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Ithokor
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Inserito il - 08/05/2008 : 15:41:18
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Periodo storico da approfondire sicuramente... Mi chiedo ancora cosa si aspetti a pubblicare e tradurre il famoso "Proceso contra los Arborea"?? Gli storici per ora ne hanno pubblicato 2 tomi su 6 (o9?)... tradotti nessuno!! Sono una fonte preziosissima per comprendere quel periodo storico!
Sul rapporto Templari-Arborea, che ho avanzato, pour parler, devo direche mi ha incuriosito il fatto che nella chiesa di Sant'Antonio vi fosse un ospedale e una torre difensiva, che sono le classiche strutture in uso degli ordini crociati (Ospitalieri, Templari, Teutonici)....
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alessandra78
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Inserito il - 09/05/2008 : 13:22:40
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Ciao! E' vero Ithokor,il complesso di sant'Antonio ha molte analogie con le mansioni templari. La torre,poi,è molto interessante...innanzitutto è a base quadrata,cosa abbastanza rara in Sardegna,maggior ragione se si pensa che si tratta di un elemento estraneo a fortificazioni murarie (come ad esempio le torri di Iglesias). Inoltre,per quanto ho avuto modo di studiare,è un caso unico se la collochiamo all'interno di un complesso religioso. C'è anche un altro elemento che solitamente non manca mai,il pozzo,in posizione centrale rispetto al complesso.
http://img59.imageshack.us/my.php?i...torrebq2.jpg http://img254.imageshack.us/my.php?...mica2uk0.jpg
Leggendo i vari testi di Rassu,Delitala,Capone...nn si fa menzione di una presenza templare in queste zone...ma sicuramente andando in fondo al rapporto Arborea-Templari potrebbe venire fuori qualcosa di interessante...e in questo mi sarete sicuramente d'aiuto,come già lo siete stati...
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Ithokor
Utente Medio
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Inserito il - 09/05/2008 : 14:41:45
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Non vorrei dire stupidate Alessà, ma qualche studioso aveva azzardato la presenza in Baronia dell'Ordine di San Lazzaro (dei cavalieri lebbrosi) Dovrei doc. meglio...
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Ithokor
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Inserito il - 09/05/2008 : 14:47:16
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... molto interessanti le foto!! La torre in particolare, Wow!!
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alessandra78
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Inserito il - 09/05/2008 : 19:00:05
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San Lazzaro....mmmm..molto interessante...se scopri qualcosa fammi sapere!!!
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Ithokor
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Inserito il - 10/05/2008 : 15:49:41
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Scusate l'OT - ma è un riferimento per la presenza dell'Ordine di San Lazzaro tra Baronia e Barbagia...
http://www.geodorgali.it/ambiente/Sulcale.pdf
16. “SU LEPROSARIU”, SAN LAZZARO DEI LEBBROSI A DORGALI
La lebbra (sa lepora in sardo medioevale) ha sempre suscitato terrore eppure la Sardegna e l’Albania sono le regioni d’Europa dove vi è ancora una presenza seppur molto esigua di ricoverati con questo tipo di patologia. Piccoli focolai di infezione sono stati registrati nei decenni scorsi nelle aree stagnanti delle pianure costiere. Anche nel Medioevo si affrontava in qualche modo questa temutissima patologia. Secondo certi nei primi decenni del’XIII secolo fu fondato a Capua in Campania l’ordine cavalleresco di San Lazzaro per l’assistenza ai lebbrosi. Ma secondo altre fonti più accreditate la data di fondazione risale al 1119 a Gerusalemme. Questa istituzione si diffuse rapidamente in tutto il continente italiano. Uno dei suoi centri più importanti fu ad Altopascio (Artupau in sardo o Suacu in dorgalese) nella Repubblica di Pisa. E’ con la presenza pisana che si diffonde in Sardegna l’Ordine di San Lazzaro e che forse a Dorgali cessò tra alterne vicende fino al 1595 (sic. ! cfr. Massimo Rassu - Pellegrini e Templari in Sardegna - Artigianale). Però non si può escludere nemmeno che l’Ordine di San Lazzaro fu introdotto precedentemente da ordini monastici latini. Questi monaci latini, seppur dopo quelli greci, oltre che curare le loro proprietà ereditate nei secoli dall’immensa donazione terriera imperiale del Patrimonio di Costantino allora fornivano per la cura delle anime delle parrocchie dei piccoli villaggi presenti nell’agro dorgalese i pievani, sos probbanos (Villa de Durgale a Sa Serra-Dorgali: S.Cornelio e Cipriano, Donnicalia Sancti Stefhani Ichoris a Icorè-Isportana: S.Stefano, Villa di Stopeto a Iscopidana: S.Elena e Costantino, Villa di Siffilinu a Filine: N.S. d’Itria, Corte Monastica di Thulughi: S.Elisabetta, Villa de Muru: S.Bartolomeo, Villa Longhe a Iloghe: S.Pietro di Biriddo, Villa di Nuruli a Orrule: S.Basilio, Villa di Isarle a Isalle: S.Cristina, Villa di Dilisorre a Dilisorre: S.Pietro e S.Eulalia (Santa Lullia) più alcune possibili chiese oggi totalmente dimenticate per esempio quella di San Giovanni Portu Nonu, Portu è Onone, e il luogo di culto bizantino e mariano già allora rovinoso della Teotokes di Thulughi alle falde di Tului, entrambe sulla costa e forse qualche altra chiesa attribuita erroneamente dagli storici alla Tului sulcitana occidentale). La presenza pisana si contrappose per interessi economici a quella dei monaci latini e nel territorio dorgalese inizia nella seconda metà del sec. XII (15.10.1143) con l’insediamento di un funzionario laico e cioè il vicario dell’Opera di Santa Maria di Pisa (Su Vigheri de Pisa accezione ancora viva nella memoria orale dorgalese) nella Donnicalia della Villa di Santo Stefano de L’Igori a Isportana. La donnicalia aveva precisi limiti territoriali attorno alla regione di Icorè e comprendeva vigne, orti, selve e salti con i servi addetti ai lavori agricoli e agli armenti e pochi uomini liberi. La Donnicalia comprendeva probabilmente anche la chiesa di Santa Maria di Siena (Cresia è Sena). A L’Igori non vigevano le leggi giudicali ma quelle della Repubblica Marinara di Pisa e quindi si caratterizzava per la sua extraterritorialità rispetto alle leggi applicate nel più vicino centro di Dorgali. Il Vicario di Pisa si affiancava al locale Mayore de Villa e finiva per essere quasi una sorta di tutore a favore della Repubblica Marinara. Esso risiedeva con qualche armato preposto all’ordine pubblico in un “castello” che allora era il palazzo di governo (“Su Casteddu”). Allora Pisa, non aveva pagato il dovuto per il possesso della donnicalia, e quindi corrispondeva per saldare il debito una rata annuale ai vecchi proprietari, e cioè il clero secolare, in questo caso il Vescovo di Galtellì. Fu il Vescovo Bernardo del Vescovado di Galtellì istituito come suffraganeo di quello di Pisa a vendere il 15 di ottobre 1147 con apposito rogito notarile la “Donnicalia Sancti Stephani Ichoris”. E per farlo dovette allontanare i precedenti occupanti che erano forse da almeno un secolo dei frati latini forse vittorini, peraltro già succeduti alla cacciata dei monaci greci con lo Scisma d’Oriente (1054). Ma Pisa era insolvente e per attenuare le giuste pretese del clero secolare combinava sontuosi matrimoni tra pisani e persone locali appartenenti a famiglie influenti presso la chiesa locale, famiglie appartenenti alla locale nobiltà giudicale. La tradizione parla infatti di alcune sontuose feste con canti, sfilate e tornei di cavalli, alle quali partecipavano bellissime donne con particolari acconciature dei capelli venute da fuori, che si svolsero a Isportana, e non si può escludere che si trattasse proprio di qualcuno di questi matrimoni. Ad una di queste feste avrebbe cantato la famosa castellana affacciandosi da “Su Casteddu Ruiu” e ad essa si ispirarono le dorgalesi per la loro particolare capigliatura. Infatti a Isportana era presente un edificio fortificato, di origine nuragica e riattato in epoca bizantina, “Su Casteddu Ruiu”, i cui conci furono asportati nel XIX secolo per realizzare un palazzo signorile in Via Roma. Erano presenti oltre alle abitazioni degli abitanti i magazzeni per l’ammasso delle derrate destinate al commercio. Lontana un centinaio di metri dal centro urbano di Isportana più a Sud Est era presente quasi sull’alveo dell’omonimo ruscello la Cappella di Santo Stefano parrocchiale del paese. I pisani introdussero probabilmente allora la lavorazione dell’oro caratterizzata da una simbologia prettamente toscana quale il giglio. La presenza pisana, che a periodi si accavallò, con fasi belliche alterne, a quella Genovese, favorì il commercio dei prodotti locali, pellame, formaggi, vino, olio e persino la seta che ivi si produceva, che venivano trasportati a cavallo passando per “Iscala Omines” e imbarcati da Gonone. Qui era presente un attracco che non si può escludere a priori fosse proprio quello che i pisani segnalavano con il nome di San Giovanni Portu Nonu o Portunoni (Portu è Onone?) ubicato a “Sos Dorroles”. A Dorgali il corso d’acqua che attraversava il paese si chiamava Su rieddu de Santu Juanni a testimoniare la presenza di un edificio dedicato a questo Santo nel paese forse l’erede di qualche edificio religioso sulla costa. La presenza pisana fu preceduta nel XI secolo i cavalieri di San Giacomo di Altopascio ed i lazzariti esclusivamente per la gestione del Lazzaretto a Dorgali fondandovi un ospedale. Essi dipendevano dalla casa madre di Altopascio (Artupau o Suacu in sardo) nella Repubblica di Pisa che in Sardegna gestivano un altro ospedale in Provincia di Sassari. Infatti a Dorgali in prossimità del ruscello nel quartiere di “Suacu” è ancora presente ancora il sito di “Sa Lepora” (La Lebbra), oggi nel centro urbano, ma nel XI secolo in aperta campagna e oltre le modeste ma efficaci mura, almeno per il contenimento del bestiame domito, del piccolo centro abitato dell’allora Villa di Dorgali. I Lazzaretti venivano quasi sempre collocati extra muros per ragioni igieniche sanitarie. Chi aveva la sfortuna di essere colpito dalla lebbra, se sopravviveva all’inedia, conduceva il resto della sua esistenza bandito dal consesso civile. Gli anziani tramandano che fossero soprattutto i giovani a contrarre la malattia e che l’infermità si manifestasse con una precoce perdita dei capelli. Il modello di lazzaretto più diffuso era allora costituito da un’abitazione principale, il lazzareto, che possedeva un ampio terreno di pertinenza dove i malati potevano liberamente vagare e dove erano presenti delle grotticelle o delle casupole che alloggiavano i ricoverati. Non è dato sapere che tipo di trattamento fosse riservato ai malati ma conoscendo il terrore che questa malattia suscitava è probabile che malgrado fossero in qualche modo nutriti, a debita distanza dai frati per evitare il contagio, a loro potesse essere precluso avvicinarsi al personale preposto alla custodia il quale provvedeva alla fornitura del nutrimento dei malati. L’Ordine di San Lazzaro consentiva ai malati di restare ed anche autogestirsi coltivando la terra in questi centri ricoverati per tutta la loro esistenza dietro la consegna di tutti i loro averi. Il priore in quei tempi poteva anche essere un lebbroso. L’Ordine di San Lazzaro a livello nazionale fu assorbito nel XVI secolo dall’Ordine di San Maurizio dei Savoia e finì per cessare la sua attività originaria. A Dorgali essendo un piccolo centro vi era un unico lebbrosario ed un ospedale. Alla distanza di un giorno di cammino a piedi in genere sulle vie di transito principali erano presenti altri ospedali gestiti da ordini religiosi: S.Antonio di Urusè (Ospedale Sant’Antonio Abate di Vienne), S.Leonardo e S.Egidio di Locoe (Ospedale di S.Leonardo di Stagno?), S.Aronau di Olevani (vittorini o cassinesi). Nel 1838 il notaio Mereu effettuava a Dorgali delle riparazioni presso la sua abitazione e dopo aver tolto una lastra dall’uscio della sua casa ritrovò una medaglia dell’ordine di San Lazzaro con la scritta “+ Sigillum FratRIS TIBALDI ORDO MILITIE SanCtI LAZzARI IER…L…Osolymitani”. Questa medaglia della quale ci resta un disegno di Lamarmora che la visionò riporta la resurrezione di Lazzaro, in procinto di alzarsi da un sepolcro che si apre, attorniato da Cristo e tre figure oranti, sovrastato da un grande lampadario sostenuto al soffitto da due lunghe funi. Resta nella memoria orale collettiva, a Dorgali, il ricordo sfuocato che presso un’antica abitazione di Via Vittorio Emanuele, proprio quella recentemente restaurata a regola d’arte dal Senatore Macciotta, fosse un ospedaletto. Anche la presenza a Dorgali della Chiesa di Santa Maria Maddalena allora collocata in piena campagna nel bosco è un elemento storico importante perché questo culto è associato alla presenza di un lebbrosario di San Lazzaro e in essa si seppellivano i morti. Santa Maria Maddalena è la sorella di Lazzaro e già dall’Abbazia di San Vittore di Marsiglia nel X secolo d.C. iniziò la diffusione di questi due culti. Il Convento o eremitario che funzionava anch’esso da ospedale per altre patologie non coincideva topograficamente con il lebbrosario, “su Lepprosariu”. L’Ospedale, “su remitarzu- l’eremitario” che non coincideva con il lebbrosario che in realtà era più simile ad un odierno convento era ubicato dietro la Chiesa di sant’Antonio allora edificata (poi in quel quartiere seguirono nel 1380 San Cornelio e sempre in quel periodo l’Assunta) ed aveva anche altre attività come l’accoglimento dei viandanti (i a viatores in latino o los caminantes per gli spagnoli da cui il dorgalese esse semper a biatorra) in transito sulla strada (la via ubicata in prossimità dell’Ospedale ancora oggi si chiama Via del Pellegrino) e l’elargizione delle elemosine agli indigenti e del pasto caldo comune sia per i ricchi che per i poveri dal calderone comune (S’Ardarone). Quest’ospedale fu gestito dalla seconda metà del XI e fino alla seconda metà del XIV secolo dai Cavalieri del Tau di San Giacomo di Altopascio, dove “Alto Pascio” vuol dire Alto Ruscello. Nel 1341 il rettore di Dorgali si chiamava Daniel Casta e da Dorgali fu mandato a Siniscola alla Chiesa di San Giacomo. Il cognome sembra continentale e forse era un frate facente parte dell’Ordine di San Giacomo e pertanto si spostava da un’”obedentia” all’altra. Analogamente in un tempo immediatamente successivo un altro continentale Urgelesi assunse l’incarico di Parroco di Dorgali. Infatti i sacerdoti dell’Ordine di San Giacomo assumevamo anche incarichi rettorali. Come “Suercone” vuol dire recinto di sopra “Suacu” vuol dire ruscello di Sopra, come o da Alto Pascio, da qui si è originato il nome dell’omonimo quartiere dove era ubicato S’Ospidale Remitarzu de Santu Jacu de Suacu. Infatti come testimonia il Casalis Angius il ruscello si chiamava “Sa Lepora” e non Su ‘Acu, pertanto il termine “Suacu” è riferito al quartiere.
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