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Annixedda
Utente Medio
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Inserito il - 21/08/2007 : 22:38:28
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Per Grodde La tua ipotesi è valida, ma qualcuno sostiene che poche erano le donne che conoscevano l'anatomia e quindi spesso coloro che si trovavano a fare da lavatrici erano anche coloro che davano la morte: per praticare l'eutanasia c'era bisogno di un'ottima conoscenza del corpo umano e non tutte potevano permettersi di conoscerlo. Qualcuno sostiene che erano una specie di iniziate. In ogni caso ci sono due "correnti di pensiero": c'è chi sostiene che chi dà la vita non può toglierla e chi sostiene che chi può togliere la vita è solo chi la dà anche. E' possibile anche che siano pratiche che variano da luogo a luogo della Sardegna.. le ipotesi possono essere numerose..
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chelvu
Nuovo Utente
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Inserito il - 22/08/2007 : 17:26:40
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Ti segnalo il Museo Etnografico di Luras dove si trova anche l'attrezzo che veniva usato allo scopo. In questi giorni su l'Unione Sarda è stato pubblicato un articolo sull'argomento. se lo ritrovo ti lo mando via mail saluti
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Agresti
Moderatore
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Inserito il - 22/08/2007 : 17:31:30
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Chelvu, il museo è stato citato varie vollte... se inserisci l'articolo ci fai un enorme favore!!
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***LIBRIDISARDEGNA***
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Modificato da - Agresti in data 22/08/2007 17:32:30 |
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Ammutadori
Salottino
Utente Senior
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Inserito il - 22/08/2007 : 17:33:59
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o sentito anche io dell'articolo... posta.. posta...
Saludi e Trigu http://www.contusu.it http://www.3stops.com
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Petru2007
Moderatore
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Inserito il - 22/08/2007 : 18:49:59
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Domani sera, a Santa Teresa Gallura, verrà presentato il libro di Nino Murineddu "L'Acabbadora". Sarà presente anche l'autore. Per gli appassionati del genere è una buona occasione per approfondire l'argomento...
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Ammutadori
Salottino
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Inserito il - 09/09/2007 : 13:37:56
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Cari amici, finalmente ho avuto un pò di tempo per copiare l'articolo di cui sopra.... buona lettura....
Le Accabadoras star del museo A Luras, in una palazzina del settecento, è custodito il martello della "bona morte"
Luras. "C'era una pietra diversa dalle altre, perfettamente rettangolare, tenuta da un cuneo di granito. Ho levato tutto: lì, dentro una nicchia ricavata nel muretto a secco attorno a uno stazzo, c'era quello che cercavo da dodici anni. Era un martelletto, legno d'olivastro, liscio e quasi lucido. Ho pensato: Oddio, quante volte sarà stato usato. L'ho abbrancato e sono scappato via".
Quante volte sia stato usato non si sà,certo è che oggi "lu mazzolu" è l'oggetto che più incuriosisce i visitatori del museo etnografico di Luras, una palazzina del Settecento che racconta, lungo l'itinerario delle stanze e delle cantine accuratamente arredate, usi e costumi della Gallura. Il martello un tempo usato dalla "femina accabbadora" - la donna che con un colpo secco sul capo metteva fine all'agonia dei moribondi - è adagiato sul risolvo ricamato di un lenzuolo che impreziosisce l'antico letto della stanza padronale.
"l'ho trovato nel 1993 e sta qui dal '96. Ma mai come oggi sono state le richieste per poterlo vedere". Pier Giacomo Pala, 51 anni, appasionato di tradizioni popolari, è il proprietario e il curatore del museo diventato oramai meta imprescindibile per quanti vogliano sapere di più su una delle usanze più affascinanti e inquietanti sulla storia della Sardegna. "Da pochi mesi a questa parte sono già arrivati una ventina di laureandi che preparano la etsi di laurea proprio su questo argomento e tantissimi - racconta - sono i produttori cinematografici che vorrebbero farne un film e gli scrittori che pensano al soggetto per un romanzo. arrivano e chiedono notizie: dove ha trovato il martello, chi era l'ultima accabbadora, in che anno è stato fatto l'ultimo rito...". Mai come oggi il rituale della bona morte , quello che si chiama eutanasia - e che un tempo veniva tollerato dalla chiesa e persino dalla giustizia -, è stato di così stretta attualità. Grazie a Welby, grazie a Nuvoli, la riflessione sul senso della vita e sulla dignità della sofferenza ha portato un argomento fino ad oggi tabù sulle prime pagine dei giornali, ha scomodato filosofi ed intelletuali, ha fatto adirare vescovi e custodi della dottrina della fede, ha smascherato bigotti e ha fatto ragionare chi non ama il pregiudizio.
"Mai come oggi - ripete il direttore del museo di Luras - tanta gente è arrivata per vedere il martello un tempo usato dall'accabbadora e per sapere un pò di più di questa antica usanza". Nient'altro in Sardegna è coperto da un'omertà più tignosa. Il rituale - che cominciava quando i familiari del moribondo avvisavano la femina accabbadora e finiva quando questa lasciava la casa del lutto - veniva fatto fino agli inizi del Novecento in Gallusa e in Barbagia, ma ancora oggi è praticamente impossibile conoscere i nomi delle sacerdotesse della morte. Non ci è riuscito neanche Franco Fresi, scrittore e studioso di tradizioni popolari, che alla fine degli anni Settanta intervistò il nipote dell'ultima femina accabbadora della Gallura. "Era un'uomo che aveva quasi cent'anni e viveva in uno stazzo, su un'altura vicino al mare - racconta -. Mia nonna, mi disse il vecchio, era l'ultima di quelle donne che portavano consolazione ai malati che desideravano morire e conforto alle loro famiglie. La chiamavano perchè era decisa e forte: non andava volentieri, ma sapeva di dover fare un'opera buona. Non ti voglio dire come si chiamava, mi avvertì il vecchio, però ti posso dire che veniva chiamata "Cunsuleddha", proprio perchè era una consolatrice. Il vecchio racconta che sua nonna, "nonostante la carità che fece per tutta la vita, alla fine soffrì molto per questa sua attività. Ne abbiamo sofferto tutti in famiglia. E proprio per questo una mia nipote si è fatta suora per espiare". Quell'uomo, spiega Franco Fresi, "sentiva ancora tutto il peso di quella eredità. Quando gli chiesi se potevo vedere il martello lui non fece una piega. Nonostante l'età salì come uno scoiattolo su una scala a pioli, arrivato in cima scoperchiò alcune tegole e porto giù una pesante mazzuola di legno coperta di fuliggine. Ci soffio sopra e, svanita la nuvoletta, mi colpì la lucentezza del martelletto, come quella di un oggetto levigato dall'uso. Purtroppo ebbi la cattiva idea di tentare di fotografarlo. Il vecchio si infuriò e lo lanciò lontano, in fondo alla vallata. Sono tornato diverse volte , per tentare di recuperare la mazzuola. tutto inutile, forse il vecchio, che conosceva quei luoghi meglio di me, se l'era già ripresa".
In Gallura l'ultimo rituale fu fatto a Luras, nel 1929, quando la femina aggabbadora accompagnò nell'ultimo viaggio un uomo di settant'anni. La donna, oramai anziana, finì davanti al procuratore del regno, mail caso venne presto archiviato. E' questo il fascicolo che, oramai da anni, studenti universitari e studiosi di tradizioni popolari cercano disperatamente tra i faldoni polverosì dell'archivio del tribunale di Tempio Pausania. Tra quelle carte ci dovrebbe essere anche il verbale dei carabinieriche, dopo aver interrogato i familiari del morto e diversi paesani scrissero: è appurato che i parenti del malato hanno datto il loro consenso. A Orgosolo, invece, l'episodio più recente in assoluto: si sa che avvenne nel 1952, il resto è coperto dal silenzio più ostinato. Nel Nuorese, comunque erano di Ottana le accabbadoras più ricercate. Venivano chiamate in tutti i paesi del circondario e loro - femmine alte, magre, il colorito giallo per la malaria - arrivavano e salutavano con un cenno del capo. Formule e gesti antichi, sempre uguali.
Deu ci siada, sussurrava l'accabbadora. Che Dio sia qui. Arrivava sempre di notte e, dopo essersi assicurata che tutti erano d'accordo, veniva subito accompagnata al capezzale del moribondo. Con un gesto mandava via i parenti, chiudeva la porta, si faceva il segno della croce e, afferrato il martello che nascondeva sotto lo scialle, con un solo colpo sulla nuca del malato finiva il suo compito. Riapriva la porta, annunciava che quella era la casa del lutto, e andava via.
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campidano
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 09/09/2007 : 15:48:11
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Un po diverso ma il risultato e' quello.
Una galoppata notturna per portare la morte. È la corsa della "femina agabbadora", consolatrice dei moribondi in Gallura.
La donna che batteva le campagne come un’ombra correva lungo i sentieri vicini al mare; arrivata nella casa dove la malattia stava irrimediabilmente consumando qualcuno, con un colpo preciso di martello al capo poneva fine a tutte le sofferenze.
Chiamata dai familiari del moribondo, tollerata dalle istituzioni e dalla Chiesa, rimossa dalla coscienza e dalla tradizione gallurese.
A Luras, nel museo etnografico “Galluras” c’è l’ultimo mazzolu, così si chiama in gallurese il martello della femina agabbadori. Lo custodisce gelosamente Pier Giacomo Pala, ideatore ed proprietario del museo: ha trovato il martello in uno stazzo. Un oggetto che certo non tranquillizza. Non è costruito a regola d’arte, più che altro è un ramo di olivastro lungo 40 centimetri e largo 20, con un manico che permette un’impugnatura sicura e precisa. Lo strumento che amministrava la morte negli stazzi.
Suggestione orribile, eppure affascina la figura della donna che sino alla fine dell’Ottocento ha aiutato i malati ad evitare una lunga agonia.
«Nel museo " " abbiamo anche altri oggetti rituali che accompagnavano le ultime ore dei malati terminali. Come ad esempio lu iualeddu, un piccolo giogo in legno che veniva messo sotto il cuscino del moribondo». La riproduzione del giogo simboleggiava la fine della vita. Staccato dai buoi (la forza che trainava l’aratro e il carro), rappresentava il corpo dell’ammalato, privo di vigore e incapace ormai di assolvere al suo compito. Ma se lu juali aveva un valore simbolico, il martello della femina agabbadori è un oggetto funzionale e soprattutto, sino alla seconda metà dell’Ottocento, funzionante.
Franco Fresi, studioso delle tradizioni della Gallura, ha scritto pagine interessanti sul martello e conosce bene l’argomento. Dice: «Ho avuto la possibilità di parlare direttamente con il nipote di una donna che aveva aiutato i malati a morire. Un uomo molto anziano che aveva superato i 100 anni. Mi ha raccontato di questa eutanasia praticata in Gallura. Un’usanza che oggi può apparire terribile ma che negli stazzi, lontani molti giorni di cavallo da un medico, serviva ad evitare le sofferenze e aveva un suo significato. Il fatto che fosse affidata ad una donna significa che aveva una importanza notevole». Le cose andavano così. «La femina agabbadori arriva nello stazzo di notte, sempre. Ai familiari che le stavano di fronte e che l’avevano chiamata diceva questa frase:
“Deu ci sia” (Dio sia qui).
Poi faceva uscire dalla stanza del moribondo tutti i presenti. La donna assestava il colpo mazzolu provocando la morte del malato. Quasi sempre il colpo era diretto alla fronte. Tanto è vero che la parola agabbadori deriva dallo spagnolo acabar, terminare, ma alla lettera “dare sul capo”. La femina agabbadori andava via dallo stazzo senza chiedere niente, accompagnata dalla gratitudine dei familiari del malato».
L’argomento del martello è stato trattato più volte da antropologi e studiosi di tradizioni popolari. Uno dei primi a parlarne è Vittorio Angius nel 1832; ma Zenodoto cita Eschilo che parla delle usanze di una colonia cartaginese in Sardegna: usanze che prevedono il sacrificio degli anziani. Giovanni Lilliu parla della rupe babaieca a Gairo, dove venivano soppressi gli anziani e i malati. Il martello che in Gallura viene chiamato mazzolu ha un corrispondente nel Nuorese, dove viene indicato come mazzoccu, e in Campidano dove invece si usava il termine mazzocca. La pratica dell’eutanasia “rurale” è legata al rapporto che si aveva in Sardegna con la morte. Dell’argomento si è occupato Alessandro Bucarelli, cagliaritano, ordinario di medicina legale dell’Università di Sassari, aprendo ad Alghero, un anno fa, un convegno di medicina necroscopica.
...carezze che raggiungono e risvegliano parti che altrimenti rimarrebbero per lungo assopite.... ..niente è più grande delle piccole cose
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cedro del Libano
Salottino
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Inserito il - 09/09/2007 : 16:24:09
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deve essere piu' di un anno fa perché dr Bucarelli a quel tempo era gia' morto consumato da una lunga malattia.
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Modificato da - cedro del Libano in data 09/09/2007 16:25:04 |
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campidano
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 09/09/2007 : 16:28:13
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| cedro del Libano ha scritto:
deve essere piu' di un anno fa perché dr Bucarelli a quel tempo era gia' morto consumato da una lunga malattia.
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Ah ma kusta accabadora girada ancora intandusu!!
...carezze che raggiungono e risvegliano parti che altrimenti rimarrebbero per lungo assopite.... ..niente è più grande delle piccole cose
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cedro del Libano
Salottino
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cedro del Libano
Salottino
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Inserito il - 09/09/2007 : 16:51:52
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Questa foto è stata presa da Galluras.it
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quattromori
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Inserito il - 28/09/2007 : 01:09:25
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guardate che particolare questo fumetto, tartto dalla rivista online www.gemellae.com
________________________ www.bandierasarda.it www.chiesecampestri.it www.viaggioinsardegna.it
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Salottino
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Inserito il - 28/09/2007 : 11:54:30
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bello
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Agresti
Moderatore
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Inserito il - 28/09/2007 : 13:37:55
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orribilmente inquietante..
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***LIBRIDISARDEGNA***
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shadow
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Inserito il - 20/10/2007 : 13:05:16
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inquietante sì..però bello...ho ordinato il num 59 di dampyr(dove la protagonista é l'agabbadora) ..poi vi farò sapere com'é!!
ciaoooo!
"..bisognerebbe fare sempre sogni grandiosi...e con la faccia verso il cielo..viaggi avventurosi.."
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