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UtBlocc
Utente Bloccato
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Inserito il - 14/04/2008 : 16:06:30
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Obbediscoooone ho uno da iniziare S'Agabbadora, deve essere interessante e poi poi....vedremo stradafacendo incontrerò tranquillo che mi offrià un ramo di cedro del libano
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Modificato da - UtBlocc in data 14/04/2008 16:09:16 |
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6169 |
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alamar34
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 14/04/2008 : 19:52:33
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| Andros ha scritto:
Quello scelto da me è del Valery, tratto da “Voyage en Corse, l’Île d’Elbe et en Sardaigne” (1837). L'autore parlando del paese di Cabras e dopo aver ammirato una ragazza vestita col costume tradizionale, così si esprime:
“Le contadine della campagna romana e le napoletane, celebrate fino alla noia, non sono degne di essere le cameriere delle ragazze di Sardegna per la ricchezza e la varietà degli ornamenti: perché ogni villaggio ha un diverso costume che ricorda i molti popoli che sono passati nell’Isola, dall’eleganza greca fino alla gravità spagnola. La regina Maria Teresa D’Austria, moglie di Vittorio Emanuele I…quando visitò Cabras rimase incantata dagli occhi, dalla carnagione, dalla statura e dalla linea delle giovani donne, che a suo parere potevano rivaleggiare con le stesse Georgiane, e come premio diede un bacio in fronte alla più bella”.
Un saluto. Andrea
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Questo è quello che avevo letto io sul libro Caccia Grossa: "Ma nulla di chiassoso, nulla di folle. Non è la gazzara del trescone nelle aie toscane, o il folleggiar scapigliato della tarantella nel languore di una notte napoletana: è la danza solenne di un popolo antico che in quell'accompagnamento di nenia, in quel muggito selvaggio, sembra celebri qualche misterioso rito pagano e sia spinto a danzare da un soffio di demenza divina"
Non è assolutamente uguale e ora controllo l'altra parte da te inserita Andrea
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Capo Caccia
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alamar34
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 14/04/2008 : 20:01:49
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| Andros ha scritto:
(…)Nel pomeriggio di questa stessa domenica, potrete veder danzare a Belvì, com’è d’abitudine. Per conto mio, ebbi la fortuna di ascoltarvi, sulla piazza, quattro cantori, ed il loro ritmo, il ritmo sardo, è certamente la musica più straordinaria che vi sia al mondo: chi l’ha udita non la dimentica mai. Questo non è più il suono della voce umana, è un brusio musicale che si gonfia, decresce, per poi gonfiarsi ancora. Talvolta una nota domina, sonora e pura, poi quella bassa prende a sua volta il sopravvento. A tratti le voci suonano all’unisono, mentre attraverso l’armonia sorda, un cantore sgrana frasi di melopea. Questo ritmo particolare, strano, difficile da comprendere, si potrebbe paragonare a delle cantilene arabe, accompagnate dai ronzii gravi di qualche canto sacro. Al suono di questa musica singolare, gettata ai venti di questa sera dai musici delle montagne, i giovanotti e le ragazze si sono “arrotondati” in un gran cerchio, attorno ai cantori. Poi le ragazze, tenendosi per mano, hanno formato un grazioso gruppo, ed i giovanotti un altro gruppo del tutto simile; dopodiché, le due “gioventù”si sono riunite da un lato, e, dolcemente, questa sòrta di cerchio ha ruotato avanzando, indietreggiando, regolando la cadenza sul ritmo delle voci. Tali sono il ritmo sardo e la danza del duru-duru." Un saluto a tutti! Andrea
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Per fortuna nemmeno questo che ho letto io sempre su "caccia grossa" è uguale, descrive in modo simile il ballo sardo :
"E mentre in piazza le signorie di Nuoro e Dorgali coi vestiti di carta e i cappellini giardinetto saltellano due giri di polca sullo strimpellio stridulo di un mandolino, i paesani si accoppiano, si allacciano in lunghe catene: è il tondo-tondo, il tradizionale ballo sardo. Cappucci rossi e scuffie bianche, fazzoletti ranciati e azzurri e bianchi, tramezzati dalle nere berrette, tutti stretti a braccetto, fianco contro fianco, spalla contro spalla, si chiudono in un largo anello compatto e screziato, ondeggiante in giro. Ben ferma la testa e il busto, agili le gambe, con grazioso ondeggiar di gonnelle sulle anche femminili, col tipico agitarsi dei larghissimi calzoni bianchi. Talora lo sgambettio diventa salto: qualche gruppo si slancia avanti e si ritrae, pur senza rompere la catena, senza turbare la ritmica frullana".
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Capo Caccia
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asia
Salottino
Utente Senior
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Inserito il - 14/04/2008 : 20:15:37
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"Avevo otto anni, non sapevo nulla della vita, avevo ascoltato la storia, non l’avevo capita, anche ora che la dico non so che senso abbia. Non conoscevo il significato delle parole eterno e increato (forse lo intuivo con vaghezza) rubate a conversazioni famigliari, mi gloriavo di essere ateo. Nell’isola era sinonimo di bandito, a otto anni ero abituato a essere guardato con sospetto, con diffidenza, con paura — molto tempo dopo, scoprendo di essere di stirpe ebrea marrana, oltre che sarda e genovese con sfumature arabe e catalane, ho immaginato che il sangue degli antichi erranti perseguitati vivesse in me facendomi apparire la diversità dagli altri come abituale e perciò non spaventandomi della solitudine che ne veniva, di rado mitigata da amici sempre esclusi dalla comunità perché diversi: scemi, figli di donne non sposate e di bagassa, istrangios e eversori."
Passavamo sulla terra leggeri. Sergio Atzeni
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Andros
Salottino
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Inserito il - 14/04/2008 : 22:27:31
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Giù il cappello per S. Atzeni! Ottima segnalazione, le tue scelte son sempre raffinate... Asia Ciao Andrea
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Andrea L. |
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UtBlocc
Utente Bloccato
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Inserito il - 15/04/2008 : 05:42:31
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Da Miele Amaro.
Ogni festa ha un fine, ogni campo ha un suo confine. Fuggono gli uccelli che ci rallegrano ma lasciandoci la speranza che ritorneranno, cadono al vento le prime foglie, di giorno in giorno più numerose: a poco a poco gli alberi restano nudi, e il vento affilato li brucia. Dunque l'estate se n'è andata, ma, nel timore dei giorni duri che non potranno mancare, contadino e pastore ascoltano un'altra volta contenti la pioggia che canta. Ritornano le nespole, le castagne, le mele cotogne, il vino nuovo, tutto ritorna, ed è una vera allegrezza questo miracolo che si ripete e che continuerà anche quando noi non ci saremo, ma ci sarà l'albero che avremo piantato e che avrà il nostro nome sulle labbra dei figli che l'avranno ereditato, ma ci sarà qualche volta uno che ci farà rinascere dando il nostro nome a un nuovo uomo, l'importante è lasciare un buon ricordo, come di uno che ha fatto qualche cosa per migliorare il mondo.
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Andros
Salottino
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Inserito il - 15/04/2008 : 06:24:49
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“Su patriota sardu a sos feudatarios”, altrimenti conosciuta come “Procurade ‘e moderare Barones sa tirania” del magistrato ozierese Francesco Ignazio Mannu, scritto nel 1795 e stampato clandestinamente in Corsica.
Ecco alcuni versi, secondo me, più significativi:
1 Procurade ‘e moderare Barones sa tirania, Chi si no per vida mia Torrades a pè in terra. Declarada est già sa gherra Contra de sa prepotenzia E cominzat sa passienzia In su populu a faltare.
Trad. Cercate di moderare, baroni, la tirannia, altrimenti, lo giuro sulla mia vita, tornate a piedi in terra! E’ già dichiarata la guerra contro la prepotenza, e nel popolo la pazienza comincia a venir meno.
2 Mirade ch’est azzendende Contras de bois su fogu, Mirade chi no est giogu, Chi sa cosa andat de veras, Mirade chi sas aeras Minettana temporale; Zente consizada male, Iscultade sa oghe mia
Trad. Badate che si sta accendendo l’incendio contro di voi; badate che non è uno scherzo, che la cosa stà diventando realtà; badate che il cielo minaccia il temporale; gente mal consigliata, ascoltate la mia voce.
24 O poveros de sas Biddas Trabagliade trabagliade Pro mantenner in Cittade Tantos caddos de istalla, Aboi lassan sa palla, Issos ragoglin su ranu, E pensan sero e manzanu Solamente a ingrassare.
Trad. Lavorate, lavorate, o poveri dei paesi, per mantenere in città tanti cavalli stalloni! A voi lasciano la paglia mentre essi si impossessano del grano e mattina e sera pensano solo a ingrassare.
46 Custa Populos est s’ora De estirpare sos abusos A terra sos malos usos, a terra su dispotismu Gherra gherra a su egoismu, E guerra a sos oppressores Custos tiranos minores Est precisu umiliare.
Trad. Popoli, questa è l’ora di estirpare gli abusi! A terra le cattive consuetudini, a terra il dispotismo! Guerra, guerra all’egoismo e guerra agli oppressori! Dovete umiliare [i feudatari,] questi piccoli tiranni!
47 Sino calqui die a mossu Bonde segades su didu, Como chi est su filu ordidu A bois tocca su tesser, Mizzi chi poi det esser Tardu s’arrepentimentu Cando si tenet su bentu Est precisu bentulare.
Trad. Se non lo fate, un giorno vi staccherete le dita a morsi! Ora che la trama è già ordita, spetta a voi tessere! Badate che poi sarà tardivo il pentimento. Quando [sull’aia] tira il vento favorevole, allora si deve separare il grano dalla pula.
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Andrea L. |
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alamar34
Salottino
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Inserito il - 15/04/2008 : 10:04:22
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Bellissime tutte le vostre citazioni Asia, Miss, Andros, mi fate venire voglia di leggere i libri che avete citato!
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Capo Caccia
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burrinka
Salottino
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Inserito il - 15/04/2008 : 21:18:07
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bello questo post!!!!bella idea!
brava alamar...
ho appena iniziato a leggere un libro di uno scrittore non sardo...ma ho ordinato il libro Supercarcere asinara... spero arrivi presto, non si trova così facilmente!
cmq...vi aggiornerò sui passi che mi colpiranno di più...
buona lettura!
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alamar34
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 15/04/2008 : 21:45:55
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Grazie Burrinka allora aspetteremo anche i tuoi interventi
A presto e buona lettura, io vado avanti a leggere "Caccia grossa", ormai l'ho quasi finito
A crasa! ciaooo
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Capo Caccia
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UtBlocc
Utente Bloccato
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Inserito il - 16/04/2008 : 05:56:23
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Da Miele Amaro
C'è un paese dove gli anziani, che ne hanno viste tante, quando l'annata è andata a rovescio, e la gente si mette a mormorare e peggio se ne stà attonita ad aspettare la morte......
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Andros
Salottino
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Inserito il - 16/04/2008 : 07:36:45
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Dalla retrocopertina di: Nereide Rudas, L'Isola dei coralli - Itinerari dell'identità.
L'isola dei coralli - luogo, simbolo e metafora - allude alla Sardegna e al moderno e complesso tema dell'identità del suo popolo. La memoria dei sardi, come una preziosa arborescenza di corallo, anzichè espandersi e dilatarsi all'esterno, si è inabissata, ramificandosi in um mare interno, diventando tenace e labirintica.
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Andrea L. |
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Marialuisa
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Inserito il - 16/04/2008 : 10:48:48
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" Nello spaventoso turbinio , c'era un punto fermo soltanto , ed era Nuoro . Nuoro era la realtà nel mondo , e i suoi occhi bovini la fissavano , non vedevano altro . Era la realtà morale , il luogo e il giorno del giudizio : la coscienza che si è fissata nelle pietre e nelle persone . Tutto il bene e il male che fai lo fai per Nuoro . Dovunque tu vada , Nuoro ti insegue , s'apposta come un brigante all'angolo della strada o come un esattore che vuole le sue gabelle ."
Il giorno del giudizio , Salvatore Satta .
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alamar34
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 16/04/2008 : 11:00:00
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Inquietante questa immagine di Nuoro ma molto bella! grazie Marialuisa e grazie anche ad Andros e Miss
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Capo Caccia
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goiana
Nuovo Utente
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Inserito il - 17/04/2008 : 17:36:39
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Non so definire la parola felicità. Ovvero non so che sia la felicità.Credo di aver sperimentato momenti di gioia intensa, da battermi i pugni sul petto, al sole, alla pioggia o al coperto, urlando ( a volte vorrei farlo e non si può, sarebbe giudicato segno di disturbo mentale) o da credere di camminare sulle nuvole o da sentire l'anima farsi leggera e volare alta fino a Dio (è capitato di rado). E' la felicità? Così breve? Così poca?
( Passavamo sulla terra leggeri Sergio Atzeni)
Questo libro è la mia bibbia...Ogni volta mi emoziona tantissimo.
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Spesso ciò che ci piace, piace quando è fatto, mentre si fa, dispiace. |
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