Nigel Mansell
Salottino
Nuovo Utente
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Inserito il - 18/11/2007 : 08:13:32
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MARIO, LA GIOSTRA E IL DIVANO…
La luce livida dello schermo che gli riflette sul volto estrae dal buio della stanza le sembianze di quello che si fatica a definire un uomo. Il viso si colora dei diversi lugubri colori delle immagini che scorrono sullo schermo. A volte, se possibile, l’espressione dell’uomo diventa ancora più spaventosa per via dei giochi di ombra che modificano in modo mostruoso i tratti della sua faccia, facendolo apparire terrificante. Ma è soprattutto a causa della degenerazione dei suoi tratti somatici, diventati oramai raccapriccianti, che la scena appare davvero paurosa: profonde rughe gli corrugano pesantemente la fronte, le guance cadenti e le borse sotto gli occhi gli hanno deturpato il viso, chi potrebbe ormai riconoscerlo in quello stato? Potrebbero piuttosto scambiarlo per il protagonista di Nosferatu, il famoso film dell’orrore in bianco e nero, tanto quella faccia appare pallida e disgustosa. Il suo aspetto trasandato denuncia lo stato di una persona all’ultima fermata, senza più speranza, al limite di ogni caratteristica umana, un qualcosa più vicino ad una bestia che a un cristiano. Da parecchi minuti la scatola infernale sta trasmettendo le esperienze di chi ce l’ha fatta, di chi è riuscito a dimagrire, mentre tutt’intorno un’orda di gente euforica accorsa nello studio, palesemente finta e a libro paga, sorridente applaude così tanto da dare l’impressione di spellarsi le mani, ma in realtà quella che si sente non è che la claque pre-registrata. E’ sprofondato nel divano da giorni, il suo corpo è un tutt’uno con le forme dei cuscini, ne è diventato parte integrante. Intorno bottiglie vuote ovunque, alcune riposte ordinatamente in fila, forse le prime a essere state scolate, altre rotolanti nel salotto e in parte dimenticate su di un tappeto sporco e spelacchiato. Un rutto gli fa sobbalzare il petto, così nonostante gli occhi aperti e fissi non avessero dissipato il dubbio, si riesce a comprendere che è ancora vivo. La barba lunga, i pochi capelli grigi e ispidi, che non incontrano le forbici di un barbiere da mesi, gli contornano il cranio dalla forma irregolare e lo fanno apparire come un ergastolano dimenticato da mesi nella cella di isolamento.
Ma che cosa fai Mario? Come ti sei ridotto, da quant’è che sei in quello stato, riesci a ricordarti da quanto è che hai deciso di smettere di vivere?
Dalla televisione, quell’euforia mielosa fatta di sorrisi di plastica gli si riversa addosso. Se la ritrova direttamente sul muso quella gente felice, con un salto a piè pari è come se fosse uscita dal video. Ora tutto quello schifo gli cola addosso, sulla barba incolta, sui vestiti luridi, già imbrattati dai resti di tutto quello che si è sbrodolato addosso. La felicità di quella gente è come una melassa dolce e appicicosa che lo invischia, non ha scampo, non riesce a liberarsene di quel sapore finto e dolciastro. Ce l’hanno fatta loro, sono dimagriti, ora tutti li vorranno, finalmente la loro vita migliorerà, hanno trovato il segreto della felicità! Era così facile, che ci voleva, la risposta era lì a portata di mano, bastava comprare quelle pilloline, solo cinquantanove e novantanove Euro: un affare, soddisfatto o rimborsato! Ma lui cosa può fare, è già magro, come si fa a rincorrere la felicità? Forse magari ingrassando per poi dimagrire? Balle, tutte balle, stanno rincretinendo la gente, con queste chiacchiere. Ma lui l’ha capito, eh sì se l’ha capito! Li ha mandati tutti a quel paese. Eh no! Lui non ci gioca più a quel gioco, è saltato giù dalla giostra! Girate voialtri se volete, lui si è fermato, proprio lì, sul suo divano, con la sua bottiglia: Ding-ding! Si scende! Ultima fermata, capolinea! Borbotta tra sé, vuole proprio vedere quanto andranno avanti senza accorgersene, comunque se qualcuno si stufa di girare, una bottiglia e un posto lì al suo fianco, lui non lo nega proprio a nessuno.
Quanti anni sono che sei vecchio? Da quant’è che non accarezzi più la pelle liscia di una donna, da quanto non la senti ansimare sotto di te? Dai alzati, tirati su, cerca almeno di capire se sei ancora vivo, ma sei ancora un uomo? Oramai non ti muovi da quel divano neanche per pisciare, cosa vuoi diventare, un animale?
L’uomo finalmente si tira su, si alza e fuga ogni dubbio: è vivo! Cerca il pacchetto delle sigarette, ha improvvisamente un bisogno sfrenato di fumare. Eccolo lì, trovato! Fruga avido nella confezione sgualcita con le sue dita luride dalle unghie lunghe, ma… accidenti, sono finite! Una folle rabbia gli monta alla testa, sentiva già il sapore della nicotina, si arma della prima cosa che trova, raccoglie da terra il portacenere che straborda di cicche e lo scaglia contro il televisore. In una pioggia di scintille seguite da un filo di fumo, le facce dei nuovi magri sorridenti spariscono per sempre… però addio anche televisione!
Dai lazzarone parassita, che cosa ti arrabbi a fare? Prendi una decisione, muoviti e scendi in strada a comprarle quelle maledette sigarette che tra l’altro ti stanno uccidendo. Non è forse una buona scusa per tirarti insieme e prendere una boccata d’aria? Dai, su, forza e coraggio, ce la puoi fare!
Un’informe figura, infagottata in più strati di vestisti logori e stropicciati per proteggersi dal freddo, si allontana dal divano dove ha lasciato il calco nei cuscini. Una volta doveva essere una vera sciccheria quel divano in similpelle nera, ora è veramente uno schifo, come tutta la sua vita, come tutto quello che c’è intorno. Si muove in maniera goffa per la stanza, non potrebbe fare altrimenti, dopo che ha sfasciato il televisore, ora è quasi completamente buio. Sembra l’orso stupido dei cartoni animati: ogni tanto urta qualche spigolo o qualche oggetto dimenticato per terra e allora bestemmia e invoca con un’incredibile varietà di epiteti un Dio che neanche più si sogna di pregare. In fondo questo è tutta colpa sua, pensa, chi l’ha creata, se non Dio, quella giostra maledetta e ora dovrebbe anche ringraziarlo? Cerca i soldi nel disordine del credenzino, quello vicino all’ingresso, di solito li abbandona lì non appena arrivano. Quella misera pensione finisce sempre in fretta, tra il bere, il fumo e le bollette arriva ogni mese alla pari, così quando anche i centesimi di rame sono irrimediabilmente finiti, passa il tempo immobile come una mummia, in casa, come sempre solo, al buio sul divano. Non si ricorda neanche più perché si ritrova in quella situazione, forse è stato da quando sua moglie lo ha lasciato, o prima, quando se ne erano andati i figli; ma no, adesso che ci pensa meglio è iniziato tutto quando è andato in prepensionamento; ma sì è stato da quando ha smesso di andare in ufficio: è dura da ammetterlo, ma non c’era proprio nient’altro nella sua vita. Eppure non era stato sempre così, era sempre in piedi prestissimo una volta, prima delle sette di ogni mattina era sempre lavato e sbarbato. Era sempre il primo, nella sua camicia pulita e fresca di bucato, alla fermata del tram. Lo dicevano tutti, era lui il più preciso in ufficio, i colleghi lo trattavano con rispetto ed attenzione. Ora per strada invece neanche lo guardano, gli occhi della gente lo evitano. Le persone hanno paura di lui, provano schifo, forse hanno il terrore di incrociare il suo sguardo: no, no, non ci vuole proprio niente a diventare come lui, basta lasciarsi andare! E’ molto facile, più di quanto si creda! Basta smettere di far finta di credere che tutto questo schifo funzioni, che tutto questo correre e soffrire possa servire a qualcosa, è su efficiente ammettere che l’imperatore è nudo come ha avuto il coraggio di gridare il bambino nella favola. La gente ha paura di questo, non vuole conoscere la realtà, anche se glie la sbatti sul muso, piuttosto la evita, fa finta di ignorarla. La gente ha paura di essere risucchiata, di trovarsi fuori gioco, esattamente come è successo a lui. E’ proprio così, ci si ferma solo un attimo, si scende dalla giostra per prendere fiato, solo un momento, solo un secondo per respirare una boccata d’aria fresca… eh sì ma gli altri non si fermano, mica ti aspettano, continuano a girare e tu sei a terra per sempre. Allora ti siedi sul tuo divano e li guardi. Li vedi girare felici e incoscienti, ma ripassano sempre dallo stesso posto, non è mica scemo, se ne è accorto lui. Girano sempre più veloci, vanno sempre più forte, ma dove? Ad ogni giro sono di nuovo lì, davanti a lui. Il trucco così è ormai svelato, dal divano lo ha visto, se ne è accorto! Lo ha scoperto! E’ stato come tanti anni fa, quella volta che aveva sbugiardato quel prestigiatore da quattro soldi alla festa dell’oratorio. Bastava fermarsi, era sufficiente scendere per svelare dov’era l’inganno: la giostra gira sempre su se stessa! E così non ce la fai più a risalire, a far finta di niente, a farti la barba ogni mattina, a fare il bravo bambino, a sorridere al tuo prossimo. Rimani lì fermo sul tuo divano, aspetti che succeda qualcosa, che qualcuno se ne accorga e la fermi quella dannata giostra, ma non accade mai nulla, e così passano gli anni.
Guardala lì, la vedi? Eccola è una banconota da dieci euro, è lì che ti fa ciao. Sei fortunato questo mese, qualcosa ti è ancora rimasto. E’ là, ma non la vedi, sotto quella stupida statuetta segnatempo a forma di gondola, ma sì quella che ti aveva portato tua figlia dalla gita a Venezia. Su prendila, ce la puoi fare, metti su qualcosa e scendi in strada a comprare le sigarette. Sono finite, questo è un dato oggettivo, non ti pare? Quindi ti devi muovere, se vuoi fumare!
Raccoglie da terra l’impermeabile sgualcito, chissà dov’è l’attaccapanni, ma in fondo è più comodo così… Era quello che aveva comprato per il matrimonio di suo figlio, ora non si capisce neanche più di che colore fosse. Oltretutto oramai è completamente inzaccherato, ma non se ne cura più. Ci da di stomaco sopra regolarmente e usa le maniche per pulirsi la bocca; ha un odore insopportabile, come lui del resto. E’ tardi, è ormai notte fonda, meglio così, non vuole essere visto da nessuno, sono solo pochi passi sino al distributore automatico di sigarette.
Dai schifo di un uomo, su, vedi di camminare almeno in una posizione eretta. Cerca se non altro di non fare paura a quella signora che sta arrivando, non sei capace di passare almeno inosservato? Dai, bravo, così, vicino al muro, ecco appoggiati un pochino se sei stanco. Ce la puoi fare vedi, ancora pochi metri e ci sei.
Dietro di lui passi veloci di anfibi, sono almeno dieci persone. Jeans stretti e bomber scuri, capelli rasati, svastiche, simboli celtici; ma lui non li può sentire, l’alcol l’ha ormai anestetizzato da tutto, dai rumori, dal mondo, dalla sua coscienza.
Guardatelo è uno di loro, sì è proprio uno di quelli, dai forza che lo prendiamo.
Il branco di imbecilli inizia a correre, i tacchi rimbombano sul selciato, ora lì sente, cerca di girarsi per capire cosa stia succedendo. E’ troppo tardi, in un attimo gli sono addosso, ora sono pugni, calci e legnate. Sente le sue ossa che si infrangono, qualcosa dentro che si rompe e avverte il sapore dolciastro del sangue che gli riempie la gola e che non lo fa respirare. E’ come nei film pensa, come aveva letto nei libri: quando stai per morire non senti nulla, è quasi un sollievo, è come se ti guardassi dall’alto. Adesso sente solo le voci di quei ragazzi che tutto sommato avevano la faccia da bambini che giocano a fare i cattivi.
Guardali come si riducono, noi li ospitiamo, gli diamo un lavoro, li accogliamo come dei figli e loro cosa sono capaci di fare? Niente! Proprio niente! Pensano solo a ubriacarsi, violentano le donne, ci rubano i soldi. D’altronde è gente inferiore, non hanno senso di colpa, a loro piace vivere così: però lo devono fare a casa loro, non qui! Eh no, se lo stato non ci difende allora ci pensiamo noi, prima gli italiani, poi questi animali. Vi rendete conto che mentre noi dominavamo il mondo, costruivamo gli acquedotti e il Colosseo, questi selvaggi neanche erano capaci di pronunciare il proprio nome? No, nessuno sentirà la sua mancanza, iniziamo a fare pulizia che se non ci pensiamo noi, tra un po’ ce li troveremo anche in casa questi delinquenti.
Intanto i colpi aumentato di intensità, il marciapiede si tinge di rosso, e quando gli rompono la testa come se spaccassero un’anguria. parte del suo cervello schizza sul muro.
Hai visto Mario, in fondo era quello che ti meritavi, come pensavi potesse andare? Ma sì, lo sai anche tu, alla fine hai sempre voluto che fosse così, tu non avresti avuto il coraggio di farla finita. E poi è vero, nessuno sentirà la tua mancanza, hanno ragione loro. Ti viene quasi da ridere però, tu, romano de roma da generazioni, scambiato per un extracomunitario o chissà cosa.
Ma sì, voi altri continuate a girare sulla vostra giostra, tu levi il disturbo, liberi anche il tuo bel divano in similpelle, se qualcuno si vuole accomodare…
Nigel Mansell
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