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Forrighesos
Utente Attivo
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Inserito il - 18/11/2010 : 15:32:44
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| maurizio feo ha scritto:
In merito alla possibilità/proibizione implicita/permesso da richiedere di fotografare, credo che la cosa si potrebbe risolvere molto facilmente, con un poco di elasticità dalle due parti: da parte dell'autore e da parte del visitatore, intendo. Non diversamente da quanto già avviene nei Musei Nazionali, di fronte ad opere d'arte e reperti archeologici (che - se me lo passate - hanno molti più motivi per non essere esposti ai flash e via dicendo). Chi desidera una fotografia, firma una dichiarazione vincolante (che dovrebbe essere stata precedentemente preparata e pertanto già prontamente disponibile all'ingresso del visitatore) nella quale l'appassionato dichiara d'impegnarsi a non riprodurre pubblicamente le fotografie, che saranno destinate alla sua fruizione personale soltanto. Le fotografie saranno fornite dall'organizzazione o dal Museo, non scattate dal diretto interessato. Permessi particolari possono talvolta essere rilasciati a pubblicazioni culturali ONLUS, (quindi non a scopo di lucro), che però dovranno obbligarsi a citare sia la fonte (Museo o altro) sia l'autore dello scatto. Naturalmente, va da sé, la dichiarazione, per potere essere vincolante, dovrà essere accompagnata da documenti di riconoscimento che saranno debitamente fotocopiati o trascritti ed allegati alla dichiarazione. Comunque sia, all'interno dell'esposizione non si può e non si deve fotografare, per non farla diventare un happening mondano da paparazzi anni 50, infastidendo ed intralciando gli altri visitatori...
Aggiungo però - come ho già fatto precedentemente - che personalmente pur ammirando tutte le opere, la grande fatica particolare in questo caso e la capacità grafica in generale della signorina Angela Demontis, non provo mai il desiderio di fotografare le sue reinterpretazioni dei bronzetti sardi, che considero in buona parte errate per molti motivi, anche se indubbiamente molto belle, in sé.
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Perfettamente d'accordo. Una cortese richiesta per effettuare qualche scatto (rigorosamente senza flash), per un ricordo personale della visita al museo o qualsivoglia esposizione culturale, non mi è stata mai negata. Ovviamente il tutto eseguito con estrema discrezione senza disturbare le persone che assieme a me visitavano il museo o l'esposizione.
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Modificato da - Forrighesos in data 18/11/2010 15:33:24 |
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Forrighesos
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maurizio feo
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 18/11/2010 : 18:14:38
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| tholoi ha scritto:
Potete fare qualche esempio degli errori ? Io sono molto curioso di vedere la mostra, spero in una tappa dalle mie parti.
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Vorrei risponderti con alcuni principi generali, se me lo consenti ed hai pazienza. Credo che lascerò ad altri le risposte più precise nei particolari. Sono convinto che anche parlando con Angela, lei stessa ti direbbe che ha reinterpretato i bronzetti, già nei suoi disegni. Credo che, dopo avere raccolto una messe abbondante d'informazioni da consulenti specialisti - cosa che indubbiamente ha richiesto la buona volontà di dedicarvi tempo e fatica - abbia dovuto affrontare in prima persona il problema di raffigurare in modo chiaro con il tratto del disegno anche quei non pochi particolari che nei bronzetti sono confusi (ed infatti già nei modelli reali in bronzo autentici si prestano a numerose e a volte troppo fantasiose interpretazioni: si tratta, checché ne dicano alcuni, di arte minore, probabilmente votiva). Alcuni bronzetti sono anzi così approssimativi che a malapena vi si riconoscono le figure di base: una figura umana, un quadrupede etc. Ma anche nei bronzetti migliori (che sono poi quelli che più probabilmente si sono salvati dalla rifusione anche per questo motivo e sono giunti fino a noi), esistono dettagli ambigui, difficilmente riconoscibili: spesso siamo in dubbio addirittura sul sesso del soggetto! Inoltre, la riproduzione in dimensioni molto maggiori dell'originale, non può mai dare buoni risultati, per principio. Tutti coloro che si sono occupati di riprodurre originali sanno che il procedimento migliore è semmai proprio quello inverso: cioé ridurre, anziché ingrandire. Questi sono i principi generali. Per quanto riguarda la ricostruzione sperimentale, più spesso si tratta, inizialmente, di tentativi teorici, applicati quasi empiricamente alla pratica e non sempre condivisibili, all'inizio: è solo l'uso sperimentale che - se correttamente condotto - può produrre ad un'ipotesi (resta sempre un'ipotesi) verosimile. Facciamo l'esempio dello scudo che spesso si vede nelle ricostruzioni: esso appare più frequentemente piuttosto spesso e bordato da una banderella metallica (assente nei bronzetti). Di che materiale lo si è immaginato? di legno massiccio? Allora perché coprirlo di cuoio? e poi di metallo? E quanto peserebbe, così? Per quanto tempo riuscirebbe un "oplita" a tenerlo su? L'umbone centrale è giustificato indubbiamente dalla necessità di proteggere la mano del portatore, così come anche le bande orizzontali in materiale differente (lacci o pelle o ambedue); è possibile che le zone circolari siano lamina di metallo sottile (è una pratica che ha avuto lunga fortuna fino al Ferro inoltrato, data la sua indubbia efficacia). Ma verosimilmente la tecnica di base era un intreccio ligneo leggero (una tecnica applicatissima in tutte le culture antiche anche per motivi diversissimi: per le costruzioni edilizie - e persino per le strade in luoghi umidi - almeno dal Neolitico fino al 1500 dopo Cristo), per renderlo più facilmente maneggiabile e meno faticosamente trasportabile. Era ben fissato e legato e coperto da strati tesi di cuoio e poi rinforzata con metallo, fissato con borchie passanti. Doveva essere facile e discretamente rapido a costruirsi, perché durava pochissimo ed andava rifatto quasi dopo ciascun singolo scontro. Non vedo mai questa ricostruzione: vedo sempre lo scudo pesante in legno compatto, cerchiato di lamina metallica: praticamente, una ruota piena... Ma se ancora gli Etruschi portavano corazze di lino intrecciato fitto! (perché fossero più malleabili e più leggere). Invece rappresentiamo ogni possibile protezione del corpo raffigurata nei bronzetti come parti metalliche (naturalmente, in bronzo!). Per tornare a noi: guarda anche soltanto la discrepanza tra le dimensioni stesse dello scudo rispetto al corpo dell'uomo, nelle due rappresentazioni della locandina. Un solo accenno ai colori: praticamente, allora non esistevano. Non t'inquietare: c'erano, c'erano! ma non erano cerrtamente i colori vividi ai quali siamo adusi oggi: il bianco era un colore grezzo, più simile ad un grigio ecru; il rosso troppo costoso: ancora all'epoca dei Romani la toga permetteva di distinguere il rango del portatore dallo spessore maggiore o minore della riga rossa; lcredo che il verde fosse molto difficile da ottenersi; la maggior parte dei colori allora usati erano d'origine vegetale e ci apparirebbero spenti, oggi...
L'idea di fare dei manichini è indubbiamente molto accattivante e carina, ma già dalle figure esposte nella locandina si è avuta qualche critica, da persone che con i bronzetti hanno mota dimestichezza e con l'archeologia sperimentale ragionano ogni giorno. A loro lascio la parola per maggiori e più dettagliati ragguagli. Il che - sia ben chiaro, non esclude che il posto prescelto sia bellissimo e che la mostra possa essere piacevolissima. Ma non credo che serva davvero per capire meglio il "popolo di bronzo": è più un'iniziativa brillante per socializzare in modo originale, che un'iniziativa culturale. Naturalmente, a mio vedere.
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Modificato da - maurizio feo in data 18/11/2010 18:19:10 |
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robur.q
Utente Senior
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Inserito il - 18/11/2010 : 22:43:45
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Maurì sei troppo severo: da qualcosa si deve pur iniziare no? D'altronde le istituzioni competenti si dedicano all'archeologia sperimentale qua da noi? Credo di no, allora ben vengano le iniziative dei singoli, poi chi ne sa le critica in maniera costruttiva, come hai fatto tu. Però, in tutto il mondo, la divulgazione scientifica ha bisogno anche di fantasia, di mezzi per avvicinare la gente, talvolta forzando un pochino le poche conoscenze acquisite. In Italia è tabù, quasi un attentato alla costituzione, lesa maestà, roba da Sant'Uffizio: basta vedere l'uso e la vendita di gadgets, souvenirs, giocattoli ecc. (ma anche metodi divulgativi non specialistici) in qualsiasi grande istituzione culturale europea e paragonala con quelle italiane!!! Qua da noi non si può, è troppo plebeo, roba da Berlusconiani W il popolo di bronzo (anche se era di giunco intrecciato)
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Modificato da - robur.q in data 18/11/2010 22:46:14 |
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Forrighesos
Utente Attivo
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Inserito il - 18/11/2010 : 22:57:29
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| Lessa ha scritto:
| Forrighesos ha scritto:
| Lessa ha scritto:
non si possono scattare foto...chissà perchè!
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Caro Lessa, ovviamente non sono i cartelli di divieto che ti obbligano a non fotografare, ma il nostro buon senso, per evitare delle noiose e seccanti discussioni con lo staff della manifestazione. Di seguito leggi quello che la legislazione dice... Salvo rare eccezioni, qualunque soggetto esposto alla pubblica attenzione, anche se di proprietà privata, può essere liberamente fotografato. Le eccezioni, peraltro, riguardano quasi esclusivamente le installazioni militari, che sono considerate di interesse strategico. Anche la presenza di persone nell'inquadratura ha uno scarso rilievo giuridico, in quanto non solo non esiste il divieto di puntare l'obiettivo su chicchessia (a meno che il gesto non si traduca in un evidente violazione della sfera privata), ma persino la pubblicazione di una fotografia che includa genericamente elementi umani è libera da ogni restrizione. Noie legali possono subentrare solo quando si ritrae una persona specifica e si pubblica poi la foto senza autorizzazione: in questo caso si configura infatti una violazione del diritto all'immagine.
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Quindi nessuno potrebbe proibirmi di fare foto ai manichini? Se il "buon senso" ci impedisce di fare una foto per evitare di avere un litigio, questo diventa una proibizione. Io mi sento obbligato a non fare una foto. Sinceramente (aldilà della mostra, dove è vietato fare foto) è una cosa che detesto, mi è già successo in vari musei archeologici (come al museo dell'alto medioevo a Roma) o antropologici ed è una cosa che mi fa veramente roteare i pianetini.
La motivazione per cui in questa mostra sia proibito fare foto è insensata. Se si potessero fare foto sicuramente l'evento (e la conoscenza della nostra storia per riflesso) avrebbe un respiro più ampio. E invece...
Salute.
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Qualche volta mi faccio un poco trascinare, preso da tanta frustazione, nel non poter realizzare degli scatti in determinati ambienti culturali, forzando una ben specifica normativa dico che " il tutto può essere fotografato" purtroppo non è così. La normativa è regolamentata dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in poche parole il Dlgs 42/04 dice: Eseguire riprese fotografiche professionali di Beni culturali di proprieta' dello Stato e/o che siano stati dichiarati di interesse culturale e' un’operazione che richiede il rilascio di un’esplicita autorizzazione, ed in alcuni casi,il pagamento di alcuni "canoni". Questa limitazione, comunque, e' relativa unicamente ai beni che siano di proprieta' dello Stato, o comunque siano in consegna al Ministero dei Beni Culturali, alle Regioni, Soprintendenze e ad altri enti pubblici territoriali in quanto dichiarati di interesse culturale, e quindi ricadano nel disposto della relativa legge. Quando il bene è una proprieta' privata che NON sia stata dichiarata di interesse culturale, la disponibilita' ad eseguire le riprese resta a discrezione del "padrone" del bene.
P.s La legge parla di riprese "Professionali" Noi fotografi amatoriali possiamo quindi fotografare?????????
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Forrighesos
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robur.q
Utente Senior
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Inserito il - 18/11/2010 : 23:06:49
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Si Forrighesos, ma se ne fai un uso pubblico ti esponi al rischio di far ingrassare qualche avvocato (e il suo compare della controparte) e l'obesità è notoriamente una malattia sociale
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Forrighesos
Utente Attivo
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Inserito il - 18/11/2010 : 23:14:17
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| robur.q ha scritto:
Si Forrighesos, ma se ne fai un uso pubblico ti esponi al rischio di far ingrassare qualche avvocato (e il suo compare della controparte) e l'obesità è notoriamente una malattia sociale
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File fotografici ad esclusivo uso personale, niente pubblicazioni e niente lucro. Credo che per ora certi "legali " rimangano ancora a dieta stretta.
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Forrighesos
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Lessa
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 18/11/2010 : 23:26:45
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Sono d'accordo su alcuni punti e discorde su altri (in riferimento al post di Maurizio). Vedo che hai fatto tesoro delle tue visite ai musei e sti seguendo un buon cammino per quanto riguarda la ricostruzione. Son contento, come ti avevo detto io non posso spiegarti più di quanto tu non riesca a capire con la tua testa.
Concorde per quanto riguarda la ricostruzione. La ricerca del dettaglio infinitesimale ove non sia possibile (attenzione che non tutti i bronzi comunque sono "approssimativi") e per quanto riguarda le deduzioni su diverse ricostruzioni proposte nella mostra.
Recentemente ho dovuto cambiare un elmo pentolare perchè pesava eccessivamente. 2mm di metallo per il contatto pieno in combattimento (si, perchè nella nostra associazione i combattimenti son fatti veramente...venite a vedere di persona sabato e domenica 4-5 a monteclaro) l'elmo era di una sola taglia più grande. Eppure pensavo che aggiungendo l'adeguato spessore potesse essere utilizzato. Ho iniziato a usarlo per vedere se ciò era possibile, e dopo un pò che lo indossavo ho incominciato a provare un brutto fastidio al collo. Se io ho provato questo (e con gli elmi ho un certo rapporto...ne avrò più o meno una decina in casa) con un elmo in ferro lavorato a lastre, cosa avrebbe provato un vero nuragico omaggiato con uno in bronzo pieno, dritto dritto dalla mostra? Non solo l'elmo, ma anche gli schinieri, i dischi a spirale sullo scudo, l'umbone, le piastre, eccetera. Visivamente magari può anche essere tutto bello da vedere. Ma avete mai pensato di impugnare quegli oggetti, combatterci, usarli?
Tholo mi ha chiesto di indicare degli errori. Qua si torna al punto di prima. Cosa faccio vedere se non si potevano fare foto? (capito il perchè Maurizio?) Di Carmine posso portare una foto trovata in internet, dire questo non mi convince, questo è molto bello, questo è interessante. Di quest'altra mostra? Non perchè io tenga ad avere una foto dei bellissimi manichini, magari perchè mi piacerebbe discuterci su, farli girare, vedere se gli altri son d'accordo. Invece si va, si vede, e poi boh. Senza foto la cosa non gira, rimane relegata in Sardegna. Non ditemi che le foto ci sono perchè quelle sul sito dell'autrice sono microscopiche e volutamente a bassa risoluzione.
Per i colori penso che ne avessero. Molti e molto vari. alcuni più accesi di altri (quest'ultimi specialmente per i meno ricchi). Nella nostra associazione abbiamo un ragazzo che si occupa di colorazione con prodotti naturali, e i risultati che sta ottenendo sono straordinari. Personalmente dunque gli uomini e le donne dei bronzetti erano assai "colorati".
In ultimo: robur. Non ho mai detto che la Demontis, Che Guevara, e chicchessia non si sarebbe dovuto azzardare a fare un simile lavoro. Se vogliamo parlare di lesa maestà dovremmo parlare dell'autrice. Forse non hai mai letto quello che scrive, o come la pensa sul suo lavoro. Per cui ti consiglio un giro sul mio blog. I topic con i commenti più interessanti si chiamano "battibecchi ricostruttivo-nuragici".
Salude.
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robur.q
Utente Senior
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Inserito il - 19/11/2010 : 08:13:41
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Ciao Lessa hai ragione, sono entrato in un argomento che non conosco nè conosco ciò che fanno vari appassionati (o forse professionisti) tra cui te. Non conosco l'autrice e conosco molto superficialmente il suo lavoro. Il mio era un ragionamento complessivo teso a sostenere l'archeologia sperimentale, o anche la ricerca non professionale, verso le quali si deve avere, a mio avviso, una disposizione diversa rispetto a quella che si deve avere davanti ad una comunicazione strettamente scientifica. Questo tipo di attività, pur cercando di essere vicina ai risultati scientifici, deve concedere qualcosa all'attrazione divulgativa, ne va della sua sopravvivenza, anche perchè in questo campo le certezze sono poche. Riguardo ai colori sono d'accordo con te: chi se lo poteva permettere poteva accedere a colori ben più brillanti: d'altronde lo possiamo vedere negli abiti di molti popoli "tradizionali" anche nostri contemporanei e nelle iconografie a colori dell'antichità; la colorazione credo potesse avvenire tramite minerali....... e pertanto era più costosa delle colorazioni vegetali. Scusate ancora se sono entrato in una discussione per la quale sono poco ferrato.
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maurizio feo
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 19/11/2010 : 09:43:46
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Mannaggia! Avevo inserito una o due provocazioni interessanti, (per stimolare conversazioni che mi interessano) ma non ci è cascato proprio nessuno...
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Lessa
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 19/11/2010 : 10:47:59
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| robur.q ha scritto:
Ciao Lessa hai ragione, sono entrato in un argomento che non conosco nè conosco ciò che fanno vari appassionati (o forse professionisti) tra cui te. Non conosco l'autrice e conosco molto superficialmente il suo lavoro. Il mio era un ragionamento complessivo teso a sostenere l'archeologia sperimentale, o anche la ricerca non professionale, verso le quali si deve avere, a mio avviso, una disposizione diversa rispetto a quella che si deve avere davanti ad una comunicazione strettamente scientifica. Questo tipo di attività, pur cercando di essere vicina ai risultati scientifici, deve concedere qualcosa all'attrazione divulgativa, ne va della sua sopravvivenza, anche perchè in questo campo le certezze sono poche. Riguardo ai colori sono d'accordo con te: chi se lo poteva permettere poteva accedere a colori ben più brillanti: d'altronde lo possiamo vedere negli abiti di molti popoli "tradizionali" anche nostri contemporanei e nelle iconografie a colori dell'antichità; la colorazione credo potesse avvenire tramite minerali....... e pertanto era più costosa delle colorazioni vegetali. Scusate ancora se sono entrato in una discussione per la quale sono poco ferrato.
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Ciao Robur. Allora premettiamo: l'archeologia sperimentale in sè è una comunicazione strettamente scientifica. Nasce per risolvere empiricamente dei problemi riscontrati durante la ricerca archeologica. Se ti capitasse di leggere una relazione di archeologia sperimentale fatta con tutti i crismi, ti renderai conto che (molto spesso) sia la terminologia usata, che gli argomenti trattati sono molto specialistici. Dubito che a qualcuno possa interessare una relazione basata su come brucia una capanna in paglia e mattoni. D'altro canto vedere l'esperimento è sicuramente emozionante e insolito!
Forse è per questo che ti riferisci all' AS come se fosse una materia "semplice". In effetti lo è: da vedere è sicuramente molto semplice, da fare e studiare...no. Questo per via delle cosidette "catene operative". Per costruire un corpetto in cuoio hai bisogno di cuoio, ago, filo, eccetera. L'archeosperimentatore riprodurrerà tutti questi oggetti nel modo più naturale, e solo in seguito utilizzerà gli stessi oggetti per costruire il corpetto. Questo perchè il lavoro non deve essere viziato dall'uso di strumentazioni moderne. Te lo immagini il nuragico che si costruiva un corpetto con fustellatrice e filo preso al brico? Questo richiederà una mole di lavoro immensa, basata su altri lavori più semplici effettuati precedentemente. La costruzione di un ago in osso, la concia del cuoio, la produzione di fibre naturali. Ecco perchè bisogna fare sempre attenzione a quando si usa il termine archeologia sperimentale. Ad esempio, per questa mostra io non trovo nulla di AS. Mi si dica dove essa è presente (a parte in qualche titolo per fare gazzosa ovviamente). Tra i punti più propagandati, l'AS viene mostrata per il suo lato ludico, o suggestivo da vedere e "toccare". Chiaramente l'AS non si riduce solo a questo, mentre molto spesso quest'ambito è più attinente ai rievocatori come me, che spesso però non disdegnano di interessarsi alla suddetta materia, alcuni in maniera scrupolosa, altri un pò meno (generando confusione e pregiudizio da parte di archeologi e archeosperimentatori "patentati"). L'AS tuttavia, sia per perenne mancanza di fondi, che per "obbligo" divulgativo è arrivata sempre più a contatto con il pubblico. Tantè che spesso si fa confusione tra chi fa rievocazione storica e chi fa AS. Spesso (anche tra i miei colleghi rievocatori) ho sentito "questa si che è archeologia sperimentale". Da buon rompicoglioni quale sono, mi son sempre messo a chiarire quale fosse la differenza fra le due cose. Un rievocatore potrà indossare un paio di calligae romane e percorrere 43 km al giorno come un legionario di allora. Magari le considerazioni che porterà alla fine dell'esperienza sarann molto interessanti e utili. Tuttavia non penso che questa sia AS. Non nel modo più canonico (forse superato?) di intendere la materia. Ultimamente ho notato una sommessa diatriba tra chi vuole spingere l'AS verso concezioni nuove, e chi vuole rimanere alla sua vecchia concezione (forse per paura di veder ridicolizzata la sua materia di studio?). Staremo a vedere.
Per i colori (ottimo ragionamento). Penso che anche con coloranti naturali le tonalità ottenute fossero molto luminose. Questo dipende dal supporto e dal numero di "bagni" che si fa fare al materiale (oltre al fissativo utilizzato). Senza considerare che l'uso, la polvere, il fango, la pioggia, la neve, eccetera avrebbero trasformato l'aspetto dell'abitino appena uscito dalla "fabbrica"... e su questo penso non ci sia alcun dubbio.
Per l'ultima parte: la tua partecipazione è ben gradita, come quella di tutti. Anzi, sei uno dei forumisti più equilibrati e pacati, per cui non penso ti debba scusare di alcunchè.
Salludi.
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maurizio feo
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 19/11/2010 : 11:30:27
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Credo che - quando si generalizza come ho fatto io nel mio ultimo intervento - ci si espone ad essere poi molto criticati nel dettaglio. Vorrei chiarire, visto che si è parlato dei colori, che nella locandina non mi convincono né il bianco troppo bianco, né il rosso vivo, né il rosso violaceo (che comunque è molto più "credibile" a mio vedere, per l'epoca): le reti da pesca, ad esempio, sono sempre state colorate di bruno con bollitura in corteccia di pino per scururle e renderle meno visibili sott'acqua alle prede). Ho avuto modo di vedere i ruisultati delle colorazioni con sostanze vegetali e sono ottimi, ma raramente raggiungono la vistosità dei colori sintetici di oggi. Lo stesso rosso fenicio non era come lo si rappresenta troppo spesso (e cominque, la maggior parte del rosso proveniva dal Kermes della quercia spinosa ed era altrettanto difficile). Comunque sia, visto che questo è un argomento piuttosto interessante (almeno, confesso che mi piace molto, spero anche agli altri), forse si potrebbe avere il coraggio e la voglia di aprire un post solo per questo...?
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Modificato da - maurizio feo in data 19/11/2010 11:33:28 |
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maurizio feo
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 19/11/2010 : 11:37:51
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Mi riferisco all'Archeologia Sperimentale, naturalmente!
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Lessa
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 19/11/2010 : 13:28:25
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Pensavo volessi aprire un post solo sulla colorazione Penso che un post solo per l'archeologia sperimentale vorrebbe dire parlare dei modi e dei metodi della materia.
La disciplina è enormemente ampia, in quanto tratta dalla produzione di colla dalle piante al sollevamento di massi di notevoli dimensioni!
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robur.q
Utente Senior
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Inserito il - 19/11/2010 : 13:49:48
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| maurizio feo ha scritto:
Mannaggia! Avevo inserito una o due provocazioni interessanti, (per stimolare conversazioni che mi interessano) ma non ci è cascato proprio nessuno...
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grazie Lessa, ti ringrazio per il complimento che mi fa davvero piacere però non capisco bene la differenza che vuoi sottolinere vuoi forse dire che c'è qualcuno che fa archeologia sperimentale essendo archeologo e chi dice di farla non avendo la preparazione per farla? L'archeologia sperimentale è.......archeologia, una branca dell'archeologia che, oltre ad avere puri scopi di ricerca, può anche utile mezzo di divulgazione perchè solletica l'immaginazione e i sensi della gente comune. La rievocazione può essere del tutto romanzesca o parzialmente romanzesca, pertanto credo che debba sempre avvenire con la supervisione dell'archeologo, soprattutto se gode di finanziamenti pubblici. Comunque, la semplificazione per la divulgazione (anche e soprattutto per fini economici), è un problema che riguarda tutte le materie, è un problema del nostro tempo, tempo della massificazione delle informazioni. Il discrimine tra semplificazione e fantasia non è chiaro a tutti, soprattutto perchè il concetto di "metodo scientifico" non è diffuso e assodato come ingenuamente si è portati a credere, nemmeno per chi ha un'istruzione superiore
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maurizio feo
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 19/11/2010 : 14:28:08
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| Lessa ha scritto:
Pensavo volessi aprire un post solo sulla colorazione Penso che un post solo per l'archeologia sperimentale vorrebbe dire parlare dei modi e dei metodi della materia.
La disciplina è enormemente ampia, in quanto tratta dalla produzione di colla dalle piante al sollevamento di massi di notevoli dimensioni!
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Non si può non essere d'accordo! Quindi ci sarebbe - credo - molto spazio per molti argomenti diversi, in ciascuna "branca" differente! Ognuno potrebbe portare il proprio contributo in quello che conosce, o trovare argomenti d'interesse in ciò che non conosce. Io credo che sarebbe un filone molto succolento. (anche se capisco bene, è umano, che ognuno voglia tenersi per sé i "tricks of the trade", i trucchi del mestiere!). Io non ho segreti da mantenere, se non fino a quando ho pubblicato il mio pensiero originale, (in modo da potere dimostrare che un certo pensiero è il mio, a partire da quella particolare data) e non sono particolarmente geloso. Ma è ovvio che chi ha impegnato applicazione mentale, programmazione, materiale talvolta anche costoso e tempo personale comunque prezioso, per ottenere alcuni risultati può desiderare di non mettere in piazza neppure i risultati parziali (specialmente se sono originali), per non vederseli spuntare stampati allegramente a nome di altri, che non hanno fatto null'altro che copiare sfacciatamente (per poi regolarmente negarlo!).
Per quanto riguarda quello che dice Robur, credo che all'estero siano molto più interessati di noi nel "reinacting" (come chiamano la ricostruzione o rievocazione) di epoche passate, da parte di appassionati puri. Basta guardare il numero di Forum e di Blog che ne parlano, anche solamente in tedesco o in inglese. Si cerchi ad es. su Yahoo "Bronze Age reinacting", con tutti i suoi link). Da noi, temo (ma qui mi si corregga senz'altro, lo accetterò volentieri e mi farà piacere!), si lascia che abbia il sopravvento, di volta in volta, l'aspetto economico, promozionale, politico e personale. Di conseguenza, la differenza tra quello che è puramente estetico (una ricerca anch'essa, ma orientata verso il gradevole e magari "firmata") e che comunque richiama pubblico, soldi e fama, non è sempre ben distinta (da parte del grande pubblico) da ciò che è stato ottenuto faticosamente attraverso l'applicazione del metodo scientifico (formulazione motivata di un'ipotesi, tentativo ed errore, correzione dell'errore, nuovo tentativo etc). Quello che ha accennato Lessa sull'elmo è perfettamente esplicativo.
Colgo l'occasione per affermare che la frase di Domenico : "L’uso di tali materiali in epoca antica è avvalorato da citazioni storiche che ne testimoniano l’impiego. Proprio lo studio del piccolo “esercito” di bronzo ci fa vedere come dovevano essere abbigliate le persone in epoca nuragica, come una sorta di scatti “fotografici” dell’epoca" sia esattamente il tipo di frase che vorrei approfondire, per quanto riguarda la prima parte (citazioni storiche: qualcuno sa quali?) e che ritengo invece sbagliata nella seconda (epoca nuragica: i bronzetti non sono di quell'epoca, a meno che non si voglia artificiosamente espandere oltremodo il cosiddetto periodo nuragico).
Spero che Angela Demontis non legga queste righe, oppure che, leggendole, comprenda cchiaramente he le critiche non sono affatto rivolte a lei nella persona, bensì alle scelte dei suoi consulenti.
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Modificato da - maurizio feo in data 19/11/2010 14:43:45 |
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