Nota Bene:Seulo - Stampu Erdi. Si apre in un caratteristico canalone con due ingressi dai quali fanno capolino rigogliose felci che hanno suggerito il nome da attribuire alla cavità.
Gli abitati di Villanova Monteleone si ritiene siano originari di Monteleone Rocca Doria, da cui ha origine storicamente la nuova cittadina di Villanova: Bidda Noa de Monteleone, ossia città nuova di Monteleone. Fino al 1771 conosciuta come Villa nueva.
Tracce di storia
Il paese in origine sorgeva intorno al santuario di Interrios (dove oggi è presente oltre il santuario dedicato alla Madonna anche un'antica colonia di vacanze per ragazzi) a qualche chilometro dal paese successivamente avendo subito una grande e cruenta invasione moresca proveniente dalla base della località di Monte Cucu, situato sulla strada Alghero - Bosa. La battaglia fu molto cruenta, con morti e parecchi abitanti fatti schiavi, da cui il nome anche di "campu dolorosu". Gli abitanti per ragioni di sicurezza traslocarono ancora una volta su un costone più interno del loro territorio, denominato Santa Maria, e lì ricostruirono il paese. Sviluppatasi notevolemente quale centro di commercio e crocevia per le zone dell'interno, quali Montresta, Bosa ecc., Villanova divenne centro di comunicazione e passaggio per le città di Alghero e Sassari. Durante il XX secolo cresce sino a sfiorare i 6.000 abitanti, ma le successive emigrazioni la riducono alla popolazione attuale. Villanova sino a dopo la seconda guerra mondiale era sede di pretura, e di caserma mandamentale di carabinieri a cavallo.
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Turritano ha ragione: i Doria erano in gran parte sardizzati, anche se ovviamente avevano forti legami e interessi con Genova di cui mantenevano ancora la cittadinanza e svariate proprietà. Facevano soprattutto i loro interessi, divisi fra Sardegna e Liguria. Quanto a Chiaramonti, in sardo Craru, Claru, Tzaru sono varietà fonetiche della stessa parola, etimologicamente CLARUS, che significa sostanzialmente "senza vegetazione alta" e che quindi permette ampia visuale. Uno dei colli di Cagliari si chiama Monti Craru, italianizzato in Monte Claro, e a parte un recente rimboschimento, era privo di vegetazione; ora è un parco urbano ed è noto in archeologia per aver dato il nome di una cultura credo calcolitica individuata la prima volta a Monte Claro.
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La cultura di Monte Claro credo si riferisca al modo in cui si costruivano i vasi...Calcolitico o eneolitico sono lo stesso periodo storico e in Sardegna è il periodo in cui lentamente si abbandona l' ossidianta per l' uso dei metalli. Periodo 2.800-1.800 a.C.
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Monteleone Rocca Doria è un paese che vanta origini antichissime. L'elevato numero di nuraghi ubicati nella zona ed il ritrovamento di monete, di stoviglie e cisterne scavate nella roccia calcarea che testimoniano l'insediamento di diverse civiltà (romana, cartaginese etc.) Il paese conobbe il massimo splendore nel periodo feudale con l'insediamento dei Doria. Fu proprio in tale periodo che venne edificato il castello, dal quale dominarono per circa 3 secoli il vasto territorio, invadendo sovente quelli limitrofi di Sassari, Alghero e Bosa. Proprio la reazione a queste scorribande diede origine ad un assedio durato due anni da parte degli eserciti di quelle città e nel 1436 la roccaforte capitolò per fame. E’ situato nella Sardegna Nord-Occidentale, in provincia di Sassari in un rilievo tabulare (Su Monte) sulla cui sommità sorge il paese. Il territorio comunale è in gran parte occupato dalle acque del lago sul Fiume Temo, un lago artificiale realizzato nei primi anni Ottanta che ha trasformato radicalmente il paesaggio conferendogli un aspetto assai più vario con forme tipiche dell’ambiente lacustre, isolette, piccole lingue di terra, lunghi bracci che riempiono valli profondamente incise dai piccoli corsi d’acqua della zona. Questo nuovo ambiente costituisce un nuovo habitat per specie animali e vegetali. Sono presenti numerose strade vicinali, mulattiere e sentieri che conducono alle varie località del luogo.
Modificato da - Tharros in data 10/03/2010 14:18:55
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Teoricamente, l'origine del toponimo Arzachena sarebbe di origine preromana e a favore di questa tesi ci sarebbe una relazione tra alcuni toponimi sardi, quali Arzachena, Ardali, Bargasola, Libisonis, Scandariu, Sindia, Siniscola, Tiana e toponimi dell'Asia Minore, luogo dal quali si ipotizza possano essere giunti, in epoche antichissime, genti in cerca di nuove terre. Un'altra affascinante ipotesi d¨¤ al toponimo Arseguen un'origine greca, visto che gi¨¤ nell'Odissea viene citata la citt¨¤ di¦¡¦Ñ¦Ó¦Á¦Ê¦É¦Á a come capoluogo del popolo dei lestrigoni i quali avrebbero abitato questa porzione dell'Isola. In ogni caso, la pi¨´ antica documentazione del toponimo di Arzachena, nella forma Arsaghene, risale al 1421 nella Carta d'infeudazione concessa da Alfonso V di Spagna a Ramboldo de Corbaria.
Tracce di Storia
In et¨¤ preistorica, a partire dal V millennio a. C., si colloca il pi¨´ antico insediamento isolano legato alle culture portatrici del megalitismo, la cui identificazione ha dato origine al fenomeno culturale noto nel mondo archeologico come "cultura di Arzachena". In epoche successive, la dislocazione in prossimit¨¤ del mare e la disponibilit¨¤ e variet¨¤ di risorse naturali hanno reso il territorio particolarmente idoneo per l'insediamento di comunit¨¤ basate su un'economia sia di sussistenza che di sviluppo. In particolare, durante l'Et¨¤ del Bronzo, fra il XVI e il X secolo a. C., si constata un denso popolamento della zona documentato da un territorio costellato di insediamenti. Si assiste, inoltre, ad uno sviluppo dell'architettura nuragica distinta da forme di particolare maestosit¨¤, soprattutto nell'aspetto funerario: le tombe di giganti. Queste fanno capo ad estesi insediamenti costituiti da nuraghi sia semplici che complessi, attorno ai quali si sviluppano spesso villaggi particolarmente articolati (vedi, ad esempio, i complessi di La Prisgiona e di Malchittu). I materiali culturali che vi si rinvengono mostrano la partecipazione delle comunit¨¤ che vi risiedevano ad attivit¨¤ "commerciali" di scambio sia isolane che transmarine. In et¨¤ storica, dopo sporadiche e documentate frequentazioni puniche assume particolare significato la presenza romana, tanto da essere citata nell'Itinerarium Antoniano (una sorta di carta stradale dell'Impero) la stazione di Turibulum Minus, dislocata fra il golfo di Arzachena e l'attuale centro abitato. Come per molti dei paesi galluresi, all'origine della nascita della cittadina moderna ¨¨ la presenza della settecentesca chiesa campestre di Santa Maria Maggiore (attualmente denominata Santa Maria della Neve), attorno alla quale nel 1776, per volont¨¤ di Carlo Emanuele Filiberto, di Vittorio Amedeo III di Savoia e del Vescovo Mons. Francesco Guiso, prende forma il centro abitato dell'attuale Arzachena, che assume ben presto dimensioni ragguardevoli per un fenomeno di inurbamento e con l'arrivo di numerosi artigiani dall'entroterra gallurese. Verso la fine dell'Ottocento, il paese comincia la sua crescita di carattere economico, crescita limitata dallo stato di isolamento rispetto ai centri maggiori (Tempio Pausania, il suo capoluogo, Olbia e Palau) per mancanza di strade. Grazie alla tenace azione di un "Comitato pro-autonomia" costituitosi nel 1909 (853 abitanti), guidato dal giovane maestro elementare Michele Ruzittu e animato dagli arzachenesi pi¨´ facoltosi (proprietari terrieri, imprenditori agricoli, commercianti ed artigiani), il 4 febbraio 1922 segna la svolta col raggiungimento dell'autonomia comunale. La costruzione immediatamente successiva della strada Olbia-Palau ed i collegamenti stradali migliorati con Tempio pongono fine al proverbiale isolamento, consentendo l'avvio di un moderno processo di crescita.
Modificato da - Tharros in data 18/03/2010 06:45:48
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Il territorio Banari e' un piccolo paese del nord-ovest della Sardegna, in provincia di Sassari, esteso 2127 Ha. Ed una popolazione al 2004 di 658 abitanti. Fin dal periodo nuragico il territorio di Banari e' stato interessato dalla presenza umana; nuraghi e domus de janas ne sono la testimonianza. Da allora questa presenza e' stata costante, pur se le vicende storiche che si sono succedute hanno modificato le realta' in esso presenti e, sulle quali, seppur sommariamente daro' dei brevi cenni. E' storicamente accertato che nel territorio degli attuali comuni di Banari, Ossi e Florinas vi fossero 15 villaggi i cui toponimi si trovano nei vari censimenti spagnoli. Uno di questi villaggi era Cea (o Sea . o Seve), del quale resta la chiesa intitolata a S.ta Maria di Cea (o Santa Maria 'e Se) a circa 5 km. da Banari, sulla provinciale per Ittiri; questo villaggio risulta ancora abitato agli inizi del XIV secolo. L'insediamento romanico, costituito dalla chiesa e dall'annesso romitorio, e' stato negli anni scorsi interessato da una campagna di scavi. La presenza dei due fiumi (il Riu de s'Adde e il Rio Biddighinzu), varie fontane, documenti, la scritta gotica posta sul lato destro del portone della chiesa, la fertilita' dei luoghi, sono la testimonianza della presenza umana fin dall'eta' nuragica. In epoca medioevale faceva parte della curatoria di Figulinas, portata in dote da una parente dei giudici di Torres a Corrado Malaspina. Ulteriore conferma della presenza dell'ordine cavalleresco puo' essere la croce a forma di Tau posta sotto l'iscrizione indicante la costruzione (o restauro) della chiesa, con la data 1260; tale tipo di croce e' uguale al simbolo dei Cavalieri di San Giacomo di Altopascio; nonche', nelle vicinanze, sull'altro lato del fiume l'esistenza di una chiesa intitolata a Santu Jagu (San Giacomo), della quale resta il toponimo. L'importanza, anche economica, del villaggio di Cea ha fatto si' che essa divenisse un feudo, del quale fu investita una delle famiglie piu' importanti della Sardegna: i Castelvi', (con il titolo di Marchesi di Cea) e diede un posto nel Parlamento prima spagnolo e poi piemontese ai prelati insigniti del titolo di Abate di Santa Maria di Cea e di San Michele di Salvenero. Ai Cavalieri di Altopascio subentrarono i vallombrosani, per circa un secolo e che, grazie all'opera dei numerosi servi, realizzarono miglioramenti fondiari, costruirono vari mulini ad acqua, alcuni dei quali attivi fino alla fine dell'800, finche' la malaria, la peste e le invasioni saracene non costrinsero l'ordine ad allontanare gli ultimi frati. L'attuale centro abitato di Banari, fece parte della curatoria di Mejulogu e, gia' in epoca romana risulta abitata. Il suo nome (come quello che si trova in bolle pontificie: Vanari) ha dato luogo a varie interpretazioni personalmente ritengo che voglia dire "Villaggio sopra i fiumi" (anà-ry). L'attuale struttura urbanistica fa, in parte, intravedere quella medioevale: cioe' la presenza di due ville, una insistente attorno alla chiesa di San Lorenzo e l'altra a quella di San Michele (resta ancora nel ricordo dei piu' anziani la distinzione tra caffeari e groddini data da tempi immemorabili agli abitanti dei due rioni). Niente e' rimasto della struttura. originaria, infatti, dal XVIII secolo la chiesa di San Lorenzo e' stata interessata da continue modificazioni fino al presente stile neoclassico ed opera dell'architetto padre Canu progettista di altre chiese fra le quali l'imponente chiesa di San Pantaleo a Sorso. La primitiva chiesa, in stile romanico come quella di San Michele, venne ampliata la prima volta nel 1722 ad opera del Rettore Gavino Manunta che fece costruire a sue spese il presbiterio e la cappella dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. Nel 1732 fu la volta della cappella di S. Antonio, e nel corso del XIX secolo le altre, con il contributo di vari parroci ma anche con quello dei parrocchiani. Alla fine del 1597 e' da attribuire la costruzione del massiccio portone. Durante l'ultimo restauro e' stato riportato alla luce uno degli affreschi che abbelliva la chiesa. Alla chiesa e' annesso un civettuolo campanile a forma ottagonale. A qualche decina di metri dalla chiesa parrocchiale di San Lorenzo si trova l'Oratorio di Santa Croce, con una pregevole facciata in trachite rossa di Banari, sede fino ad una , cinquantina di anni fa della omonima Confraternita, la cui origine risaliva alla prima meta' del 500, dallo Statuto della quale (redatto in lingua sarda)si presume che, anche. a Banari fosse , stato presente in precedenza il movimento laico dei Disciplinanti bianchi. Banari offre al visitatore anche dei caratteristici esempi di edilizia civile costituita, sia dalla cosiddetta architettura povera, sia dalle costruzioni localizzate in "Carrela de sos Palattos" (la strada dei palazzi), sia nelle abitazioni ubicate nelle vicinanze della piazza di Santu Jagu, ove nel XIX secolo avevano la residenza commercianti ed artigiani, tali abitazioni, sono da considerare dei palazzi di tipo urbano, che si differenziano dall'archittetura povera, perche' in essi, costruiti in trachite rossa, appaiono fregi, cornicioni, anche di particolare pregio. Il territorio offre circa 1800 ettari di verde, con possibilita' di immergersi in una natura incontaminata. Vari csono i personaggi che hanno fatto conoscere Banari in Sardegna ed in Italia: Mons. A.M. Solinas, vescovo di Nuoro dal 1803 al 1812, Mons, Diego Marongiu Delrio arcivescovo di Sassari dal 1872 al 1905 che si distinsero entrambi nella difesa dei piu' deboli, Benedetto Arru, allievo di G. Marconi per vari anni direttore della radio vaticana, durante i moti antifeudali si distinsero alcuni membri della famiglia Solinas, che assieme alla famiglia Simon alla quale apparteneva l'allora abate di Santa Maria di Cea, furono tra i fondatori del partito democratico.
Il territorio Banari e' un piccolo paese del nord-ovest della Sardegna, in provincia di Sassari, esteso 2127 Ha. Ed una popolazione al 2004 di 658 abitanti. Fin dal periodo nuragico il territorio di Banari e' stato interessato dalla presenza umana; nuraghi e domus de janas ne sono la testimonianza. Da allora questa presenza e' stata costante, pur se le vicende storiche che si sono succedute hanno modificato le realta' in esso presenti e, sulle quali, seppur sommariamente daro' dei brevi cenni. E' storicamente accertato che nel territorio degli attuali comuni di Banari, Ossi e Florinas vi fossero 15 villaggi i cui toponimi si trovano nei vari censimenti spagnoli. Uno di questi villaggi era Cea (o Sea . o Seve), del quale resta la chiesa intitolata a S.ta Maria di Cea (o Santa Maria 'e Se) a circa 5 km. da Banari, sulla provinciale per Ittiri; questo villaggio risulta ancora abitato agli inizi del XIV secolo. L'insediamento romanico, costituito dalla chiesa e dall'annesso romitorio, e' stato negli anni scorsi interessato da una campagna di scavi. La presenza dei due fiumi (il Riu de s'Adde e il Rio Biddighinzu), varie fontane, documenti, la scritta gotica posta sul lato destro del portone della chiesa, la fertilita' dei luoghi, sono la testimonianza della presenza umana fin dall'eta' nuragica. In epoca medioevale faceva parte della curatoria di Figulinas, portata in dote da una parente dei giudici di Torres a Corrado Malaspina. Ulteriore conferma della presenza dell'ordine cavalleresco puo' essere la croce a forma di Tau posta sotto l'iscrizione indicante la costruzione (o restauro) della chiesa, con la data 1260; tale tipo di croce e' uguale al simbolo dei Cavalieri di San Giacomo di Altopascio; nonche', nelle vicinanze, sull'altro lato del fiume l'esistenza di una chiesa intitolata a Santu Jagu (San Giacomo), della quale resta il toponimo. L'importanza, anche economica, del villaggio di Cea ha fatto si' che essa divenisse un feudo, del quale fu investita una delle famiglie piu' importanti della Sardegna: i Castelvi', (con il titolo di Marchesi di Cea) e diede un posto nel Parlamento prima spagnolo e poi piemontese ai prelati insigniti del titolo di Abate di Santa Maria di Cea e di San Michele di Salvenero. Ai Cavalieri di Altopascio subentrarono i vallombrosani, per circa un secolo e che, grazie all'opera dei numerosi servi, realizzarono miglioramenti fondiari, costruirono vari mulini ad acqua, alcuni dei quali attivi fino alla fine dell'800, finche' la malaria, la peste e le invasioni saracene non costrinsero l'ordine ad allontanare gli ultimi frati. L'attuale centro abitato di Banari, fece parte della curatoria di Mejulogu e, gia' in epoca romana risulta abitata. Il suo nome (come quello che si trova in bolle pontificie: Vanari) ha dato luogo a varie interpretazioni personalmente ritengo che voglia dire "Villaggio sopra i fiumi" (anà-ry). L'attuale struttura urbanistica fa, in parte, intravedere quella medioevale: cioe' la presenza di due ville, una insistente attorno alla chiesa di San Lorenzo e l'altra a quella di San Michele (resta ancora nel ricordo dei piu' anziani la distinzione tra caffeari e groddini data da tempi immemorabili agli abitanti dei due rioni). Niente e' rimasto della struttura. originaria, infatti, dal XVIII secolo la chiesa di San Lorenzo e' stata interessata da continue modificazioni fino al presente stile neoclassico ed opera dell'architetto padre Canu progettista di altre chiese fra le quali l'imponente chiesa di San Pantaleo a Sorso. La primitiva chiesa, in stile romanico come quella di San Michele, venne ampliata la prima volta nel 1722 ad opera del Rettore Gavino Manunta che fece costruire a sue spese il presbiterio e la cappella dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. Nel 1732 fu la volta della cappella di S. Antonio, e nel corso del XIX secolo le altre, con il contributo di vari parroci ma anche con quello dei parrocchiani. Alla fine del 1597 e' da attribuire la costruzione del massiccio portone. Durante l'ultimo restauro e' stato riportato alla luce uno degli affreschi che abbelliva la chiesa. Alla chiesa e' annesso un civettuolo campanile a forma ottagonale. A qualche decina di metri dalla chiesa parrocchiale di San Lorenzo si trova l'Oratorio di Santa Croce, con una pregevole facciata in trachite rossa di Banari, sede fino ad una , cinquantina di anni fa della omonima Confraternita, la cui origine risaliva alla prima meta' del 500, dallo Statuto della quale (redatto in lingua sarda)si presume che, anche. a Banari fosse , stato presente in precedenza il movimento laico dei Disciplinanti bianchi. Banari offre al visitatore anche dei caratteristici esempi di edilizia civile costituita, sia dalla cosiddetta architettura povera, sia dalle costruzioni localizzate in "Carrela de sos Palattos" (la strada dei palazzi), sia nelle abitazioni ubicate nelle vicinanze della piazza di Santu Jagu, ove nel XIX secolo avevano la residenza commercianti ed artigiani, tali abitazioni, sono da considerare dei palazzi di tipo urbano, che si differenziano dall'archittetura povera, perche' in essi, costruiti in trachite rossa, appaiono fregi, cornicioni, anche di particolare pregio. Il territorio offre circa 1800 ettari di verde, con possibilita' di immergersi in una natura incontaminata. Vari csono i personaggi che hanno fatto conoscere Banari in Sardegna ed in Italia: Mons. A.M. Solinas, vescovo di Nuoro dal 1803 al 1812, Mons, Diego Marongiu Delrio arcivescovo di Sassari dal 1872 al 1905 che si distinsero entrambi nella difesa dei piu' deboli, Benedetto Arru, allievo di G. Marconi per vari anni direttore della radio vaticana, durante i moti antifeudali si distinsero alcuni membri della famiglia Solinas, che assieme alla famiglia Simon alla quale apparteneva l'allora abate di Santa Maria di Cea, furono tra i fondatori del partito democratico.
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Modificato da - errante in data 13/02/2011 14:54:02
Ragazzi la discussione è interessante ma potrebbe esserlo molto di più evitando il mero copia e incolla, meglio inserire del contenuto originale o comunque se trovate degli spunti interessanti su altri siti bisogna inserire la fonte.
Sarebbe utile anche inserire dei video, su you tube potete trovare di tutto e di più e in questo caso la fonte è già presente all'interno del video.
Grazie, Domenico
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