Forum Sardegna - Raccontar fole (fregnacce)
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 Raccontar fole (fregnacce)
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Adelasia

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Penna d'oro


Inserito il - 02/12/2009 : 01:41:02  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Complice l’influenza stagionale, ho letto "Raccontar fole" in un pomeriggio, ricavandone sommo gaudio.

Raccontar fole significa raccontare favole.
Sostantivo poetico e gentile che nel nostro caso dovrebbe essere sostituito, ben più realisticamente, da fregnacce, bischerate, panzane...
Perché spesso sono fregnacce quelle che i cosiddetti “viaggiatori “ dell’ '800 e del '900 hanno raccontato sulla Sardegna: ma chi avrebbe potuto minuziosamente, straordinariamnte catalogarle e metterle alla berlina, divertendosi un mondo e trasmettendo quel divertimento che sfocia in risate liberatorie, se non quel genio di Sergio Atzeni?

Pubblicato nel 1999, ovvero 4 anni dopo la tragica scomparsa dell’autore, il testo è composto da dodici brevi capitoli di sano spasso, che hanno pure il pregio di far riflettere su quanto pomposamente riportiamo degli illustri visitatori dell’isola -spesso senza filtrare criticamente le loro affermazioni-, nonchè la voglia di riaffermare la nostra dignità e identità.

Privo di timore reverenziale nei confronti di chiunque (ne ha per tutti: una stoccatina se la becca pure De Andrè, che paragonava i Sardi agli Indiani d’America, già fissa di Balzac che ci aveva apparentato agli Uroni), l’autore esamina la trattazione di alcuni temi che hanno interessato i nostri visitatori: il clima, il territorio, le malattie, la flora, la fauna, le case, le strade, gli uomini e i loro abiti, le classi sociali, le superstizioni, l’amore,la morte, (perfino) l’industria, la festa e, dulcis in fundo, gli immancabili banditi. Dei quali peraltro emergono sconcertanti dati, che l’illuminante Atzeni sottolinea: per il tedesco Van Malzen sono quasi scomparsi”, per il francese Jourdan sono “più di 500”: eppure il testo del primo risale al 1869, quello del secondo è del 1861... In otto anni, rileva Atzeni, sarebbero spariti 500 banditi.
Se poi tenessimo conto che anni prima, all’epoca del Fuos, dovrebbero essere stati in circolazione 3-4 mila assassini impuniti, qualche ideuzza sulla confusione che destava la faccenda ci potrebbe balenare...

E’ sempre il Fuos, visto da Atzeni come fumo negli occhi, che informa sulle strategie sarde per difendersi dalla malaria (cosiddetta "intemperia"): viaggi solo di notte e solo d’inverno, spesso imbalsamati come mummie gocciolanti aceto...perchè il vezzo era quello di coprirci da dozzine di stracci imbevuti d'aceto.

Secondo W. H. Smith, poi, le persone di riguardo venivano sepolte in chiesa di notte, facendo ipotizzare ad Atzeni un clima da film del terrore, specie dopo un colpo di vento. Ed è sempre l’Inglès, nota perfidamente l' autore, a citare “la gallina che canta da gallo.
E che dire delle fole del Bresciani (confidenzialmente chiamato Padre Tonino) e dei ritratti “ventosi” del Valery?


E visto che si appropinqua il Natale, riporto un passo del libro non a pera con tali feste:

<<In un brano di Von Maltzan stranamente favolista
"Su puttu de sos tres res’, così si chiama un pozzo in prossimità di Bosa , dove vuolsi siensi soffermati nel loro viaggio a Betlem quei tre venerabili personaggi..Sembra che questi sapienti dell’Oriente abbiano fatto una straordinaria deviazione , essendo appunto la Sardegna in direzione opposta alla loro linea di marcia".

Il tedesco (che pretende <<rispetto>>)non riesce ad accettare l’immaginario sardo come pari a quello del suo popolo: loro, i crucchi, liberi di incontrare nei boschi interi cortei di gnomi e fatine colorate;
a noi manco la libertà di un passaggio dei Magi.
>>










Modificato da - Adelasia in Data 11/12/2009 18:53:28

 Firma di Adelasia 

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