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oltre i limiti
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Inserito il - 02/06/2009 : 22:50:32
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.è [giovanni] posava il suo sguardo immobile irraggiungibile finestra di ricordi sbucciati arance mature negli alberi di natale e racconti rubati da fotogrammi ingialliti lo stesso sorriso la rabbia e poi il fresco degli alberi nei pranzi all’aperto fra le conifere tagliate dai graniti puoi guardarlo all’infinito e puoi mostrarlo giovane puoi stringergli la mano nel contare pieghe alla ricerca di idee posava il suo sapere accanto alla fontana fresca acqua scalfita con i canini fresca ragione irrompente in cammino interrogato da una sirene mezzogiorno rapito e offerto all’incanto e a prezzi da pagare mezzogiorno veloce puoi chiedergli il passo anche quando la polvere della strada canta le ore mattutine e odora di terra di mare madre insisti come pietanza prelibata a chiamarlo figlio a accarezzargli il respiro a aspettarlo, tomba vuota madre é l’ultima ora per tacere il suo nome per nasconderlo dono [io, ancora lo cerco è oggi fermo di venti anni, remoto]
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oltre i limiti
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Inserito il - 04/06/2009 : 14:16:15
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ultimo
vengo dall’inferno urla , urla con la voce dalla pelle consumata dalla salsedine e dalle tavole travolte dai passi e dai marinai misti nel sangue barbanera è la saliva dei naufraghi sepolti dalle onde e nelle isole scavate nel mare aperto e rivoltato nel sentire rombi di risacche e segni del destino
e li ti porterò
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oltre i limiti
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Inserito il - 05/06/2009 : 20:17:19
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Milano - Africa lettera aperta al presidente del consiglio
signor presidente, avrei preferito essere ricordato orbo e privo di una mano ,che trovare nei suoi pensieri, africano assottigliato nell’essere fino a confondersi in insulto i miei padri hanno attraversato il mare e hanno solcato il granito rosa, lisciandone il cavo rumore della risacca che spingeva in fondo all’isola vorrei essere chiamato africano e essere buttato a mare come un rifiuto se, questa terra che ospita il mio esilio, lo desiderasse per la sua salvezza e per recuperare quel giallo delle onde di riso maturo, sano come la schiena rotta di mia madre in cinta e con la gobba - mio fratello a scalfire l’aria e a contare i chicchi di memoria- signor presidente avrei preferito dimenticare i significati delle parole la posizione del soggetto e del predicato avrei preferito una scatola con le sola ossa di mio nonno servitore di un re e di mio padre le cui mani hanno piegato terre e viti, ammansendole per produrre vino e il suo piacere avrei preferito non sapere della mortificazione di mia madre se tutto ciò fosse servito a aumentare la gloria e il sole che milano offre a mandrie pasciute ma non capisco la ragione,le sue, del ritenere che Africa conti meno dello sporco che pulisco e il lavoro, maledetto,é ridotto a ineluttabile destino signor presidente mi dispiace che lei sia stato disturbato nei suoi passi da uomini che ricordano la notte e futuro segnato dal latrato dal canto mio signor presidente potrei cercare nel sangue che fu di mio padre la forza per spezzare la mia vita e togliere dal suo orizzonte i dubbi di altre realtà e offrirle vergine immortalità ma nella certa notte signor presidente, se milano non riesce a essere Milanese come può essere Africa!
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Modificato da - oltre i limiti in data 05/06/2009 20:22:18 |
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Inserito il - 08/06/2009 : 21:28:02
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canto a bocca chiusa
la rivoluzione fu spalmata sanguinaccio dolce di vittorie perse e cambiamenti sotterranei per garantire feci abbondanti ci potremmo fermare osservare il dubbio che nel momento di defecare, il potente, proietta sotto ombra dal sapore di mirto e rosmarino ombra muta isola che accoglie nella paura, uno straniero portato dal mare ho invidiato il vento modellato nei cespugli di uddastru, lioni e occhicaprina lacati a signu e tulmentu ho implorato il sole che, scuotendo teste di caprone e belare di aratro, amasse la terra per ricoprirla di fiori di asfodelo lucido pensiero di suoni spezzati dai rami della domenica di palme avrò la mia pasqua?
[la rivoluzione é spalmata borghesia unta e sorriso di comunicatore]
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oltre i limiti
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Inserito il - 11/06/2009 : 13:57:19
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kos-mos
ha vinto la corsa campestre facendosi portare in spalle da un nano
veloce nell’abbeverare
la responsabilità
si può responsabilmente costruire una stanza, una casa, immaginandola luogo che nel proteggere la coscienza del sé la immergesse, nello stesso tempo, in liquido, per toglierne il più piccolo residuo di gravità nella convenienza e nella referente reincarnazione in se stessi?
si può responsabilmente costruire una natura che vada contro la natura stessa sottraendone la dipendenza e il destino, in cambio della certezza della morte programmata in simbiosi con l’estinzione del limite?
ognuno di noi muore tutti i giorni, scrive Proust, e si muore perché la morte ci muore accanto oppure perché della morte non percepiamo l’esistenza, e ogni giorno le offriamo scarpe nuove lucide e ben curate?
non potrà essere l’acre odore dell’urina a invocarne la presenza o l’urlo. ma il suo contrario, l’ottimismo misto al si può fare al miscuglio di idiomi simile a babele racchiusa in isola deserta. ho misurato le mie pause e le ho scambiate con altrettanti oceani, ho chiesto alle mie impronte di disperdere l’identità per ricavarne silenzio
poi
…un piccolo aereo sfondò il cranio a un cervello di serie, sepolto, fin dalla nascita, in azioni ripetute in sondaggi e previste in probabilistiche scansie di casuale percezione originale, di comuni comportamenti progettati dal daltonico di turno.
misi in vendita il mio cervello per ricavarne biada per i cavalli e eccezioni per le regole, l’aereo proseguì la corsa per mostrare la causalità del desiderio, minutamente ricoperto di terra ocra per ricavarne tempra differenziata come katana affilata e sibilante.
si può responsabilmente promuovere leggi che garantiscano pari responsabilità con l’ausilio di una macchina, imparziale e priva di occhi, che leggendo segni simili a impronte digitali lambisca segretezza e sicurezza, cioè nascondere la mano lanciata insieme al sasso
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Inserito il - 12/06/2009 : 12:15:37
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lo chiamava -illeader- per amicizia
guardava i bottoni finemente filigranati in argento li chiamava per nome come fossero le dita a indagare energie depositate in colori li chiamava per nome per stabilire una distanza precisa come le sette sorelle o la piazza di tarragona o barcino
le parole biascicate mostravano il rumore dei cardini non oliati cardini di tende da invasione lui era dei luoghi una decalcomania parlante enigmatico appellativo eccellenza attribuito in gesto automatico dalle conseguenze estreme, come la ghigliottina o la fucilazione oppure un breve taglio della lingua una locomotiva, un merlo e un canto, sabbia, privo di regole del riconoscere e parole d’ordine erano gli inni intonati ognuno per l’occasione giusta: -amico- amico, ripetuto a cadenza regolare , ripetuto, superlativo in privato si scambiavano i peli di figa, collezionati per noia per mostrarsi potenti come terre ricoperte di asfodeli amico, il mio amico costruiremo un nuovo mare circonciso, privato dei connotati e dell’asilo così si potrà dare libero sfogo a iniziative popolari e mostrale in arene a popolo acclamante
mangiai la vernice rossa per colorare il sangue delle minorità minorità considerate perdenti per non ammettere, per se stessi, il punto di vista edulcorato percentuali promosse sul campo da popoli desiderosi di un condottiero che immaginasse la morte come medicina necessaria per costruire autostrade e ponti morte da ammansire con effige e fotografie estromesse dai fatti fatti liquidati come ordigni antiuomo -chiedetemi perdono e acclamatemi sono il crocifisso nel simbolo e nell’appartenenza-
rubai le parole alla sibilla e le annodai per declamarle temporalmente imparai a memoria il mio nome recitato al contrario incontrandolo avrei potuto riconoscermi
guardava i bottoni come tacche a segnare conquiste
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Modificato da - oltre i limiti in data 12/06/2009 12:20:21 |
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Giuseppe Aricò
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Inserito il - 13/06/2009 : 01:01:32
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Dici cose di grande interesse; mi occorre altro tempo per leggere con la calma dovuta... Ritornerò presto
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Non so dirti come e quando ma vedrai che cambierà....... |
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Inserito il - 15/06/2009 : 10:24:51
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delle catastrofi naturali -dal diluvio universale a oggi-
so’ ciavani sbambiati senza pruvettu
l’acqua li restituì nudi come carne della carne sudata per il sonno era notte, notte di sogni permanenti acqua restituì acqua, pulita dai peccati e dai pensieri del poi pulì i ricordi e un paese
una vecchia, cammino da percorrere, non calpestò la terra dagli avi non si lamentò terribile il tuono della promessa mentre i supermercati si riempivano della sapienza merce edulcorata e volontà arrostita nelle merende napoletane
un leone passo fra la folla muto prese ciò che era rimasto per non lasciare tracce il monumento si trasformò in cadavere ignoto rana da mangiare con le ossa
so ciavani sbambiati senza pruvettu lo ripeteva come sospiro ingrato nel ritrovarsi ultima per ritrovarsi sola a benedire terra mostrata limite
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Modificato da - oltre i limiti in data 15/06/2009 10:27:54 |
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Inserito il - 15/06/2009 : 10:29:29
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grazie Aricò, ti aspetto r
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Inserito il - 27/06/2009 : 17:40:09
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b dormiva normalmente in maniche di camicia e sulla testa portava una retina scura [mio zio dormiva come un monarca rigido nei suoi baffi incollati di pece]+ [unpaiodiscarpe] nero come achille nell’atto di sfoggiare il tallone corazzato b dormiva assaporando la veglia il potere i calzini passati in padella che ascoltano le storielle di prima mano capovolte imposte sguardo rivolto verso il masso e le piramidi b appare scale che scendono potere non disponibile in asse ereditario b regnava
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Inserito il - 28/06/2009 : 10:28:20
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“il naso sentiva odori non ancora deflagrati come respiri di nutrie scappate da colli di signore anziane infreddolite per l’aria condizionata troppo fredda aspettavano il principe azzurro dagl’incisivi d’oro“
ho estratto queste parole da un libro che non ho ancora scritto per incatenare l’oblio ai suoni del quotidiano, alle poesie scritte e non ancora pubblicate in libri-rossi da sventolare come pensieri miei
le armenti brucavano per riconoscere il tramonto e le mani del mungitore pagine di un declamatore immusonito cantami o diva e porgi la mia mano alla sposa gravida io assisterò al mio declino ridotto a rugiada di belledinotte
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Inserito il - 10/07/2009 : 14:05:09
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capo testa
incominciò con separare le note di un chiaro di luna e una sgorbia adagio allineò le scarpe fra i pezzi di una scacchiera pelle nera e una religione rito dall’odore di preghiere dal sapore gutturale incominciai con le note di uno storpio rumoroso in attesa di un secolo nuovo la scogliera esigeva sguardo e l’isola soffriva come madre, privata della sua voce, sgorbia clemente e un coltello per innesti per distanze misurate con i passi e il calare di un giorno un solo colore l’acqua
a forare la terra
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Modificato da - oltre i limiti in data 10/07/2009 14:06:24 |
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Inserito il - 12/07/2009 : 20:03:21
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raccoglieva le parole , mostre di porte per atri raccoglieva colori per sentirsi libero sbagliava nutriva la sua ombra per non farla apparire trasparente svago di un nero scappato per le troppe persecuzioni raccoglieva le parole le allineava senza farle incastrare le allineava per sentirne l’odore vuoto serpente illuminato nelle sua squame sotto il cielo stellato occhi che guardano limite
gli mancavano due anni alla pensione usciva raccoglieva le parole e le masticava come tabacco per poi sputarle odore di mare
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Modificato da - oltre i limiti in data 12/07/2009 20:04:37 |
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Inserito il - 15/07/2009 : 23:53:25
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PRIMA
vorrei aver sentito gli ultimi respiri di mio padre strappargli il cuore nel momento del suo battito ultimo infilare dita nel suo naso o leccargli la mano dal sapore della terra
vedere i suoi semi crescere tradotti in quattro lingue come i cantoni svizzeri vedere il suo sesso delle notti estive, il sesso della ragione della sua istintiva presenza alla soglia del sole vorrei poterlo riconoscere ,padre, nel profilo immobile mentre cerca la mani di mio nonno le sue labbra che hanno bevuto vino
vorrei aver sentito i respiri mobili di mio padre per poter conoscere tramonto prima del giorno nuovo
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Inserito il - 19/07/2009 : 18:52:01
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[inesistente]
[isola è un momentaneo lamento, un orlo un ritorno alla deriva l’isola ha nel pensiero le radici e ne cambia i suoni per mostrarsi deserto sipario che cerca movimento per staccarsi dal fondo segna solchi di pelle munta dal lavoro e dalla terra per il troppo partorire
vorrei uccidere qualcuno senza provare dolore vorrei uccidere per suprema estinzione di me stesso per dare a dio l’inesistenza innominabile e gravida .
non si può conoscere l’isola non la si può afferrare ridurla in catapulta ]
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Modificato da - oltre i limiti in data 19/07/2009 19:00:48 |
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