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jomaru
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 19/08/2011 : 13:47:11
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Cari amici sono mancato un pò dal nostro forum e siccome in parte questo è stato determinato da qualche visita di troppo ad ospedali "continentali", colgo occasione di (ri?)proporre un problema che riguarda tantissimi sardi: il favismo.
Se un medico ti sottopone all'anamnesi e sentito dire che sei fabico replica "Eh da quando?!" allora credo che ci si possa cominciare a preoccupare...
Il nostro forum ha il merito di raccogliere iscritti in tutta la Sardegna, ma anche in Italia e all'estero, per cui vi voglio segnalare il sito dell'Associazione italiana favismo, che oltre a fornire importantissime informazioni, si occupa di sensibilizzare la necessità di colmare il deficit formativo di molti operatori sanitari in merito all'esistenza di soggetti carenti di g6pd.
Ecco il sito dell'associazione:
http://www.g6pd.org/favism/italiano...?pgid=myhome
Il successivo link è invece un utilissimo depliant che ogni fabico dovrebbe avere sempre con sè, soprattutto fuori dalla Sardegna...
http://www.g6pd.org/favism/italiano/depliant.pdf
Grazie a tutti per l'attenzione Jomaru
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Tharros
Salottino
Utente Virtuoso
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Inserito il - 26/08/2011 : 15:21:42
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Magari fosse ancora Pitagora..lui si che la sapeva lunga sulle fave...
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E' sempre meglio sembrare stupidi tacendo invece di darne la conferma parlando!! |
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jomaru
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 28/08/2011 : 16:32:49
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| Tharros ha scritto:
Magari fosse ancora Pitagora..lui si che la sapeva lunga sulle fave...
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Esatto caro Tharros. Per certi versi potremmo definire "pitagorica" questa discussione!
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jomaru
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 19/09/2011 : 10:11:55
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La carenza di G6PDH è il più comune deficit enzimatico umano, presente in oltre 400 milioni di persone nel mondo, eppure il favismo viene collocato tra le malattie "rare". Ma cosa sono le malattie rare?
A partire dagli anni ’80 si è cominciato a trattare, sia in sede scientifica che programmatoria e di opinione pubblica, delle cosiddette malattie rare o malattie orfane. Le malattie rare sono condizioni morbose poco frequenti per definizione, ma anche poco conosciute, poco studiate e spesso mancanti di una terapia adeguata. Sono spesso chiamate "malattie orfane" perché poco appetibili alla ricerca sperimentale e clinica. Il razionale di raggruppare più forme morbose all'interno di uno stesso gruppo, con il determinante comune di avere una bassa prevalenza in popolazione, consiste nelle comuni problematiche clinico-assistenziali che le caratterizzano. La peculiarità delle malattie rare risiede nel fatto che esse richiedono un’assistenza specialistica e continuativa di dimensioni tali da non poter essere supportata senza un importante intervento pubblico. La rarità della malattia comporta un minor interesse della ricerca, eziologica e patogenetica, una maggiore difficoltà nel descrivere la storia naturale con le sue possibili varianti, nel progettare ricerche cliniche, un minor mercato capace di ammortizzare i costi di una ricerca farmacologica specifica ed infine una scarsa o scarsissima diffusione delle conoscenze comunque disponibili nella pratica corrente. In altri termini, la bassa prevalenza comporta un minor avanzamento delle conoscenze rispetto a quelle teoricamente possibili e soprattutto la non applicazione nella pratica corrente di quello che già si sa. I soggetti affetti si troverebbero pertanto in una situazione di doppio danno: il primo derivante dall’essere affetto da una patologia quasi sempre molto severa, il secondo dal non essere riconosciuti, diagnosticati e curati per quanto si potrebbe. Queste considerazioni hanno progressivamente portato a sostituire l’appellativo di "raro" con quello di "orfano", inteso come privo di attenzione e risorse. Sotto le spinte di tali considerazioni si è iniziato a destinare risorse, sempre più rilevanti, alla ricerca e all'assistenza di tali patologie. Questo processo si è verificato a partire dagli Stati Uniti, per coinvolgere poi praticamente tutti i Paesi occidentali ed in seguito persino le politiche planetarie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e molto recentemente anche l’Italia. Da queste politiche deriva la necessità di stimare con esattezza l’impatto in popolazione e nei servizi sanitari che il complesso delle malattie rare comporta. Tale impatto costituisce, infatti, il moltiplicatore di tutte le azioni o agevolazioni che eventualmente vengono riservate alle malattie rare.
In Italia si stimano circa 450.000 fabici, praticamente più della somma degli abitanti del Molise e della Valle d'Aosta: sarà il caso di rivedere il significato di "malattia rara" o cominceremo anche a parlare dei molisani e dei valdostani come di "italiani rari"?!
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maurizio feo
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 21/09/2011 : 09:35:16
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Caro Jomaru:
credo che il tuo intervento sia utilissimo e dolentissimo, al contempo. Utilissimo, inutile dirlo, perché so con certezza come dal lato dell'assistenza si viva il problema: spesso quella tabella con i farmaci permessi e quelli proibiti - ormai ingiallita e logora, per essere stata conservata a lungo, in un cantuccio del Reparto - viene buttata via proprio il giorno prima del ricovero di un paziente fabico, rendendo tutto inutile ed una nuova ricerca necessaria. La legge di Murphy colpisce sempre... Ogni paziente fabico dovrebbe sempre portare per prudenza con sé una delle liste che tu proponi, specialmente all'atto dell'entrare in un posto medico, qualunque. Certamente, l'episodio della domanda: "Da quando?" è tragicomica, ma credo anche a quello (putroppo). Molte malattie che sono ancora considerate impensabili in Italia, oggi, dovrebbero essere invece tenute presenti. Con l'arrivo di immigrati sempre più numerosi da paesi con endemismi inusitati, ma pericolosi e gravi, iniziano a comparire in Italia malattie che prima non c'erano, oppure non c'erano più da tempo, oppure assumono forme non abituali. Tutto sta a pensarci, a quelle malattie: mi sembra di ricordare che fausto Coppi morì di Malaria, che non esisteva più in Italia (ma lui era stato in Africa per un safari e se l'era presa lì...). I romeni vengono da un'estesa zona di endemie per tubercolosi e molti immigrati sono affetti dalla forma florida trasmissibile. I nordafricani portano spesso forme occulte di malaria, considerate oggi ancora trasmissibili. Eccetera. Gli esempi ce li offre anche la cronaca quotidiana, deformata ad arte, per inconfessati ma consistenti motivi politici ed economici, dai mezzi di comunicazione. Oppure, accentuati per semplice sensazionalismo, per vendere. Basta pensare alla campagna della stampa di scuderia, orchestrata in questi giorni contro il Policlinico Gemelli/Università Cattolica/Istituto Toniolo, per un caso di tubercolosi del personale (trasmesso dalla madre di un piccolo paziente), che ha prodotto infezioni a molti altri neonati... Molti altri esempi potrei citare, ma non è questa la sede, certamente. Le malattie orfane sono numerosissime: alcune sono orfane anche della Ricerca Farmacologica. La ricerca s'indirizza verso le malattie dell'Occidente, perché è lì che stanno i soldi. Le malattie del III Mondo - povero - non sono in grado di dare un ritorno economico. Ecco il meccanismo terribile per cui L'oncocercosi uccide ancora, dopo avere causato cecità e per cui tantissime malattie pericolose e mortali non sono combattute. Ma non possiamo dare tutte le colpe alla ricerca farmacologica, oppure ai medici. Oppure chissà. Ti dico l'esito di una mia visita ambulatoriale di ieri. Una signora di 77 anni, accompagnata dalla figlia, mi confessa un'incontinenza da stress, presente da qualche mese. La conforto, dicendole che esistono moltissimi rimedi. 1) le prescrivo una terapia medica, dicendole che la varieremo nel tempo, secondo necessità; 2) le consiglio di tenere quanto possibile vuota la vescica, urinando spessissimo anche in assenza di stimolo; 3) le illustro gli esercizi perineali di Kegel, dicendole espressamente cosa e come deve fare; 4) le spiego che - nel caso - esistono metodi strumentali per valutare l'efficacia reale e la correttezza dell'esecuzione degli esercizi (bio-feedback); 5) le accenno anche alla possibilità (in caso di inefficacia di quanto sopra) degli impianti stimolatori;
Alla fine, la signora mi domanda: ma me li prescrive i pannoloni?
Avevo parlato inutilmente per un'ora. La voce singola di spesa sanitaria italiana più grande non è data dai trapianti mono- o multi-organo; Non è l'emodialisi, o altro. La spesa maggiore - nella Sanità Italiana - è data dai pannoloni. Il quadro è deprimente.
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jomaru
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 23/09/2011 : 01:30:29
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"spesso quella tabella con i farmaci permessi e quelli proibiti - ormai ingiallita e logora, per essere stata conservata a lungo, in un cantuccio del Reparto - viene buttata via proprio il giorno prima del ricovero di un paziente fabico, rendendo tutto inutile ed una nuova ricerca necessaria. La legge di Murphy colpisce sempre... Ogni paziente fabico dovrebbe sempre portare per prudenza con sé una delle liste che tu proponi, specialmente all'atto dell'entrare in un posto medico, qualunque"
Caro Dott. Feo, grazie per il tuo intervento, la scarsa attenzione alla discussione mi preoccupa perché si tratta di un tema molto serio, che riguarda centinaia di migliaia di sardi. Spero almeno che molti abbiano almeno scaricato il depliant...
Non credi che quella benedetta banda magnetica della tessera sanitaria possa essere utilizzata per caricarci informazioni personali di vitale importanza, piuttosto che servire semplicemente per comprare le sigarette da un distributore automatico?!
Possibile che negli ospedali ci sia la payperview in camera, ma i reparti non abbiano sui pc un piccolo file che ricordi cos'è la carenza di g6pd con la relativa lista di farmaci controindicati?!
La domanda "Eh da quando?!" purtroppo non è frutto della mia fantasia, ma mi è stata rivolta personalmente da un medico ed è solo uno dei tanti casi di manifesta ignoranza degli addetti ai lavori sulla materia... figurati che il file dei farmaci proibiti io ce l'ho nel telefono, per evitare di non avere con me la lista in caso di imprevisti...
Speriamo che qualcosa si muova nella direzione giusta, anche perché Maurizio, è vero che giro parecchio l'Italia, ma se parlo di favismo fuori di casa è perché sto male e preferirei che in Continente ci fossero altri canali d'informazione a parte me...
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maurizio feo
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Inserito il - 24/09/2011 : 07:29:32
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Sì, sono d'accordo,Jomaru. Anche lo scarso interesse è deprimente.
Ma la carenza di G6DH non è "patrimonio" della Sardegna soltanto. Essendo uno dei tanti e vari meccanismi di difesa dei nostri sistemi contro la Malaria, la si riscontra in tutte le aree geografiche nelle quali, fino a non molto tempo fa, tale malattia da plasmodio era presente, insieme al suo vettore, la zanzara Anofele. La bonifica delle paludi, la battaglia contro l'anofelismo condotta dagli Americani (grazie a loro!) dopo la guerra mondiale e molte altre misure in seguito ne hanno ridotto quasi a zero l'impatto (anche se l'anofelismo in Italia esiste tutt'ora, il Plasmodio, almeno per il momento, non c'è). Ma nel nostro patrimonio genetico di popolazione è rimasta questa impronta: per esempio nel Ferrarese, nel Polesine, nelle ex Paludi Pontine, etc. come anche in tutte le altre zone precedentemente malariche della nazione, è rimasta una serie di anemie geneticamente trasmesse, o di anomalie enzimatiche: tutte hanno un significato protettivo contro le forme più gravi di malaria. In parole povere: in presenza di endemia o epidemia malarica, la carenza di G6PDH costituisce una difesa (come anche lo è la drepanocitosi), ma in assenza di malaria, si tratta invece di un fattore di debolezza che rende il soggetto meno resistente in un ambiente normale.
Un fenomeno analogo è quello sfruttato talvolta dai medici nei confronti dei ceppi resistenti di batteri. Infatti, i batteri "resistenti" non sono affatto più forti dei loro parenti "normali": sono solo geneticamente modificati con fattori di resistenza specifici che gli permettono di sopravvivere a sostanze che per i normali sono velenose. Appena si sospendono gli antibiotici e l'ambiente ritorna normale, tali fattori di resistenza si rivelano sfavorevoli ed i ceppi resistenti - meno adatti ad un ambiente "normale" - scompaiono.
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jomaru
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 24/09/2011 : 13:19:19
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| maurizio feo ha scritto: Ma la carenza di G6DH non è "patrimonio" della Sardegna soltanto.
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Infatti Maurizio, la maggior parte degli italiani si divide in due gruppi: quelli che non sanno cos'è il deficit di g6pd e quelli che credono sia una "malattia sarda"; in realtà -come ho scritto precedentemente- nel mondo ci sono centinaia di milioni di fabici e per rendere meglio l'idea della loro distribuzione globale allego questo link:
http://www.gs-im3.fr/G6PD/G6PDepidemio.jpg
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maurizio feo
Salottino
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Inserito il - 24/09/2011 : 15:52:43
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Mi sono scordato di aggiungere che quello che distingue i Sardi è la loro composizione genetica (propria di un "isolato genetico" e come tale differente da chiunque altro nel mondo) persino negli stessi geni - ad esempio - della Beta-Talassemia. Ma questo è realmente un altro discorso, anche se sì, certamente riguarda solo i Sardi... Bello lo schema che proponi.
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jomaru
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 24/09/2011 : 17:09:51
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| maurizio feo ha scritto:
Mi sono scordato di aggiungere che quello che distingue i Sardi è la loro composizione genetica (propria di un "isolato genetico" e come tale differente da chiunque altro nel mondo) persino negli stessi geni - ad esempio - della Beta-Talassemia. Ma questo è realmente un altro discorso, anche se sì, certamente riguarda solo i Sardi... Bello lo schema che proponi.
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Esatto, mentre scrivevo sul favismo, avevo in mente proprio "Orizines", in cui è brillantemente illustrato lo studio sull'isolato genetico proprio dei Sardi.
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maurizio feo
Salottino
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Inserito il - 26/09/2011 : 06:24:29
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@ Jomaru:
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CodicediSorres
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Inserito il - 26/09/2011 : 19:48:31
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Interessanti tali questioni. Ma il favismo, o cmq le alterazioni (quelle citate sopra)simili, in teoria non dovrebbero avere maggiore diffusione in Europa e nel resto del pianeta? Rispetto alle statistiche ufficiali attuali. Mi sarei aspettato una percentuale planetaria del 30 o 40 % . Ma cmq non sono esperto di tali questioni nello specifico.
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jomaru
Salottino
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Inserito il - 26/09/2011 : 20:31:15
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| CodicediSorres ha scritto:
Interessanti tali questioni. Ma il favismo, o cmq le alterazioni (quelle citate sopra)simili, in teoria non dovrebbero avere maggiore diffusione in Europa e nel resto del pianeta? Rispetto alle statistiche ufficiali attuali. Mi sarei aspettato una percentuale planetaria del 30 o 40 % . Ma cmq non sono esperto di tali questioni nello specifico.
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Perché ti saresti aspettato una percentuale planetaria del 30 o 40%?!
Il favismo è diffuso soprattutto in Africa (nei Bantu raggiunge una frequenza del 20%) ma si riscontra spesso anche nelle popolazioni dell'Asia meridionale e del bacino mediterraneo, dove in alcune zone (Grecia, Sardegna) raggiunge una frequenza variabile dal 4 al 30%. Tali altissime frequenze dipendono dal fatto che la malattia, come altri difetti ereditari di proteine intraeritrocitarie, conferisce una parziale resistenza alla malaria, risultando in definitiva un vantaggio selettivo per l'individuo eterozigote che viva in un'area di endemia malarica.
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jomaru
Salottino
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Inserito il - 29/09/2011 : 12:05:54
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Favismo: segreto della longevità?
Potrebbe sembrare un paradosso, eppure il segreto della particolare longevità degli abitanti della Sardegna potrebbe essere legato al favismo.
Un team di ricercatori dell’Università di Sassari ha recentemente scoperto che molti sardi ultracentenari hanno qualcosa in comune: la mancanza dell’enzima G6PD (glucosio6fosfato deidrogenasi), il cui scopo principale è quello di favorire il metabolismo del glucosio.
Nei centenari sardi, l’incidenza della mancanza di G6PD è due volte superiore rispetto ai gruppi di controllo. La scoperta è ritenuta dagli scienziati molto importante, perché è la prima differenza significativa mai rilevata tra coloro che riescono a raggiungere il secolo di vita e il resto della popolazione.
L’ipotesi degli scienziati è a questo punto chiara: potrebbe esistere un gene della longevità, al momento ancora sconosciuto, che interagisce con il favismo. In Sardegna 135 persone per milione vivono fino a superare il loro centesimo compleanno, mentre la media dell’occidente è di 75 persone per milione.
I centenari sono presenti in tutta l’isola, anche se vi è una particolare concentrazione nelle montagne dell’interno nella provincia di Nuoro, dove si raggiunge la strabiliante media di 240 centenari per milione!
Tra i suoi molti matusalemme, la Sardegna ha detenuto, il primato di ospitare l’uomo più vecchio del mondo, Antonio Todde, morto tre settimane prima di compiere 113 anni!
Situato nel cromosoma X, il gene del G6PD è stato oggetto di studi molto approfonditi. Il locus dell’enzima sembra davvero giocare un ruolo chiave nel permettere alle cellule di combattere lo stress ossidativo, fattore importante nel rallentare il processo di invecchiamento delle stesse.
Nei centenari sardi, l’enzima mal funzionante potrebbe interagire anche con qualche aspetto peculiare dell’isola, e a tale scopo gli studiosi stanno analizzando altri fattori, come l’ambiente, lo stile di vita, e la dieta, compreso il vino.
Non tutti i mali vengono per nuocere!
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maurizio feo
Salottino
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Inserito il - 29/09/2011 : 19:06:12
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Ma bravo! Mi hai colto impreparato... Guarda, jomaru: ti do il mio parere di medico - anche se non lo hai richiesto - perché 1) questo argomento è indubbiamente molto interessante; 2) per un po' non voglio parlare di argomenti che diano un qualsivoglia motivo al litigio.
Esposte come le esponi tu, le cose sembrano veramente dimostrare la tesi del rapporto diretto tra carenza di G6PDH e longevità.
Ma può anche benissimo non essere così, in realtà... In generale, anzi, non dovrebbe essere così.
Lascia che ti dica perché (): una mutazione, dovuta ad un fattore di pressione ambientale, in genere (regola di bàzzica che fino ad oggi si applica) rappresente un fattore di resistenza (cioé, più precisamente un vantaggio, per il portatore della mutazione) solo di fronte alla pressione ambientale stessa e fitantoché detta pressione perdura e si applica all'ambiente (danneggiando selettivamente i soggetti normali non portatori della mutazione indotta).
Appena il fattore di pressione ambientale termina (e l'ambiente ritorna normale), allora il precedente vantaggio della mutazione diventa immediatamente uno svantaggio selettivo ed i portatori ne traggono un certo danno, più o meno grave. Perché la mutazione non porti danno deve trattarsi di una mutazione indifferente, ma non mi sembra questo il caso.
Però () - è vero che le cose non sono mai troppo semplici - per cui è possibile che la carenza di G6PDH sia in qualche modo associata a qualche altra mutazione meno apparente e meno nota, che rende l'effetto globale così interessante...
Il che - me ne rendo benissimo conto - non dice molto di più di quello che hai già molto bene detto tu. Ma, almeno, non è in contrasto con quello che riporti: specialmente nella parte in cui richiami un "gene della longevità, al momento ancora sconosciuto"...
Tutti i cronisti (in genere non informati delle cose genetiche) cercano sempre di trovare una ricetta semplice, per la longevità: la dieta, l'aria limpida e pulita, una vita semplice e spartana, fatta con ritmi naturali ed una discreta attività fisica. Il risultato di questo è che - fino ad oggi - sono state trovate una decina di diete per centenari ( e a seguirle tutte insieme si schippa di sicuro ), e così via...
Da qualche anno è di moda il DNA: ne scrivono anche persone che non ne hanno la minima idea e che - se sbattessero il naso contro una molecola di DNA, penserebbero con fastidio ad una tela di ragno, tanto per capirci. Più in dettaglio, si aspettano che abbia l'aspetto di doppia elica mostrato negli schemi esplicativi (non è affatto così: è più un minuscolo intricatissimo groviglio, per il momento impossibile ad impacchettarsi in una cellula da parte dell'uomo), così come gli studenti del primo anno di medicina , come sugli atlanti di Medicina...
Sicuramente, esistono interazioni complesse, nel DNA. E certamente una vita sana e senza gli stress metropolitani aiutano molto un "buon" DNA.
L'uomo potrebbe vivere fino a 120 anni e più, dimostrandone 50-60: è una teoria che data oramai una decina d'anni...
Ma perché arrivi a superare il secolo, è prima necessario bloccare tutti (purtroppo sono molteplici) i geni dell'invecchiamento, tra cui quello che fa iniziare i fenomeni arteriosclerotici alla tenera età di 10 anni circa... Chissà, forse qualche blocco si verifica nella carenza enzimatica di glucoso-6-fosfato- deidrogenasi.
Beh, mi fermo qui, perché gira gira non dico molto di più di te: una notizia comunque affascinante, Jomaru! Ciao!
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Modificato da - maurizio feo in data 29/09/2011 19:12:35 |
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jomaru
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Inserito il - 29/09/2011 : 20:28:03
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Caro Maurizio grazie per il prezioso contributo, non ti avevo chiesto un parere medico su questa notizia, per via del numero di pareri medici chiesti ultimamente. Diciamo quindi che ho lanciato un'esca per medici ed esperti di genetica e ha funzionato!
Io credo di poter essere tranquillamente ascritto alla categoria di chi non è informato sulle cose genetiche, ma a differenza dei cronisti, non mi illudo e non voglio illudere nessuno che la via per longevità possa risolversi in una ricetta semplice.
Ho riportato questa notizia, perché nonostante il piglio espositivo semplicistico e scarsamente scientifico, racchiude in se due elementi estremamente interessanti:
1) Ci sono Università che studiano le interazioni del G6PD a livello genetico;
2) L'Università di Sassari ha condotto una ricerca che evidenzia come nei centenari sardi, l’incidenza della mancanza di G6PD sia due volte superiore rispetto ai gruppi di controllo.
Queste sono le due vere notizie, il resto sono ipotesi, se non addirittura illazioni giornalistiche, frutto di trascrizioni frettolose a complicati convegni di medicina e genetica...
Prima di chiudere questo commento volevo chiederti gentilmente di spiegarmi meglio questo tuo passaggio:
"Perché la mutazione non porti danno deve trattarsi di una mutazione indifferente, ma non mi sembra questo il caso."
Grazie infinite Maurizio
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