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Janahome
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 06/06/2008 : 02:44:47
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| falkittu ha scritto:
E' vero quello che dici Janahome, in quel momento ho preso per i fondelli il turista che mi aveva posto la domanda su atlantide. Sapevo perfettamente che era la risposta che voleva sentirsi dire ed io, forse ingenuamente, ho risposto in quel modo, un si secco, senza neppure pensarci. Purtroppo fa più notizia la storia di atlantide che quella di un popolo, quello nuragico, che ha innalzato torri di 30 metri, la bellezza di 4000 anni fa; purtroppo, caro amico EdoSardo, fa più notizia la favola dello Tzunami che le 16 torri componenti il nuraghe di Orroli. Dico purtroppo perchè vorrei che non fosse così.
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Ma hai perso una grande occasione: "girare" il discorso a favore del nuraghe al posto dello Tzunami... a sognare ci pensa già lui, ma davanti al nuraghe di Orroli non potevi che portarlo alla realtà di quella costruzione: Torri di 4.000 anni fa
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^:^Jana http://www.janahome.com |
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cicisbeo
Nuovo Utente
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Inserito il - 06/06/2008 : 10:35:00
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Gentile Dott. Stiglitz, non vorrei peccare di presunzione, ma purtroppo parlo proprio perchè conosco l'argomento, leggo ogni tanto pubblicazioni scientifiche e seguo con attenzione il panorama degli studi di archeologia nuragica e fenicio punica, soprattutto il dibattito molto acceso che ha animato convegni come Sant’Antioco nel 2005 e Villanovaforru alcuni mesi fa. E proprio per quel poco che so, vedo che negli studi editi finora sul complesso di S'Uraki il sito appare un unicum nel panorama sardo ma ancor più in quello oristanese; per questo motivo avverto l'urgenza di conoscerne la storia. Se per pubblicazione si intende dire che ci sono materiali fenici insieme a quelli nuragici, che l'insediamento ha diverse fasi di uso, e che in tale secolo ci furono dei nuovi interventi edilizi ecc.. allora stiamo parlando di cose diverse o meglio, quello di cui mi sto lamentando è un’altra cosa. Io mi riferisco a pubblicazioni scientifiche. Indubbiamente la Sua opera nel campo dà valore all'insediamento a livello turistico e divulgativo, anzi è innegabile che tra il mondo scientifico e il cittadino curioso che vuole saperne di più ci sia una barriera che molti studiosi faticano a superare, o non vogliono superare. Non è il Suo caso, dal momento che trovo molto importante e fruttuoso il Suo operato, che consente a chiunque, digitando su un qualsiasi motore di ricerca la parola “S’Uraki”, di saperne di più su questo sito attraverso blog come questo, peraltro da una voce autorevole come la Sua. È molto raro che uno studioso si confronti con gli altri attraverso canali come questo e soprattutto che accetti che persone che non conosce e che probabilmente non sono nessuno per dare giudizi, mettano in discussione il suo lavoro. Tuttavia io parlo della possibilità per altri studiosi di confrontare la situazione di S'Uraki con altre e magari, sulla base della pubblicazione dei materiali veri e propri, con disegni e foto, postulare altre e nuove ipotesi tutte da discutere. Però se mi permette, allo stato degli studi, appare molto difficile capire cos'era S'Uraki tra l'età del Ferro e quella fenicia, tanto più fare un paragone “ad armi pari” tra S’Uraki e Sant’Imbenia. D'altronde, per quanto ne so io, proprio al 1995 risale la scoperta delle tombe di Su Padrigheddu. La mia domanda è: possibile che non bastino 13 anni per vedere una pubblicazione dei corredi delle tombe? Giacché ancor oggi molti studiosi discutono e si chiedono se fosse una necropoli fenicia in un insediamento indigeno, oppure nuragica con elementi indigeni, evidentemente a tuttoggi non sono molti gli strumenti "pubblici" per poterlo capire, non trova? Mi rendo perfettamente conto che i tempi della ricerca sono molto lunghi, ma dove sono le tesi di laurea di cui parla? È possibile quindi che i contesti inediti di S'Uraki siano dimenticati negli archivi dell'Università di Cagliari? E proprio perchè i tempi sono lunghi perchè non condividere lo studio dei materiali con, ad esempio, giovani laureandi o studiosi promettenti che di una pubblicazione si accontenterebbero di fare il catalogo? Ad esempio, mi chiedo, se qualche giovane studioso Le chiedesse di avere la fortuna di analizzare e pubblicare, sotto la Sua guida, i materiali della necropoli di Su Padrigheddu, Lei accetterebbe? Non dubito della validità dei tuoi studi (per carità! Io non sono nessuno per farlo), ma forse S'Uraki ha bisogno di qualche stimolo in più per apparire alla comunità scientifica e a chiunque vada a visitarlo in tutto il suo splendore. Mi perdonerà per il mio modo forse troppo schietto e diretto di rivolgermi a Lei, sono solo le parole di una persona curiosa, che vorrebbe che le ricchezze della propria terra e i gli studi a riguardo spazzassero via tutte le fantasie che circolano da un po’ di tempo sugli Shardana e su Atlantide, minando la validità di tanti anni di tante fatiche di tanti studiosi. La ringrazio per aver risposto Cordiali saluti
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alfonso
Utente Medio
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Inserito il - 06/06/2008 : 12:51:54
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Gentile Cicisbeo se hai seguito i convegni scientifici di Sant’Antioco e di Villanovaforru avrai avuto modo si sentire anche i miei interventi, di tipo scientifico e non divulgativo, nei quali non ho presentato solo la sequenza delle fasi, ma anche i materiali ceramici sia nuragici che fenici. Non solo, ma a Sant’Antioco con Salvatore Sebis abbiamo prodotto un’analisi parallela mettendo a confronto l’insediamento di s’Urachi/Su Padrigheddu (San Vero Milis) e di Su Cungiau ‘e funtà (Nuraxinieddu); in entrambi i contesti dell’età del Ferro nuragici sono confrontabili e in entrambi ci sono materiali fenici contemporanei a quelli nuragici; insediamenti che, però, come abbiamo mostrato, hanno una storia diversa, nel senso che quello di Nuraxinieddu muore intorno alla fine dell’VIII – inizi VII mentre quello di s’Urachi, nella stessa epoca, si trasforma in un insediamento pienamente fenicio. I dati li abbiamo presentati nel 2005 e attendiamo ancora la pubblicazione; avrei preferito fossero già stati editi, visto che illustrato dati inediti e osservazioni e ragionamenti originali e inedite, che chiunque avrebbe potuto utilizzare senza neanche citarmi. Ma preferisco diffondere l’informazione anche se con il rischio di perdere la titolarità della stessa. L’area di Su Padrigheddu in realtà è stata “scoperta” tra il 1980-1982 tramite una prospezione di superficie. Ne venne data una rapida e immediata informazione nell’ambito di due mostre tenutesi a Cabras e in alcune conferenze. Nel catalogo delle mostre era previsto anche una scheda dell’insediamento e dei materiali, compresi disegni e foto. Purtroppo, pur avendo consegnato i testi quel catalogo non venne mai edito. Di quei dati venne data comunicazione nel 1984 in almeno tre pubblicazioni da parte di Gianni Tore, proprio con la menzione della necropoli, e nel 1987 da me. La datazione al VII sec. (oggi parlo di VIII sec.) venne avanzata sulla base delle conoscenze che allora si avevano della ceramica fenicia e, in particolare, delle anfore. Vorrei precisare che si tratta di dati provenienti da ricerche di superficie e non di scavo, e che non abbiamo corredi funerari veri e propri ma frammenti ceramici, alcuni dei quali sono tipici ed esclusivi di necropoli, mentre altri sono pertinenti all’abitato, nuragico prima e fenicio-punico e romano poi. Il contesto di Su Padrigheddu ha una piena continuità dal Primo Ferro nuragico sino all’età romana, mentre la parte del nuraghe, oltre alla struttura del Bronzo Medio (?) – Recente, la struttura in opera isodoma del Bronzo Finale (datazione risultante dagli ultimi sondaggi) ha materiali in continuità sino all’età romana, anche se latitano, salvo qualche, eccezione i materiali fittili nuragici (tieni conto che lo scavo è ancora su strati punico-romani). Posso anche dire che tutti gli studiosi che lo hanno chiesto hanno potuto vedere direttamente i materiali, senza alcuna eccezione. La morte di Gianni Tore, dieci anni fa, interruppe il processo di lavoro che stavamo portando avanti. Riprendendo in mano i materiali alla ripresa degli scavi nel 2005, avendo assunto la direzione assieme ad Alessandro Usai della Soprintendenza, abbiamo ridato impulso proprio alla volontà di pubblicare tutta la documentazione degli scavi sino ad allora effettuati. Il che ha significato, per me riprendere in mano i dati di Su Padrigheddu, anche per la mia specifica competenza di quelle fasi. Riprenderli in mano, ormai, con le conoscenze emerse dalle stratigrafie di Sant’Antioco e di Sant’Imbenia in particolare. Il quadro si sta ampliando e l’unicità di S. Imbenia (e di s’Urachi) scompare, fortunatamente. Da qui la sequenza di miei interventi nei congressi scientifici: gli studiosi hanno avuto, praticamente in tempo reale, l’evoluzione della mia ricerca su questi materiali e in generale sulla prima età del Ferro. La pubblicazioni di quei testi è, ahimè al di fuori della mia volontà, e, credimi, non vedo l’ora che avvenga. Come ti ho già scritto stiamo predisponendo il volume con la pubblicazione dello scavo, che dovrebbe andare in porto l’anno venturo, anche perché sono in corso le analisi geologiche, comprese quelle dei materiali fenici e nuragici di Su Padrigheddu e di Nuraxinieddu, in parallelo. Nel frattempo sono state avviate quelle tesi di laurea e, in parte concluse, di cui ti ho parlato (ho dimenticato quella in campo geologico sulle analisi dei materiali). Le tesi di laurea terminate sono depositate ovviamente all’Università e al Comune di San Vero Milis e la loro titolarità è in capo a colui/colei che l’ha fatta, con i quali ho, appunto, condiviso lo studio dei materiali rinunciando a pubblicarli io, pur provenendo da mie ricerche. Quello che posso fare è, ovviamente, di insistere perché le trasformino in pubblicazioni, nelle quali questi giovani studiosi non si limitano a fare il catalogo, ma lo studio vero e proprio. Per quanto riguarda specificamente i materiali di Su Padrigheddu, essi entreranno a far parte della pubblicazione di cui dicevo, in parte studiati da me e da Alessandro Usai e in parte da una giovane collega. La volontà c’è, l’entusiasmo pure, mancano i mezzi, eppure pian piano ci stiamo riuscendo; in attesa dei finanziatori facciamo la strada un passo dopo l’altro. cordialmente
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alfonso alfonsostiglitz@libero.it |
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cavalier servente
Nuovo Utente
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Inserito il - 07/06/2008 : 15:00:04
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Caro Dottor. Stiglitz, con grande entusiasmo leggo che è nato un dibattito che finalmente esula da “tsunami, tsunamiti, shardana e fantarcheologi”: mi riferisco allo scambio di messaggi con Cicisbeo. Proprio questo mi porta ad intervenire e a manifestare solidarietà e comprensione a Cicisbeo. Cicisbeo scrive “È molto raro che uno studioso si confronti con gli altri attraverso canali come questo e soprattutto che accetti che persone che non conosce e che probabilmente non sono nessuno per dare giudizi, mettano in discussione il suo lavoro”. Dottor Stiglitz i più sinceri complimenti! Lei è uno dei pochi (insieme ad Alessandro Usai, Mauro Perra...si vedano gli interventi su www.manifestosardo.org) ad essersi messo in discussione, o meglio, che abbia messo in discussione i suoi studi e che abbia iniziato quell’opera di discesa dalle “torri d’avorio” che i vetusti accademici sardi, detentori del sapere archeologico identitario (qualcuno va doverosamente escluso) non si sono mai preoccupati di fare. Ammirevoli gli sforzi per tracciare nuovamente quella sottile, ma necessaria linea, tra scienza archeologica e mito, e ammirevole e degno di nota il coraggio di uscire allo scoperto e parlare di archeologia anche sui blog. Ma...ma...ma... Non è disdicevole fare divulgazione scientifica: anzi! Se la scienza medica non avesse avuto la giusta diffusione, ci sarebbero troppe persone in fila da Vanna Marchi piuttosto che in fila per un vaccino! La divulgazione costringe noi archeologi a dover sviluppare ipotesi di vita e di morte e ad affrontare con disgustosa semplicità la realtà materiale che ogni giorno studiamo e che vorremmo si deducesse dai fiumi di carta scientifica dove si riportano splendidi esempi archeografici (tavole e tavole di orli, fondii etc.) e pessimi risultati archeologici. Quindi vorrei invitare lei e tanti altri colleghi ad accettare, una volta per tutte, che la pubblicazione archeologico-scientifica non può essere soltanto la descrizione archeografica del dato archeologico rinvenuto (foto e disegni di materiali)! E’ finita l’epoca delle scoperte alla Schliemann, tanto più nell’epoca della comunicazione di massa! La presenza e il dato del materiale rinvenuto sono la doverosa “conditio sine qua non” non si possono fare ipotesi e ricostruzioni storiche, ma allo stesso modo L’ÌPOTESI E LA RICOSTRUZIONE STORICA SONO LA VERA ANIMA SCIENTIFICA DELL’ARCHEOLOGIA! Quindi è doveroso che i dati e le informazioni siano pubblici e fruibili per tutti gli studiosi, secondo lo stesso standard e senza i segreti militari ai quali il materiale archeologico è sottoposto (e non per ragioni di tutela!). La vera capacità archeologica sta nello sviluppare la migliore soluzione storica a parità di conoscenza del dato Poichè non voglio insistere sull’accurato elenco di sforzi e di fatica per lo studio e la pubblicazione, attraversati da lei e dal Dott. Usai e poichè non voglio sottolineare che 10 anni sono tanti...(spero che non si faccia la fine dei materiali di Antigori!), lancio una sfida a lei e a tutti quei pochi studiosi SERI che seguono il blog e la lancio a Lei, perchè in ogni caso rimane uno di quei pochi con i quali si possano scambiare ipotesi e ci si possa confrontare (non appartenendo nè all’Accademico Mondo nè alle estreme frange di tutela delle Soprintendenze), disposto a confrontarsi e a rispondere con educazione e modestia. Poichè le difficoltà e la fatica sono e saranno tanti, sarebbe disposto a sviluppare un confronto con altri studiosi, a parità di conoscenza del dato? Se anche altri studiosi potessero studiare gli stessi materiali di Su Padrigheddu e di S’Uraki nella prospettiva di una pubblicazione, quanta univocità avrebbero le vostre ipotesi storiche? Forse sarete in pieno accordo, o forse discordanti, o chissà... Qui si parrà la vostra nobilitate, e qui che dovrete dimostrare chi è più archeologo e chi è più archeografo: soltanto a parità di dati la scienza si può confrontare! Altrimenti il confronto è impari...e non avrà mai uno sviluppo, relegando l’archeologia a vetusto hobby di lords e sogno di giovani bramosi di storia che devono diventare vetusti per accedere al dato! Cordialmente Cavalier Servente.
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EdoSardo
Utente Medio
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Inserito il - 07/06/2008 : 17:53:13
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Tanta carne al fuoco, il mio parere è che nel panorama dell' archeologia sarda qualcosa sta cambiando in meglio. Le tesi dei giovani archeologi utilizzate dai titolari di cattedra o da ricercatori per i loro lavori finalmente vengono citate, prima non succedeva, basta guardare i lavori di sintesi che ben conosciamo e si ha sempre l' idea che il professore sia un genio e che le idee, i dati, la conoscenza dei monumenti e delle problematiche relative alle antichità sarde siano esclusivamente farina del suo sacco. Certo ci sono ancora tanti lati negativi, ma a piccoli passi si sta cambiando. Solo 15-20 anni fa non sarebbe mai nata la querelle tra Moravetti e Paschina, cioè il classico caso di "copia e incolla" ai quali avevamo ormai fatto il callo.
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Trambuccone
Salottino
Utente Senior
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Inserito il - 07/06/2008 : 18:53:48
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Alleluja alleluja! Veramente dei post molto piu' che interessanti.......
Come già detto e ripetuto qui e .... da altre parti, spero proprio che altri seguano l'esempio di Alfonso e vengano a discutere con noi. Qualcuno lo ha già fatto, altri stanno arrivando.......e spero ne arriveranno altri ancora.
T.
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Errare humanum est, perseverare autem diabolicum......et tertia non datum. |
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