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luca56
Utente Attivo
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Inserito il - 19/06/2010 : 09:36:47
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ROMA - Disintegrato senza possibilità di scampo: questa è stata la fine che ha fatto il decreto legge numero 78 del primo luglio 2009, il primo atto legislativo del nostro governo per la costruzioni di centrali nucleari. Il punto focale della legge era l'articolo 4, che la Consulta ha cancellato in quanto incostituzionale. A sollevare la questione erano state Umbria, Toscana, Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento, quest'ultima in quanto, appunto, dotata di particolari autonomie. Secondo la consulta, il punto centrale sta in due decisioni: quella di usare il decreto legge e quella di affidare a privati la costruzione delle centrali. Infatti, se è stato fatto un decreto, dice la Corte Costituzionale, questo significa che ci vuole un provvedimento urgente; ma questa urgenza come si concilia con i capitali dei privati, che sono incerti per definizione? Infatti una azienda investe se vuole e quando le fa comodo, non al comando di un decreto legge. E d'altronde, se ci sono ragioni di urgenza, chi meglio delle Regioni ha competenza e mezzi per eseguire i lavori di costruzione delle centrali? Ma questo vale solo per uno dei ricorsi presentati, dall'Umbria, dalla Toscana e dall'Emilia Romagna. Gli altri non sono stati neanche esaminati, in quanto comunque afferivano all'articolo 4 che non può essere dichiarato incostituzionale più di una volta.
http://blog.libero.it/petrolio/8961376.html http://www.notizieitalia.com/news_l...decreto.html
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Modificato da - luca56 in data 19/06/2010 09:38:11 |
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Proverbio cinese Lo sciocco ha mille certezze, il saggio non ne ha alcuna.
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luca56
Utente Attivo
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Inserito il - 23/06/2010 : 19:39:54
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Nucleare, Consulta respinge ricorsi regioni Dichiarati in parte infondati e inammissibili 23 giugno, 18:26
ROMA - La Corte Costituzionale - secondo quanto si è appreso - ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili.
A impugnare la legge n. 99 del 2009 che ha conferito al governo la delega per la riapertura degli impianti nucleari in Italia sono state Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise.
Anche il Piemonte aveva fatto ricorso alla Consulta che però la nuova giunta guidata dal leghista Roberto Cota ha deciso di ritirare. Numerosi i profili di illegittimità della legge delega lamentati dalle Regioni.
Al governo è stata contestata soprattutto l'assenza di intesa e raccordo con ciascuna delle Regioni interessate dalla scelta dei siti delle centrali; i criteri e le modalità di esercizio del potere sostituivo dell'esecutivo centrale in caso di mancato accordo; la possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione; la procedura che prevede una autorizzazione unica (e non a livello locale) sulle tipologie di impianti per la produzione di energia nucleare rilasciata previa intesa della Conferenza unificata e dopo delibera del Cipe.
I giudici della Consulta, dopo aver ascoltato ieri in udienza pubblica gli avvocati delle Regioni e l'avvocato generale dello Stato per conto del governo, hanno affrontato la questione nella camera di consiglio di oggi pomeriggio. Sarà dalla lettura delle motivazioni della sentenza - scritte dal vicepresidente Ugo De Siervo - che si comprenderà quali siano le competenze che la Consulta ha ritenuto prevalenti nel settore del nucleare alla luce della riforma del titolo V della Costituzione. La tutela dell'ambiente e della salute sono infatti di competenza statale, ma queste devono confrontarsi con le competenze regionali concorrenti in materia di energia e di governo del territorio. Quella di oggi non sarà comunque la parola definitiva della Consulta sul nucleare: oltre che sulla legge delega, i giudici costituzionali dovranno pronunciarsi anche sul decreto delegato del 15 febbario scorso, nel frattempo impugnato da alcune regioni (Emilia Romagna, Toscana e Puglia).
POSSIBILI SITI PER IL RITORNO ALL'ATOMO Dopo che la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi sollevati da dieci Regioni sulla legge delega del 2009 sul nucleare, dichiarandoli in parte infondati e in parte inammissibili cade anche l'ultimo ostacolo di rilievo per il ripristino dell'atomo in Italia. Ora, il primo passo necessario ad avviare la fase di ritorno dell'Italia al nucleare sarà quello di scegliere i siti che ospiteranno le centrali. Operazione per la quale, secondo il governo, ci vorranno circa tre anni. I criteri per la scelta sono stati dettagliati più volte: l'European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese - quello che sbarcherà in Italia - richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d'acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate. Non a caso il decreto legislativo varato dal Consiglio dei ministri a dicembre, che mira a indicare le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari, indica una serie di parametri ambientali, fra cui popolazione e fattori socio-economici, qualità dell'aria, risorse idriche, fattori climatici, valore paesaggistico e architettonico-storico. Secondo il decreto, i siti che decideranno di ospitare le centrali potranno ottenere bonus sostanziosi, intorno ai 10 milioni di euro l'anno, destinati sia agli enti locali che ai residenti nelle zone in questione. Fra i nomi che puntualmente ritornano, al di là delle dichiarazioni contrarie di alcuni presidenti di Regione, ci sono quelli già scelti per i precedenti impianti, poi chiusi in seguito al referendum del 1987: Caorso, nel Piacentino, e Trino Vercellese (Vercelli), entrambi collocati nella Pianura Padana e quindi con basso rischio sismico ed alta disponibilità di acqua di fiume. Fra i luoghi più papabili, anche Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, che unisce alla scarsa sismicità la presenza dell'acqua di mare. Secondo altri, fra cui i Verdi e Legambiente, il quarto candidato ideale è Termoli, in provincia di Campobasso, mentre in altre circostanze si è fatto il nome di Porto Tolle, a Rovigo, dove c'é già una centrale a olio combustibile in processo di conversione a carbone pulito. Gli altri nomi che ricorrono più spesso sono Monfalcone (in provincia di Gorizia) Scanzano Jonico (Matera), Palma (Agrigento), Oristano e Chioggia (Venezia).
http://www.ansa.it/web/notizie/rubr...5627495.html
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luca56
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Inserito il - 16/07/2010 : 12:06:25
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CAGLIARI. Il referendum contro il nucleare, promosso da Sardigna Natzione indipendentiza (Sni) e dal movimento «No nuke», si terrà nella primavera del 2011, quasi certamente in contemporanea con le elezioni amministrative. La data sarà stabilita nei prossimi giorni. Oltre a dire no alla costruzione di centrali nucleari in Sardegna, il referendum consultivo si propone anche di contrastare la possibilità di stoccare nell’isola le scorie radioattive provenienti da altri impianti.
http://www.regione.sardegna.it/j/v/...2&c=1489&t=1
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