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Nota Bene: Gli antichi TAMBURI popolari in uso nelle zone centrali della Sardegna utilizzavano una membrana fatta con pelle di cane.
Diverse attestazioni riportano che, per ottenere una pelle perfettamente sgrassata, che agevolava la concia e dava un suono "bello", le povere bestie venissero " messe a die stretta " e fatte morire di fame!



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Marialuisa

Utente Master



Inserito il - 03/03/2009 : 08:48:37  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Marialuisa Invia a Marialuisa un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mansardo ha scritto:


Quelli che stiamo vivendo sono anni schizofrenici, di malessere affogato nel superfluo, di insoddisfazione blandita con profumati deodoranti mentali.

Ci riempiamo di telefonini e parabole ma piangiamo miseria, compriamo nei discount ma buttiamo cibo avanzato.

ci attanaglia una sorta di “male di vivere”, in molti casi senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Le cattive notizie, le piccole delusioni, le ingiustizie, le ansie quotidiane, anche quando non ci riguardano direttamente, sono gocce di cianuro che avvelenano l’animo lentamente ma inesorabilmente.


L’Associazione Americana di psichiatria sta preparando il nuovo Dsm , Diagnostic and statistical manual of mental disorders , il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali : sarà il quinto pubblicato dal 1952 e vedrà la luce nel 2012.
Quel primo Dsm aveva 300 pagine , l’ultimo , quello oggi in uso , ne conta 1200.
Nel prossimo verrà dato grande rilievo a quei disturbi favoriti dalle abitudini dell’oggi : tecnologia , rumore, superlavoro .
Il prof . Vittorino Andreoli sostiene che il Dsm che uscirà esageri ma che la società di oggi un po’ malata lo sia .
Quello che meraviglia – ma neanche tanto – è l’abbassamento dell’età in cui si cominciano a diagnosticare i disturbi : e allora , ricorriamo allo specialista con grande facilità o – come ventilava Mansardo - non accettiamo i nostri limiti e vogliamo giustificare come malattia ogni nostro difetto ?
Impareremo mai a vivere nella normalità , nelle difficoltà e - soprattutto - con i nostri limiti?







  Firma di Marialuisa 

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 2410  ~  Membro dal: 10/11/2007  ~  Ultima visita: 05/09/2016 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 03/03/2009 : 11:19:49  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Marialuisa ha scritto:
...
Il prof . Vittorino Andreoli sostiene che il Dsm che uscirà esageri ma che la società di oggi un po’ malata lo sia .
Quello che meraviglia – ma neanche tanto – è l’abbassamento dell’età in cui si cominciano a diagnosticare i disturbi : e allora , ricorriamo allo specialista con grande facilità o – come ventilava Mansardo - non accettiamo i nostri limiti e vogliamo giustificare come malattia ogni nostro difetto ?
Impareremo mai a vivere nella normalità , nelle difficoltà e - soprattutto - con i nostri limiti?

Proprio questa è la sfida.
Tapparsi le orecchie alle sirene che ci vorrebbero sempre con il cellulare più moderno o con l'auto nuova ogni due anni.
Ignorare i modelli falsi che vorrebbero farci abiurare i nostri valori, i nostri principi, in nome del consumismo e dell'apparenza.

Conosci te stesso. Apprezza il necessario e diffida del superfluo. In tutto, anche nei sentimenti. Prediligi la semplicità.

Troppa gente confonde la normalità, la semplicità, con la povertà di spirito. Invece è proprio il contrario.
Normalità e semplicità sono due conquiste dell'animo umano e, come tali, non sono facili da raggiungere.

Non cambierei un minuto del tempo che trascorro vicino a Tempio (vedi alcuni post sopra) con dieci giorni di Billionaire.

Non baratterei un minuto di un qualsiasi Maigret di Gino Cervi con tutta la serie del Grande Fratello.

Non tradirei una nota di questo capolavoro per tutta la discomusic degli ultimi vent'anni.








  Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

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Marialuisa

Utente Master



Inserito il - 04/03/2009 : 17:47:50  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Marialuisa Invia a Marialuisa un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mansardo ha scritto:
Proprio questa è la sfida.

....Conosci te stesso. Apprezza il necessario e diffida del superfluo. In tutto, anche nei sentimenti. Prediligi la semplicità.

Troppa gente confonde la normalità, la semplicità, con la povertà di spirito. Invece è proprio il contrario.
Normalità e semplicità sono due conquiste dell'animo umano e, come tali, non sono facili da raggiungere.



Credo la sfida si riduca a come arrivare all'inversione di tendenza , se tutto rema contro queste norme del buon saper vivere - per me lapalissiane - a chi il compito arduo di venire autorevolmente preso in considerazione , ascoltato ?

Il mio povero babbo mi aveva fatto credere che studiando i classici e suonando il pianoforte avrei potuto vivere serena : ciò mi sembrava stravagante quando ero una giovinetta , il tempo - poi - mi ha restituito il conforto per tali credenze ma oggi se racconti queste cose ai tuoi figli forse ti prendono per visionario .



Mansardo ha scritto :
Non baratterei un minuto di un qualsiasi Maigret di Gino Cervi con tutta la serie del Grande Fratello.


Ps: Scusami ma non ho trovato l'originale :Le temps file ses jours








  Firma di Marialuisa 

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 2410  ~  Membro dal: 10/11/2007  ~  Ultima visita: 05/09/2016 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 04/03/2009 : 23:14:44  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Marialuisa ha scritto:

Mansardo ha scritto:
Proprio questa è la sfida.
....Conosci te stesso. Apprezza il necessario e diffida del superfluo. In tutto, anche nei sentimenti. Prediligi la semplicità.
Troppa gente confonde la normalità, la semplicità, con la povertà di spirito. Invece è proprio il contrario.
Normalità e semplicità sono due conquiste dell'animo umano e, come tali, non sono facili da raggiungere.

Credo la sfida si riduca a come arrivare all'inversione di tendenza , se tutto rema contro queste norme del buon saper vivere - per me lapalissiane - a chi il compito arduo di venire autorevolmente preso in considerazione , ascoltato ?

Sono processi lenti, epocali. Impossibile stabilire quando e come avverrà l'inversione di tendenza.


Il mio povero babbo mi aveva fatto credere che studiando i classici e suonando il pianoforte avrei potuto vivere serena : ciò mi sembrava stravagante quando ero una giovinetta , il tempo - poi - mi ha restituito il conforto per tali credenze ma oggi se racconti queste cose ai tuoi figli forse ti prendono per visionario .

Tuo padre aveva ragione. I figli avranno tempo per capire.


Mansardo ha scritto :
Non baratterei un minuto di un qualsiasi Maigret di Gino Cervi con tutta la serie del Grande Fratello.


Ps: Scusami ma non ho trovato l'originale :Le temps file ses jours



Grazie del bellissimo pensiero. Vedo che sei un'intenditrice.
Comunque sappi che anche questa versione è originale. Infatti, mentre la sigla di testa era cantata in francese, i titoli di coda scorrevano accompagnati dall'esecuzione che hai postato.







  Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

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Tranquillo
Salottino
Utente Senior

Ironic Man



Inserito il - 05/03/2009 : 01:29:25  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Tranquillo Invia a Tranquillo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando

Permettetemi una breve intromissione in questo gradevolissimo angolo.
In punta di piedi, com'è giusto che sia in un luogo così pacato.


Salve Mansardo,
condivido gran parte di ciò che hai scritto sulla crisi di valori.
Gran parte, ma non tutto:

Mansardo ha scritto:

Credo che ciascuno debba essere il metro di sé stesso.
Io non posso vivere pensando di accumulare le ricchezze di Bill Gates o mettermi in concorrenza creativa con Leonardo Da Vinci. Sarei già oggi un fallito senza appello.


Perchè no?
Credo fermamente anch'io che ciascuno debba essere il metro di sé stesso e debba esser sereno quando sa di aver dato il meglio; mi rendo però conto che "misurarsi" con gli altri, con il meglio degli altri, a volte aiuta a superare limiti, evidentemente presunti, altre volte invece impone limiti, sino ad allora sconosciuti.
In entrambi i casi si ottiene una taratura più precisa del proprio metro.
Basta non illudersi o non deprimersi ma, come dicevi tu, star sereni se si è convinti d'aver dato il massimo.


Marialuisa ha scritto:


Ah , la musica !
Chiamala magia , chiamala poesia : sai una cosa ?
Se mi chiedessero : cosa vorresti trovare laggiù ( dire lassù mi sembra presuntuoso) ? Senza esitazione , la mia risposta sarebbe la musica.



Non è che ha preferito dire "laggiù" perchè sa bene che "lassù" sarebbe costretta a trascorrer l'eternità con SanRemo????










  Firma di Tranquillo 
http://tranquillando.blogspot.com



 Regione Toscana  ~ Città: .  ~  Messaggi: 1886  ~  Membro dal: 17/03/2007  ~  Ultima visita: 20/02/2011 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 05/03/2009 : 08:19:39  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Tranquillo ha scritto:


Permettetemi una breve intromissione in questo gradevolissimo angolo.
In punta di piedi, com'è giusto che sia in un luogo così pacato.
Salve Mansardo,
condivido gran parte di ciò che hai scritto sulla crisi di valori.
Gran parte, ma non tutto:
Mansardo ha scritto:
Credo che ciascuno debba essere il metro di sé stesso.
Io non posso vivere pensando di accumulare le ricchezze di Bill Gates o mettermi in concorrenza creativa con Leonardo Da Vinci. Sarei già oggi un fallito senza appello.

Perchè no?
Credo fermamente anch'io che ciascuno debba essere il metro di sé stesso e debba esser sereno quando sa di aver dato il meglio; mi rendo però conto che "misurarsi" con gli altri, con il meglio degli altri, a volte aiuta a superare limiti, evidentemente presunti, altre volte invece impone limiti, sino ad allora sconosciuti.
In entrambi i casi si ottiene una taratura più precisa del proprio metro.
Basta non illudersi o non deprimersi ma, come dicevi tu, star sereni se si è convinti d'aver dato il massimo.

Ciao Tranquillo, grazie per lo stile e il garbo.
Io credo che, in fondo, la pensiamo allo stesso modo. Sono convinto anche io che mettersi in discussione e porsi degli obiettivi sia un modo per crescere e migliorarsi. Ottenere una taratura più precisa del proprio metro mi sembra una definizione perfetta.
Come hai osservato tu, però, è essenziale non illudersi nè deprimersi. Rischi che si corrono quando, invece di autovalutarsi serenamente sulla base del proprio impegno, ci si rapporta a modelli fuori scala, che sono poi quelli che spesso la società della comunicazione cerca di imporre.
Per usare una metafora (reminiscenza degli studi universitari fatti nei beati anni giovanili), noi siamo tenuti a un'obbligazione di mezzi non a un'obbligazione di risultato. Dobbiamo, in altre parole, dare il meglio di noi stessi con il massimo impegno possibile: quello - secondo me - è il vero risultato.
E ciò non appaia riduttivo. Così facendo potremmo addirittura superare il "modello" astratto. Ma questa dev'essere un'eventualità, non un obbligo.

Buona giornata con un altro capolavoro.







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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso



Inserito il - 05/03/2009 : 08:46:13  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Tizi Invia a Tizi un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mansardo grazie di questa bellissima canzone.......
buona giornata a tutti....







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Panorama

Villa Sant' Antonio (Or)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

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Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 05/03/2009 : 09:03:39  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Tizi ha scritto:

Mansardo grazie di questa bellissima canzone.......
buona giornata a tutti....

Ciao Tizi, ben ritrovata da queste parti.
Buona giornata anche a te.







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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso



Inserito il - 05/03/2009 : 09:10:24  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Tizi Invia a Tizi un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
ciao Mansardo, io entro in punta di piedi in questo bellissimo spazio, vi ascolto in silenzio, e godo della bella musica che postate sia tu che Luisa......






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Marialuisa

Utente Master



Inserito il - 05/03/2009 : 09:10:52  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Marialuisa Invia a Marialuisa un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Tranquillo ha scritto:

Non è che ha preferito dire "laggiù" perchè sa bene che "lassù" sarebbe costretta a trascorrer l'eternità con SanRemo????






Messere, che piacevole e tranquilla sorpresa !
Come darle torto , laggiù è tutt'altra musica e io non dispero di incontrarla . Ecco un assaggio ...

Buona giornata Mansardo , Tizi e quanti passeranno qua .









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Tizi
Salottino
Utente Virtuoso



Inserito il - 05/03/2009 : 09:24:22  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Tizi Invia a Tizi un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
che bel concerto che ci offre la natura.....basta fermarsi e saper ascoltare.......che meraviglia






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Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 06/03/2009 : 07:48:16  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Oltre il giardino (Being There), Hal Ashby, 1979.


Chance, analfabeta cinquantenne con l'età mentale di un bambino (unica fonte d'istruzione la TV), ha passato tutta la vita facendo il giardiniere in una signorile casa di Washington. Alla morte del padrone, però, si vede costretto a sloggiare. Mentre vaga per le strade viene urtato dall'auto di una ricchissima signora, Eve. Costei, preoccupata per le possibili conseguenze dell'incidente, convince Chance a seguirla a casa sua per farsi curare dal medico di famiglia.
Il morente marito di Eve, Ben, è amico personale del Presidente degli Stati Uniti e scambia Chance per un uomo di profonde intuizioni, mentre costui è un semplice di spirito la cui goffaggine è confusa con un irresistibile "sense of humour".
Chance viene presentato al Presidente e fa continui riferimenti al giardinaggio, cioè alla sola cosa che conosca davvero. Tutti pensano ad acute metafore sulla conduzione dello Stato.
Le affannose indagini dell'FBI e della CIA non rivelano nulla sul conto di Chance, che intanto, intervistato dalla stampa e dalla TV, è diventato una celebrità nazionale, tanto che, quando Ben muore, i suoi amici progettano di candidarlo alla presidenza degli Stati Uniti.
Con questo film lo stile del regista Hal Ashby raggiunge forse il suo apice.
Straordinaria la prestazione di Peter Sellers, uno struggente canto del cigno di enorme spessore interpretativo.
La sequenza finale, poeticissima, di sorprendente surrealismo, chiude simbolicamente una storia dalle molteplici suggestioni.


Certo, è una satira. Irriverente, come deve essere la satira.
Un enorme paradosso, un gigantesco equivoco. Che però fa pensare oltre che sorridere.
Chance, analfabeta e ingenuo, con i suoi quattro concetti di elementare buon senso tiene in scacco economisti, politici e giornalisti. Quei “quattro concetti”, alla fine, non sono altro che il nocciolo di teorie molto più complesse e articolate. E’ come se il regista ci facesse capire che in questi secoli l’uomo, con tutta la sua scienza, la sua filosofia, la sua cultura, non ha inventato niente. Ha solo intuito qualcosa.
Tra le tante scene memorabili vorrei citare quella della metafora delle stagioni. Chance, in diretta tv, parla della naturale alternanza delle stagioni meteorologiche e della loro influenza nei cicli di fioriture all’interno del giardino.
Tutti credono a una arguta metafora sull’imminente rilancio dell’economia. Invece Chance dice semplicemente che dopo l’inverno arriva la primavera e nel giardino ci sarà la ripresa e bisognerà cogliere i frutti, quando saranno maturi, perché dopo tornerà ancora l’inverno. Dice che ogni stagione ha i suoi frutti. Niente di sofisticato. Parla da giardiniere e viene scambiato per raffinato studioso.

Ma, allora, mi chiedo, tutta la cultura che accumuliamo nella vita ci serve davvero per vivere meglio o è semplicemente una imponente sovrastruttura costruita sui soliti “quattro concetti” di base, che restano quelli davvero essenziali e che ritornano con precisione quasi matematica in tutte le discipline?
I segreti della vita si trovano realmente nei testi scolastici e universitari? Sinceramente non credo. Anzi, penso che il mondo dell’istruzione, oltre che imbottire di nozioni, dovrebbe accompagnare nello sviluppo di valori e nell’individuazione di attitudini e sensibilità, dovrebbe insegnare a costruire la canna da pesca non fornire cassette di pesce (spesso surgelato).
Non so se questo avvenga. Oggi è più importante il pezzo di carta.
Io che non sono certo una persona colta ma soltanto molto curiosa, penso di essere fortunato perché mi rendo conto che la scuola mi ha fornito semplicemente gli strumenti per affrontare talune situazioni o per ricostruirne le chiavi interpretative.
Null’altro. Dei contenuti, giusto il torsolo.
Le basi principali me le ha fornite la scuola elementare.
Maestro unico, naturalmente. Ma unico davvero. Tanto che ci fece studiare anche francese, di propria iniziativa, e dedicò molta cura alla grammatica italiana.
Ma soprattutto ricordo che ci insegnò il rispetto e l’educazione. Ci accompagnò. Non era uno che timbrava semplicemente il cartellino, il mio Maestro. Eppure se c’era da mettere in castigo non faceva sconti.
Anche alle medie studiai una materia facoltativa. Latino. Che mi iniziò agli studi classici.
E’ stato negli anni del Liceo Classico che ho affinato il gusto per le materie umanistiche, lavorando sulle basi acquisite nel percorso scolastico pregresso. Ho messo meglio a fuoco qualcosa che già possedevo.
La laurea, sinceramente, è l’ultima ruota del carro. E’ la “specializzazione”, nel senso che abbandoni tutto il resto e ti concentri su una disciplina.
Ma se non hai appreso certe dinamiche di vita negli anni precedenti resterai uno specialista con una voragine interiore. Perché come disse Goethe “Tanto il meglio di ciò che sai non puoi dirlo ai tuoi allievi” e, quindi, se non hai incontrato qualcuno che - oltre a darti un voto - ti abbia indicato almeno la strada, resterai al palo.
Perché la cultura, in fondo, è come un bellissimo lampadario in una grande stanza: se non hai già sistemato l’arredamento, il lampadario illuminerà soltanto una grande stanza vuota. Niente di più inutile.







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Marialuisa

Utente Master



Inserito il - 06/03/2009 : 11:04:24  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Marialuisa Invia a Marialuisa un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Che aggiungere , Mansardo ?
Per alleggerire il vulnus dell’immane questione mi viene alla mente l’ironia di Longanesi con la sua “ Tutto quello che non so l’ho imparato a scuola “.

E concordo con la quella mai sbiadita figura del maestro che ci ha accompagnato per anni così importanti , quando era ancora semplice fidarsi ciecamente nelle e delle persone .

Oggi tutto è più nebuloso , i maestri si dibattono nella sottile linea di demarcazione tra potere e fiducia , sempre respirata – intendiamoci - ma oggi con quante difficoltà !

E quante polemiche e dibattiti , non da ultimo quella del ciclotimico Baricco sulla cultura .
E’ che tutto va a far riferimento- sempre e comunque – al vil danaro : ma l’entusiasmo , la passione ,l’impegno dove li abbiamo dimenticati ?

Fin qui la scuola . E la famiglia ?
La curiosità , la trasmissione orale , leggere in famiglia a voce alta , raccontarsi di un libro , di un film , di un articolo del giornale e spegnere la Tv ma non sono le premesse per una crescita corale in ogni senso e quindi anche culturale di ogni buon individuo ?
La buona cultura è quella dell’anima , non si finisce mai di imparare e la nostra scuola è la vita , basta osservare , anzi contemplare .
Credo . ( perchè socraticamente so di non sapere )

Ps :Però che bella stagione era quella , cinematograficamente !
Da un film che amo molto , un pezzo interpretato da un musicista che amo ancor di più .
Ps2:bella la nuova firma









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Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 06/03/2009 : 11:25:07  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Marialuisa ha scritto:

Che aggiungere , Mansardo ?
Per alleggerire il vulnus dell’immane questione mi viene alla mente l’ironia di Longanesi con la sua “ Tutto quello che non so l’ho imparato a scuola “.

Longanesi è un mito, i suoi aforismi sono sempre attualissimi.


...
E la famiglia ?
La curiosità , la trasmissione orale , leggere in famiglia a voce alta , raccontarsi di un libro , di un film , di un articolo del giornale e spegnere la Tv ma non sono le premesse per una crescita corale in ogni senso e quindi anche culturale di ogni buon individuo ?
La buona cultura è quella dell’anima , non si finisce mai di imparare e la nostra scuola è la vita , basta osservare , anzi contemplare .
Credo . ( perchè socraticamente so di non sapere )

Queste tue righe sulla famiglia dovrebbero essere appese bene in vista all'ingresso di ogni casa. C'è tutto.


Ps :Però che bella stagione era quella , cinematograficamente !
Da un film che amo molto , un pezzo interpretato da un musicista che amo ancor di più .

Il cacciatore, come dimenticare?
Che meraviglia, grazie. Ne ho anche un'altra versione, da qualche parte dell'hard disk (e del cuore di musicofilo), che prima o poi devo rintracciare...


Ps2:bella la nuova firma

Grazie (2)







Modificato da - Mansardo in data 06/03/2009 11:36:14

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Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 10/03/2009 : 08:49:22  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Alla fine degli anni settanta, proprio davanti a casa mia, c'era un locale con una porta d'ingresso in alluminio e vetri gialli e accanto una finestra con una scritta illuminata: Salone Bruno.
Da ragazzino ci sono stato qualche volta.
Entrando si avvertiva immediatamente un profumo acre di lozione per capelli miscelato a uno più dolce e gradevole di dopobarba. In sottofondo, la radio sintonizzata sul primo canale Rai.
L'ambiente era arredato con cura, in tipico stile anni settanta. Abbinamenti cromatici arditi, metallo a vista dappertutto, plafoniere larghe attaccate al soffitto, orologio quadrato senza cifre al muro, linee fortemente stilizzate, naturalmente molti specchi.
C'era sempre caldo, l'aria era secca per via dei phon spesso in funzione.
Il titolare, Bruno, sempre sorridente, con capelli alla Silvan, occhiali ampi, accoglieva i clienti con la cordialità di chi sa soddisfare tutte le esigenze tenendo l'occhio sempre ben aperto sul proprio tornaconto. Aveva due aiutanti. Tutti e tre servivano in camicia e cravatta.
C'era sempre poco da aspettare. Sotto la finestra, due divani in similpelle erano sistemati ai lati di un tavolino basso sul quale c'era una gran scelta di diversi quotidiani (di cui almeno uno sportivo) e riviste di attualità e politica. In un angolo del salone, bene in vista, un vistoso cartonato pubblicitario della Pantène, con alcune foto in bianco e nero di uomini plastificati con pettinature impeccabili e tutte diverse. Teoricamente i modelli a cui si sarebbero dovuti ispirare i clienti. Quelli in possesso della materia prima, naturalmente.
Bruno, dopo aver fatto accomodare il cliente e avergli chiesto che taglio desiderava, prendeva un telo nuovo dall'armadietto vicino ai lavandini e tirava fuori le forbici da una specie di fornetto a microonde violacee.
Mentre lavorava chiacchierava a bassa voce, se capiva che il cliente gradiva. Altrimenti stava zitto e il silenzio si riempiva di radio a volume appena percettibile.

Nei primi anni ottanta il salone cambiò aspetto.
La porta fu sostituita da un portoncino in legno laccato bianco con anello battiporta dorato. La finestra abbellita con vetri all'inglese, senza scritta luminosa. Sulla sommità dell'ingresso fece la sua comparsa un'insegna sinistra ma con tante pretese: Coiffeur pour Homme.
Entrando venivi accolto dallo stesso composito profumo di sempre, lozione e dopobarba. Anche i capelli di Bruno, sfidando il passare degli anni, erano sempre uguali. Come quelli di Silvan, del resto. Ma la montatura degli occhiali era molto più sottile e leggera.
C'era ancora il fornetto con la luce viola. Anzi erano diventati due. Era sopravvissuta anche la pubblicità della Pantène. Ma l'arredamento era molto più raffinato. Via il metallo, le plafoniere e le linee stilizzate. Era il turno delle morbidezze lignee old english, delle rifiniture dorate esaltate da file di faretti sapientemente distribuiti.
Il primo canale radiofonico della Rai era stato sostituito da un cd di soft jazz.
Bruno e i due aiutanti vestivano camici color crema e risvolto marron, con logo della ditta cucito sul taschino. I teli erano in raso con elegante chiusura in velcro. Alle tradizionali forbici erano affiancati più moderni rasoi elettrici, per tagli più veloci e precisi. Lo shampoo preliminare era diventato obbligatorio.
Alla fine del servizio, dopo la spazzolata di rito e la spruzzatina di profumo nella nuca, il parrucchiere posizionava uno specchio rotondo alle spalle del cliente perchè apprezzasse la qualità della prestazione, pronunciando la fatidica parola "servito!".
I tempi di attesa, sempre più brevi, trascorrevano su divani imbottiti molto british con tavolini zeppi di riviste glamour e gli immancabili quotidiani. Quelli sportivi erano raddoppiati. Come i fornetti. Come le tariffe.
Ciao Bruno.

Poco distante, appena svoltato l'angolo, c'era un'altro locale. Portelloni amovibili in legno, smaltati troppi anni prima e mai riverniciati, coprivano le vetrate di una vecchia barberia ad eccezione della parte superiore, dove il vetro impolverato era interrotto soltanto da una ventolina di plastica e da cinque lettere adesive (quattro azzurre e una blu): TONIO.
Chi ha letto i fumetti del gruppo TNT ha idea di cosa sto parlando.
Tonio, il barbiere, all'ora dell'apertura arrivava leggermente claudicante, con uno stecchino all'angolo della bocca.
Era un omino mite, di bassa statura, con qualche problema di salute, ma comunque spesso sorridente. Salutava i clienti che lo aspettavano per strada, toglieva i pesanti portelloni in massello e apriva il salone.
Un indecifrabile odore proveniva dal locale, un misto di acqua di colonia e acqua di sifone proveniente da lavandini con la digestione difficile. Per entrare si doveva scendere uno scalino. Mentre le persone in attesa si accomodavano, Tonio indossava un grembiule bianco e accendeva una radiolina appesa al soffitto con una fune, sintonizzata su radiotre, che gracchiava soltanto interminabili dibattiti e qualche canzone napoletana del passato.
Il locale era molto spartano. Sulla destra c'erano cinque sedie da bar appoggiate alla parete, interrotte nel mezzo da un tavolino in fòrmica con sopra due quotidiani del giorno prima e riviste tipo Cronaca Vera, Novella 2000 e Grand Hotel. Al muro, sopra le sedie, un grande orologio tondo con la pubblicità di un caffè e un calendario da gommista.
La parete di sinistra, invece, era interamente occupata da due grandi specchi con il tubo al neon sul bordo superiore e tracce di umidità negli angoli. Davanti, soltanto due poltrone da barbiere, con il poggiatesta duro e la grata metallica per poggiare i piedi, più una poltroncina piccola con la testa di un cavallino nella parte anteriore.
In fondo al salone, infine, una tenda da cucina celava il retrobottega che, presumo, doveva prevedere qualcosa di vagamente somigliante a un gabinetto.
Tonio lavorava solo. I teli, freschi di bucato, li fissava al collo del cliente con una spilla da balia. Sempre un po' troppo stretti.
Utilizzava soltanto due paia di forbici, un paio liscie e un paio dentate, disinfettate in maniera rudimentale. Quando mi sedevo per farmi tagliare i capelli, bastava che dicessi "il solito" e Tonio si dava da fare. Era curioso vedere la mia immagine riflessa nello specchio che mutava fisionomia verso il solito taglio, ogni volta diverso.
Ricordo che vi erano sempre un paio di avventori fissi. Un signore corpulento e sdentato che aggiornava Tonio sulle graduatorie per una casa popolare, tanto agognata dal barbiere.
Un altro, più anziano, che chiacchierava con tutti i presenti e, quando arrivava il suo turno, cedeva il posto a chi aveva più fretta, salutava e se ne andava.
Non c'è alcun bisogno che parli delle tariffe.
Anche l'ultima volta che ci sono stato, più di vent'anni fa, ho salutato Tonio intento a passare la scopa sul pavimento per raccogliere le ciocche dei miei capelli. Lui ha risposto con il consueto sorriso, ringraziandomi.
Scorrono i titoli di coda.
Qualcuno mi ha detto che alla fine la casa popolare Tonio l'ha ottenuta. Posso immaginare la sua commossa e dignitosa contentezza.
La vecchia barberia non esiste più, ma sono sicuro che ha fatto in tempo a ricevere almeno un raggio di sole.







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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

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