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Nota Bene: Capoterra Solo dopo l’anno 1000 e più precisamente verso il 1200 ritroviamo nuovi insediamenti abitativi, nella zona di S. Barbara dove in questo periodo viene costruita, su tracce di un antico eremitaggio, l’attuale chiesetta e poi in seguito un piccolo villaggio. Non molto lontano da S. Barbara fu costruita probabilmente nel 1625 un’altra chiesetta dedicata a S. Gerolamo. Questi due santi sono stati tra i più venerati dalla tradizione religiosa popolare capoterrese.



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Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 29/08/2008 : 12:26:50  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Cos’è la magia?
E’ l’attimo nel quale tutti gli elementi circostanti, naturali e no, entrano in simbiosi con i nostri sensi e creano un momento unico e sublime. Spesso fugace.
La vera magia sorprende, circuisce. E’ il primo sorriso del figlio appena nato, è la notizia che ce l’abbiamo fatta quando sembrava persa ogni speranza. E’ vedere finalmente l’aurora dopo una catena interminabile di tramonti, è il gol al 90° dopo essere stati in svantaggio per tutta la partita.

E’ la fotografia perfetta, scattata esattamente nell’attimo in cui tutto era giusto.
Un millesimo di secondo prima gli occhi sarebbero stati chiusi, il treno troppo lontano, il mare agitato, il gabbiano posato.
Un millesimo dopo il sorriso sarebbe svanito, il treno già passato, il mare scuro, il gabbiano un fastidioso graffio nell’orizzonte.

E’ la sequenza irripetibile di note legate da un tempo segnato dal destino, che non può essere che quello, né troppo lento né troppo veloce. Quello e solo quello.
E’ la musica dimenticata che ci abbraccia proditoriamente una notte, quando siamo alla guida, completamente immersi nel buio e circondati dai monti e dal mare che non vediamo, ma sentiamo accanto. Siamo ipnotizzati dal fascio di luce sull’asfalto, imbevuti di pensieri e cieli stellati, quando all’improvviso partono le prime note di una vecchia canzone, rimasta nascosta per decenni.
Gli occhi leggermente socchiusi, il formicolio nella testa e una leggera esitazione nell’aumentare il volume dell’autoradio ci fanno capire che la magia si è creata.

Ma se la magia fosse tutta qui, potremmo in qualche modo prevederla, anticiparla, provocarla. Invece, ribadisco, la vera magia deve sorprendere, circuire.

E’ la fotografia perfetta, scattata esattamente nell’attimo in cui tutto sembrava fuori posto.
Un millesimo di secondo prima i capelli sarebbero stati ordinati, la ballerina sul palco perfettamente a fuoco, il promontorio nitido.
Un millesimo dopo i capelli avrebbero avuto modo di riassettarsi, la ballerina di riacquistare contorni precisi, il promontorio di liberarsi dalla foschia.
Per descrivere la magia non c’è niente di più adatto di una meravigliosa foto mossa, sfuocata, controluce. Una foto involontaria, casuale, trovata mentre ne cercavamo un’altra, ma che non cambieremmo per niente al mondo. Alchimia impenetrabile.
Una volta chiesi a Gianni Berengo Gardin se gli fosse mai capitato, nel corso della sua lunghissima esperienza di fotografo, di notare – durante lo sviluppo di un rullino – particolari inseriti nelle foto senza volerlo. “Succede praticamente sempre”, rispose.

E’ la sequenza improvvisata di note legate da un tempo non scritto, vivo soltanto nella testa del musicista, che tuttavia non può essere che quello, né troppo lento né troppo veloce, senza passato né futuro, morto mentre nasceva eppure eterno.
E’ il concerto di Colonia di Keith Jarrett o l’assolo di sax di un brano jazz mai suonato prima d’ora.
E’ una passeggiata nel bosco che non so ancora quando farò, è un tuffo nell’acqua che adesso non esiste, è un ricordo che sta arrivando dal futuro, sono gli occhi di mia moglie in mezzo a milioni di altri.

La magia mi ha sorpreso e circuito solo quando non l’ho inseguita. E, come sempre, ci rincontreremo in tutti gli istanti che non so se vivrò, ma ho già vissuto mille volte.






 Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 551  ~  Membro dal: 05/06/2008  ~  Ultima visita: 01/05/2016

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zagor
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 29/08/2008 : 14:57:50  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di zagor Invia a zagor un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Messaggio di Mansardo

Cos’è la magia?

E’ la fotografia perfetta, scattata esattamente nell’attimo in cui tutto era giusto.


E’ singolare però come per contraccolpo....gran parte degli esseri umani.. non riescano a godere appieno o per nulla di quell’attimo..che per forza di cose è..direi giustamente.. fuggente..

Sotto questo aspetto buona parte di noi somiglia a Bertoldo…

..Come sapete..Bertoldo..piangeva quando c’era il sole..perché pensava che poi..fatalmente…sarebbero arrivati il gelo e la pioggia!!!

La cosa mi farebbe sorridere…se non scoprissi che..più o meno tutti…somigliamo a Bertoldo!!

Così..invece di godere un’ora o un minuto di felicità..di magia…ci torturiamo al pensiero che presto finirà…che dietro l’angolo..in agguato..c’è sempre qualcosa di triste…

E’ vero..sicuramente..che la felicità è fuggevole..e che in fondo alla strada sulla quale camminiamo c’è qualcosa il cui il solo pensiero che prima o poi giunga..non ci rallegra affatto…

Ma proprio per questo e a maggior ragione..dovremmo afferrare il dono che l’avaro destino ci dona..e gustarlo fino in fondo..prima che ci venga tolto.

Immaginate un uomo che ha in mano un buon frutto..come lo giudichereste se invece di mangiarlo lo buttasse via..pensando che..tanto.. presto marcirà??

..Eppure così faceva Bertoldo…e così.. spessissimo..fanno molti di noi….











 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: cagliari  ~  Messaggi: 893  ~  Membro dal: 18/06/2007  ~  Ultima visita: 01/11/2011 Torna all'inizio della Pagina

dany
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 30/08/2008 : 07:14:09  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany Invia a dany un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mansardo e Zagor ...
per me magia è anche questo :
Accendere il p.c la mattina e leggere i vostri racconti ...

Carpe diem , disse qualcuno ... stamane ho colto l 'attimo così ...







  Firma di dany 

Piazza Lamarmora

Iglesias (CI)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

 Regione Sardegna  ~  Messaggi: 1636  ~  Membro dal: 20/09/2006  ~  Ultima visita: 02/07/2020 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 05/09/2008 : 08:09:11  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Il passato è uno specchio, il futuro una finestra.
Nel primo vediamo la nostra figura riflessa e tutto ciò che c’è alle nostre spalle, immobile.
Dalla seconda vediamo l’orizzonte, il cielo, le montagne. E oltre, chissà.
Un giorno, un uomo provò a mettere lo specchio di fronte alla finestra. Vide le sue sembianze circondate dal cielo che - pur in lontananza - riempiva di luce la stanza.
Imparò a guardare al futuro attraverso l’osservazione del passato.
Nello scenario interiore trasfigurato dal corto circuito temporale, la conoscenza si guardò allo specchio e si vide immaginazione, il rimorso si vide paura, il rimpianto speranza.
Nemmeno una nuvola di malumore, soltanto un impercettibile rintocco di malinconia.







  Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 551  ~  Membro dal: 05/06/2008  ~  Ultima visita: 01/05/2016 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 08/10/2008 : 17:27:45  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando







  Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 551  ~  Membro dal: 05/06/2008  ~  Ultima visita: 01/05/2016 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 07/11/2008 : 07:36:16  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Seduto sulla sabbia, con la testa appoggiata a una roccia, ti viene in mente perché la notte scorsa non hai dormito. Troppe brutte notizie, ieri. Vite spezzate o deturpate da violenza, malattie, degrado. E’ come se la fragilità e la provvisorietà della vita stessa ti fossero cadute addosso all’improvviso, con tutto il loro ineluttabile peso.
In un attimo si può passare dalla serenità all’angoscia. Dalla vita alla morte. Non ti è ancora ben chiaro, ma hai cominciato a intuire che dispiaceri, spaventi e lutti servono ad apprezzare di più la quotidianità, i gesti semplici di chi ti vuol bene, un sorriso sconosciuto. Sono insostituibili momenti di crescita, dolorosi come tutti i passaggi della vita che ci cambiano, duri e privi di lusinghe, apparentemente disperati.

Mentre sei immerso nei tuoi pensieri senti il labrador abbaiare davanti alla scogliera. Ti alzi e ti avvicini a lui, lo accarezzi e gli chiedi “Cosa hai trovato?”. Con un guaito quasi festoso, scodinzolante e trepidante, ti indica con il muso un pezzo di carta piegato nascosto tra due rocce. Lo prendi e lentamente lo apri. Dev’essere lì da molto tempo. Leggi il messaggio e capisci subito che si tratta di una delle lettere dell’uomo rimasto bambino.
Mentre un’improvvisa brezzolina ti spettina con discrezione, ripensi a quel pover’uomo.

Enzo, il suo vero nome, oggi ha 40 anni e vive per strada. Parla da solo, scrive poesie su un vecchissimo quaderno a righe e le offre ai passanti in cambio di qualche spicciolo per sopravvivere.
La sua storia è nota come “la leggenda dell’uomo rimasto bambino”.
Quando Enzo aveva dodici anni accompagnava tutte le settimane il padre a fare pesca subacquea. Arrivavano insieme la mattina presto, quasi sempre la domenica, e, mentre il padre si immergeva nel tratto di mare davanti alla costa, Enzo restava seduto su una roccia ad aspettarlo, ammirato e orgoglioso. All’ora di pranzo facevano rientro a casa con il pescato e per tutto il tragitto Enzo chiedeva al padre quanto erano belli i fondali, se era stato difficile catturare le prede, e prometteva che un giorno sarebbe stato lui a portare ai suoi genitori il pesce fresco tutte le settimane.
In quelle domeniche d’estate del 1980, padre e figlio ebbero appena il tempo di conoscersi, di tenersi per mano e parlare del futuro.

Una domenica mattina di fine agosto, una bellissima giornata di sole, il padre si mise la muta, entrò in acqua e, prima di sistemarsi il boccaglio, salutò come sempre il ragazzino che lo fissava dalla riva. Poi sparì nel mare calmo e luccicante. Per l’ultima volta.
Ma come facciamo a sapere quando è l’ultima volta che diamo un bacio in fronte ai nostri figli, guardiamo negli occhi nostra moglie, ne sentiamo il profumo, le passiamo una mano tra i capelli?
Enzo restò ad aspettarlo, immobile sulla solita roccia, quasi fino all’imbrunire, con gli occhi fissi sul mare e sulle barche improvvisamente numerose, finché uno zio non lo riportò a casa provando a convincerlo che il padre aveva avvisato che sarebbe tornato più tardi perché aveva trovato una zona molto pescosa e ci avrebbe impiegato molto più tempo.
Da quel giorno, per cinque anni, Enzo è tornato tutte le domeniche ad aspettare il genitore, seduto sullo stesso scoglio portando ogni volta con sé un biglietto, da lasciare tra le rocce, nel quale raccontava al padre quello che succedeva in casa mentre lui era a pesca. Molti di quei messaggi sono andati perduti, strappati e dispersi dalle onde, mangiati dal vento e dalla salsedine.

Guardi l’orizzonte e ricordi che anni fa trovasti un altro biglietto, uno dei primi. Ne ricordi perfettamente il contenuto. "Ciao papi, come stai? Chissà quanti pesci hai già preso e che fondali meravigliosi devi aver trovato! Mamma dice che sicuramente stai bene e ci pensi sempre. So anche io che è così, perché sai che noi ti stiamo aspettando per farci una grande mangiata di pesce. Mi raccomando, stai attento…hai sempre detto anche tu che in mare non ci si deve fidare mai. Se riesci a farmi sapere quando torni mi porterò dietro la macchina fotografica per farti una foto quando esci dall’acqua con tutti i pesci. Voglio far morire d’invidia i miei compagni di scuola! Ciao papi, ti voglio bene. Saluti anche da mamma. Enzo
Hai gli occhi umidi, come potrebbe essere altrimenti?, e rileggi il biglietto che hai appena trovato. Forse l’ultimo scritto dall’uomo rimasto bambino.
Papà, se puoi torna subito, per favore. Adesso abbiamo bisogno di te. Ti ricordi gli esami che doveva fare mamma? Martedì ritira i referti. E’ molto triste e credo che ti vorrebbe vicino. Mi ha detto che andrà a ritirarli a piedi e che spera sia una giornata molto luminosa perché al ritorno avrà bisogno degli occhiali da sole. Te l’ho detto, è molto triste, papà. Perciò torna presto, appena puoi. Non fa niente se hai poco pesce. Ho capito, sai, che non hai pescato molto, altrimenti non saresti rimasto tanto tempo in acqua. Non fa niente, papà. Mangeremo quello che c’è e staremo vicino alla mamma, è più importante. Fammi sapere, ti aspetto al solito posto. Ciao. Enzo

Poche settimane più tardi anche la madre si arrese, Enzo fu affidato a parenti svogliati e dopo non molto tempo fu inevitabilmente internato. Troppi anni vissuti senza qualcuno che gli augurasse la buonanotte o gli rimboccasse le coperte. Troppe le ore passate su quella roccia, davanti a domande senza risposte.
Oggi tutto quello che possiede l’uomo rimasto bambino è un quaderno delle elementari dove scrive poesie, rubate ai suoi anni rubati.

Si è alzato un po’ di vento. Ripieghi il foglietto e lo rimetti tra gli scogli, un po’ più nascosto. La tua compagna e la tua parte migliore giocano con il labrador, poco distanti. Vorresti che il tempo si fermasse o perlomeno non alterasse mai la tua capacità di godere dei piccoli gesti, della presenza di chi ti ama, dell’amore di chi è assente.
Sai bene invece che il tempo non è illimitato e la mano che adesso stringi un giorno lascerà il posto a petali di rosa, morbidi e profumati. Prima di quel giorno, che non sai quando arriverà, se non vuoi avere rimpianti devi aver vissuto tutto l’amore che può stare dentro una vita. Con un'intensità e un calore che sappiano andare oltre la tua vita.
Gli uomini difficilmente smarriscono la strada giusta se imparano a farsi guidare dalla luce delle lampadine che illuminano anche quando sono ormai fulminate.







  Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 551  ~  Membro dal: 05/06/2008  ~  Ultima visita: 01/05/2016 Torna all'inizio della Pagina

callas
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 07/11/2008 : 10:43:54  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di callas Invia a callas un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
grazie!....è commovente....






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Golfo di Marinella

Porto Rotondo

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

 Regione Liguria  ~ Città: bordighera (Im)Berchidda(Ot)  ~  Messaggi: 1422  ~  Membro dal: 05/07/2008  ~  Ultima visita: 22/12/2012 Torna all'inizio della Pagina

Istella
Salottino
Utente Medio



Inserito il - 07/11/2008 : 10:49:20  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Istella Invia a Istella un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Grazie anche da parte mia...






  Firma di Istella 

Isola Foradada

Alghero (Ss)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

 Regione Sardegna  ~  Messaggi: 407  ~  Membro dal: 04/08/2007  ~  Ultima visita: 13/08/2011 Torna all'inizio della Pagina

Tizi
Salottino
Utente Virtuoso



Inserito il - 07/11/2008 : 15:08:40  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Tizi Invia a Tizi un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mansardo ha scritto:Vorresti che il tempo si fermasse o perlomeno non alterasse mai la tua capacità di godere dei piccoli gesti, della presenza di chi ti ama, dell’amore di chi è assente.
Sai bene invece che il tempo non è illimitato e la mano che adesso stringi un giorno lascerà il posto a petali di rosa, morbidi e profumati. Prima di quel giorno, che non sai quando arriverà, se non vuoi avere rimpianti devi aver vissuto tutto l’amore che può stare dentro una vita. Con un'intensità e un calore che sappiano andare oltre la tua vita.
Gli uomini difficilmente smarriscono la strada giusta se imparano a farsi guidare dalla luce delle lampadine che illuminano anche quando sono ormai fulminate.


Aahh quanto vorresti fosse così, che il tempo si fermasse.....e ti illudi non ci pensi e per tanto tempo non riesci a godere di quei momenti magici che la vita comunque ti offre e spesso non riesci a coglierli....ma se in un attimo la vita ti priva di una mano che ti accarazzeva di una voce che ti chiamava e dell'affetto che ti donava...allora tutto cambia... vedi e osservi il mondo e gli attimi che la vita ti dona con altri occhi....ti fermi e cerchi di godere e assaporare ogni istante vicino alle persone che ami e che non sai fino a quando ti sia concesso averle accanto, con la voce col pensiero, con gli sguardi e con le carezze.......la magia è cogliere l'attimo finchè la vita ci dà forza.....

Mansardo, vero e commovente quello che scrivi







Modificato da - Tizi in data 07/11/2008 15:10:03

  Firma di Tizi 

Panorama

Villa Sant' Antonio (Or)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

 Regione Sardegna  ~ Prov.: Oristano  ~ Città: Villa S. Antonio/Orbassano  ~  Messaggi: 4943  ~  Membro dal: 10/09/2008  ~  Ultima visita: 01/06/2020 Torna all'inizio della Pagina

ziama
Salottino
Utente Maestro


AmBASCIUatrice in USA



Inserito il - 07/11/2008 : 15:43:01  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di ziama Invia a ziama un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Mansardo, il tuo primo racconto mi ha fatto sognare e ho vissuto il mio "momento magico"...
Il racconto di Enzo, mi ha lasciato un groppo in gola e senza vergogna, ammetto di aver pianto....
Grazie per avermi ricordato che siamo tutti essere umani, spesso e volentieri dimentichiamo questo particolare.







  Firma di ziama 

Santa Mariedda - Senorbi

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

Siamo sardi
Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d'oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto.
Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell'immensità del mare.
Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi.
Grazia Deledda.

 Regione Estero  ~ Città: new york  ~  Messaggi: 9847  ~  Membro dal: 12/12/2006  ~  Ultima visita: 30/06/2020 Torna all'inizio della Pagina

Albertina
Salottino
Utente Mentor


Poetessa Paradisolana


Inserito il - 07/11/2008 : 18:25:55  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Albertina Invia a Albertina un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Grazie, Monsardo, per questo testo meraviglioso, ricco di spunti per la nostra riflessione.
Da dove cominciare? Dalla nostra quotidianità, dalle piccole cose, dai semplici gesti di attenzione e di tenerezza che fanno tanto bene al cuore e al nostro equilibrio mentale. A volte i genitori pensano di fare tante cose per i figli e spesso dimenticano che la cosa più bella sono i momenti che dedicano a loro. Non parlo solo dei genitori, parlo anche degli insegnanti. Io insegno in una scuola elementare e posso dire con assoluta certezza che quando io mi immedesimo nella realtà degli alunni scordando anche programmi, verifiche, quando dimentico che devo interrogarli per vedere quel che sanno e mi metto a parlare con loro dimenticando tutto, si stabiliscono quei momenti magici in cui l'apprendimento diventa creazione, un creare insieme. Ed è questa un'esperienza che lascia una traccia profonda, indelebile che il tempo anziché cancellare rafforza sempre più.
Ed ecco perché Enzo non è morto di disperazione, ma ha continuato a vivere nella serenità di quel rapporto e di esso si è nutrito per continuare la vita con i suoi ricordi, con le sue poesie, nell'attesa che in fondo caratterizza ogni uomo quando perde gli affetti più cari: la speranza che la fede garantisce, la speranza che un giorno ci ritroveremo tutti nell'amore del Signore che vince anche la morte.
Ecco sono questi i pensieri che si sono affacciati alla mente mentre leggevo e li ho voluti condividere con voi.
Grazie ancora per avermi dato questa opportunità.







 Regione Sardegna  ~ Prov.: Cagliari  ~ Città: Villamar  ~  Messaggi: 3638  ~  Membro dal: 29/06/2006  ~  Ultima visita: 31/07/2012 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 01/12/2008 : 07:44:30  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando







  Firma di Mansardo 
Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage

 Regione Sardegna  ~ Città: Cagliari  ~  Messaggi: 551  ~  Membro dal: 05/06/2008  ~  Ultima visita: 01/05/2016 Torna all'inizio della Pagina

dany
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 01/12/2008 : 08:25:48  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di dany Invia a dany un Messaggio Privato  Rispondi Quotando

stupenda ... è la prima parola che mi viene in mente al primo impatto .
Grazie ... è la seconda .








  Firma di dany 

Piazza Lamarmora

Iglesias (CI)

..un altro meraviglioso angolo di Sardegna

 Regione Sardegna  ~  Messaggi: 1636  ~  Membro dal: 20/09/2006  ~  Ultima visita: 02/07/2020 Torna all'inizio della Pagina

Mansardo
Salottino
Utente Attivo



Inserito il - 17/12/2008 : 10:00:32  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
L’agave.

Edo da un po’ di tempo ripeteva che il passare degli anni stava modificando il suo modo di vivere le emozioni. Poteva capitargli di commuoversi davanti ad un bel tramonto e poi di restare impassibile nel ricevere una brutta notizia. Stentava a riconoscersi.
Non aveva tutti i torti. Anche io stavo subendo la stessa trasformazione. Ricordo che una sera, tornando da una cena, notai per la prima volta nella sua testa un capello bianco e, chissà perché, mi vennero in mente gli anni in cui ci scambiavamo le figurine dei calciatori. Inconsapevoli ed incolpevoli, non avevamo ancora idea del futuro.
Adesso, dopo trent’anni, ci capitava sempre più spesso di parlare del passato. Brutto segno.
Edo trascorreva le sue giornate a rimpiangere Eleonora. Lui, che aveva sempre preferito il rimorso al rimpianto, adesso doveva rimpiangere qualcuno, Eleonora. Che per diventare cigno aveva dovuto strangolare il brutto anatroccolo, Edo.
Di lei aveva pensato tutto quello che si può pensare. Eppure la rimpiangeva. Dovevo inventarmi qualcosa, glielo dovevo da amico. Non potevo continuare a vederlo così.
“Perché non mi accompagni a Monte Savio?”
Edo mi guardò tutt’altro che convinto. “A Monte Savio? E che ci fai tu a Monte Savio? C’è solo un’abbazia in mezzo al bosco. Guarda che è lontano, la strada per arrivarci è schifosa…”
“…ma il posto è splendido!” lo interruppi io con fare conciliante “E poi volevo andare proprio a trascorrere un fine settimana all’abbazia. Pace, tranquillità, natura.”
Stava per replicare, non gliene diedi il tempo. “Un fine settimana, ho detto. Non di più. Rifiatare non può farci che bene. Io sono stressato dall’ufficio, tu ti stai accartocciando nei ricordi. Prendiamoci due giorni soltanto per noi. E che sarà mai!”
Barcollò ma non capitolò. “Matto. Tu sei matto…” sussurrò scuotendo la testa “E poi non ne ho voglia. Non sto male. Sono solo un po’ stanco. Posso riposarmi anche a casa.”
“E come no! A cercare nuove lacrime da piangere.” Unii le mani le mani e restai zitto alcuni istanti guardandomi attorno. Il salone di casa sua era pieno zeppo di quegli oggetti e quelle foto che sembrano fatti apposta per far venire il malumore a chi non ne ha bisogno.
La sua mancata reazione, tuttavia, mi fece sentire un po’ in colpa. Forse ero stato troppo crudo. Corressi il tiro. “Ma come fai a non accorgerti che stiamo perdendo il nostro epicentro, viviamo i desideri di altri, seguiamo spesso comete sbagliate? Sinceramente, adesso dimmi: la vita che conduci è la tua o quella che ti hanno costruito attorno gli spot pubblicitari? Hai ben chiaro perché ti comporti in un modo piuttosto che in un altro? Non ti chiedo se sei felice, ma riesci qualche volta a prendere le distanze dall’infelicità?
Io credo di aver bisogno di far pace con le facoltà di pensiero e di parola. Ho bisogno di perdere l’orologio, ho bisogno di guardare un film in bianco e nero perché sento che questi colori mi stanno ingannando. Se gli spacciatori di realtà oggi distribuiscono solo reality, voglio dimenticarmi per qualche giorno la realtà. Ho bisogno di alzare gli occhi, Edo, e vedere solidi muri di pietra, alberi secolari, qualcosa che abbia sconfitto le mode. Ho bisogno di ritrovare il piacere di bere un semplicissimo bicchiere d’acqua, non queste aranciate. E voglio sentire la musica che sa ancora di legno, non i suoni campionati di un computer.”
Restò immobile. Forse avevo colpito nel segno. C’è un argomento che gli è sempre stato particolarmente a cuore: la musica. Non lo avevo richiamato per caso. Si alzò dal divano e, continuando a lanciarmi brevi occhiate di falsa ostilità, si diresse verso il pianoforte. Lo aprì, si adagiò sullo sgabello e chiuse gli occhi. Le dita scivolarono sui tasti lasciando cadere sui nostri pensieri alcune note. Una melodia conosciuta, forse Bach, sfiorata, accennata e poi ritrattata, sfigurata. Era il suo modo di entrare in contatto con la musica. Si accese una sigaretta, la poggiò sulla conchiglia che usava come posacenere. Edo non fumava. Sapevo che la sigaretta si sarebbe lentamente trasformata in una colonnina di cenere, indisturbata, come una bacchetta d’incenso.
Le dita, nel frattempo, erano passate con proditoria leggerezza da Bach a Thelonious Monk.
Il piccolo busto di Giuseppe Verdi, al centro del pianoforte verticale, osservava severo gli occhi chiusi di Edo, infastidito forse appena dal fumo dell’inutile sigaretta.




Improvvisamente, le note di “Crepuscule with Nellie” si diradarono talmente da evaporare. Edo, riaperti gli occhi, chiuse la tastiera e restò con la testa china per un paio di secondi. Poi rientrò in sé. Si voltò e disse: “Sei proprio un rompiballe. Chissà se là c’è un pianoforte…”. Era il suo modo di dirmi che sarebbe venuto.
Partimmo due giorni dopo, all’alba, per arrivare a Monte Savio prima dell’implacabile calura di giugno e, soprattutto, perché ci piaceva bucare l’aurora, passare inosservati nel mondo che, a quell’ora, sembra migliore.
Il viaggio scivolò via tra qualche caffè e molto Pat Metheny. Io guidavo, Edo s’incantava spesso guardando il paesaggio circostante e talvolta sonnecchiava. Ogni tanto mi godevo anch’io quel meraviglioso tramonto in sequenza capovolta. Ad un certo punto, non potei fare a meno di sfiorare con lo sguardo la chitarra che Edo si era portato dietro. Sapeva che non c’era un pianoforte a Monte Savio.
Giungemmo ai piedi della montagna dove sorge l’abbazia quando ormai il mattino scaldava il viso. Facemmo una sosta per respirare un po’ d’aria pura e sgranchirci le gambe. Bevemmo da una sorgente che sgorgava dalla roccia poco distante dal guard-rail. Mentre mi rinfrescavo il viso notai l’inconfondibile fusto di un’agave che si ergeva sul resto della vegetazione proprio all’inizio della salita. “Vedi quella pianta molto alta?” dissi a Edo asciugandomi la faccia con un fazzoletto. Lui si voltò ed ebbe un attimo di esitazione. “Cos’è?” mi chiese.
“Un’agave. Quando è così alta vuole dire che è fiorita, cioè è morta. Tra non molto cadrà per spargere tutt’intorno i semi del suo fiore e continuare il ciclo della vita. Dai semi nasceranno altre piante di agave che, al loro culmine, faranno la stessa cosa.”
Non sembrò particolarmente colpito dal discorso. Risalimmo in macchina e ci avviammo per l’ultima mezzora di strada bianca.

L’abbazia di Monte Savio ci apparve all’improvviso dopo l’ultimo tornante, severa nella sua semplicità. Solido ed imperturbabile, quel gigante di granito chiaro metteva un po’ in soggezione. Ma fu una brevissima impressione, forse soltanto l’effetto del debito d’ossigeno dovuto all’altitudine.
Ci accolse l’abate priore, con il quale sbrigammo le formalità essenziali prima di essere accompagnati nelle nostre camere. Io alloggiavo a poca distanza dall’antica casa canonica, Edo dalla parte opposta dello stesso corridoio. Erano due stanze ricavate da antiche celle ormai in disuso.
Il giorno del nostro arrivo ci rivedemmo soltanto a pranzo, nella piccola foresteria che si affacciava sul chiostro. Seduti allo stesso tavolo, uno di fronte all’altro, per qualche minuto ascoltammo soltanto lo scricchiolio delle panche di legno sulle quali eravamo adagiati, mentre il profumo di olio fatto in casa invadeva a ondate le nostre narici.
I pasti vengono consumati dai monaci in silenzio. Gli ospiti, pur non essendo tenuti al rigido rispetto del silenzio più assoluto, parlano il meno possibile. Poche e sommesse parole.
“Che te ne pare?” sussurrai. Edo mi guardò, portò alla bocca un pezzo di pane e, senza mai smettere di essere serio, rispose: “Tutto questo silenzio fa venire voglia di ascoltare”. Il suo sguardo si arrampicò sulle pareti della vecchia foresteria, ne percorse un tratto poi si bloccò oltre la finestra, in un punto imprecisato del chiostro. “Qui dentro anche i muri hanno qualcosa da dire. Sta a noi saperli ascoltare”.
“E’ per questo che ogni tanto ho bisogno di venire qui” mormorai accingendomi a mandar giù il primo ed ultimo sorso di un vino rosso troppo robusto per uno stomaco di pianura.
Il pomeriggio, all’interno dell’abbazia, è dedicato allo studio. Al fresco della mia camera, spartana ma confortevole, io passavo il tempo a leggere e prendere appunti per il mio nuovo libro, la biografia di un regista cinematografico.
Quando mancava più di un’ora alla cena, i muri di granito che mi circondavano lasciarono filtrare un ronzio ovattato.
Un canto gregoriano.
http://www.youtube.com/watch?v=_MbD...ture=related

Erano i vespri. Aprii la porta, mi affacciai sul corridoio e notai l’ombra di Edo, seduto sul muretto, con la schiena appoggiata ad uno degli archi che incorniciano il chiostro. Imbracciava la chitarra ed accompagnava il canto dei monaci con discrezione, quasi pudore.
Non aveva notato la mia presenza. Meglio così. Inseguiva i suoi pensieri, preferii lasciarlo in compagnia della sola luce del tramonto.




Tornai nella mia stanza. Mi coricai sul letto con le mani dietro la testa e le gambe incrociate. Il giorno dopo saremmo ripartiti per Cagliari. Decisi di godermi le ultime ore della rarefatta solitudine dell’abbazia, dove per esistere non è necessario sembrare, dove il silenzio non significa indifferenza e la notte ti rispetta e ti abbraccia senza chiedere niente in cambio.

Ritornai su queste riflessioni durante tutto il viaggio di ritorno, la mattina seguente.
Ai piedi della montagna, l’agave non c’era più. Aveva compiuto il suo estremo sacrificio per la conservazione della specie. Strano destino. Proprio nel momento di maggior bellezza deve morire per legge di natura.
Ascoltai molto Keith Jarrett, al ritorno. Pensieroso, piacevolmente confuso, riavvolsi più volte il nastro dei giorni trascorsi nell’abbazia e, guardando il sedile dove all’andata c’era la chitarra di Edo, pensai che la vita è proprio imprevedibile.
A volte per riconoscere la nostra strada abbiamo bisogno di un aiuto, di una mano che ci spinga verso un apparente baratro oppure sposti di qualche metro il fascio di luce con il quale illuminiamo il nostro cammino. Abbiamo bisogno di ricominciare proprio quando ci sembra di essere arrivati, di lasciare tutto e ripartire da zero. Accettando il prezzo da pagare, la fatica da ingoiare.
L’aria fresca di quel mattino la ricordo ancora. Tornerò ancora a Monte Savio. E ti porterò il pianoforte che mi hai chiesto, padre Edoardo.











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Marialuisa

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Inserito il - 17/12/2008 : 10:30:11  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Marialuisa Invia a Marialuisa un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Profumo di pace





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Mansardo
Salottino
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Inserito il - 21/12/2008 : 19:01:21  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Mansardo Invia a Mansardo un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Marialuisa ha scritto:

Profumo di pace

Grazie Marialuisa.
Questo mio vecchio racconto era stato definito l'elogio del silenzio.
Trovo che la tua definizione - molto pertinente - sia complementare alla prima.







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