Forum Sardegna - Itri Luglio 1911: La strage dei Sardi
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Nota Bene: Compagnia Reale delle Ferrovie Sarde - Fu costituita a Londra il 2 Giugno 1863 per l’esecuzione della legge 4 gennaio 1863 n. 1105 che prevedeva la costruzione di 122 miglia di strade ferrate nell’isola da parte della Società Smith, Knight & C. per diversi motivi, nel 1874 furono ultimate solo le linee Cagliari - Oristano, Decimo - Iglesias, Porto Torres – Sassari –Ozieri . Comunque, a fine secolo erano in esercizio 422 chilometri di linee principali e 560 chilometri di linee secondarie.



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 Itri Luglio 1911: La strage dei Sardi
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DedaloNur
Salottino
Utente Master



Inserito il - 26/04/2009 : 09:39:44  Link diretto a questa discussione  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Era il 1911, anno in cui molti sardi riponevano nell’emigrazione la speranza di una vita migliore, la quale palpitava, fiduciosa e intrepida, sul posto di lavoro. Tuttavia, nel luglio di quell’anno per quattrocento figli della Sardegna, il sogno si frantumò nel suolo italico in una realtà di persecuzione e d’orrore. Essere sardo e per questo pagarne il prezzo, subirne il razzismo di persona, sperimentarlo sulla propria pelle fu un’esperienza, purtroppo, di molti di questi miei conterranei.

Erano anni di progresso tecnologico in cui la ferrovia ne rispecchiava il mito, attraversandone l’Italia. A costruire le migliaia di chilometri di linee ferroviarie, altrettante migliaia di braccia. E fu così che circa mille sardi, quasi tutti minatori del sud Sardegna, furono impiegati per la costruzione della linea Roma – Napoli. Assumere sardi era allora conveniente, poiché lavoravano sodo, in cambio, a parità di mansione, di un salario inferiore a quello degli operai continentali, loro colleghi. Quattrocento operai isolani, furono, quindi, stanziati temporaneamente nel comune di Itri, all’epoca in provincia di Caserta e oggi di Latina, ossia nella cosiddetta: «Terra di lavoro». Gli abitanti di Itri, però, fomentati e spalleggiati indirettamente dai mass – media italiani che descrivevano i sardi come una «razza inferiore e delinquente per natura», sollevavano pregiudizi razzisti contro i sardi. A servirsi di questa opinione diffusa e consolidata in una costante tensione sociale fu la camorra, nel momento in cui la sua autorità fu sconfitta dagli involontari rappresentanti del Popolo Sardo, la quale riuscì a trasformare tale convinzione in sentimento di odio sanguinario antisardo. L’organizzazione criminale, alla quale interessava solo il denaro, che ruolo e quali interessi poteva nutrire in questo scontro di culture? La risposta è semplice e nello stesso tempo terrificante: ai lavoratori sardi si voleva imporre il cosiddetto «pizzo». Ma alla camorra, che assumeva la posizione del «padrone», si contrapponeva il netto rifiuto, pacifico ma fermo, di quei baldi lavoratori di pagare. Questa decisione fu presa, sia per l’innata fierezza della cultura «De s’omine», sia per la matura coscienza dei diritti loro spettanti, anche se non ancora conquistati, in quanto lavoratori. I criminali, quindi, per scongiurare il contagio di tale rivoluzione, puntarono sugli anzidetti sentimenti degli itrani (cosi si fanno chiamare gli itriesi) per cacciare i sardi da «Terra di lavoro». La furia fanatica razzista, organizzata minuziosamente, si compì tragicamente nei giorni di mercoledì e giovedì 12 e 13 luglio del 1911. Al grido: «Morte ai sardegnoli», i miei antenati furono, per quei due giorni, le prede indifese della «caccia al sardo». Nel primo giorno un gruppo di operai fu insultato e provocato nella piazza dell’Incoronazione, l’epicentro della storia. Al grido «Fuori i sardegnoli», la parola d’ordine per richiamare gli itrani in quel luogo, a centinaia accorsero armati, attaccando da ogni parte i nostri conterranei inermi. In una ridda di sorpresa, di urla, anche le autorità locali aprivano il fuoco promettendo immunità ai compaesani, non di meno fecero i carabinieri, i quali spararono sui sardi in fuga. Quel giorno, il selciato italico s’impregnò del primo sangue dei martiri trucidati barbaramente. Gli operai scampati alla persecuzione xenofoba si rifugiarono intanto nelle campagne circostanti. L’indomani, i lavoratori rientrarono nel paese per raccogliere i loro fratelli caduti come soldati in guerra, ma la «fratellanza operaia», «la pietà cristiana», si evidenziarono utopiche mete. Entrarono nell’abitato e nuovamente divampò la triste sinfonia di morte col grido di battaglia: «Fuori i sardegnoli». Gli itrani convergendo in massa, passarono prima in una bottega, nella quale si distribuivano armi per l’occasione. Qui si avvertiva: «Prendete le armi e uccidete i sardi». La seconda giornata di caccia all’«animale sardo» era aperta! Gli itrani, ancora accecati dall’odio razzista e non contenti del sangue già versato, si scagliarono nuovamente contro i lavoratori sardi inermi e, con più raziocinio criminale del giorno prima, ancora ammazzarono. In queste due giornate furono massacrate una decina di persone, tutte sarde. Il numero esatto delle vittime non si venne mai a sapere, poiché gli itrani trafugarono numerosi cadaveri e feriti moribondi per nascondere il numero esatto delle vittime. Alcuni operai sequestrati subirono la tortura e una sessantina furono i feriti, di cui, diversi, molto gravi, perirono in seguito. Molti sardi scampati alla strage furono arrestati con la falsa accusa di essere rissosi. Mentre, altri, per la stessa accusa, furono espulsi da quella «terra del lavoro» e rispediti in Sardegna. Pagarono caro il prezzo della loro provenienza e cultura, ma la camorra, da quei fieri sardi, non vide neppure un soldo. Per questi fatti non un itriano fu punito. E il grave avvenimento fu subito occultato. L’avvocato Guido Aroca scrisse: «Se alcunché di simile si fosse verificato ai danni siciliani o romagnoli, l’Italia tutta sarebbe oggi in fiamme». Dopo quei giorni dolorosi, i sardi, per il tornaconto bellico italiano del ’15 ’18, diventeranno la «razza guerriera ed eroica» che salvò le sorti dell’Italia.

Il sacrificio dei miei antenati non ha avuto giustizia e in continente si sostiene ancora che «I sardegnoli se la son cercata». A distanza di anni da quei fatti, la forma mentis ferocemente antisarda è stata dichiarata lucidamente dallo stesso «Stato di diritto» italiano, nel momento in cui, con tracotanza, istituzionalizzò il proprio pregiudizio e razzismo contro i sardi (e solo contro i sardi) emigrati in s’Italia, con una schedatura poliziesca di uomini, donne, vecchi e bambini. La registrazione ebbe inizio nel 1984, all’insaputa degli stessi sardi, con la regione Lazio per poi essere estesa ad altre regioni fino ad una data incerta degli anni ’90. Frantz Fanon aveva pienamente ragione: «Un Paese colonialista è un Paese razzista!». I sardi, per un complesso di colpa indotto da anni di colonizzazione culturale, accettarono passivamente di essere considerati, nel loro insieme e capillarmente, potenziali criminali.
fonte :
http://www.sotziulimbasarda.net/mag...ttorisar.htm

articolo di Manlio Brigaglia:
http://www.regione.sardegna.it/mess...uglio_21.pdf

questi link offrono una qualche giustificazione e appiglio alla strage. Per atti che sono del tutto ingustificabili sopratutto quando sono animati dall'odio razziale e dagli interessi camorristici

http://www.laportella.net/staff/pin...premessa.htm
http://www.laportella.net/storia/au...di/index.htm

ricordare questi fatti può risultare scomodo < perchè mai ricordare questi fatti se non per dividere, o addirittura chieder vendetta?> Però a Itri ricordano e scrivono libri per fornirsi una qualche giustificazione di quei fatti.
http://it.wikipedia.org/wiki/Itri

Noi sardi invece dobbiamo dimenticare?









Modificato da - DedaloNur in Data 26/04/2009 09:43:25

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Freddie Mercury - In My Defence
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"La parola è un'ala del silenzio"Neruda.

“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” Dante Alighieri

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antonellocor
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 26/04/2009 : 12:03:02  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di antonellocor Invia a antonellocor un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Purtroppo la storia non viene mai scritta dagli oppressi con il risultato che fatti come questo rimangono nell'oblio. Grazie Dedalo per aver riportato alla luce, per chi come me non ne era a conoscenza, un altro frammento della nostra storia.








  Firma di antonellocor 

Non c'è rimedio ne per la nascita ne per la morte, ciò che ci resta è cercare di goderci l'intervallo

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cedro del Libano
Salottino
Utente Mentor




Inserito il - 26/04/2009 : 12:30:05  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di cedro del Libano Invia a cedro del Libano un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Bravo Dedalo NUr è ora di ricordare non sia mai che qualcuno che non sa
smetta di accusare i Sardi di autocomiserazione e di vittimismo.
Si informassero invece che farebbero piu' bella figura.









  Firma di cedro del Libano 
____________


«Occhio per occhio... e il mondo diventa cieco.» (Ghandi)



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UtOld
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 26/04/2009 : 12:59:59  Link diretto a questa risposta  Rispondi Quotando
Grazie Danilo,
Per non dimenticare, ma sopratutto per trasmettere ai nostri figli quei valori di sardità per i quali molti nostri fratelli anche per lavorare hanno sacrificato la vita.









 Regione Sardegna  ~ Prov.: Nuoro  ~ Città: Nuoro  ~  Messaggi: 1161  ~  Membro dal: 28/11/2008  ~  Ultima visita: 23/12/2012 Torna all'inizio della Pagina

Trambuccone
Salottino
Utente Senior



Inserito il - 26/04/2009 : 14:42:26  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Trambuccone Invia a Trambuccone un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Orripilante!
T.









  Firma di Trambuccone 
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum......et tertia non datum.

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DedaloNur
Salottino
Utente Master



Inserito il - 26/04/2009 : 15:51:22  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Purtroppo anche io ho conosciuto questi fatti da pochi giorni. è una vicenda che ovviamente si è voluto dimenticare in fretta. Ma purtroppo come si legge sopra, il sentimento antisardo (per usare un eufemismo) è sopravissuto sino ai nostri giorni nella schedatura dei sardi in continente.

Certo io mi sento orgoglioso di appartenere ad un popolo che sa dire no alla camorra e al soppruso. Come ha recentemente affermato il capo della polizia in Sardegna, i sardi sembran refrattari alla criminalità organizzata , e questa vicenda può esser assunta come prova in tal senso.

Certo è doloroso ricordare questi fatti, e un po si teme anche nel sobillare certi sentimenti e reazioni. Però bisogna ricordare. E d'altronde quanto gli itriani o chi per loro scrivono sulla vicenda a me da da pensare: nella pagina di wikipedia si legge il titolo di un libro che è tutto un programma:

A. De Stefano, La rivolta d’Itri, legittima difesa di una folla, Milano, Vallardi, 1914 Angelo De Stefano

mentre campeggia questa citazione:

Fonti locali parlano di una ribellione contro i sardi da parte della popolazione "stanca di sopportare violazioni e prepotenze [...] soprusi d’ogni genere" [4], di come "i sardi si trovavano nella condizione psicologica dei conquistatori [...] in questo centro-sud da poco conquistato dal loro Re" e "gli itrani non trovarono alcuna difesa nello Stato Sabaudo mentre ai sardi fu accordata una sorta di tacito salvacondotto tanto da portare all'esasperazione la società itrana non nuova ad atti di resistenza violenta

non si capisce di quali sopprusi da parte dei sardi, si faccia riferimento. O quale colpa sia sentirsi dalla parte dei vincitori sabaudi.
l'unica parola che dovrebbero pronunciare è: perdono









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Sarrokesu

Utente Normale



Inserito il - 23/11/2009 : 20:36:22  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Sarrokesu Invia a Sarrokesu un Messaggio Privato  Rispondi Quotando

Un ricordo velato di questa orripilante storia credo d'averla già sentita tantissimi anni fà, ma non avevo mai letto le cronache, che grazie alle indicazioni di DedaloNur, hanno permesso di documentarmi.
Chiaramente non ci son parole, i fatti si commentano da soli, anche la partecipare diretta o indiretta delle istituzioni locali e dello Stato, complici della camorra e dei carnefici di quell'ignobile paese per tanto odio verso i sardi da portarli ad essere la mano armata di Caino.
Babbè che delle malefatte degli italiani non ci sarebbe niente da meravigliarsi, ma questo fù uno sterminio perpretato contro una comunità inerme perpetrato da dei vigliacchi.
Tu DedaloNur hai parlato di perdòno, ma non so sino a che punto si possano perdonare certi comportamenti criminali, penso che i parenti che lasciarono non li avranno mai e poi mai perdonati.
Ma non c'è da meravigliarsi di questi fatti perchè, anche se in modo diverso, la caccia al sardo continua sempre !!!








Modificato da - Sarrokesu in data 23/11/2009 20:39:19

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Sarrokesu

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DedaloNur
Salottino
Utente Master



Inserito il - 27/11/2009 : 09:43:32  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
non ho il tempo per rilegger tutto..dove avevo parlato di perdono?








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Adelasia

Moderatore

Penna d'oro


Inserito il - 30/09/2011 : 22:42:37  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Itri 1911, guerra tra poveri. Tutti italiani.

<<Era passato appena un mese da quel 4 giugno 1911 in cui Vittorio Emanuele III, che gli irriverenti chiamavano «Sciaboletta» per la statura brevilinea, aveva inaugurato il Vittoriano. Appena un mese da quando i giornali avevano sottolineato le due iscrizioni sui propilei che riassumevano solennemente il senso di quel gigantesco monumento. La prima era Patriae unitati: all´unità della patria. La seconda Civium libertati: alla libertà dei cittadini.

Due intonazioni impegnative. Forse troppo impegnative. E pochi episodi come la strage di operai sardi nella cittadina di Itri, raccontata nel libro I giorni del massacro (Carlo Delfino editore) da Antonio Budruni, dimostrano quanto, mezzo secolo dopo l'unità d´Italia, fosse ancora attuale il testamento politico di Massimo d´Azeglio, che nella prefazione al libro di memorie I miei ricordi aveva scritto parole amare.
Rileggiamole: «L´Italia da circa mezzo secolo s´agita, si travaglia per divenire un sol popolo e farsi nazione. Ha riacquistato il suo territorio in gran parte. La lotta collo straniero è portata a buon porto, ma non è questa la difficoltà maggiore. La maggiore, la vera, quella che mantiene tutto incerto, tutto in forse, è la lotta interna. I più pericolosi nemici d´Italia non sono gli Austriaci, sono gl´Italiani. E perché? Per la ragione che gl´Italiani hanno voluto far un´Italia nuova, e loro rimanere gl´Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico il loro retaggio; perché pensano a riformare l´Italia, e nessuno s´accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro, perché l´Italia, come tutti i popoli, non potrà divenir nazione finché grandi e piccoli e mezzani, ognuno nella sua sfera non faccia il suo dovere. (...) E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s´è fatta l´Italia, ma non si fanno gl´Italiani».

A leggere dei fatti di Itri e del ruolo avuto dal sindaco Gennaro D´Arezzo, che per ragioni di bottega clientelare, non diversamente da quanto accade oggi, sobillò la popolazione contro gli immigrati sardi portati a costruire un tronco ferroviario della direttissima Roma-Napoli, sembra di rileggere tante altre pagine nere scritte da altri sindaci, stranieri, contro gli immigrati italiani.
Budruni ricorda il sindaco di New Orleans, Joseph Shakespeare, che ebbe un ruolo determinante nello scatenare 20 mila concittadini il 15 marzo 1891 nell´assalto al carcere della contea per linciare undici italiani che erano stati assolti (non condannati: assolti) al processo per l´uccisione di un poliziotto. Ma oltre a quel razzista (...) merita di essere ricordato il sindaco della svizzera Göschenen, che non mosse un dito, il 28 luglio 1875, per difendere gli operai italiani che lavoravano alla costruzione della galleria del San Gottardo ed erano scesi in sciopero per le bestiali condizioni di lavoro (144 uccisi dalle esplosioni di dinamite o dai crolli, centinaia di feriti e di poveretti colpiti da mille malattie) e furono massacrati dalle squadracce radunate dai padroni dei cantieri. O il sindaco di Aigues-Mortes, Marius Terras. Il quale, prendendo le parti dei disoccupati francesi furenti contro gli immigrati italiani che «rubavano il lavoro» nelle saline della Camargue, ai primi incidenti che avrebbero portato alla strage dell´agosto 1893 fece affiggere un manifesto: «Il sindaco della città di Aigues-Mortes ha l´onore di portare a conoscenza dei suoi amministrati che la Compagnia ha privato di lavoro le persone di nazionalità italiana e che da domani i vari cantieri saranno aperti agli operai che si presenteranno. Il sindaco invita la popolazione alla calma e al mantenimento dell´ordine. Ogni disordine deve infatti cessare, dopo la decisione della Compagnia».
Per non dire del manifesto successivo, incollato sui muri dopo la bestiale caccia all´italiano che aveva visto l´assassinio, secondo gli storici (la versione ufficiale è assai più riduttiva), di decine di poveretti, il cui numero non è mai stato accertato esattamente: «Gli operai francesi hanno avuto piena soddisfazione. Il sindaco della città di Aigues-Mortes invita tutta la popolazione a ritrovare la calma e a riprendere il lavoro, tralasciati per un momento. (...) Viva la Francia! Viva Aigues-Mortes!». Farfugliò giorni dopo quel sindaco, davanti al console italiano, di avere solo cercato di «placare gli animi». Ma mentre Alessandro Pagliari scriveva una poesia rabbiosa («Furon trenta gli uccisi fratelli! / Fur sessanta i fratelli feriti, / Lacerati da ferri, e randelli! / Cento e cento la fuga salvò! / Non sul campo di patria battaglia / Lasciar vinti la giovane vita! / Una gallica fiera gentaglia / Sul lavor gli operai trucidò!»), i giornali italiani traboccavano di sdegno.
Sdegno che nel caso del massacro di Itri sarebbe subentrato - spiega Budruni - solo successivamente.

Anticipare qui la cronaca del massacro, le complicità dei carabinieri, il ruolo della malavita non avrebbe senso. I lettori scopriranno pagina dopo pagina una storia agghiacciante. Che rivelerà come la strage di Castel Volturno del settembre 2008, quando sei africani furono assassinati in un eccidio voluto dalla camorra, oppure la caccia all´immigrato di Rosarno del gennaio 2010 istigata dalla ´ndrangheta, per citare due soli episodi, ebbero quel lontano precedente con altri «stranieri»: gli immigrati sardi.
Di più: questo saggio sul massacro di Itri, rimasto per un secolo praticamente ignoto, conferma che per troppo tempo la storia italiana è stata raccontata non tutta intera, ma a pezzi. E che via via sono stati nascosti, rimossi, cancellati tanti episodi terribili del nostro percorso nazionale, con l´idea stupidissima e offensiva che su certe cose fosse meglio stendere un velo pietoso piuttosto che aprire una salutare, pubblica, onesta discussione.
Un errore gravissimo, del quale paghiamo le conseguenze con la miriade di stucchevoli rivendicazioni padane o neoborboniche contro il processo unitario, spacciato (ancora senza sfumature: prima tutto meraviglioso, oggi tutto spaventoso) come una truffa e come un insieme di orrori negati. Meglio parlarne, delle cose brutte.
Ce lo ricorda un articolo di Curzio Malaparte sul «Tempo illustrato» del 1956: «Vi sono due modi di amare il proprio Paese: quello di dire apertamente la verità sui mali, le miserie, le vergogne di cui soffriamo, e quello di nascondere la realtà sotto il mantello dell´ipocrisia, negando piaghe, miserie, e vergogne». L´esperienza insegna, proseguiva lo scrittore, «che la peggior forma di patriottismo è quella di chiudere gli occhi davanti alla realtà, e di spalancare la bocca in inni e in ipocriti elogi, che a null´altro servono se non a nascondere a sé e agli altri i mali vivi e reali. Ne vale la scusa che i panni sporchi si lavano in famiglia. Vilissima scusa: un popolo sano e libero, se ama la pulizia, i panni sporchi se li lava in piazza».

Gian Antonio Stella (dal Corriere della Sera del 7 Luglio 2011)








Modificato da - Adelasia in data 30/09/2011 22:44:31

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Adelasia

Moderatore

Penna d'oro


Inserito il - 30/09/2011 : 22:55:23  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di Adelasia Invia a Adelasia un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Antonio Budruni, autore di "I giorni del massacro", aveva già riportato alla luce gli orribili fatti di Itri nella rivista Ichnusa (n. 10 del 1986).








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DedaloNur
Salottino
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Inserito il - 01/10/2011 : 08:40:46  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Grazie mille Adelasia:
che la peggior forma di patriottismo è quella di chiudere gli occhi davanti alla realtà, e di spalancare la bocca in inni e in ipocriti elogi, che a null´altro servono se non a nascondere a sé e agli altri i mali vivi e reali. (...)un popolo sano e libero, se ama la pulizia, i panni sporchi se li lava in piazza

quanto mi piacciono queste parole...









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DedaloNur
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Inserito il - 01/10/2011 : 19:11:24  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
L'altra campana, sulla strage di Itri èPino Pecchia, storico locale di Itri.
http://www.youtube.com/watch?v=qDiKMvP-XZk

http://www.cittadifondi.it/index.ph...e&Itemid=780

Pecchia è già in polemica con Budroni e Stella


Presentazione volume "1911 - La rivolta di Itri" di Pino Pecchia
Scritto da Comune di Fondi
Martedì 12 Luglio 2011 08:24

A cento anni esatti dai fatti di sangue verificatisi ad Itri durante la costruzione della direttissima Roma-Napoli, il nuovo libro del fondano Pino Pecchia getta nuova luce sui drammatici eventi accostandosi il più possibile allo svolgimento dei fatti per il tramite di una approfondita indagine storiografica.

"1911 - La rivolta di Itri. A cento anni da un eccidio" è il titolo del volume, pubblicato per i tipi delle Arti Grafiche Kolbe di Fondi, che sarà presentato alla presenza dell'autore Mercoledì 13 Luglio p.v. alle ore 18.30 nel Palazzo Caetani. Relatore sarà lo scrittore e critico Pasquale Maffeo ed interverranno, tra gli altri, l'Arcivescovo di Gaeta S.E. Mons. Fabio Bernardo D'Onorio ed il regista teatrale Gianni Marras. Patrocinata dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Fondi in collaborazione con Assessorato alla Cultura della Regione Lazio, Provincia di Latina, Comune di Itri, Parco Naturale dei Monti Aurunci, Sistema Bibliotecario Sud Pontino e Pro Loco Fondi, l'iniziativa si avvale del sostegno di Banca Popolare di Fondi, CREIA e Consorzio Coop Casa Service. Già nel 2003 Pecchia aveva affrontato, con il saggio storico "I Sardi a Itri", una prima ed accurata ricostruzione della vicenda, collocandola nel suo contesto sociale. Nuove testimonianze e materiali d'archivio gli hanno consentito di ritornare sull'argomento per giungere ad una più compiuta indagine storica, che rappresenta ad oggi l'unica ricostruzione effettivamente documentata su quelle tragiche vicende. L'incontro di Mercoledì prossimo sarà utile, infatti, per fare chiarezza in merito ad un recentissimo saggio di Antonio Budruni, accompagnato dalla prefazione di Gian Antonio Stella, entrambi viziati da deplorevoli inesattezze, semplificazioni e giudizi sommari che rischiano di compromettere una visione globale ed equilibrata che ambisce ad una auspicata riconciliazione tra la collettività sarda ed itrana.









Modificato da - DedaloNur in data 01/10/2011 19:12:12

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DedaloNur
Salottino
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Inserito il - 04/10/2011 : 08:54:43  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
L'uscita del libro di Budroni, ha gettato il sale in una ferita ancora aperta. mentre l'articolo di Stella ha esacerbato gli animi ad Itri. Se vi fate un giro su Internet troverete commenti esclusivamente favorevoli alla versione Itrana o reazioni stizzite con l'invito a leggere il libro di Pecchia (lo storico itrano) perchè il libro di Budruni, conterrebbe alcune imprecisioni e sarebbe solo un operazione commerciale, che Stella sponsorizza per far soldi.

Sembra che solo una parte, quella Itrana, sia custode della storia veridica di quegli avvenimenti; quasi un monopolio della memoria.

non ho letto ne il libro di Pecchia ne quello di Budruni, ma la marea montante delle reazioni stizzite e rabbiose, più che essere indice di una volontà di verità, potrebbe essere al'opposto, indice della volontà di suffragre la più conveniente versione dei fatti, per Itri e gli Itrani.

Sardegna 24 con un commento dello storico Brigaglia recensisce inn maniera positiva il lavoro di Budruni, il quale si occupa della vicenda dal 1986:

Antonio Budruni, insegnante, con questa pubblicazione porta a compimento un intransigente lavoro di ricerca cominciato nel 1986. Una ricostruzione storica meticolosa seguita ad una scoperta che l'autore non esita a definire «frutto del caso»: «Tanti anni fa mi imbattei, sfogliando i quotidiani sardi dal 1900 al 1914, in una notizia della quale nessuno sapeva nulla». «Chiesi a Budruni – dice Manlio Brigaglia, già ordinario di Storia contemporanea all’Università di Sassari -, di scrivere un articolo sull’argomento per la rivista “Ichnusa”. Era la prima volta che veniva data notizia di quei tragici avvenimenti di cui nulla s'era saputo per più di settant'anni».

Budruni tira le fila di un lungo lavoro, ben documentato: «Si trattava di verificare quanta memoria fosse rimasta nelle famiglie dei protagonisti-vittime di quell’episodio. Pochissimi avevano conservato memoria. Pochissimi l’avevano tramandata». Antonio Gramsci, che all’epoca dei fatti aveva vent’anni, non ne fa menzione nella “Quistione meridionale”, ma il fratello Gennaro nel 1911 aveva firmato la convocazione del comizio di protesta del proletariato sardo contro “l’orrenda carneficina di poveri lavoratori sardi, compiutasi ad Itri da una popolazione selvaggia”.

«La classe dirigente sarda di allora - precisa Brigaglia – si mostrò impreparata a gestire l’urgenza di quei fatti: i sardi ne seppero poco e niente. Per molti aspetti l’intera vicenda poteva somigliare a una gigantesca commedia degli equivoci». La storia non è altro che una serie di scherzi a spese dei morti, diceva Voltaire. Anche gli scherzi possono insegnare qualcosa, sempre che non avesse ragione Elias Canetti quando scriveva che l’unica cosa che si può imparare dalla storia è che da essa non c’è niente da imparare. Neppure da Castel Volturno, da Rosarno. O da Itri.


http://www.sardegna24.net/cultura/s...moria-1.3171









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jomaru
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Inserito il - 04/10/2011 : 11:41:15  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di jomaru Invia a jomaru un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ho accolto come una buona notizia il libro di Antonio Budruni e ritengo un'ottima mossa coinvolgere una firma del calibro di Gian Antonio Stella, autore di fortunate inchieste giornalistiche.

Credo che vista la portata della tragedia di Itri siano troppo pochi gli studiosi sardi che se ne siano occupati e di conseguenza gli sparuti lavori prodotti, non hanno mai consentito ai più di venirne a conoscenza.

La vicenda del massacro di Itri dovrebbe essere inserito nei programmi didattici di storia delle scuole sarde, e sarebbe opportuno (qualora non esistessero) che almeno le facoltà umanistiche isolane si dotassero di corsi monografici ad hoc.

E' cultura solo ciò che si ricorda, ma se non lo si insegna proprio, quanti lo ricorderanno?

Complimenti a Dedalo che ha dato vita a questa discussione.









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DedaloNur
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Inserito il - 04/10/2011 : 13:48:57  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di DedaloNur Invia a DedaloNur un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
jomaru ha scritto:
E' cultura solo ciò che si ricorda, ma se non lo si insegna proprio, quanti lo ricorderanno?

Grazie Jomaru per le tue affermazioni, sono quelle utili per dirigere la discussione in una prospettiva più generale:

Io mi chiedo perchè non la si insegni, e mi rispondo facilmente: per insegnare bene questa storia, occorrerebbe inquadrarla nel periodo culturale del tempo, bisognerebbe descrivere quali furono le condizioni sociali della Sardegna e il suo rapporto con lo Stato Italiano, poi bisognerebbe passare a parlare dell'immagine dei Sardi in Italia, spiegando ai sardi quali erano i giudizi razzisti intorno a loro (vedi Lombroso), e che probabilmente, in qualche modo furono anche una delle cause della strage:

converrai come tutto ciò non sia un programma di studio ideale, per la scuola italiana...

problemi, motivazioni, ideologie, politiche fomentano certe affermazioni in campo archeologico o viceversa tentano di imporre il silenzio a chi vorrebbe solo discutere sereanamente dei vari temi attinenti (anche in questo forum se ne è avuto più volte la dimostrazione..), figurati cosa potrebbe accadere se l'humus culturale che portò ad Itri, venisse introdotto nelle scuole sarde.

Io sono d'accordo con te, che Budruni abbia fatto bene; fin qui, gli unici studi sono quelli dalla parte Itrana.

Ovviamente non provo alcun risentimento verso gli Itrani di oggi, che però, ho il sospetto, si stiano muovendo per recuperare un monopolio della memoria di quei fatti; ma pure noi sardi dobbiamo studiare quella vicenda, dato che come tutti abbiamo diritto a capire chi eravamo e da dove veniamo...e cio ovviamente vale per il dicorso sui "guerrieri preistoric" come per i lavoratori sfruttati (e massacrati) del XX secolo.









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jomaru
Salottino
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Inserito il - 04/10/2011 : 15:19:21  Link diretto a questa risposta  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di jomaru Invia a jomaru un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
DedaloNur ha scritto:

jomaru ha scritto:
E' cultura solo ciò che si ricorda, ma se non lo si insegna proprio, quanti lo ricorderanno?



converrai come tutto ciò non sia un programma di studio ideale, per la scuola italiana...

problemi, motivazioni, ideologie, politiche fomentano certe affermazioni in campo archeologico o viceversa tentano di imporre il silenzio a chi vorrebbe solo discutere sereanamente dei vari temi attinenti (anche in questo forum se ne è avuto più volte la dimostrazione..), figurati cosa potrebbe accadere se l'humus culturale che portò ad Itri, venisse introdotto nelle scuole sarde.



Caro Dedalo, personalmente credo che questa vicenda tragica non venga affrontata nelle scuole sarde per diversi motivi, i più importanti ritengo siano questi:

1) i programmi nazionali del sistema di istruzione ovviamente non la includono;
2) la maggior parte dei docenti (sardi!) la ignora, ovvero non la conosce proprio;
3) l'autonomia scolastica introdotta alla fine degli anni '90 ha trovato applicazione solo dal punto di vista tecnico-organizzativo e non formativo-didattico;
4) l'intellighenzia sarda continua ad abitare nella sua torre d'avorio.

Se si vanno a leggere i decreti che hanno introdotto l'autonomia scolastica, ci si rende conto che vi sono tutti gli strumenti, per far si che ogni istituto possa introdurre percorsi attinenti ai contesti culturali del proprio territorio, senza per questo deviare dagli obiettivi nazionali, che restano la via maestra.

Io mi accontenterei che nelle scuole sarde il massacro di Itri venisse semplicemente ricordato, per farlo entrare nella memoria storica dei nostri studenti, a loro poi la possibilità della ricerca della verità con l'approfondimento.

Non guasterebbe che la Regione istituisse una giornata ufficiale in memoria di quei figli sardi caduti lontani da casa loro, solo perché, pur in condizioni di estremo bisogno, non hanno voluto perdere la propria dignità.









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