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Gonariu
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Inserito il - 06/07/2015 : 22:50:44
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"Cognomene" mi sembra preso dall'italiano, ad Orotelli si dice "sambenadu" che torna col campidanese di Sanluri "sangunau".
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Agostino Zoroddu |
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Grodde
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Inserito il - 07/07/2015 : 11:25:53
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| Gonariu ha scritto:
"Cognomene" mi sembra preso dall'italiano, ad Orotelli si dice "sambenadu" che torna col campidanese di Sanluri "sangunau".
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anche qui si usa sambenadu, ma è diverso, è qualcosa che comprende tutto il parentado, zii, cugini, nonni, etc.etc., hanno proprio un significato diverso "cognomene e sambenadu", come significato si avvicina a quello di Gens in Latino, intende tutta la famiglia allargata
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Modificato da - Grodde in data 07/07/2015 11:34:35 |
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Su foristeri
Utente Medio
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Inserito il - 07/07/2015 : 11:29:16
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| Gonariu ha scritto:
"Cognomene" mi sembra preso dall'italiano, ad Orotelli si dice "sambenadu" che torna col campidanese di Sanluri "sangunau".
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Sambenadu è usato anche in Logudorese.
Vedi cosa se ne dice nel ditzionariu del Pietro Casu di Berchidda :
sambenàdu s.m. cognome.
Iscrie lumene e sambenadu scrivi il nome e il cognome. De sambenadu nobbile di cognome nobile. Sambenadu rusticu cognome volgare. A lumene e a sambenadu di nome e di cognome.
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Grodde
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Inserito il - 07/07/2015 : 12:11:50
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a questo proposito visto che abbiamo introdotto l'argomento delle parentele, facciamo un elenco delle parentele in Sardo
Le Parentele = Sas Parentelas Il Parentado = Su Parentadu La Famiglia = Sa Familia, Su Sambenadu, Sa Zenìa La Discendenza (inteso come antenati) = Sa Rentzia L'aria di famiglia = S'intinna; ad esempio : ti ho riconosciuto dall'aria di famiglia = t'happo connottu a s'intinna
Mamma = Mama Padre = Babbu Moglie = Muzère Marito = Maridu Figlio/a = Fizu/a Fratello = Frade Sorella = Sorre Suocero/a = Sogru/a Consuocero/a = Sogronzu/a Nuora = Nura Genero = Bènneru, 'ènneru Cognato/a = Connadu/a Patrigno, Matrigna = Bìdrigu, Bìdriga Fratellastro = Frade a unu lados (fratello da un lato / a metà) Sorellastra = Sorre a unu lados Padrino = Padrinu; mentre per i genitori del bambino diventa "Compare" Madrina = Madrina; idem come sopra, per i genitori diventa "Comare" Figlioccio/a = Fizolu/a Zio/a = Tiu,Tia Cugino = Fradìle Cugina = Sorrasta Cugino di Primo Grado = 'ermane primarzu (dallo Spagnolo "hermano primario") Nipote (maschio) = Nepode, nebode Nipote (femmina) = Netta Nonno = Nonnu, Jàiu Nonna = Nonna, Jàia Zio acquisito, Zio prete, o persona anziana importante = Babbài Zia acquisita, o donna anziana importante = Mammài
altri modi di dire relativi alla famiglia
Celibe / Nubile = Bajànu, Bajàna Sposare = Cojùare (Latino "Coniubare") Sposato = Cojùadu Sposini = Cojùados Nòos (nuovi sposi) Separarsi = Essire fora 'e pare Convivente / Amante = Amigu, Amiga Convivere (senza essere sposati) = Essere amigados, Cunvivere Vedova = Viùda, Fiùda
saludos!
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Modificato da - Grodde in data 07/07/2015 12:22:34 |
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Gonariu
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Inserito il - 07/07/2015 : 15:08:53
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Generalmente quello che hai scritto Grodde mi torna col sardo di Orotelli e con certe cose del sardo di Nuoro cittá e del campidanese di Sanluri colle seguenti differenze:
mannoi, mannai = nonno, nonna. Ormai ad Orotelli (e anche a Sanluri) dicono nonnu, nonna, ma mi rifiuto di usarli perché presi a sproposito e senza bisogno dall'italiano. A Sanluri anticamente si diceva ayayu, ayaya, forse prestiti dal greco bizantino in quanto attualmente in greco moderno yayá = nonna, le stesse considerazioni valgono per yayu, yaya usate a Nuoro. Nonnu, nonna = padrino, madrina, sicuramente prestiti del periodo bizantino in quanto nonnús = padrino in greco moderno. Per il motivo di sopra mi rifiuto di dire padrino, madrina che ormai ad Orotelli dominano. Babbai (o bai), mamai (o mai) li ho sempre sentiti ad Orotelli nel senso di zio, zia. Oggi sono ampiamente disusati e sostituiti da tziu, tzia. A Sanluri non so, posso dire che anticamente abbai, ammai a Sanluri volevano dire rispettivamente babbo, mamma, senso che torna coll'iscrizione del tempio di Antas che comincia con "Sardus Bab() dove le parentesi indicano una lettera (o un gruppo di lettere) non piú leggibile che forse era y (quindi Sardus Baby) o ai (quindi Sardus Babai). Babbai quindi é addirittura preromana !
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Agostino Zoroddu |
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Grodde
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Inserito il - 07/07/2015 : 15:56:40
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avevo letto dell'iscrizione del tempio di Antas, è molto interessante, se l'origine del termine Babbài è davvero collegata, sarebbe uno dei pochi termini pre-romani sopravissuti, non sappiamo praticamente nulla della lingua Nuragica, alcuni studiosi ipotizzano che possa esserci stata una connessione con la lingua Basca, per due motivi, il dna dei Baschi è la cosa più simile a quello dei Sardi, che è diversissimo da quello degli Italiani, e il fatto che in Sardegna a quanto pare ci sono moltissimi toponimi che hanno un significato in lingua Basca, quindi doveva esserci una qualche parentela in un passato lontano, stessa cosa tra la Sardegna e la Corsica, il dna dei Sardi e dei Corsi ha molto in comune, inoltre nel sud della Corsica si trovano costruzioni simili a Nuraghi, e anche nella lingua, tralasciando la struttura del Corso che è di tipo Italico, nel vocabolario invece ci sono una miriade di somiglianze col Sardo
comunque tornando all'iscrizione di Antas, se analizziamo quello che sappiamo, i Romani chiamavano questa divinità Sardus Pater, i Fenici prima di loro la chiamavano Sid Addir Baby o Babay (Sid Addir sta per "Signore Potente")
mentre qui da noi di solito il termine Babbài era usato come titolo di rispetto per una persona anziana di una certa importanza, o per un sacerdote anziano; quando era piccola mia madre c'era l'anziano parroco (su rettore), rimasto in carica per 50 anni, per tutto il paese era Babbài Celestinu
tornando al discorso della parentela tra antichi Sardi e Corsi; in lingua Corsa:
Nonno e Nonna sono : Babbone,Babboni - Mammone, Mammoni
ora se noi andiamo a modificarli togliendo la N, Babboi mi suona molto simile a Babbai, stessa cosa Mammoi - Mammai
alcuni termini che mi vengono in mente e che si trovano sia qui che in Corsica
ajò! il vocabolo Sardo per eccellenza, in realtà esiste anche in Corsica ed è usato in tutta l'isola da nord a sud mezzanu (di qualità scadente, sciupato) falà = falare (scendere) pesà = pesare (alzarsi, mettersi in piedi) serrà = serrare (chiudere) muccighile = muzzighile (muso) ghjàcaru (cane, in Corso meridionale) jàgaru (cane da caccia, in Logudorese, c'è anche il verbo "jagarare = dare la caccia, scacciare, inseguire")
saludos!
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Su foristeri
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Inserito il - 07/07/2015 : 16:59:28
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| Grodde ha scritto:
| Folkettara Dilettante ha scritto:
Torende a su sostantivu "occhio", deo happo agattadu puru sa traduzione "ogru/ogros"; in cale variante esistit custu sostantivu? Deo creo chi custu siet nugoresu, ma mi poto isbagliare. Saludos P.s.: Deo creia chi "grodde" essèret s.urtimu nomine tou (commente si narat "cognome"?
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ogru-ogros o ocru-ocros est in Logudoresu meridionale e in Nugoresu, in Logudoresu centrale e settentrionale naramus "oju", ma sa pronuntzia pòdet mudare dae una zona a s'àtera, ad esempiu, in sa zona mia sa J la pronuntziamus comente una normale I, in àteras zonas est a sa manera de sa J frantzesa, e in àteras ancora la pronuntzian G.
invece "nome e cognome" si narat "nòmene e cognòmene" (Latinu "nomen et cognomen"), mentre curiosamente in Nugoresu naran "lùmene" (chi etimologicamente dìat essere "lume"? o est derivadu dae unu difettu de pronuntzia de "nòmene"), in zona nostra custa paraula esìstit pro su "sopranome" chi si narat "paralùmene" (in Latinu "praenomen")
Su Grodde invece est unu de sos nòmenes de "la volpe", ind'ogni zona de Sardigna hat unu differente nòmene o paralùmene
Grodde, Lodde, su Compare Mazzone = pro sa coa a forma de mazza? Mariane = Mariano Bobore = diminutivu de Servadore (Salvatore)
saludos!
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Ancora un atteru nomene pro su Grodde :
UN ALTRO NOME NURAGICO DELLA VOLPE
Dalle tradizioni popolari di molti popoli europei risulta in maniera chiara che gli uomini in antico avevano una grande paura della volpe e, in conseguenza, anche un grande odio per essa. Questo atteggiamento era determinato da un particolare modo di agire dell’animale predatore: esso fa strage di galline e di agnelli, non limitandosi ad ucciderne uno od alcuni e a mangiarseli, ma procedendo ad ucciderne parecchi, limitandosi a succhiarne il sangue e trascurando invece le carcasse. E questo modo di agire dell’animale agli uomini sembrava del tutto ingiustificato e perciò particolarmente odioso. Di qui deriva la tradizione, largamente diffusa fra i popoli, della volpe come animale molto furbo, perfido e pertanto temibile. Questa di paura e questo odio per la volpe sono largamente diffusi anche nelle tradizioni popolari della Sardegna e risultano particolarmente e significativamente documentati anche sul piano linguistico. Dalle numerose denominazioni della volpe che abbiamo in Sardegna risultano chiarissimi sia la grande paura per l’animale sia l’odio per esso. In virtù della abilità od astuzia dell’animale, i Sardi antichi gli attribuivano perfino poteri magici, rispetto ai quali essi assumevano un sostanziale atteggiamento apotropaico, cioè di rimozione magica. Tanto è vero che per denominarlo rarissimamente adoperavano il nome effettivo od esatto dell’animale (per evitare di farlo arrivare), mentre quasi sempre ricorrevano a nomi fittizi e tabuistici, presi dai nomi di altri animali e perfino da quelli degli uomini. Noi conosciamo effettivamente il nome esatto od effettivo dell’animale, quello che i Romani hanno importato anche in Sardegna, cioè vulpe (mediev.), gurpe, urpe, upre (moderno), dal lat. vulpe(m)<1>, ma questa denominazione risulta pochissimo adoperata. Molto più numerosi invece sono i nomi fittizi e tabuistici dell’animale, a cominciare da alcuni assolutamente generici, quali rese, arrese, arresi «(la) cosa, (il) coso»; animale «animale»»; cudda bèstia «quella bestia; cane areste «cane selvatico»; callitza, calitza, gallitzu, gallissi «cagnetto-a»; mastinu «mastino»; grodde, groddo,-u = «scricciolo» o «pettirosso» (DILS). Da osservare e confrontare i toponimi Lionisa (Sedilo), Launisa (Atzara), i quali probabilmente significano «leonessa». Alcuni di questi nomi fittizi e tabuistici della volpe fanno riferimento a caratteristiche fisiche dell’animale: bon’anca «buona gamba», perché fugge bene; codabuffa (gallurese); matzone «(coda) a forma di mazza»; cumonarzu «animale di comunella» (la cui spiegazione ci viene data dal proverbio che dice Cane e matzone mándigant a cumone «cane e volpe mangiano in comune»); coette «petardo, razzo»; focu e fiamma (gallurese), peiganu = pei, pee «piede» + canu «grigio» (DILS). Oppure fanno riferimento a supposte qualità morali dell’animale: bèstia mala «bestia cattiva»; bèstia maladitta «bestia maledetta»; bucca mala «bocca cattiva»; bonaucca «buona bocca» (evidentemente in senso antifrastico ed ironico); codospo «tossico, sputo, scarto»; fraítzu, fraíssu peggiorativo di fra' «frate» incrociato con frassu «falso»; lodde, loddo, loddasu, loddosu = «(animale) lurido, immondo» (vedi loddu «sporco»); malissiosu «malizioso»; coccolodde «lumacone nudo», probabilmente = coccói loddu «lumacone lurido»; peste, pesti = «peste, pestilenza»; rusta, rustone «animale infestivo»; tzerpi «serpe» (DILS). Con altre denominazioni della volpe il Sardo antico mostrava di mettersi in un atteggiamento conciliante e pure accattivante, cioè tentando la captatio benevolentiae rispetto all’animale, tanto è vero che lo denominava in maniera bonaria e confidenziale, chiamandolo con un nome personale come se si trattasse di un amico: Giommaria «Giovanni Maria», Leori, Liori «Leone», Mariane, Marianu «Mariano», Zoseppe, Zoseppone «Giuseppe, Giuseppone», Zoseppe rúviu «Giuseppe rosso». Lo chiamava perfino con una modalità deferente e rispettosa tziu Zoseppe «sor Giuseppe» e addirittura lo faceva salire al rango di compare Giommaría, compare Zoseppe.
* * * Nella prima tesi di laurea che si era discussa nella Facoltà di Magistero di Sassari, nell’anno 1973, con la mia allieva Wally Sanna di Sindia, avevo avuto modo di imbattermi in una nuova denominazione della volpe conosciuta in questo paese, denominazione che non conoscevo e che dopo non ho riscontrato in nessun’altra località e in nessun'altra testimonianza orale né scritta: nela «volpe». E nell’agro di Sindia esiste per l’appunto un nuraghe Nela (evidentemente = nuragh’ ‘e Nela), che altri documenti registrano anche come nuraghe Nele o Nelu. Considerando che a Pattada esiste una cima chiamata su Nelo<2>, si intravede che probabilmente a Sindia su nele indicava la volpe maschio, sa nela la volpe femmina; oppure si intravede che il vocabolo era di genere comune o promiscuo. D‘altra parte la attestazione nel Medioevo di una denominazione personale Furadu Unele<3>, del toponimo Unele (precisamente Dorgotori d’Unele)<4> e di quello odierno Serra Unele (Bultei; NLS pag. 450) ci spinge ad interpretare il nuraghe Nele di Sindia e il toponimo su Nelo di Pattada, come derivati da un originario appellativo s’unele «la volpe». Notevole è il fatto che questo appellativo compare anche fornito di un noto suffissoide sardiano o protosardo in Unelái (Dorgali; NLS pag. 450) ed anche preceduto dal pure noto articolo determinativo sardiano nel toponimo Taunele (Bitti) = ta unele «la volpe»<5>. In questa mia interpretazione di unele = «volpe» sono fortemente confermato da numerosi toponimi compositi sardi, quasi tutti del centro montano, nei quali compare come secondo componente per l’appunto il vocabolo unele. E pure il significato del primo componente dà numerose e forti sollecitazioni ad interpretare unele come avente appunto il significato di «volpe». Innanzi tutto abbiamo toponimi compositi nei quali sembra di riscontrare riferimenti alle caratteristiche fisiche e morali della volpe ed inoltre alla necessità di combatterla: Arsuneli (CSMB 108) probabilmente = arsu unele «volpe arsa, bruciata o da bruciare», Artunele (Siniscola) = artu unele «volpe alta»; Bissoneli (Ovodda) forse = bíssiu ‘e uneli «vizio della volpe» oppure = bissu unele «volpe vinta o da vincere»; Corrugunele (Alà) probabilmente = corrudu unele «volpe cornuta» (in senso offensivo), oppure corru de unele «corno, cima della volpe»; Eridunele (Austis) forse = (f)eridu unele «volpe ferita o da ferire»; Garriunele (Fonni) forse = gárriu (‘e) unele «carico, peso, peccato della volpe»; Grussunele (Olzai) = grussu unele «grossa volpe»; Hinonele (Ovodda) forse = hine unele «volpe fine, astuta»; Ispedrunele (Bultei) probabilmente = *Isperdeunele «volpe distruttrice oppure da distruggere» (ispèrdere); Istorunele (Orune) probabilmente = astore unele «volpe rapace»; Majaqunele (Orgosolo) probabilmente = majaqe unele «volpe orditrice di magie»; Mortunele, Murtunele (Loculi, Samugheo) = mortu unele «volpe uccisa o da uccidere», oppure murta ‘e unele «mirto della volpe»; Morturunele (Oliena) = mortore unele «volpe assassina»; Muthiqunele (Mamoiada) = múthiqu unele «volpe mozzata o da mozzare»; Orchinele, Urchinele (Anela) probabilmente = orcu unele «orco-volpe»; Rattunele (Pattada) probabilmente = ratt’unele «rapida volpe»; Risunele (Orune), su Rusunele (Nùoro) (probabilmente stesso toponimo) forse = risu ‘e unele «riso della volpe»; Tartusunele (Oliena) forse = tartza s’unele «vipera la volpe» [tartza «biscia o vipera d'acqua» (Tropinodotus natrix), relitto sardiano o protosardo (DILS)] (ma può essere uguale al seguente); Tortosinele (Dorgali) forse = tortu s’unele «storta o tortuosa la volpe» (ma può essere uguale al precedente)<6>. Esistono poi toponimi compositi nei quali la volpe viene chiamata, con atteggiamento confidenziale e conciliante, con un “nome personale”: Jorju su Nele (Mamoiada) = «Giorgio la volpe»; Pedrunele (Orani), Perdunele (Mamoiada, probabilmente stesso toponimo) = Pedr’, Perd’ unele «Pietro volpe»<7> oppure «pietra della volpe»; Isteunele, Istiunele (Fonni) forse = Istene unele «Stefano volpe» (con la caduta della prima nasale per dissimilazione); Thiqunele (Mamoiada) forse = Tziqu unele «Cecco volpe» (Tziccu, Ciccu «Cecco», vezzeggiativo di Frantziscu «Francesco»); Vitunele (Lula) = Vitu unele «Vito volpe» (Vitu «Vito» nome personale conosciuto e usato in Sardegna), oppure = vite ‘e unele «vite della volpe»; Mastrunele (Ollolai) = mastr’unele «Mastra volpe»; Norunele (Fonni) forse = sennor unele «signora volpe» (con la caduta della sillaba iniziale perché confusa con l’articolo determinativo)<8>. Poi abbiamo toponimi compositi nei quali il nome della volpe sembra che faccia da soprannome (o anche da secondo cognome; fino a un ciquantennio fa in Barbagia qualche famiglia veniva chiamata con un cognome che non corrispondeva a quello anagrafico e pertanto praticamente ne aveva due): Arbaunele (Ollolai) = Arbau unele cognome e soprannome di un individuo; Arrenele (Seulo) forse = Arre unele cognome e soprannome; Atzanele (Triei) probabilmente = Atza unele cognome e soprannome, oppure atza ‘e unele «cima della volpe»; Cherunele (Bitti/Osidda) probabilmente = Chera o Cheri unele cognome e soprannome oppure chera ‘e unele «cera della volpe»; Chighinele (Oschiri) forse = Chighine unele cognome e soprannome; Corunele (Nùoro/Orune) = Coro unele cognome e soprannome, oppure coro ‘e unele «cuore della volpe», col richiamo alla ferocia dell’animale; Garaunele (Mamoiada) = Garau unele cognome e soprannome; Gardaunele (Orune) = Gardu unele cognome e soprannome, oppure gardu ’e unele «cardo della volpe»; Maraunele, untana (Orgosolo), Maramele (Ollolai) = Mara unele cognome e soprannome, oppure = mara ‘e unele «pantano della volpe»; Nasuneli (Olzai) = nasu ‘e uneli «naso di volpe» oppure forse = Masu uneli cognome e soprannome; Sarunele (Oliena) probabilmente = Sara o Sari unele cognome e soprannome; Sorunele (Fonni, Ollolai/Sarule) = Soro o Soru unele cognome e soprannome; Tarasunele (Mamoiada) = Taras unele cognome e soprannome; Toddunele (Bitti/Orune) probabilmente = Todde unele cognome e soprannome; Verrunele (Orgosolo) probabilmente = Verre unele cognome e soprannome. In altri toponimi compositi il nome della volpe sembra che indichi una pianta o una sua particolare specie: Bidioneli (Ovodda), Bidunele (Lodine), Vitunele (Lula) forse = bide, vite ‘e unele «vite della volpe» (già visto); Cherunele (Bitti/Osidda) = chera ‘e unele «cera della volpe» (già visto); Friscunele, Vriscunele (Lula) = friscu ‘e unele «vischio della volpe»; Gardaunele (Orune) = gardu ’e unele «cardo della volpe» (già visto); Murtunele (Loculi, Samugheo) = murta ‘e unele «mirto della volpe» (già visto); Rosinele (Orani) forse = rosa ‘e unele «rosa della volpe»; Tasaunele (Ollolai) forse = tassu ‘e unele «tasso della volpe» [tassu «tasso» (Taxus bacata L.), le cui foglie sono velenose]; Tramazunele (Fonni) = tramatz’ ‘e unele «tamerice della volpe»; Tuvaranele, Tavaranele, Tavaramele (Oliena) probabilmente = túvara ‘e unele «erica della volpe» (túvara «erica», Erica scoparia, arborea L.). Infine abbiamo toponimi compositi i quali fanno riferimento alla presenza della volpe in certi siti, anche al fine di guardarsene: Araunele (Osidda) = ara ‘e unele «seminato della volpe»; oppure (b)ara ‘e unele «forcella della volpe»; Atzanele (Triei) probabilmente = atza ‘e unele «cima della volpe» (già visto); Bisabbaunele (Ollolai) forse = bisu a abba ‘e unele «di fronte all’acqua della volpe»; Bortanele (Bultei) probabilmente = borta (‘e u)nele «(s)volta della volpe»; Buccanele (Nughedu S. Nicolò) probabilmente = bucca (‘e u)nele «bocca, valico della volpe»; Desunele (Orgosolo) probabilmente = desu ‘e unele «luogo riparato dal vento della volpe», oppure (.?.) de s’unele «(sito?) della volpe»; Durunele (Orgosolo) probabilmente = duri ‘e unele «appenditoio rustico della volpe»; Eligannele (Buddusò) probabilmente = élighe ‘e unele «leccio della volpe»; Gurusunele (Mamoiada) forse = guruthu ‘e unele «viottolo della volpe» (probabilmente lo stesso che il seguente); Gutturunele (Oliena/Orgosolo) = gútturu ‘e unele «viottolo della volpe»; Maraunele (Orgosolo), Maramele, untana (Ollolai) = mara ‘e unele «pantano della volpe» (già visto); Marqasunele (Mamoiada) = marqa s’unele «segnala la volpe» oppure «macchia della volpe» [macra, magra, marca, marga, marqa «macchia» (selva fitta di bosco ceduo), che deriva dal lat. mac(u)la]; Montiqunele, Montiqinele (Oliena) = montriqu ‘e unele «monticello della volpe»; Ottunele (Bitti) probabilmente = otto unele «otto volpi»; Turrunele (Sarule) = turru ‘e unele «cascatella o rigagnolo della volpe» oppure «torre o nuraghe della volpe». Molto significativo mi sembra il toponimo Tanaunella (Budoni), che si può distinguere in Tana ‘e unella ed interpretare come «tana della volpe» [cfr. Cala di Volpe (Arzachena); La tana di lu macciòni «la tana della volpe» (Olbia, NGAO 2095)]. Una volta dimostrato che il vocabolo unele molto probabilmente significa «volpe» e che è di matrice sardiana o protosarda o nuragica, si impone una ulteriore domanda: è possibile mandarne avanti la analisi linguistica e precisamente è possibile connetterlo con qualche altro vocabolo sardiano? A me sembra che esistano buone ragioni per ritenere che ciò sia effettivamente possibile. È da ricordare che volpe si dice anche rese, arrese, arresi, che significa propriamente «(la) cosa, (il) coso», derivando dal lat. res, con una chiara denominazione fittizia e tabuistica. Ebbene, premesso che esiste tra i relitti della lingua sardiana o nuragica lo strano appellativo barbaricino e logudorese (su) nichele, nighele, nihele, niqele, che significa anch’esso «(il) coso», una connessione tra unele e nichele non è impossibile dal punto di vista fonetico. Si confronti a tal fine anche la variante barbaricina taniqele, con l’articolo sardiano agglutinato, col già visto toponimo Taunele (Bitti) = ta unele. Ma se questa connessione tra i due appellativi è almeno verosimile, se ne deve trarre la conclusione che pure (s’) unele in origine verosimilmente significava «(il) coso» e che pur’esso era una denominazione fittizia e tabuistica dell’animale. Per finire debbo precisare che era stato già Heinz Juergen Wolf ad isolare il vocabolo unele rispetto ai toponimi in cui compare, ma il linguista tedesco aveva prospettato per esso solamente il valore di antroponimo, ma non quello di appellativo fornito di significato<9>.* Massimo Pittau
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Grodde
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Inserito il - 07/07/2015 : 17:01:39
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errata corrige :
Sposare = Cojuàre (Latino "Coniubare") Sposato = Cojuàdu Sposini = Cojuàdos Nòos (nuovi sposi)
c'erano gli accenti sulla U invece che sulla A
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Grodde
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Inserito il - 07/07/2015 : 17:10:44
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grande su Furisteri! interessante la storia dei mille nomi della volpe
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Folkettara Dilettante
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Inserito il - 08/07/2015 : 09:02:11
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Per Su Foristeri: secondo te anche il paese di Neoneli ha un nome che fa inqualche maniera riferimento alle caratteristiche della volpe? Dato che non sono unalinguista di professione forse posso anche sbagliarmi su Neoneli. unu saludu a tottus
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Grodde
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Inserito il - 08/07/2015 : 11:12:24
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| Folkettara Dilettante ha scritto:
Per Su Foristeri: secondo te anche il paese di Neoneli ha un nome che fa inqualche maniera riferimento alle caratteristiche della volpe? Dato che non sono unalinguista di professione forse posso anche sbagliarmi su Neoneli. unu saludu a tottus
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è possibile che ci sia una relazione, c'è da tenere conto però che Neoneli è il nome Italiano, quasi tutti i toponimi in Sardegna sono stati italianizzati in epoca piemontese o durante il ventennio fascista, gli stessi toponimi in Sardo suonano diversi
ad esempio :
Neoneli = Niuneli, Neunele, Naunele Alghero = L'Alguer (in Catalano) S'Alighera (in Logudorese, significa il posto delle alghe, "sas àligas") Nuoro = Nùgoro Ozieri = Othieri Oristano = Aristànis (da Aurei Stannis - Stagni Dorati) Macomer = Macumère (dal nome romano Maco Emerita, a sua volta derivato dal nome fenicio "Maqompsisa") Sassari = Tàthari (in Logudorese) Sassari (in Sassarese, ma con la prima S sibilante, come in "casa") Cagliari = Casteddu Olbia = Terranoa (il nome Olbia è stato ripescato in epoca fascista, mentre la città per 1500 anni si è chiamata prima Civita, e poi Terranova Pausania, e tuttora in Sardo è chiamata Terranoa)
lo stesso nome Sardegna altro non è che lo storpiamento del francese Sardaigne, dato che alla corte Piemontese si parlava francese, mentre noi l'abbiamo sempre chiamata Sardigna
ma sicuramente l'esempio più calzante dell'incompetenza dei cartografi piemontesi è "l'isola di mal di ventre" in provincia di Oristano, che in realtà in Sardo si chiama "isula de malu 'entu" (isola del cattivo vento)
saludos!
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Modificato da - Grodde in data 08/07/2015 11:23:12 |
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Folkettara Dilettante
Utente Medio
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Inserito il - 08/07/2015 : 12:48:37
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| Grodde ha scritto:
| Folkettara Dilettante ha scritto:
Per Su Foristeri: secondo te anche il paese di Neoneli ha un nome che fa inqualche maniera riferimento alle caratteristiche della volpe? Dato che non sono unalinguista di professione forse posso anche sbagliarmi su Neoneli. unu saludu a tottus
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è possibile che ci sia una relazione, c'è da tenere conto però che Neoneli è il nome Italiano, quasi tutti i toponimi in Sardegna sono stati italianizzati in epoca piemontese o durante il ventennio fascista, gli stessi toponimi in Sardo suonano diversi
ad esempio :
Neoneli = Niuneli, Neunele, Naunele Alghero = L'Alguer (in Catalano) S'Alighera (in Logudorese, significa il posto delle alghe, "sas àligas") Nuoro = Nùgoro Ozieri = Othieri Oristano = Aristànis (da Aurei Stannis - Stagni Dorati) Macomer = Macumère (dal nome romano Maco Emerita, a sua volta derivato dal nome fenicio "Maqompsisa") Sassari = Tàthari (in Logudorese) Sassari (in Sassarese, ma con la prima S sibilante, come in "casa") Cagliari = Casteddu Olbia = Terranoa (il nome Olbia è stato ripescato in epoca fascista, mentre la città per 1500 anni si è chiamata prima Civita, e poi Terranova Pausania, e tuttora in Sardo è chiamata Terranoa)
lo stesso nome Sardegna altro non è che lo storpiamento del francese Sardaigne, dato che alla corte Piemontese si parlava francese, mentre noi l'abbiamo sempre chiamata Sardigna
ma sicuramente l'esempio più calzante dell'incompetenza dei cartografi piemontesi è "l'isola di mal di ventre" in provincia di Oristano, che in realtà in Sardo si chiama "isula de malu 'entu" (isola del cattivo vento)
li saludos!
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in effetti quando ho letto l'inervento di Su Foristeri ho immaginato che Neoneli fosse una probabile storpiatura di Neunele (o Naunele), ma, non esendo sarda, non ne ero sicura al 100%. Nos intendìmus ca deo so una no bidente cumpreta! (sorriso)
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Su foristeri
Utente Medio
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Inserito il - 08/07/2015 : 18:59:07
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| Folkettara Dilettante ha scritto:
| Grodde ha scritto:
| Folkettara Dilettante ha scritto:
Per Su Foristeri: secondo te anche il paese di Neoneli ha un nome che fa inqualche maniera riferimento alle caratteristiche della volpe? Dato che non sono unalinguista di professione forse posso anche sbagliarmi su Neoneli. unu saludu a tottus
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è possibile che ci sia una relazione, c'è da tenere conto però che Neoneli è il nome Italiano, quasi tutti i toponimi in Sardegna sono stati italianizzati in epoca piemontese o durante il ventennio fascista, gli stessi toponimi in Sardo suonano diversi
ad esempio :
Neoneli = Niuneli, Neunele, Naunele Alghero = L'Alguer (in Catalano) S'Alighera (in Logudorese, significa il posto delle alghe, "sas àligas") Nuoro = Nùgoro Ozieri = Othieri Oristano = Aristànis (da Aurei Stannis - Stagni Dorati) Macomer = Macumère (dal nome romano Maco Emerita, a sua volta derivato dal nome fenicio "Maqompsisa") Sassari = Tàthari (in Logudorese) Sassari (in Sassarese, ma con la prima S sibilante, come in "casa") Cagliari = Casteddu Olbia = Terranoa (il nome Olbia è stato ripescato in epoca fascista, mentre la città per 1500 anni si è chiamata prima Civita, e poi Terranova Pausania, e tuttora in Sardo è chiamata Terranoa)
lo stesso nome Sardegna altro non è che lo storpiamento del francese Sardaigne, dato che alla corte Piemontese si parlava francese, mentre noi l'abbiamo sempre chiamata Sardigna
ma sicuramente l'esempio più calzante dell'incompetenza dei cartografi piemontesi è "l'isola di mal di ventre" in provincia di Oristano, che in realtà in Sardo si chiama "isula de malu 'entu" (isola del cattivo vento)
li saludos!
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in effetti quando ho letto l'inervento di Su Foristeri ho immaginato che Neoneli fosse una probabile storpiatura di Neunele (o Naunele), ma, non esendo sarda, non ne ero sicura al 100%. Nos intendìmus ca deo so una no bidente cumpreta! (sorriso)
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L'intervento è stato iniziato dalla lettura dell'articolo di Massimo Pittau, grande esperto sardo :
Esclusivo – Intervista al linguista e glottologo Massimo Pittau: dalla corrispondenza con Max Leopold Wagner ai giorni del Duce. E sull’Italia democratica nelle mani dei “grandi ladri”. 20 OCTOBER 2012 di Rina Brundu. Massimo Pittau è una “eccellenza” sarda. Linguista, glottologo, studioso di lingua etrusca, di lingua sarda e protosarda, è nato a Nùoro nel 1921. Laureato prima in Lettere e poi in Filosofia, ha tenuto a lungo le cattedre di Linguistica Sarda, Glottologia e Linguistica Generale dell’Università di Sassari. Da 40 anni socio della «Società Italiana di Glottologia» e da 30 del «Sodalizio Glottologico Milanese», ha scritto una cinquantina di libri e più di 400 studi relativi a questioni di linguistica, filologia e filosofia del linguaggio; libri e studi che, nel tempo, gli hannno procurato numerosi attestati e riconoscimenti, dal “Premio della Cultura” della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 1972 al Premio Città di Sassari – Lingue Minoritarie, Culture delle Minoranze nel 2009. Nel 2011, forse a celebrare una vita decisamente fortunata e dedicata alla cultura, il professor Massimo Pittau dà alle stampe una sorta di autobiografia sui-generis titolata “L’era fascista nella provincia italiana – Il Littorio a Nùgoro e inSardegna” (Sassari 2011, EDES), e – grazie a questo suo lavoro diverso, a questo suo viaggio sentimentale nei luoghi dell’infanzia e degli affetti più cari – permette anche all’uomo-Pittau di farsi meglio conoscere. È quindi aquell’uomo, a quel figlio-padre illustre di una Sardegna e di una Nùgoro “deleddiana” oramai quasi scomparse, che sono state infine rivolte le domande che seguono. D. Professore, leggo che le sue posizioni riguardo al dialetto nuorese e in particolare rispetto alla questione della sua massima conservatività nell’ambito romanzo “sono vicine a quelle del linguista Max Leopold Wagner…” (1). È proprio così? Ci spiega meglio dove le sue “posizioni” sono più vicine a quelle di questo linguista di fama mondiale e in quali aspetti differiscono? Ma, soprattutto, cosa l’ha portata, da giovane, ad occuparsi di linguistica e di glottologia? R. Fra i linguisti romanisti è del tutto pacifico che il sardo è la lingua romanza più vicina alla madrelingua latina. Ebbene, nell’ambito della stessa lingua sarda, la varietà dialettale di Nùoro (e pure quella della Baronia) è anch’essa quella più vicina al latino. Su questo punto non c’era nessun dissenso fra me e il Wagner. D’altra parte io ho proceduto a comporre la intera “grammatica” (fonologia, morfologia e sintassi) del dialetto di Nùoro, opera che egli ha apprezzato parecchio e per la quale ha pubblicato una lunga ed approfondita recensione in una rivista tedesca. Io ricordo bene che il mio interesse alle comparazioni linguistiche lo registrai in IV ginnasiale, quando ormai conoscevo ed usavo il sardo e l’italiano ed insieme studiavo il latino, il francese e il greco. In maniera particolare mi interessavo della lingua sarda, il cui uso a scuola era vietato e intorno alla quale nessuno dei miei professori sapeva fare la benché minima considerazione. Negli anni successivi del Liceo studiai da solo lo spagnolo e il tedesco e soprattutto provai vivo interesse anche per la storia della Sardegna, sulla quale nè la scuola ufficiale né gli insegnanti ci davano alcun insegnamento. Ecco, il vivissimo interesse che da studente del Ginnasio-Liceo cominciai a provare per la lingua sarda e per la storia della Sardegna fu la causa principale che determinò la mia specializzazione storico-linguistica. E sottolineo questa caratterizzazione: io sono diventato contemporaneamente studioso della lingua sarda e insieme studioso della storia della Sardegna per effetto del mio radicale attaccamento alla mia terra. In realtà la lingua sarda è diventata per me la “chiave di lettura” e cioè di scoperta e di interpretazione della storia della mia terra. Io ho ricostruito tante pagine ignorate della antica storia della Sardegna facendo perno appunto sullo studio della nostra lingua. D. Lei ha conosciuto personalmente Wagner, Maestro della Linguistica Sarda, che opinione si è fatto di lui? Può abbozzarne un breve ritratto e regalarci una qualche inedita chicca? R. Con Max Leopold Wagner io ho avuto una abbastanza fitta corrispondenza epistolare, che è durata 10 anni. Egli mi scriveva da New York per chiedermi informazioni specifiche sul sardo e sul nuorese ed io gli scrivevo per avere informazioni e spiegazioni sullo stesso argomento. E poi l’ho conosciuto di persona in un convegno internazionale di linguisti organizzato a Firenze verso il 1965. Egli era piuttosto laconico, ma anche tagliente su qualche collega linguista. Mi ricordo le sue parole di stima per i Sardi, di cui diceva di apprezzare parecchio il carattere leale e il vivo senso della ospitalità. Un fatto curioso conosciuto parecchi anni dopo quando il Wagner era ormai deceduto: dal noto e compianto cantautore sardo Andrea Parodi sono venuto a conoscenza che nel registro della «Società degli Autori ed Editori» il famoso canto sardo “Non potho riposare” risulta registrato a nome di Max Leopold Wagner. Evidentemente egli se n’era impossessato ad insaputa degli autori effettivi, l’avvocato Badore Sini di Sarule e il maestro di musica Giuseppe Rachel di Cagliari…. D. Lei è un noto etruscologo. Che senso ha, al giorno d’oggi, studiare una cultura come quella etrusca? Cosa avrebbe da insegnare alla dimensione digitalizzata che viviamo? R. La civiltà etrusca, assieme con quella greca e quella romana, costituiscono la solida ossatura della cosiddetta “civiltà classica”, quella che è alla base della nostra odierna “civiltà occidentale”. Per il vero la “civiltà etrusca” è stata meno fortunata delle altre due, però è un fatto che essa abbia ereditato parecchio dalla civiltà greca ed insieme abbia tenuto a battesimo quella romana. Sia sufficiente dire che quello strumento importantissimo di diffusione della cultura che è l’alfabeto, gli Etruschi lo presero dai Greci, ma insieme lo trasmisero ai Romani. D’altronde gli Etruschi hanno trasmesso ai Romani anche numerosi vocaboli, molti dei quali stracarichi di connotazioni culturali, i quali spesso circolano tuttora, conosciuti e adoperati da tutti i popoli civili. I vocaboli “mondo, persona, popolo, pubblico, radio, raggio, militare, satellite, ecc. ecc.” sono entrati in tutte le lingue di cultura del mondo dalla lingua latina, ma in questa erano entrati prima dalla lingua etrusca. Numerose opere d’arte degli Etruschi sono altrettanti capolavori di arte pittorica e plastica, conosciuti ed ammirati da cultori odierni di tutto il mondo civile. D. Parliamo di Sardegna. Di Storia della Sardegna. Tra le sue prese di posizione più note vi è l’idea, molto criticata peraltro, che i nuraghi sardi abbiano una funzione meramente religiosa. Sottoscrive ancora questa visione delle cose? R. Io ho affrontato il tema scottante della destinazione dei nuraghi nel mio libro «La Sardegna Nuragica» (1977), il quale è stato uno dei libri più letti in Sardegna, avendo avuto 5 ristampe ed una II edizione di recente (2006, Edizioni della Torre, CA). A me risulta che tutti quelli che hanno letto e tuttora leggono quel mio libro lasciano cadere del tutto la ridicola tesi della destinazione militare dei nuraghi, mentre aderiscono alla tesi della loro esclusiva destinazione religiosa. Se ci sono in Sardegna ancora individui che ritengono i nuraghi altrettanti “castelli” e “fortezze”, sicuramente non hanno letto quel mio libro ed inoltre pagano ancora un tributo alla semplicistica ed immediata tesi della “destinazione militare”. Perfino fra gli archeologi sono ormai pochissimi quelli che sostengono la tesi della “destinazione militare”. I miei critici pertanto si degnino di aggiornarsi leggendo il mio citato libro prima di criticarmi… D. Lei è nato in piena era fascista se così possiamo dire. Quali sono le maggiori differenze socio-culturali che nota tra l’Italia, la Sardegna di oggi e quelle di quei suoi anni più giovani? Quale futuro per l’Italia e la Sardegna di domani? Quali consigli si sente di dare ai giovani che sono e che saranno? R. Come ritengo di aver mostrato nel mio recente libro «L’era fascista nella provincia italiana – Il Littorio a Nùgoro e in Sardegna» per la mia generazione di giovani il fascismo ha costituito una durissima esperienza. Io ho “marciato dove il Duce vuole” dai 6 ai 23 anni; io ho avuto il moschetto fra le mani dai 12 fino a 20 anni nella varie organizzazioni giovanili fasciste; io ho fatto il servizio militare durante l’ultima guerra mondiale per 3 anni e mezzo, correndo parecchie volte il pericolo di morire sotto i bombardamenti aerei o affondato da sommergibili nemici. Insomma, io ho trascorso l’intera mia giovinezza in un clima di guerra, “guerra auspicata e preparata” e “guerra guerreggiata”. Io ho visto scomparire nel vortice della guerra parecchi miei amici o compagni di scuola. Anche per effetto del bellicismo imperante nell’era fascista, io ho fatto malissimo tutti i miei studi, dalla scuola elementare fino all’Università. I giovani debbono guardarsi con grande forza dall’aderire alla speranza di avere un altro “salvatore della Patria”. l’attuale sistema democratico dell’ Italia va difeso e salvaguardato, ma insieme va perfezionato affinché non continui ad essere nella mani dei “grandi ladri”. Postfazione di Rina Brundu. Voglio ringraziare il professor Pittau per la sua cortesia e gentilezza di sempre. Soprattutto per la maniera seria, pacata, mai snob, mai affettata, mai artificiosa con cui si pone e che così facendo permette a questo piccolo angolo virtuale di mondo e ai suoi lettori di raccontare e di leggere qualcosa che vale. Ho scritto nell’incipit che Massimo Pittau è una “eccellenza” sarda. Italiana. Di quella Sardegna e di quell’Italia che vanno avanti, studiano e lavorano, nonostante tutto. Nonostante lo sfascio intorno. Proprio per questo motivo io ritengo che queste “eccellenze” meritino ben altra visibilità ed è sempre per questo motivo che, sempre col permesso del professore, ho tradotto questa breveintervista anche in lingua inglese. La speranza è che sia la prima (o quasi) di una lunga serie di colloqui che riescano infine a raccontare una Sardegna ed una Italia…. diverse. Note: (1) Max Leopold Wagner (Monaco di Baviera, 17 settembre 1880 – Washington, 9 luglio 1962) è stato un linguista e glottologo tedesco. Studioso di fama mondiale e dotato poliglotta, ha svolto ricerche nell’ambito del sardo, occupandosi anche dei gerghi e delle lingue popolari, del siciliano, del giudeo-spagnolo, del portoghese, dello spagnolo, del catalano, dello spagnolo d’America. Ha studiato le relazioni tra il berbero e le lingue romanze e in generale ha condotto studi sulle lingue e le culture dei popoli del Mediterraneo. È stato anche etnologo ed etnografo. Autore di studi fondamentali sulla cultura e lingua sarda, è considerato uno dei maggiori romanisti del ventesimo secolo. Dopo la laurea a Monaco con una tesi sulla formazione delle parole in sardo, intraprese la carriera universitaria. Nel 1907 a Würzburg conseguì un dottorato sulla Fonetica dei dialetti sardi meridionali (Lautlehre der südsardischen Mundarten). Lo troviamo in Sardegna per la prima volta nel 1905 per studiarne la lingua, vi ritorna poi nel 1912 e in altri viaggi con ritmo quasi annuale. Dal 1925 al 1927 raccolse un immenso patrimonio di forme lessicali e grammaticali per realizzare l’Atlante linguistico e etnografico d’Italia e del sud della Svizzera, per il quale si rivolse anche a Pietro Casu, figura di prestigio per gli intellettuali sardi della prima metà del novecento. (Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz) curato e pubblicato da Karl Jaberg e Jakob Jud tra il 1928 e il 1940. La sua attività viene raccontata dagli studiosi sardi come una ricerca sul campo di grande impegno, si narra che fosse solito passeggiare a piedi o in bicicletta da un paese all’altro, conosciuto e ammirato dalle comunità locali. La sua prestigiosa carriera universitaria lo portò nelle università di Monaco, di Berlino, di Bucarest, e di Coimbra. Dopo aver pubblicato il suo manuale “La lingua sarda: storia, spirito e forma” (1950), Wagner partì per Washington, città nella quale si stabilì fino alla sua morte. Lasciò in eredità oltre 450 scritti, più della metà sono dedicati alla lingua e alla civiltà sarda; H. Kröll lo ha definito: il vero artefice della grammatica sarda. La sua opera principale fu il Dizionario Etimologico Sardo. Nel 1955 in seguito alla pubblicazione del Dizionario Etimologico Sardo DES, Cagliari, Sassari e Nuoro gli conferirono contemporaneamente la cittadinanza onoraria (fonte Wikipedia).
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Grodde
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Inserito il - 10/07/2015 : 15:25:47
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buongiorno a tutti, oggi facciamo un elenco dei modi di dire relativi ai momenti della giornata, al tempo che passa, etc.etc.
l'alba = s'albèschida, s'alvèschida, s'avèschida il giorno = su die la giornata = sa die di giorno = a de die di mattina presto = a manzanile, a s'impuddile (l'ora del gallo) la mattina = su manzanu di mattina = a parte 'e manzanu stamattina = custu manzanu mezzogiorno = mesu die pomeriggio = passadu mesu die la sera = su sero di sera = a parte 'e sero stasera = ista sero (Latino "iste, ista, istud = codesto") il tramonto = s'interrighinada la notte = su notte la nottata = sa notte di notte = a de notte stanotte = ista notte mezzanotte = mesa notte
oggi = Hoe (dal Latino Hodie, abbreviazione di Hoc Die = questo giorno) ieri = Hèris, d'hèris (Latino "heris") domani = Cras (idem come sopra, dal Latino "Cras") avantieri = iant'hèris (abbreviazione di "in anti hèris") dopodomani = barigadu, pustis cras (dal Latino "post cras") - dalle nostre parti è molto raro usare "pustis cras", è più usato "barigadu" che curiosamente è anche il nome di una regione della Sardegna centrale settimana = chida (dal Latino "civitas", abbreviato in "chida" in Sardo; che nel medioevo in Sardegna indicava il servizio che ogni uomo abile prestava nella milizia civica per 1 giorno ogni 7, il termine Chida cosi è entrato nell'uso comune come sinonimo di settimana) questa settimana = ista chida la settimana scorsa = sa chida passada la settimana prossima = sa chida ch'ìntrat (la settimana che entra) questo mese = custu mese il mese scorso = su mese passadu il mese prossimo = su mese ch'ìntrat quest'anno = hoc annu (Latino "hoc annus") l'anno scorso = hoc annu passadu, s'annu passadu l'anno prossimo = hoc annu chi 'ènit (quest'anno che viene)
prima = primu dopo = dapòi, pustis (il termine dapòi lo troviamo identico anche in Corsica "dapòi, dipòi", corrisponde all'Italiano "dopo" al Francese "depuis" allo Spagnolo "despues") allora, dunque = tando (Latino "tandem = infine, finalmente, dunque", si trova identico anche in Corsica "tandu") poco fa = issàra (probabile contrazione di "ipsa hora = a quell'ora") da molto tempo = dae tempus meda da moltissimo tempo = dae tempòrios da un'epoca remota = dae s'annu 'e s'attaccu (è un modo di dire tipico del mio paese, si riferisce a un episodio accaduto nel 1800, quando i soldati Piemontesi attaccarono il paese per sedare una delle numerose rivolte scoppiate nel nord Sardegna contro i feudatari Piemontesi)
saludos! a sa prossima puntada
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Modificato da - Grodde in data 10/07/2015 15:26:47 |
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Folkettara Dilettante
Utente Medio
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Inserito il - 10/07/2015 : 16:19:25
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| Grodde ha scritto:
buongiorno a tutti, oggi facciamo un elenco dei modi di dire relativi ai momenti della giornata, al tempo che passa, etc.etc.
l'alba = s'albèschida, s'alvèschida, s'avèschida il giorno = su die la giornata = sa die di giorno = a de die di mattina presto = a manzanile, a s'impuddile (l'ora del gallo) la mattina = su manzanu di mattina = a parte 'e manzanu stamattina = custu manzanu mezzogiorno = mesu die pomeriggio = passadu mesu die la sera = su sero di sera = a parte 'e sero stasera = ista sero (Latino "iste, ista, istud = codesto") il tramonto = s'interrighinada la notte = su notte la nottata = sa notte di notte = a de notte stanotte = ista notte mezzanotte = mesa notte
oggi = Hoe (dal Latino Hodie, abbreviazione di Hoc Die = questo giorno) ieri = Hèris, d'hèris (Latino "heris") domani = Cras (idem come sopra, dal Latino "Cras") avantieri = iant'hèris (abbreviazione di "in anti hèris") dopodomani = barigadu, pustis cras (dal Latino "post cras") - dalle nostre parti è molto raro usare "pustis cras", è più usato "barigadu" che curiosamente è anche il nome di una regione della Sardegna centrale settimana = chida (dal Latino "civitas", abbreviato in "chida" in Sardo; che nel medioevo in Sardegna indicava il servizio che ogni uomo abile prestava nella milizia civica per 1 giorno ogni 7, il termine Chida cosi è entrato nell'uso comune come sinonimo di settimana) questa settimana = ista chida la settimana scorsa = sa chida passada la settimana prossima = sa chida ch'ìntrat (la settimana che entra) questo mese = custu mese il mese scorso = su mese passadu il mese prossimo = su mese ch'ìntrat quest'anno = hoc annu (Latino "hoc annus") l'anno scorso = hoc annu passadu, s'annu passadu l'anno prossimo = hoc annu chi 'ènit (quest'anno che viene)
prima = primu dopo = dapòi, pustis (il termine dapòi lo troviamo identico anche in Corsica "dapòi, dipòi", corrisponde all'Italiano "dopo" al Francese "depuis" allo Spagnolo "despues") allora, dunque = tando (Latino "tandem = infine, finalmente, dunque", si trova identico anche in Corsica "tandu") poco fa = issàra (probabile contrazione di "ipsa hora = a quell'ora") da molto tempo = dae tempus meda da moltissimo tempo = dae tempòrios da un'epoca remota = dae s'annu 'e s'attaccu (è un modo di dire tipico del mio paese, si riferisce a un episodio accaduto nel 1800, quando i soldati Piemontesi attaccarono il paese per sedare una delle numerose rivolte scoppiate nel nord Sardegna contro i feudatari Piemontesi)
saludos! a sa prossima puntada
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Iscusa, Grodde, no m'ammento piùs itte significat sa paràula "notesta"? Mi paret chi custu siat campidanesu, peroe happo paùra chi sa memoria mia si drommit a bortas! Saludos!
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