Nota Bene:Il nuraghe Ruiu di Chiaramonti con i suoi conci di raccordo posti nel vano scala e tra le nicchie d'andito e di camera, pone in evidenza il fatto che la costruzione della tholos e della torre esterna facciano parte del medesimo momento di costruzione, avendo faccia a vista all'esterno della torre e all'interno della tholos.
Mansardo ha scritto: Ah, bene. Temevo fossi già stufa di Suite...
No , no . E poi in Suite c'è la Musica . Come si ci può stancare della musica , di ascoltarla , di parlarne e di conoscerne nuova ? Io non saprei concepire una vita senza musica . E a volte mi chiedo - con malcelata rabbia - perchè chi ha la musica dentro sè , chi sa comporre non trova la musicalità per vivere , perchè non riesce a trovare nella musica gli anticorpi necessari per le difficoltà della vita , perchè persone così privilegiate debbano soffrir da cani fino ad annullarsi . E' una domanda cui non so rispondere e ascolto questi musicisti scomparsi con tanta tristezza .
Modificato da - Marialuisa in data 17/03/2009 20:33:36
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Marialuisa ha scritto: Io non saprei concepire una vita senza musica . E a volte mi chiedo - con malcelata rabbia - perchè chi ha la musica dentro sè , chi sa comporre non trova la musicalità per vivere , perchè non riesce a trovare nella musica gli anticorpi necessari per le difficoltà della vita , perchè persone così privilegiate debbano soffrir da cani fino ad annullarsi . E' una domanda cui non so rispondere e ascolto questi musicisti scomparsi con tanta tristezza .
Vedi, a volte. I misteri della vita, i misteri della musica. Non conoscevo Elliott Smith e la sua storia. Let's Get Lost, invece, è un titolo a me molto familiare. Una canzone innanzitutto, ma anche un film. Un unico protagonista: Chet Baker.
Uno dei più grandi trombettisti jazz, molto malinconico, sporadicamente cantante. Uno che in tema di autodistruzione non fu secondo a nessuno. Droga, soprattutto. Gli spacciatori gli ruppero labbra e denti. Chi è trombettista sa cosa significa. Il maggior danno possibile. Come amputare le dita a un pianista. Dopo anni di stenti riprese a suonare, più triste di prima. Qui è con Elvis Costello in una delle ultime esibizioni.
Concluse la sua esistenza terrena nel 1988 volando dalla finestra di un hotel di Amsterdam, a soli 59 anni. Suicidio, forse.
Comincio a pensare che avesse ragione Fellini. I musicisti si espongono a radiazioni pericolose, bussano a porte che dovrebbero restare chiuse, esplorano i meandri più bui della mente umana. I più deboli finiscono imprigionati nel vortice delle emozioni da loro stessi create e non sanno più come uscirne.
Modificato da - Mansardo in data 17/03/2009 21:31:08
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Comincio a pensare che avesse ragione Fellini. I musicisti si espongono a radiazioni pericolose, bussano a porte che dovrebbero restare chiuse, esplorano i meandri più bui della mente umana. I più deboli finiscono imprigionati nel vortice delle emozioni da loro stessi create e non sanno più come uscirne.
Si , forse è proprio così : i Greci avrebbero scomodato l’hybris a questo punto , nel senso che i musicisti avrebbero superato ogni misura dell’umano limite con la loro genialità , indispettendo gli dei . Chissà . Ma c’è chi , con grande sofferenza, riesce ad andare avanti e regalarci perle : Mark Everett , Mister E , per esempio . La sua musica anche se apparentemente spensierata conserva sempre un sottofondo di tristezza , rispecchia luci e ombre del suo essere e della sua tormentata esistenza
“Mi sveglio presto la mattina/ non importa quanto fossi deluso del giorno prima/ ora è tutto nuovo” “Faccio alcune cose stupide/ ma il mio cuore è al posto giusto/ e questo so...” “Ho un cane, lo porto fuori per una passeggiata/ e a tutte le persone piace dire ciao/ sono sempre stato sul bordo del marciapiede/ sto imparando a dire ciao senza troppi problemi”
Ps :Sono novizia di You tube , che ringrazio perché apre molte porte se usato con intelligenza , ma devo confessarti che in alcuni casi mi deprime vedere un uomo ridotto a una larva . In genere metti su un cd e ascolti , ti lasci prendere ; ascoltare e vedere al contrario quella persona che ti regala sensazioni e, sapere che non c’è più o vederla prima che se ne andasse è altra cosa .Tutt'altra cosa . Bona die , Mansardo , a te e a chi passerà di qui (un po' di sarditudine )
Modificato da - Marialuisa in data 18/03/2009 11:00:24
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Marialuisa ha scritto: Ma c’è chi , con grande sofferenza, riesce ad andare avanti e regalarci perle : Mark Everett , Mister E , per esempio . La sua musica anche se apparentemente spensierata conserva sempre un sottofondo di tristezza , rispecchia luci e ombre del suo essere e della sua tormentata esistenza
Ps :Sono novizia di You tube , che ringrazio perché apre molte porte se usato con intelligenza , ma devo confessarti che in alcuni casi mi deprime vedere un uomo ridotto a una larva . In genere metti su un cd e ascolti , ti lasci prendere ; ascoltare e vedere al contrario quella persona che ti regala sensazioni e, sapere che non c’è più o vederla prima che se ne andasse è altra cosa .Tutt'altra cosa .
Di Mister E conoscevo soltanto qualche frammento musicale, nulla più. Nella sua musica non trovo traccia di spensieratezza, neanche apparente. Molta malinconia, quella sì.
Mi ha colpito una cosa: volevo saperne di più della persona, dell'artista, ma su internet non c'è una sua biografia. Solo scarni brandelli di un'esistenza sicuramente dolorosa e travagliata.
Bona die , Mansardo , a te e a chi passerà di qui (un po' di sarditudine )
A tui puru.
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Mansardo ha scritto: Nella sua musica non trovo traccia di spensieratezza, neanche apparente. Molta malinconia, quella sì.
Qualcosa si muove , il ragazzo sta imparando a vivere . Però è vero , le ombre sono sempre dietro l'angolo ma questo è anche il motivo che lo rende a me caro .
Mi ha colpito una cosa: volevo saperne di più della persona, dell'artista, ma su internet non c'è una sua biografia. Solo scarni brandelli di un'esistenza sicuramente dolorosa e travagliata.
Le analogie continuano. Anche Chet Baker, nel suo periodo più buio, lavorò presso una pompa di benzina. Come Mister E. Questi ultimi discorsi mi hanno riportato alla mente una cosa che scrissi un po' di tempo fa. Avevo letto nel sito del Corriere della Sera che era deceduto nel Connecticut, all’età di 82 anni, Henry Gustav Molaison. Era conosciuto dai neurologi di tutto il mondo, ma solo con le sue iniziali. «H.M.» è infatti considerato il più importante paziente della storia della neurologia. Cito testualmente: "Henry sapeva come si chiamava, sapeva che la sua famiglia veniva dalla zona di Los Angeles, era al corrente del crack del 1929 e della Seconda Guerra Mondiale. Ma dal 1953, per ben 55 anni, ha vissuto ogni giorno come fosse «nuovo», perchè da allora non è stato più in grado di costruire memorie recenti e di accumulare esperienze."
Sapessi che pena, mamma. Sono vecchio e non so perché, non so da quando. Ieri sono caduto dalla bicicletta, mi hanno detto. Ho sbattuto la testa, mi hanno detto. Ho ventisette anni ma ne dimostro molti di più. Ottanta, mi hanno detto. Ottanta? Non diranno sul serio, vero? Ottanta non li hai nemmeno tu. Dove ho messo tutti gli anni? Non capisco. Che fine hanno fatto le mie gioie, le mie speranze? Le mie foto. I fiori che avrei voluto regalare. Non mi è stato nemmeno concesso il beneficio della nostalgia, ma soltanto la sua ombra, la malinconia.
Come ho fatto ad arrivare fin qui? Mi è stata rubata anche la paura. Stanotte la mia vita ha subito uno strappo. Sarei anche disposto a piangere, se sapessi per cosa. Oggi un medico mi ha detto che questa è casa mia. Una casa enorme, piena di sconosciuti. Tanti vecchi. Io qui non ci ho mai vissuto. Ho cercato di dirlo al medico. Lui non mi ha dato ascolto ed è andato via perché ha sentito un suono provenire dalla sua giacca, si è messo un auricolare e ha cominciato a parlare da solo con un filo. Penso che sia matto. Stamattina mi hanno presentato un sacco di gente nuova. Qualcuno mi ha portato dei vestiti perché non ricordo più dove ho conservato i miei. Sono vestiti adatti a una persona anziana. Ma io ho 27 anni. Sono un vecchio di 27 anni. Vorrei tanto che qualcuno mi portasse anche dei ricordi. Ho bisogno di sapere perché. Perché lo specchio non restituisce più la mia faccia. Perché i miei capelli sono già tutti bianchi. Perché la mia mano trema un po’. Avrei voluto parlarne con Maggie. Ho provato a chiamarla, ma al suo numero risponde un’altra persona che dice di non conoscere nessuna Maggie. Ho cercato di spiegare che è la donna che ho sempre amato. Oggi ho deciso di dirglielo prima che sia troppo tardi. Non mi hanno dato retta. Nessuno ha mai sentito parlare di Maggie. Dopo pranzo sono andato al negozio di zio Donald. Non c’è più. Al suo posto ho trovato una rivendita di quadri di metallo con i ritratti parlanti. Anche zio Donald non c’è più.
E dire che ieri era tutto diverso. Ogni cosa al suo posto. Oggi invece il tempo fa di me ciò che vuole. Sfregia il mio viso. Non ho più molta voglia di cercare di capire il futuro. Non se mi comprerò un’altra bicicletta. Adesso davvero non reggo il peso delle ciglia spelacchiate. Adesso mi sento proprio stanco.
Fin qui la storia di H.M.. Ma quante storie parallele conosciamo? Quanti H.M., ma con un finale diverso? E quanti invece avrebbero voluto perdere la memoria, ma da lei sono stati sopraffatti? I sopravvissuti ai campi di concentramento. Le povere vittime degli orchi. I tanti fiori del male oscuro.
Uno di essi è stato certamente Luca Flores, pianista e compositore. Luca avrebbe desiderato che la sua mente si aprisse e lasciasse scappare per sempre gli incubi che erano rimasti imprigionati al suo interno. Ma non fu così. 39 anni segnati da troppi sensi di colpa gli parvero un peso non più sostenibile. Era il 1995. Incise questo brano, “How far can you fly“, fece pervenire la cassetta al padre con una lettera d’addio e salutò per sempre i suoi incubi. Aprì le ali e ci lasciò il suo talento. Un’onda più forte delle altre aveva distrutto il suo futuro di sabbia. Avrebbe voluto dimenticare, Luca. Dimenticare di non aver visto la madre invecchiare. Dimenticare di convivere con il rimorso di averne provocato la morte. O di esserne soltanto convinto. Dimenticare di non essere riuscito a impedire a Chet Baker di fare l'ultimo volo. Dimenticare, dimenticare. E invece Luca ricordava tutto. Un dolore così forte da impazzire. O da morire.
Le immagini del video sono tratte dal film "Piano, solo" con Kim Rossi Stuart nel ruolo di Luca Flores.
Modificato da - Mansardo in data 18/03/2009 20:58:48
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Caro Theo, …Il bosco sta diventando proprio autunnale…Perché non puoi immaginarti un tappeto più meraviglioso di quel marrone rossastro profondo nel bagliore del sole di una sera d’autunno, schermato dagli alberi. …Da quel terreno si levano giovani betulle….La bianca cuffia di una donna che si curva a raccogliere un ramo secco….una gonna è colpita dalla luce – appare un’ombra- la scura immagine di un uomo si staglia sopra il sottobosco. …Queste figure sono grandi e piene di poesia…paiono enormi terracotte che si stiano modellando in uno studio… …Mi ha colpito con quanta solidità quei piccoli tronchi fossero radicati al suolo. Iniziai a dipingerli col pennello, ma dato che la superficie era già tanto appiccicosa, le pennellate vi si perdevano- così le radici e i tronchi li strizzai fuori dal tubetto e li modellai un poco col pennello. Sì- ora se ne stanno lì. Sorgono dal suolo, profondamente radicati in esso. In un certo senso sono lieto di non aver imparato a dipingere, perché in tal caso potrei aver imparato a trascurare un effetto come questo. Ora io dico, no, questo è proprio quanto voglio-se è impossibile, è impossibile…io stesso non so come lo dipingo. Mi siedo e mi dico” questa tavola vuota deve diventare qualcosa”…trovo che nel mio lavoro c’è in fondo un’eco di quello che mi ha colpito. Vedo che la natura mi ha detto qualcosa, mi ha rivolto la parola e che io l’ho trascritta in stenografia. Nella mia stenografia ci sono forse parole che non si possono decifrare, forse ci sono errori o vuoti; ma in essa c’è qualcosa di quanto mi ha detto quel bosco…..
Una calorosa stretta di mano e credimi, sinceramente tuo, Vincent
"... Guardare le stelle mi fa sempre sognare, così come lo fanno i puntini neri che rappresentano le città e villaggi su una cartina. Perché, mi chiedo, i puntini luminosi del cielo non possono essere accessibili come quelli sulla cartina della Francia? Come prendiamo il treno per andare a Tarascona o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere le stelle. ..."
Lettera a Teo , 1888
Vincent Van Gogh , Notte stellata, 1889
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Quante vite . Il fuoco sacro dell'arte brucia molti suoi adepti : credo che chi si avventuri nel mondo della letteratura sia tra i più colpiti .Deve essere molto stressante aggirarsi tra meandri della realtà e quelli della fantasia , le conseguenze dei disturbi di personalità sono pesanti ( depressioni , suicidi , vite dissipate ) Certo chi riesce a non farsi avviluppare o soccombere sotto una simile morsa ci regala capolavori eterni.
Ps : Consulti biografie , autobiografie , carteggi vari per cogliere a fondo la personalità e i sentimenti di poeti , scrittori e artisti in genere ? Io , da acuni anni , si .
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non b'at bellu chene peccu e ne feu chene donu, mariluì... ho sempre avuto l'impressione che alcuni artisti, massime i musicisti , abbiano il dono ( talento, genilaità) perchè dio (la natura per altri ) fa in modo di compensare altri "non doni" ... l'invidia degli dei è una giustificazione macchinosa ma non è sempre così :conosciamo vite di artisti , esemplate,almeno apparentemente, su disciplina e razionalità almeno nella vita normale c'è da dire che il "genio" a volte è egoista, fagocita l'artista, lo rende così schiavo che lo porta a staccare con la realtà a superarne i confini.. a confondere la fantasia con la realtà e.... cominciano i guai... ma è un discorso molto complesso... sono stato certamente molto semplicistico nella sintesi..
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babborcu ha scritto: c'è da dire che il "genio" a volte è egoista, fagocita l'artista, lo rende così schiavo che lo porta a staccare con la realtà a superarne i confini.. a confondere la fantasia con la realtà e.... cominciano i guai... ma è un discorso molto complesso...
Grazie per avermi dato il la per fare il punto sull'argomento. Quello dei rapporti tra arte, talento e ispirazione è un tema che mi appassiona molto e su cui ho anche scritto qualche appunto sparso nel web. Hai ragione, il discorso è complesso. Come potremmo definire l'arte? Aristotele, nel 300 a.C., la definiva come l’imitazione della natura. Circa duemila anni più tardi, Jean D’Alembert, filosofo e matematico francese, nel suo “Discorso preliminare dell’Enciclopedia e degli articoli matematici” affermava che la memoria, la ragione propriamente detta e l’immaginazione costituiscono le tre maniere differenti in cui la nostra anima opera sugli oggetti dei propri pensieri. Queste tre facoltà formano le tre distinzioni generali del nostro sistema e i tre oggetti generali delle conoscenze umane: la storia, che si riferisce alla memoria; la filosofia, che è il frutto della ragione; le belle arti, che sorgono in virtú dell’immaginazione. D’Alembert sosteneva in particolare che nell’immaginazione si trovano riunite in qualche misura le altre due, perchè lo spirito non crea e non immagina se non oggetti che siano simili a quelli che ha conosciuto mediante idee dirette e mediante le sensazioni.
E' chiaro che che l’intuizione di Aristotele, semplice ma estremamente efficace per alcune forme d’arte (la musica e il canto, certamente, ma anche la pittura, la scultura, la danza, l’architettura e perfino il ricamo), sia insufficiente per abbracciare nell'arte anche la letteratura, il teatro, il cinema e la fotografia. E’ necessario introdurre un altro elemento essenziale: l’arte è fondamentalmente estetica. Che trasmette emozioni. L’aspetto contenutistico è eventuale e non necessario, perché l’arte non deve avere un significato inequivocabile. E’ quanto di più soggettivo possa esistere, sia nella fase creativa che in quella ricettiva. A me, ad esempio, incanta la disarmante naturalezza dei quadri del Canaletto, detesto la musica punk e considero “La madre dell’ucciso” di Ciusa uno dei più straordinari esempi di scultura del ‘900: sono tre opinioni personali motivate soltanto dall’intensità delle emozioni che ricevo da queste tre forme espressive. Qualcuno sarà d’accordo con me, ma ovviamente non tutti. Secondo il mio punto di vista, come ulteriore conferma che l’arte è sostanzialmente un fatto emotivo basta riflettere su due elementi soggettivi ma immanenti a ogni espressione artistica: lo stato d’animo che l’artista ha voluto rappresentare in un’opera non necessariamente coincide con quello che si crea in chi si accosta all’opera; due persone possono concordare nell’apprezzare (o disprezzare) una stessa opera, ma per motivi completamente diversi.
La mia arte preferita è la musica, perché è in grado di farmi provare le emozioni più forti e poi perché - secondo me - ha un’immediatezza universale e una duttilità che non tutte le belle arti possiedono. E poi si rinnova infinite volte, tutte le volte che viene eseguita. C'è una bella differenza, ad esempio, con la Gioconda, che non può che essere una e solo quella. Per sempre.
Veniamo a ciò che accennavi tu. L'arte può essere un mestiere? Si può vivere d'arte? Oppure è meglio che l'arte resti creazione allo stato puro, sganciata da qualsiasi necessità contingente? La figura del mecenate, così discussa eppure così essenziale per la nascita di tante opere d'arte di valore assoluto, in fondo non fa altro che sollevare un artista dall'assillo della pagnotta e gli fornisce i mezzi necessari a creare. Ma non sarà una figura troppo ingombrante, condizionante per lo spirito libero dell'artista? A mio parere, almeno all'inizio della sua carriera un artista ha bisogno di qualcuno che lo sostenga, sia per consentirgli di seguire liberamente la propria creatività sia per far conoscere al pubblico le opere. Si pensi ai giovani musicisti che non hanno risorse per prodursi i dischi e per esibirsi. Se così non fosse, l'arte sarebbe prerogativa esclusiva delle classi agiate, fenomeno poco frequente (De Andrè, uno dei pochi fulgidi esempi), perchè gli spunti creativi più geniali e innovativi provengono quasi sempre dal basso, dalla fame, dalle difficoltà. La pancia piena e gli agi non stimolano la fantasia e non incoraggiano il talento.
Il crescendo artistico non si cerca, è insito nelle opere di chiunque che siano distribuite in un significativo arco temporale. Come ogni accadimento umano, la capacità espressiva cresce e si evolve, diventa più efficace, affina lo stile. Matura. Cambiamo noi, cambia la nostra sensibilità, cambia il nostro modo di comunicarla. Nessuno compone, scrive, dipinge sempre allo stesso modo. A monte di tutto ci deve essere il talento, seguito a ruota dall’ispirazione, secondo il mio modo di vedere. Altrimenti è soltanto scrivere per sporcare fogli, suonare per emettere suoni, dipingere per imbrattare tele.
Il talento lo regala madre natura.
L’ispirazione invece è la capacità di captare le suggestioni che sono nell’aria e tradurle in emozioni visibili o udibili a chi legge o ascolta. In altre parole, la capacità di fornire al prossimo le chiavi per entrare in un’altra dimensione. Ma per saper fare ciò, dopo il talento e l’ispirazione deve subentrare l’arte. Che deve essere sempre al servizio del talento e dell’ispirazione. Che si impara e, una volta acquisita, si deve “dimenticare”, cioè deve diventare mezzo e non fine, veicolo e non passeggero. Impara l’arte e mettila da parte, appunto. Un artista è come una spugna, la sua ispirazione respira. Ma anche saper scrivere è frutto di allenamento. Per regalare al talento più forza nel trasformare l’ispirazione in emozione. Per questo motivo un minimo di limae labor è indispensabile quasi sempre per esaltare meglio il valore di un pensiero, oltre che per correggere piccole sbavature che nell’impeto creativo possono sfuggire.
Quando la tecnica si affina senza ispirazione, l'arte è senz'anima, è una scatola vuota. Significa che il crescendo artistico ha esaurito la sua spinta. E' uno dei lati patologici dell'arte, o meglio, degli artisti. Diciamo che fino a un certo punto tecnica e ispirazione procedono di pari passo, la prima al servizio della seconda, poi avviene che quest'ultima si asciuga e la prima cammina da sola...e l'artista diventa mestierante, non cresce più. Replica. E, spesso, si aggrappa al suo passato artistico, al suo repertorio, e lo riesuma fino alla nausea. Insomma, quando l’arte non è più al servizio dell’ispirazione l’artista scivola nel manierismo più vuoto e autoreferenziale. Non riesce più a trasmettere emozioni. Compone, scrive, dipinge, scolpisce, ma non trasferisce più suggestioni, crea opere senz’anima, mette in mostra la propria arte che, anche se raffinatissima, è ormai muta. Anzi, molto spesso, un eccesso di tecnica è funzionale proprio a colmare un deficit creativo. Come succede talvolta nel cinema, quando l’abuso di effetti speciali serve (o dovrebbe servire) a mascherare la pochezza della sceneggiatura, della regia o degli interpreti. O in alcuni concerti, dove luci, fumogeni, megaschermi e volumi devono distrarre gli spettatori e aiutarli a non rimpiangere troppo la grande assente, la musica.
Posto che il talento è la componente statica del fenomeno (dono di natura: c’è o non c’è, tertium non datur), ispirazione e arte devono procedere a braccetto, crescere insieme e, probabilmente, morire insieme. Sono come il fiume e il suo alveo. Senza l’impeto e la vitalità del primo, il secondo sarebbe soltanto un inutile solco. Senza la guida del secondo, il primo si disperderebbe desolatamente nel terreno circostante e non ne resterebbe traccia. La vela ha bisogno del vento per muovere la barca, il vento ha bisogno della vela per diventare energia e non morire anonimo refolo.
Adesso facciamo un passo indietro e torniamo alla tua osservazione. Quali possono essere le cause della scissione tra ispirazione e arte? Cosa corrompe la capacità dell’artista di rielaborare sentimenti e suggestioni e tradurli in opere che sappiano emozionare? Soldi, sazietà, delirio di onnipotenza, avidità, presunzione, noia. O altro ancora, chissà. Oppure, più semplicemente, può darsi che l’ispirazione, come tutte le vicende umane, abbia una sua naturale parabola e con il tempo inevitabilmente si spenga. E quando l’artista realizza di essere rimasto solo con la sua arte (e, naturalmente, il talento), come dovrebbe comportarsi? Tirare a campare di mestiere, come fanno quasi tutti, o chiudere baracca e burattini e dedicarsi ad attività collaterali, quali ad esempio il critico e l’opinionista? Risposta difficile, molto intima. Personalmente ammiro coloro che si dedicano all’attività di talent-scout e di mecenate. Credo che aiutare e guidare i talenti emergenti a canalizzare la propria sensibilità e trasformarla in emozione sia un nobilissimo canto del cigno di una vita da artista.
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Marialuisa ha scritto: Ps : Consulti biografie , autobiografie , carteggi vari per cogliere a fondo la personalità e i sentimenti di poeti , scrittori e artisti in genere?
Sì, è un mio pallino. Al punto che - prima o poi - vorrei scrivere una bella biografia. E' un progetto che ho in mente da tempo e che prima o poi realizzerò. Buona giornata.
P.S. dr folk, grazie per il video. Speriamo che la primavera adesso rompa gli indugi.
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Che piacevole e profondo topic …. momenti magici in musica. Marialuisa condivido la tua riflessione su chi avendo il privilegio di avere la musica dentro se, non trova la musicalità per vivere. Mansardo …. Grazie per il tuo elegante raccontare. Buona giornata con Guccini che col suo Cirano ne ha per tutti.
Modificato da - UtOld in data 20/03/2009 08:37:26
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Mansardo ha scritto: Grazie per avermi dato il la per fare il punto sull'argomento.
Avvincente “insight “ Mansardo , complimenti .
@ Aldo, Babborcu , dott Folk : ben trovati qua , in Suite , viaggio magico non predeterminato nella musica e attraverso la musica. Ma non solo . Trovo Suite , ancor più la guida del prezioso padrone di casa, una stupenda Invitation au voyage che ci spinge – sempre con musicalità- a ri-percorrere sentieri e immagini abbandonate nella memoria , desiderose di venir fuori ; un percorso che nella navigazione prende corpo e dà vita ad altre vite e nuovi viaggi . Ed è bello navigare e ascoltare – anche in silenzio – nuove sonorità e antiche vibrazioni. Buon fine settimana ( di pace ) a tutti
Io vulesse truva' pace; ma na pace senza morte. Una,'mmiez'a tanta porte, s'arapesse pe' campa'!
S'arapesse na matina, na matin''e primmavera, arrivasse fin''a sera senza di' : "nzerrate lla" !
Senza sentere cchiu' 'a ggente ca te dice:"io faccio...io dico, senza sentere l'amico ca te vene a cunziglia"
Senza sentere 'a famiglia ca te dice:Ma ch'he fatto? senza scennere cchiu' a patto cu''a cuscienza e 'a dignita'.
Senza leggere 'o giurnale 'a nutizia 'mprussiunante, ch'e' nu guaio pe' tutte quante e nun tiene che ce fa.
Senza sentere 'o duttore ca te spiega 'a malatia 'a ricetta in farmacia l'onorario ch'he 'a pava'
Senza sentere stu core ca te parla 'e Cuncettina Rita,Brigida,Nannina... chesta si'...chell'ata no.
Pecche' insomma si vuo' pace e nun sentere cchiu' niente 'e 'a spera' ca sulamente ven'''a morte a te piglia'?
Io vulesse truva' pace ma na pace senza morte.
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