Nota Bene: Gli Issohadores - con un corpetto rosso e pantaloni bianchi, panno frangiato, cintura di piccoli sonagli, lungo laccio ( soha ) e cappello nero ad ampia falda, si dispongono all'esterno, davanti, al centro e dietro, lasciando solo a uno il compito di coordinamento e di guida. La funzione esteriore appare quella di garantire lo svolgimento del rituale e di catturare prede, oggi prevalentemente femminili, con la soha . quasi a riaffermare e riproporre le modalità dell'azione che ha portato al dominio del gruppo che controllano
Io ogni tanto ci provo...mi mancano i maestri...anzi a dirla tutta ce ne sono anche troppi .... e scrivono tutti in modo diverso...che casino capirci qualcosa
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Con la solita tazza di caffè fumante in mano sto osservando Cala Fuili libera dal normale pienone turistico. Nessuna presenza umana nei dintorni solo i soliti gabbiani in volo sopra il mare. Oggi farò un percorso visitando i paesi più rappresentativi di quella parte della Sardegna che nemmeno i romani, con la loro potenza riuscirono a domare. Quella che allora era chiamata Barbaria, oggi Barbagia, il cuore dell’isola e probabilmente, le genti che più hanno mantenuto il rapporto con il passato, la culla della Limba Sarda. La Barbagia potrebbe essere considerata una Sardegna dentro la Sardegna. I popoli conquistatori, che si sono susseguiti nei secoli, non riuscirono a contaminare culturalmente questa parte dell’Isola, conseguenza all’asprezza del territorio e alla scarsa amabilità di questo popolo verso gli estranei.
Dorgali, Oliena, Orgosolo, Mamoiada e Fonni. I paesi più caratteristici che avevano, ed hanno tuttora, un’iterazione profonda con il territorio che hanno saputo rispettare nel tempo. I turisti cominciano a spingersi fino a queste località in occasione di qualche festa come Su Incontru ad Oliena oppure per ammirare le opere a Murales presenti sui muri delle case di Orgosolo. Ma prima di intraprendere questa nuova avventura una scappata a Cala Luna con un breve tragitto in barca. La spiaggia è gia piena di gente. Mi fermo solo una mezz’ ora, il tempo di fare due foto poi ritorno a Cala Gonone e risalito sul fido van mi metto in viaggio. Uscire da Cala Gonone non è facile. Ci sono auto che vanno in tutte le direzioni e in sosta ovunque. Immagino siano tutti a caccia di un parcheggio, bel modo di cominciare la giornata!!
Dorgali è il primo paese di questa tappa e il paese più visitato essendo vicino a Cala Gonone. Queste lande, testimoni di una storia millenaria, portano le tracce dell’uomo del passato che con la natura viveva a stretto contatto e ne traeva tutto il necessario per la sussistenza. Ora attirano anche i visitatori che amano scoprirne la cultura ma anche i prodotti degli artigiani locali; i visitatori sono anche attratti da ciò che questa natura sa raccontare sia nella parte montuosa sia nella bellezza delle coste. Da Cala Gonone ad Orosei è un susseguirsi di cale e scogliere, d’acque trasparenti di bellezze nascoste. Il turismo ha fatto in modo che si conservassero vecchi mestieri che altrimenti sarebbero scomparsi. Nelle strade del paese si possono trovare laboratori per la filigrana, la pelle e la ceramica. Produzione di coltelli e di tappeti e di oggetti in legno completano la varietà lavorativa di questo comune. Diversi i siti archeologici nel territorio dorgalese: il villaggio nuragico di Serra e Orrios e la tomba dei giganti di S’ Ena e Thomes, fra tutti. Lasciata Dorgali proseguo verso Oliena. Prima del paese una sosta alla sorgente carsica di Su Gologone e un’ altra breve fermata, qualche chilometro, dopo per vedere il santuario di N.S. di Monserrato. Il cancello è chiuso, riesco lo stesso ad entrare con un po’ di fortuna, per dare uno sguardo al sito.
Infine arrivo nel paese di Oliena, od Oliana. Questo ridente paese ha sempre avuto su me una certa attrazione. E’ molto piacevole percorrere il piccolo centro storico. Il centro è un continuo intersecarsi di stradine strette con entrate in piccoli cortili ( sa Cortes) ci sono anche diverse chiese, più o meno grandi. Un tempo era famoso per l’allevamento del baco da seta ma anche per il vino per il quale, si dice, D’annunzio avesse una predilezione particolare. Da Oliena si può partire per fare diverse escursioni fra le quali il Monte Tiscali, dove si trova anche un sito nuragico all’interno di una caverna. Nemmeno qui mancano i murales sui muri delle case. La piazza è impreziosita dalle sculture lasciate da alcuni artisti e un muretto a mosaico celebra la vita e il lavoro, soprattutto contadino.
Orgosolo, posizionato sul margine settentrionale della Barbagia è da sempre il paese dei pastori e punto di riferimento del mondo Barbaricino. Il paesaggio è tipico delle montagne della Sardegna. Molte sono le presenze della quercia ma altrettanto presenti sono le brulle e ampie distese a pascolo. La foresta di Montes, copre un vasto territorio comunale, circa 4.500 ettari, passeggiare sotto gli alberi centenari di lecci, ginepri, piante di corbezzolo eriche e felci, da una sensazione di viaggio in un tempo dove ancora abitudini e vita s’incontravano con la natura. “ Banditi ad Orgosolo” dette negli anni 60’ notorietà a questa località sarda che rappresentò il simbolo della cultura Barbaricinia come il canto a tenores che, si racconta, sia nato qui. Orgosolo è il paese della Sardegna che più mi affascina, le stradine che lo percorrono hanno un’aria d’antico sempre presente. Il paese è formato da rustiche case in pietra affacciate su vicoli di acciottolato e pietre lavorate nei quali ad ogni passo si possono osservare i Murales, veri capolavori di pittura, siano di autori sardi e non, ricoprono i muri delle case. Parole dipinte qualcuno le ha chiamate. Raccontano, alcuni di loro, la storia della tirannia, della povertà, scene di vita quotidiana, grandi conquiste civili. Sono ritratti uomini a cavallo, pastori e donne nei loro abiti tradizionali che compongono questo mosaico di storia, ma anche della dignità del popolo che vive in quest’angolo di Sardegna. Questa caratteristica Orgolese, risale al 1969, continua tuttora anche con riferimenti a fatti di cronaca. Se in un primo tempo i Murales rappresentavano la vita delle genti Barbaricine e per lo più parlavano delle lotte contro “ sa tirannia”. Col tempo i soggetti si sono modificati da una rappresentazione politica e sociale ad una di vita tradizionale come se volessero far conoscere i loro pensieri e le aspirazioni. Un’ alternarsi di vecchie case in pietra, qualcuna piuttosto malandata, altre rinnovate e restaurate, altre ancora solo intonacate per lo spazio necessario ad un dipinto. Arrivando nei pressi di un bar, vedo dei tavolini all’esterno. Delle persone sedute parlano fra di loro; alcune girano lo sguardo verso di me, o forse verso la signora anziana che mi precede di qualche passo, vestita di nero, con il caratteristico velo in testa. Qualcuno alza una mano, in segno di saluto. Dalla porta del bar esce una ragazza in pantaloncini corti e top. Tradizione e modernità, il paese dei contrasti ad ogni angolo di strada. Mi avvio per riprendere il van e ripartire. Esco dal paese e mi fermo su una piazzola di fianco alla strada. Di fronte ho Orgosolo e intorno i resti di un incendio.
Proseguendo per una strada tortuosa, dopo circa 11 km Mamoiada, la patria dei Mamuthones e degli Issohadores. Il percorso attraversa un panorama aspro ma bellissimo a vedersi. In qualche occasione le tracce dell’uomo si perdono fra gli alberi che la costeggiano ma qualche volta il segno è evidente in tutta la sua drammaticità quando passio in mezzo a boschi ridotti in cenere a causa degli incendi appiccati. Che siano frutto d’atti consapevoli o meno, questi tratti bruciati contrastano con il resto di questa natura antica. C’è qualcosa d’arcaico in queste montagne, nelle foreste. Una sensazione di natura impareggiabile e, come le popolazioni, avesse voluto seguirne l’esempio, restando come ancorata al passato nonostante il progredire delle stagioni, il passaggio del tempo e la mano dell’uomo. Posizionato sull’altopiano della Barbagia di Ollolai, Mamoiada è un borgo di antiche, se ne parla nel 1770, tradizioni e cultura. Reperti archeologici di grande importanza sono stati trovati nelle vicinanze del borgo alcune lastre istoriate con cerchi concentrici e coppelle, fenomeno a dir poco, sconosciuto in Sardegna, ma diffuso in tutta l'area celtica. Reperti considerati unici nell’area Sarda, e la diversità è evidente con gli altri menhir e lastre ritrovati in diverse parti dell’Isola. Le coltivazioni a vigneto sono fittamente presenti lungo la strada fino al paese. All’entrata una grande maschera di Mamuthones da il benvenuto a chi arriva. Il borgo è molto conosciuta per il suo carnevale (carrasegare) le cui maschere rappresentative sono i mamuthones e gli issohadores. I primi portano un largo giaccone di pelli di pecora, una maschera di legno di colore nero che copre il viso. La caratteristica che più si nota sono i campanacci che portano sulla schiena e che fanno risuonare saltando ritmicamente mentre percorrono, come in processione, le strade del paese con l’intento di scacciarne gli spiriti maligni. Solitamente il numero dei mamuthones è di dodici individui, nei quali ognuno rappresenta un mese dell’anno, ma molte volte sono anche di più. I secondi. Gli Issohadores, sono vestiti di bianco e rosso, portano una “ berritta” legata sotto il collo da una fascia nera che ferma il caratteristico copricapo, e danno il tempo della danza ai mamuthones. Alcuni di loro armati di lacci tentano di catturare le persone che seguono dai lati della strada la manifestazione. Una visita alla chiesa, con la caratteristica cupola, dedicata a S. Chiara. E’ mezzogiorno passato e dalle finestre arriva il rumore delle stoviglie, della gente che parla mentre mangia. Mi fermo in un bar nella piazza, un vigile mi fa spostare il van che non è proprio parcheggiato bene. Ordino un panino e una bibita, per oggi va bene così. Dopo aver bevuto un caffè riprendo la marcia verso Fonni. Provenienti da Mamoiada, Fonni compare sulla sinistra della strada, appoggiato alle falde del Gennargentu quasi come una sentinella e rende straordinario lo scenario nel quale è inserito. Il nome, probabilmente deriva dal latino Fons, che significa fontane (ed a me le fontane servono assai) ma anche da – phanna – che in fenicio significa bellavista o di bell’aspetto. Altri fanno risalire Fonni alla vecchia città di Sarabile distrutta prima dell’avvento dei romani della quale sono ancora presenti le tracce. Vicino al paese il bacino del lago Govossai. La storia di Fonni parte dal primo millennio: il paese in origine crebbe intorno alla chiesa di S. Giovanni Battista. Dopo questo primo nucleo ne nacque un altro intorno al convento di S.M. dei Martiri. Caratteristiche le abitazioni dei contadini e dei pastori ancora visibile nella parte vecchia del paese con i tetti di “Isciandula” come le case romane Altre case abitate un tempo da nobili - sos meres – avevano due piani con scale interne. Altre costruzioni, degli inizi del 700’, hanno uno stile spagnolo e barocco. Purtroppo negli ultimi anni è avvenuto un vero e proprio disastro urbanistico. Nel territorio del comune moltissimi i reperti archeologici ritrovati. Soprattutto –pedras fittas – o menhir che parlano di un antico culto delle fertilità. I più antichi potrebbero avere oltre 5000 anni. I nuragici sono presenti con le Domus de Janas e frammenti di piatti, orci e otri per l’acqua. Tutto il periodo prenuragico e nuragico è presente nella storia fonnese vale a dire all’incirca dal 2000 a.C. al 240 circa a.C. Come in molta parte della Sardegna il cavallo ha sempre avuto una posizione di rilievo nella vita degli Isolani è quindi abbastanza normale che anche nelle feste patronali e non, i cavalli avessero una loro collocazione. Il Gennargentu, che è stato anche un po’ spettatore del film “la Bibbia” di Huston, domina e protegge con le sue rocce questi paesi straordinari come straordinaria è la gente che li abita. E, girando nelle stradine non mi sorprenderei se ad un tratto vedessi Efix, con il suo passo lento e strascicato, con sa bertula buttata in spalla, scendere per una stradella costeggiata da muretti a secco e fichi d’india, per fare visita alle sue dame. Il sole sta calando dietro i contrafforti del Gennargentu. Riprendo la strada percorrendola lentamente e guardando le cime ancora rischiarate dagli ultimi raggi proseguendo verso il Passo Corr ’e boi (o Arcu e’ Corr’ e Boi) dove ho intenzione di passare la notte. Gia le prime stelle luccicano in questa splendida serata montana. Ho cenato su uno dei massi che disseminati sul pendio. Il silenzio intorno, qualche aereo passa sopra lasciando le scie illuminate dalla luce rossa del sole ormai scomparso. La sagoma della Perda Lliana, in lontananza, si confonde nel buio della notte, le stelle occhieggiano, dal van arriva un sottofondo di musica new age, la sigaretta fra le dita, ormai spenta senza nemmeno fumarla. Sono momenti d’assoluta quiete interiore. Strano effetto, per uno che come me durante l’anno si affanna a correre da una parte e dall’altra come se tutto mi girasse intorno. Quella sensazione d’essere indispensabile, in molti casi falsata da troppa autostima, diventa ridicola ed inconsistente vivendo questi attimi. Come diventa ridicolo il correre, l’affanno per arrivare a fare tutto, e anche di più. Come perdono d’importanza e di valenza certi atteggiamenti e pensieri. E quanto è lontano quel mondo. Ma adesso è tempo di dormire. Buona notte.
Modificato da - Tharros in data 12/05/2011 09:33:15
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Non è venuto come volevo...ho avuto dei problemi a postare le foto per errore ne ho messo anche una doppia. Aspetterò qualche giorno per la seconda tappa di questo giro..magari i problemi si risolvono da soli!!
Molte delle foto che non sono riuscito ad inserire sono in questa clip..nel caso...
Modificato da - Tharros in data 12/05/2011 09:51:10
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Grazie Maria...il fatto è che quando volevo postare una foto con image la caricava ma poi non si vedeva nel post..alcune si sono caricate ma poi scomparivano...una guerra!!
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A lanusei ci sono stato due volte. Una passando con il trenino e una in auto.. Qualcosa bisogna pur sfiorarla ma solo per lasciarla indietro per un'altra occasione!!
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Grazie Maria...il fatto è che quando volevo postare una foto con image la caricava ma poi non si vedeva nel post..alcune si sono caricate ma poi scomparivano...una guerra!!
Alba in mezzo ai monti. I profili delle montagne contrastano contro il cielo che sta rischiarando. Dormito come un sasso, questa notte, se anche qualche auto è passata non l’ ho nemmeno sentita. Colazione e in viaggio. La strada scende tra boschi di lecci e querce. Mentre procedo non ho ancora deciso che cosa fare e che direzione prendere. Ci sono dei posti che non ho ancora visitato. In effetti, a diversi chilometri da qui c’è Sorgono che non ho visto. Però questo mi porta ad allontanarmi e penso che domani non potrò andare alla Maddalena come avevo previsto. Però la Maddalena è sempre lì, non scappa, ci andrò più avanti. Ho telefonato in agenzia e fatto spostare la data del rientro di una settimana. Farò ancora qualche giorno di viaggio poi mi fermerò a fare vita da spiaggia per i rimanenti. Continuo in direzione di Desulo e Tonara dove non farò sosta e punterò dritto su Sorgono. Sono 35 chilometri, più o meno ma ho la possibilità di vedere un altro scorcio di Barbagia prima di entrare, più o meno all’altezza di Tiana nel Mandrolisai. Proseguo con la solita velocità, il traffico è quasi assente. Sorgono è uno dei paesi citati anche da D.H. Lawrence nel suo libro See and Sardinia. A me quel libro non è piaciuto molto. L’ ho trovato, in certe sue descrizioni, piuttosto snob, soprattutto verso l’ospitalità che lui cercava nei vari alberghi lungo il suo percorso. C’era in lui il vezzo di dare dei soprannomi a coloro che incontrava, come poi si addice agli Inglesi. Devo dire che alcune sue descrizioni sono molto ben fatte e riescono a dare una buona idea di quello che la Sardegna era in quei tempi. Lascio il van nel parcheggio davanti alla chiesa e passeggio per il paese scattando qualche foto. Vista l’ora vado a prendere un altro caffè e li, una cortesissima barista, m’ informa che qualche chilometro più sotto c’ è un santuario dedicato a S. Mauro. mi avvio giungendovi dopo cinque minuti circa. Parcheggiato il van davanti a me una strada lastricata in pietra, corre in salita per qualche decina di metri alla cui fine scorgo dei tetti e quelle che sembrano delle tettoie assai sgarrupate. La prima impressione è che fossero delle ex stalle. Sono aperte sul lato anteriore, sulla destra invece ci sono quelle che una volta dovevano essere le cumbessias, si vede bene che la mano del tempo è caduta anche su loro. Giro tutt’intorno al santuario. Non posso entrare, il portone è chiuso.
Modificato da - Tharros in data 13/05/2011 14:38:02
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Riparto da S. Mauro, fino ad avere una veduta sul lago Omodeo e poi ripercorrendo parte della strada fatta antecedentemente e a Sorgono prendo la strada in direzione Gavoi. Sono sempre attorniato da boschi, a volte sono sughere a volte piante di lecci. La strada è in pratica tutta una curva e procede sui fianchi delle montagne delle quali non riesco a scorgere le cime. Rasento alcuni paesi: Austis, Teti, Olzai ma senza fare alcuna sosta. Ho cambiato completamente la mia destinazione e come meta ho deciso per Capo Comino. Mi attende una cavalcata non indifferente per raggiungerlo. Mi piacerebbe arrivare prima di sera ma credo che sia impossibile con il tragitto che intendo fare. Mi fermo a fare qualche foto specialmente mentre costeggio il lago di Gusana. Prima di entrare in paese, sulla destra scorgo il borgo di Lodine. Gavoi è un importante centro agro-pastorale. Frequentato per il clima gradevole durante la stagione estiva, a maggior ragione oggi che sulle sponde del lago di Gusana sono nati alcuni centri sportivi, sia per quanto riguardano gli sport acquatici sia per le passeggiate a cavallo che si possono fare lungo i sentieri ippici che portano all’interno di territori ben difficilmente frequentabili. Nel centro storico, abitazioni dalle caratteristiche balconate di legno, piccole costruzioni in stile rustico, costruite con pietra di granito a vista. Il campanile della parrocchiale di San Gavino, uno dei monumenti più rappresentativi della Barbagia, domina il paese. Nei dintorni di Gavoi, sull’altopiano di Pratobello, fra distese di pascoli, s’ incontra il santuario della Madonna d’Itria, dove a luglio si svolge una festa a Lei dedicata, una delle più suggestive della Barbagia, con gare di cavalli (Sa Carrela) Poco distante dalla chiesa, un grande betilo, ed alcune domus de janas. Terminato il giro per il paese riprendo il viaggio. Passando accanto ad altri paesi la strada prosegue in leggera discesa e in poco tempo arrivo sulla 131dcn ne percorro qualche decina di km poi esco per raggiungere Nuoro. Come ho gia avuto occasione di dire non mi piacciono le città. Preferisco i paesi e i piccoli borghi mi danno più un senso d’umanità. In un centro commerciale, a Nuoro, prendo lo stretto necessario per la cena di stasera, se in qualche modo riuscirò a prepararla. La cena è per me il segnale che la giornata di viaggio è finita. Per pranzo mi accontento molte volte di mangiare qualcosa di sbrigativo ma la cena è un punto irrinunciabile, un momento di quiete che precede la notte, di azioni usuali fatte in modo consueto ma con emozioni diverse. Dopo una breve visita alla città e un salto fin sull’Ortobene, lascio Nuoro. La strada che percorro scende verso il fondo valle, passa sotto la 131 e poi s’ inerpica verso la sommità delle alture prospicienti la città.
Modificato da - Tharros in data 13/05/2011 14:38:57
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Il borgo, che intravedevo dal basso è Orune. Infatti è posizionato sui bordo dell’altopiano, in posizione molto scoscesa e domina la parte orientale del Nuorese. La strada gli scorre accanto e lo posso vedere in basso sulla destra. Proseguo ed il percorso è a tratti pianeggiante per poi scendere tortuoso fino al paese di Bitti. La posizione di Bitti è insolita. Le case sono quasi disposte ad anfiteatro e, nel raggiungere il paese la prima cosa che noto dalla strada è un insolito raggruppamento di chiese. Ce ne sono cinque nel raggio di 300 metri. La più grande è quella dedicata a “ Babbu Mannu” mentre quella vicina e più antica è dedicata a S. Stefano, ed è anche la prima che incontro quando, dopo la visita al paese, percorro la strada per una visita. Partendo da Bitti percorro la strada che mi porterà a Lula, un piccolo borgo conosciuto anche in epoca romana come centro minerario. Avvicinandomi vedo le pareti quasi azzurre del Monte Albo, attraverso il paese facendo una brevissima sosta e proseguo lungo la strada che prosegue in costa; per un primo tratto i pendii sono coperti da bassi arbusti ma poi spariscono lasciando il posto ad un panorama prettamente montano con ripidi prati e rocce sparse tutt’intorno. Sotto invece la vegetazione seppur rada, è ancora presente. Vedo anche degli allevamenti di piante, ordinate ed in fila. Queste montagne non sono sempre state così. Una volta la vegetazione era presente in modo massiccio, poi ci ha pensato l’uomo a disfare quello che la natura aveva fatto. Ora l’uomo stesso prova a mettere rimedio alle devastazioni ambientali del passato. Mi fermo in uno spiazzo vicino ad una casa cantoniera in evidente stato di abbandono. Mentre osservo il panorama, magnifico, che ho intorno, mi preparo qualcosa di veloce da mangiare e un buon caffè. La giornata è bellissima e tiepida, c’è una leggera brezza causa della quale ho dovuto mettere il gas al riparo dentro la “casa”. Nonostante tutto è ancora presto. Non sono nemmeno le tre e ho tutto l tempo di fare il giro che mi sono prefissato. Dopo circa 45 minuti rimonto sul van e ripercorro a ritroso la strada precedente fino a Bitti. Non è tempo sprecato perché certe cose che vedo non le avevo viste venendo. Ripassato Bitti la prima tappa è al nuraghe Loelle. Intorno ci sono solamente sughere mentre, dalla sommità del Nuraghe la vista spazia tutt’intorno su un territorio cosparso di massi di granito affioranti tra la vegetazione. Alcuni sono vere e proprie montagnole che si sollevano sopra le sughere per decine di metri. Il paese di Buddusò è caratterizzato dalle case in pietra di granito color grigio chiaro. Le cave di granito sono sparse numerose sul territorio ma adesso, per cause politico-economiche, delle quali non entro nel merito, molte di esse sono inattive. Lasciato alle spalle Buddusò, attraverso un altopiano cosparso di massi granitici e sughere, entrando in Alà dopo circa un quarto d’ora. Non ha attrattive particolari, come borgo e anche qui le case sono prevalentemente in granito. Fuori il paese, qualche chilometro dopo, giro a destra imboccando una strada che mi porterà sulla costa all’altezza di Posada. Strada tutta in discesa a volte anche piuttosto stretta, con molte curve; attraverso un territorio montuoso ricco di vegetazione con prevalenza di piante di cisto e lentisco. Vedo anche dei cartelli che indicano l’esistenza di paesini come Piras e Concas e, all’altezza di quest’ultimo, la valle si apre e ho la possibilità di avere un vista seppur parziale del lago di Posada. Ultimo paese Torpè dopo il quale raggiungo in pochi minuti la SS125. Sono le 18.30 percorro la strada della costa per una breve visita a Posada con la sua spiaggia. Posada potrebbe essere un insediamento romano chiamato Pheronia, ma non si è trovata documentazione a riguardo. Sul paese domina la Torre della Fava ed intorno casette basse, vicoli stretti e tortuosi. Poi verso sud, la Chiesetta e la Torre di S. Giovanni, S. Lucia ed infine Capo Comino con il faro e la bellissima costa frastagliata. Percorro in parte la strada sterrata che parte dalla piazzola dove termina il tratto asfaltato inoltrandomi per circa un chilometro e poi fermo il van, vista mare, in una piazzola erbosa poco distante dalla strada. Capo Comino è un posto, quando sono sull’Isola, non manco mai di ritornare. La costa in alcuni tratti è bellissima, costellata di bassi scogli che qualche volta rendono la discesa verso la riva un po’ avventurosa. Anche il mare nelle vicinanze è cosparso di rocce. E’ veramente un luogo nel quale dopo una certa ora regna solo il rumore del mare. Il vento leggero che soffia fra le basse piante di lentisco, la risacca, a volte sussurrata a volte il gorgoglio è più deciso quando le onde passano fra i bassi scogli ravvicinati. Non ci sono strade vicine, a parte una mulattiera sterrata, non ci sono costruzioni. Non ci sono luci che possano impedire la vista del cielo e la luminosità apparente delle stelle sembra più decisa, quasi fossero più vicine. Un viaggio vale da solo queste sensazioni e questo spettacolo. Oggi è stata una giornata lunga ma non faticosa. Ho fatto molti chilometri oggi, forse la tappa più lunga di questo viaggio. Per me viaggiare ha a che fare con la solitudine. Essa costringe, nel senso buono del termine, a conoscere e rapportarsi con le persone ed i luoghi in modo diverso, per piacere personale, non per dovere. Muoversi in compagnia, invece, cambia l’aspetto delle cose e il rapporto che ho con loro. Viaggiare, in un luogo che amo, è anche un viaggio interiore; uscire dalla propria vita e viverne un’altra per qualche giorno. Essere vero come dovrei essere sempre ma sempre è impossibile. Troppi dogmi, troppi abiti da monaco, troppe cose fatte solo per gli altri perché dagli altri richieste, anche se tacitamente. Oggigiorno o mi adeguo a quello che è lo standard o sono fuori. E’ come portare una maschera che qui finalmente posso gettare via. E anche oggi la giornata finisce con il mare. Buona notte!
Modificato da - Tharros in data 13/05/2011 14:51:01
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