sai, pertanto io le informazione le attingo da internet con tutti i limiti che ci possono esere. Qualsiasi precisazione fatta dai paradisolani sardi è assolutamente la benvenuta ed evita, nel caso accadesse, di fare qualche figuraccia. Le tue correzzioni saranno sempre le benvenute ed è fuori discussione che io ne abbia a male. Continua pure a metterle tutte le volte che lo ritieni necessario con tutti i miei ringraziamenti. Hai anche ragione sul fatto che non si può entrare in molti particolari, come giustamente hai osservato, ecco il perche di "Tracce di Storia"
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Modificato da - Tharros in data 11/09/2009 08:36:14 |
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leonardo
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Inserito il - 11/09/2009 : 13:09:53
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Bravo Turritano. Ricordo anche che il Sig. P.....a presso San Pietro durante il suo onorevole lavoro di contadino ha spesso zappato tra le monete romane con l'effige di Augusto ( le stesse rinvenute, un tempo, sulle rive di S'abba druche), presenti anche nelle campagne della riva opposta del Temo ( Prammas). E che dire dell'erme di giove Ammone trovata sul letto del fiume, spedita a Sassari e....mai più rivista? E delle anfore per l'olio sotterrate (piene!) nelle campagne de sas Conzas? Se me ne ricordo altre ve le notifico!!!! Saluti a tutti i bosani o estimatori.
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leonardo |
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