V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
DedaloNur |
Inserito il - 08/01/2012 : 13:59:43 | Archeologia: i Romani arrivarono in Barbagia, scavi riscrivono storia della Sardegna ultimo aggiornamento: 04 gennaio, ore 11:33
commenta commenta 0 vota vota 2 invia stampa Facebook Viadeo OkNotizie Segnalo Wikio Friendfeed Roma, 4 gen. - (Adnkronos) - Prima dei banditi, ad Orgosolo arrivarono i Romani. In Sardegna nuove ricerche nell'aspro territorio della Barbagia rivelano una realta' finora impensabile: quelle zone non furono affatto refrattarie alla civilta' greco-romana. Inedite testimonianze archeologiche permettono ora di riscrivere intere pagine della storia dell'isola. Alla straordinaria scoperta dedica un ampio reportage l'ultimo numero della rivista ''Archeologia Viva'' (Giunti Editore). In Sardegna qualcuno ancora non riesce a crederci, ma i dati archeologici parlano chiaro: i Romani riuscirono a penetrare nel cuore della Barbagia, piu' precisamente nell'insospettabile Supramonte di Orgosolo, dove nuove scoperte costringono a riscrivere un importante pezzo di storia. In localita' Sirilo', un immenso altopiano calcareo a oltre mille metri di altitudine, ore di cammino a piedi ancora oggi per raggiungere il centro di Orgosolo: qui, durante lo scavo di un villaggio nuragico si sono spalancate le porte per una nuova interpretazione di come andarono le cose al tempo dei Romani. Dalle fonti classiche sappiamo che i Greci e i Latini conoscevano bene la Sardegna. Le testimonianze di Erodoto, Diodoro Siculo, Strabone e, soprattutto, Pausania raccontano di popolazioni greche in fuga da Troia guidate da condottieri che si rifugiarono sui monti dell'isola. Notizie riprese nel Novecento che hanno creato tra le popolazioni della Barbagia il mito che nelle zone interne la colonizzazione romana, iniziata nel 238 a.C. durante la seconda guerra punica, sia stata respinta dalla forte resistenza degli stessi barbaricini, che non si sarebbero sottomessi. Ma la storia non e' esattamente questa, come spiega un lungo articolo pubblicato su ''Archeologia Viva'', a firma di Maria Ausilia Fadda, l'archeologa della Soprintendenza di Sassari e Nuoro che da decenni conduce scavi in quelle che sono considerate le aree piu' impenetrabili della Sardegna.
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http://www.adnkronos.com/IGN/News/C...8640129.html
http://www.archeologiaviva.it/index...RGOSOLO.html
| I risultati delle ricerche nel difficile territorio del più famoso comune della Sardegna contrastano con l'idea consolidata di una Barbagia antica impenetrabile per il carattere indomito degli abitanti e l'aspra bellezza delle sue montagne...
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Dalle fonti classiche si apprende che i Greci, già prima della colonizzazione dell'Occidente (VIII sec a.C.), e i Latini conoscevano la Sardegna. Per la sua forma i primi la chiamavano Ichnussa (da icnos, ‘piede') e gli altri Sandaliotis. Le testimonianze di Erodoto, Diodoro Siculo, Sallustio, Strabone e, soprattutto, Pausania - vissuto nel II sec. d.C. e che nel decimo libro della sua Tes Ellados Periegesis (Descrizione della Grecia) dedica un intero capitolo alla mitica colonizzazione della Sardegna - raccontano di popolazioni greche in fuga da Troia guidate da ecisti (condottieri/mitici fondatori - ndr) che si rifugiarono sui monti dell'isola e vennero chiamati Iliesi (appunto da Ilio). Riprese dagli storici del Novecento, queste notizie hanno contribuito a creare tra le popolazioni della Barbagia la convinzione che nelle zone interne la colonizzazione romana - iniziata nel 238 a.C. durante la seconda guerra punica - sia stata respinta dalla forte resistenza degli stessi barbaricini, che non si sarebbero sottomessi, rallentando per secoli il processo di romanizzazione. Questa breve premessa è utile per dare un'idea del dibattito ancora aperto e per introdurre una serie d'importanti scoperte fatte nel territorio di Orgosolo, comune che esemplifica perfettamente la realtà della Barbagia, famoso nella storia del banditismo sardo, ma anche per i suoi straordinari murales, che hanno saputo dare voce ai problemi sociali e politici degli ultimi decenni del secolo scorso. […] Articolo su 10 pagine |
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15 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
maurizio feo |
Inserito il - 29/01/2012 : 10:14:49 Oh, quant'è bello sferzare i tempi (deteriorati) ed i costumi (immorali) con il gatto a nove code delle vostre sensazioni. Quanto vi piace.
Le sensazioni sono tutto, d'altronde: esse documentano la realtà molto meglio di una fotografia bene a fuoco. Specialmente se sono le vostre sensazioni.
O tempora, o mores...
Io - guarda caso - so dell'esistenza di parestesie, iperestesie ed anestesie periferiche e centrali. Alcune di queste riguardano molto direttamente le vostre sensazioni.
Ma lo dico per vostra precisa informazione: a noi (a me in particolare) delle vostre sensazioni non può davvero importare di meno. |
DedaloNur |
Inserito il - 29/01/2012 : 09:52:03 | tu non hai mai avuto questa sensazione? |
io talvolta sì.
anche per me il caso di M.Prama è tanto triste quanto sgnificativo.
queste staue mi son sembrate prese in ostaggio da due fattori.
il primo è un lentissimo cambio di paradigma, cioè di teoria ufficiale. Avavamo i fenicio punici padrone della sardegna, portatori della cultura urbana, dall'altro avevamo una cultura nuragica, soccombente, non urbanizzata ne urbanizzabile (si ricordino le parole di Lilliu sull'arte barbara nuragica): secondo questa prospettiva, le statue che sarebbero dovute saltar fuuori, potevano essere solo fenicio puniche. invece son saltate fuori le nuragiche, e i nuragici si son riproposti come padroni del territorio.
che fare? bisognava cambiare tutto o gran parte e c'è voluto, molto tempo. il risultato, per me nefasto è che il dibattito intorno alle statue si svolga ancora entro l'orticello della cultura sarda e al più, italiana.
il secondo fattore è la pessima amministrazione. non si può chiedere ad un privato di impiegare le sue risorse per restaurare le statue a meno che il privato non sia un milionario e non possa lucrare sulle statue.
l'amministrazion e dunque anche l'archeologia, dovevano stornare i finanziamenti previsti per altri lavori e indirizzarli alle statue. giacchè queste sono la scoperta archeologica sarda (e non solo sarda credo) più importante degli ultimi 50 anni. quasi tutto impallidisce dinanzi ai giganti.
si dice che l'onta M.Prama fu la conseguenza della solita mancanza di fondi, mentre invece è la conseguenza di scelte amministrative miopi e scriteriate a tutti i livelli.
l'impegno di pochi, le rade pubblicazioni, non lavano quest'onta...e spero che la cosa ritorni a futura memoria e ci serva da lezione....spero... http://www.gentedisardegna.it/topic...PIC_ID=17565
non vorrei che Bernadini fosse un altro che urla nel deserto...
p.s siamo molto O.t. http://www.gentedisardegna.it/topic...PIC_ID=18006 |
maurizio feo |
Inserito il - 29/01/2012 : 00:18:14 Le statue (che sono in dimensione appena normale o poco superiore al normale - ma per colpa del materiale stesso - e quindi non sono certamente "giganti") della collinetta denominata "monte" Prama sono state strumentalizzate da una certa parte di opinionisti interessati ad ingigantire tutto. Non sono mai state nascoste. Pubblicazioni scientifiche e no - regolarmente autorizzate a fare foto - le ritraevano fin da subito in fotografie dettagliate sia a colori sia in bianco e nero. E ne parlavano e scrivevano a lungo, anche. I biechi depositari di segreti arroccati nelle loro cattedre sono funzionali solo alla propaganda di parte. E di questo - bada - posso portarti le prove: la rivista Onlus Sardegna Antica ha pubblicato le fotografie quando ancora al grosso pubblico le statue non prudevano (perché non era ancora stato sensibilizzato dagli opinionisti interessati di cui sopra). Tronchetti pubblicava addirittura un libro (I Sardi) con fotografie nell'interno ed in copertina. Quasi nessuno le conosceva, ma per propria ignoranza, non perché esistesse un piano cattedratico volto a mantenere il segreto. Certamente, le statue non sono state disponibili al pubblico, durante i restauri di materiale terribilmente maltrattato e naturalmente fragile. I restauri sono andati per le lunghe? Certamente è così: la prossima volta trova dei ricchi finanziatori per il restauro, oppure pagalo tu, se te lo puoi permettere. Stai riportando - mi auguro in modo involontario e non provocatorio - solamente propaganda. Molto di moda, in questi anni, in Sardegna. Prova ancora. |
Montearcosu |
Inserito il - 28/01/2012 : 17:33:02 | maurizio feo ha scritto:
| DedaloNur ha scritto:
| Montearcosu ha scritto: perchè si dicono cose che non si conoscono come se fossero ovvie e perchè si nascondono altre scoperte che tutti reputano ovvie..
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c'è ancora una cosa che non riesco a capire, chi sarebbe che sosterrebbe la teoria di una barbagia mai romanizzata?
io,fossi stato nella Fadda, avrei lasciato perdere le cose ormai scontate, avrei tentato di capire come fu realizzata la romanizzazione (dato acclarato) a fronte della costante resistenziale che non è un mito (giacchè resistenza vi fu) consisderando ad sempio, fatti intriganti come la celebrazione romana del dio paleo sardo (o per dirla in termini semplici nuragico) Sardus Pater, oppure, per quanto riguarda la latinizzazione alcuni documenti intriganti, tipo tavole Defixionis nelle quali termini paleo sardi appunto, si mischiano al latino...
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Strano: sono d'accordo con DedaloNur.
Mi trovo in disaccordo - invece - con la connotazione di Montarcosu (che prima non avevo notato): "...si nascondono altre scoperte..." Che non è chiara e lascia credere che l'Accademia tenga nascoste prove oggettive (?). E' vero che si tratta di una connotazione vaga ed imprecisa, aperta a differenti interpretazioni. Ma alcune delle interpretazioni non mi vedono punto d'accordo e richiederebbero prove a sostegno, oppure andrebbero cancellate dagli atti.
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Anche io sono d'accordo con dedalonur e parzialmente anche con maurizio, anche se abbiamo due prospettive diverse. Infatti io credo che utilizzare ripetutamente il termine dominazione senza che sia oggettivamente dimostrato, con un tono di assoluta certezza... mi desta preplessità. penso che la plausibilità sia invece il tono più appropriato.
Per quanto riguarda le prove nascoste, bè, maurizio, io non sono dentro l'archeologia e sono un esterno osservatore. ho sempre avuto la sensazione sin dall'inizio, quando mi sono affezionato a questa disciplina, che ci fosse riluttanza a fare certe affermazioni che contravenissero appunto a ciò che i grandi padri dell'archeologia ritenevano (ma forse questo è un difetto in tutte i campi della scienza). maurizio, tu non hai mai avuto questa sensazione? per portare una prova evidente di questo posso citare un'esempio che è macroscopico: i giganti di monti prama. Ma ce ne sono tanti altri... non voglio indagare sul perchè ciò accade, ma accade di continuo. |
maurizio feo |
Inserito il - 28/01/2012 : 09:35:34 | DedaloNur ha scritto:
| Montearcosu ha scritto: perchè si dicono cose che non si conoscono come se fossero ovvie e perchè si nascondono altre scoperte che tutti reputano ovvie..
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c'è ancora una cosa che non riesco a capire, chi sarebbe che sosterrebbe la teoria di una barbagia mai romanizzata?
io,fossi stato nella Fadda, avrei lasciato perdere le cose ormai scontate, avrei tentato di capire come fu realizzata la romanizzazione (dato acclarato) a fronte della costante resistenziale che non è un mito (giacchè resistenza vi fu) consisderando ad sempio, fatti intriganti come la celebrazione romana del dio paleo sardo (o per dirla in termini semplici nuragico) Sardus Pater, oppure, per quanto riguarda la latinizzazione alcuni documenti intriganti, tipo tavole Defixionis nelle quali termini paleo sardi appunto, si mischiano al latino...
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Strano: sono d'accordo con DedaloNur.
Mi trovo in disaccordo - invece - con la connotazione di Montarcosu (che prima non avevo notato): "...si nascondono altre scoperte..." Che non è chiara e lascia credere che l'Accademia tenga nascoste prove oggettive (?). E' vero che si tratta di una connotazione vaga ed imprecisa, aperta a differenti interpretazioni. Ma alcune delle interpretazioni non mi vedono punto d'accordo e richiederebbero prove a sostegno, oppure andrebbero cancellate dagli atti. |
DedaloNur |
Inserito il - 27/01/2012 : 19:50:52 | Montearcosu ha scritto: perchè si dicono cose che non si conoscono come se fossero ovvie e perchè si nascondono altre scoperte che tutti reputano ovvie..
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c'è ancora una cosa che non riesco a capire, chi sarebbe che sosterrebbe la teoria di una barbagia mai romanizzata?
io,fossi stato nella Fadda, avrei lasciato perdere le cose ormai scontate, avrei tentato di capire come fu realizzata la romanizzazione (dato acclarato) a fronte della costante resistenziale che non è un mito (giacchè resistenza vi fu) consisderando ad sempio, fatti intriganti come la celebrazione romana del dio paleo sardo (o per dirla in termini semplici nuragico) Sardus Pater, oppure, per quanto riguarda la latinizzazione alcuni documenti intriganti, tipo tavole Defixionis nelle quali termini paleo sardi appunto, si mischiano al latino...
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maurizio feo |
Inserito il - 27/01/2012 : 16:50:40 Molte cose - in molti argomenti storici antichissimi - non le conosce proprio nessuno in dettaglio, perché non ci sono testimonianze scritte (oppure ci sono, ma ovviamente non sono attendibili, perché non sono state scritte da contemporanei informati dei fatti). Il reperto archeologico non dà - in certi casi - una certezza che possa dirimere tutti i dubbi. Questo rende la maggior parte degli studiosi seri piuttosto restii a formulare ipotesi, ritenendo essi di non avere abbastanza dati certi. Altri autori seri invece, sono disposti ad affrontare l'alea dell'errore (sempre possibile, in questi casi). Ma in genere e per onestà intellettuale dovrebbero formulare le loro frasi in modo possibilista, certamente non in modo assolutista. Gli argomenti meno "sicuri" (cioé proprio quelli dei quali alcuni si rifiutano di parlare, mentre altri parlano troppo) sono proprio quelli che più si prestano all'intrusione dei non addetti ai lavori, perché talvolta sembrano (ho scritto "sembrano", perché in genere sembrano soltanto, ma non "sono") argomenti nei quali si può legittimamente fare qualsiasi affermazione. C'è gente che vive così, ottenendo qualche successo di pubblico, inviti a sagre e feste, raduni e comizi e perfino qualche finanziamento incauto. |
Montearcosu |
Inserito il - 26/01/2012 : 18:37:15 | maurizio feo ha scritto:
A mio vedere, non accadde nulla di strano: tutto sta a non avere un punto di vista troppo ideologizzato, al riguardo. Nel senso che non bisogna prendere parte, né per gli uni, né per gli altri. E un articolo su Archeologia Viva può anche non essere preso troppo seriamente, in certi dettagli, se prende troppo facilmente parte.
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Le pubblicazioni archeologiche sono spesso "inchinate" al sensazionalismo da tempo e no lo scopriamo con questo o quel soprintendente o articolo...
continuerò a domandarmi perché... perchè si dicono cose che non si conoscono come se fossero ovvie e perchè si nascondono altre scoperte che tutti reputano ovvie.. |
maurizio feo |
Inserito il - 22/01/2012 : 19:53:48 Quando i Romani invasero la Sardegna, tentando di sottrarne le risorse e le valenze logistiche agli avversari transmarini Cartaginesi, va da sé che i Sardi cercarono di resistere all'invasione ed alla conquista. Esattamente come avevano fatto - prima - con i Cartaginesi stessi. Non è affatto strano che un popolo cerchi di difendere la propria indipendenza: strano sarebbe il contrario. I principali linguisti sardi (Pittau, Blasco Ferrer, per citarne due) sono d'accordo sul fatto che il neosardo sia una lingua neolatina. E questo può essere solo se l'isola è stata conquistata totalmente dai Latino parlanti. E' vero: si può obiettare che questo sia avvenuto un un arco di tempo piuttosto lungo (e non si comprendono in dettaglio alcune eccezioni che esulano dal tema, qui). Resta il fatto che il neosardo è uno (in tutte le sue forme e varietà resta sempre neolatino) e non esiste un dialetto centrale "non latino".
Ma certamente, si può operare una distinzione - se proprio si vuole farlo - tra zone considerate più importanti e più "necessarie" da parte di ambedue le etnie. Oggi diremmo "obiettivi sensibili" se l'importanza è di carattere militare e "fonti di ricchezza" se l'importanza che un sito riveste è economica o commerciale. Va da sé che la presa fosse più stretta sui porti, ad esempio, di quanto essa non fosse su altre sedi, che risultano difficilmente raggiungibili ancora oggi e (come è stato detto mille volte) facilmente difendibili da pochi contro forze molto superiori. Certamente, saranno esistite zone nelle quali la presenza romana era quasi assente, oppure inavvertita.
Probabilmente, tracce più precise ed indicative (della conquista e dell'intenzione di mantenerla) si possono rilevare nella costruzione di strade. Certamente, le strade costruite dai sardi erano più funzionali alle necessità delle "Civitates Barbariae" (il cui nome sardo ci è ignoto) e pertanto avevano (ad esempio) un decorso montagna - pianura utile ai loro spostamenti stagionali, come esemplifica molto bene il Bellodi nella sua ultima pubblicazione. Diversamente, il percorso utile ai conquistatori romani aveva un decorso se non proprio Nord-Sud (e quindi quasi trasversale ai percorsi Sardi), almeno funzionale all'unione ed al rapido collegamento dei punti d'imbarco. Parlando molto in generale, s'intende.
Probabilmente, poi, vi erano zone che erano importanti per ambedue le etnie contrapposte, magari per motivi differenti: uno di questi punti era possibilmente la Fonte Ipsitana, o Forum Traiani (l'attuale Fordongianus). Forse i motivi si focalizzavano proprio sulle fonti termali, presenti ed utilizzate ancora oggi. Forse, i motivi erano solamente pratici per i Romani; per i Sardi forse esistevano anche motivi religiosi, oltre a quelli pratici. Di fatto, il posto fu preso e riperso numerose volte da ambedue i contendenti: oggi è considerato appunto uno degli ingressi nella Barbagia. E avere un avamposto in tale luogo era probabilmente di importanza militare. Analoghi discorsi possono farsi per varie altre sedi, non solo per le quattro Barbagie.
A mio vedere, non accadde nulla di strano: tutto sta a non avere un punto di vista troppo ideologizzato, al riguardo. Nel senso che non bisogna prendere parte, né per gli uni, né per gli altri. E un articolo su Archeologia Viva può anche non essere preso troppo seriamente, in certi dettagli, se prende troppo facilmente parte.
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DedaloNur |
Inserito il - 21/01/2012 : 11:55:07 | di Giovanni Ugas La resistenza degli Iliesi: un evento storico che l’archeologia non smentisce
La scoperta archeologica di Sirilò: un’interpretazione - L’amica e collega Maria Ausilia Fadda, autrice di tante e importanti indagini archeologiche, ha effettuato un’interessante scoperta nel sito di Sirilò in agro di Orgosolo a oltre 1000 metri di altezza. Si tratta di un abitato persistito dall’età del Bronzo sino ai tempi del dominio romano nell’isola. A giudizio dell’articolista dell’Unione Sarda Piera Serusi, che in data 18 Gennaio 2012 richiama le considerazioni della Fadda, l’interesse del ritrovamento consisterebbe nel fatto che il mito della Barbagia mai domata è infondato e lo proverebbero i manufatti archeologici. Alle stesse conclusioni indurrebbero le suppellettili emerse dagli scavi nell’antico villaggio di Sant’Efis di Orune. Nella sostanza, con parole forti e decise, nell’articolo si afferma “qui finisce la mistica dell’identità. Qui si sgretola il campionario folk della Barbagia isolata e mai conquistata… un mito infondato che è stato ampiamente strumentalizzato e enfatizzato”.Occorre attendere una pubblicazione esaustiva degli scavi per avere un quadro più dettagliato e un’analisi più precisa, soprattutto per quanto attiene le diverse sequenze e i contesti stratigrafici, tuttavia, a giudicare dalle notizie sugli elementi della cultura materiale venuti alla luce in tali siti è possibile trarre già alcune considerazioni che, dico subito e in modo non meno deciso, non sono affatto in linea con quanto sostenuto nell’articolo. Foto 1
Il nuraghe di Sirilò
Innanzitutto, va premesso che la resistenza dei Sardi ai Cartaginesi a partire dal 510 a.C. e ai Romani dopo il 238 a.C. non nasce dal parto di qualche inguaribile indipendentista moderno ma è ben registrata nella letteratura antica e ad essa, oltre che alla specificità della società “barbaricina”, si rifanno Giovanni Lilliu e tanti storici e antropologi sardi. Penso sia utile richiamare alcune delle numerose testimonianze che attestano come l’isola ancora alla fine del II secolo dopo Cristo non fosse affatto del tutto soggiogata, tralasciando le prime grandi battaglie per l’indipendenza combattute dai Sardi e i trionfi senza fine conseguiti dai consoli romani contro i Sardi per tutto il II sec. a. C., che determinarono, stando alle fonti, non meno di centomila caduti e prigionieri.
Qualche testimonianza della letteratura antica sulla resistenza degli Iliesi - Diodoro Siculo (IV, 30) intorno al 60 a.C. Scrive: “In relazione a questa colonia (degli Iolei), avvenne anche un fatto straordinario e singolare: Attraverso un oracolo il Dio disse loro che tutti quelli che avevano preso parte a questa colonia e i loro discendenti, sarebbero rimasti continuamente liberi per l’eternità. La realizzazione di questo fatto in conformità all’oracolo, perdura fino ai nostri giorni”. Al tempo di Diodoro, dunque, una parte delle terre dell’isola era ancora libera. Infatti, Diodoro aggiunge: “Per effetto del lungo tempo ivi trascorso, poiché i barbari che avevano preso parte alla colonia erano superiori come numero, le popolazioni (gli Iolei) avevano finito per imbarbarirsi; esse, trasferitesi nella zona montuosa, si stabilirono nei terreni difficili ed erano solite nutrirsi di latte e carne e allevare molte greggi di bestiame e non avevano bisogno di grano. Si costruirono delle abitazioni sotterranee, svolgendo il loro modo di vita negli anfratti, evitarono il pericolo delle guerre. Perciò prima i Cartaginesi e poi i romani li combatterono spesso, ma fallirono il loro obiettivo”. Il concetto è riaffermato dallo stesso Diodoro Siculo V,15 : “I Tespiadi (i capi tribali Iolei), signori dell’isola per molte generazioni furono alla fine cacciati, si rifugiarono in Italia e si stabilirono (in particolare) nella zona di Cuma; la gente rimasta si imbarbarì ma, scelti come capi i migliori (àristoi), difese la sua libertà fino ai nostri giorni.” Occorre chiarire che Diodoro sosteneva erroneamente l’origine greca degli Iolei, mentre i Romani li chiamavano Ilienses facendoli discendere da Ilio. In effetti essi vanno riconosciuti in una popolazione indigena, che possiamo definire convenzionalmente Iliesi, stanziata fin dal Neolitico nei territori a Sud del Tirso, a meridione dei Balari e dei Corsi, le altre due grandi popolazioni sarde che si opposero ai Cartaginesi e ai Romani. Tuttavia, lo storico greco della Sicilia che visse nel I sec. a.C. era certo ben informato sui fatti recenti dell’Isolane e, di certo, le lotte intestine per il potere sostenute nello stesso periodo, da circa l’80 al 40 a.C., tra i democratici e gli aristocratici romani dovettero rendere ancor più difficile il controllo delle zone montane e più impervie dell’isola. Il clima delle relazioni tra Roma e i Sardi, era tutt’altro che temperato, come emerge ancora dal giudizio espresso da Cicerone sui Sardi, compresi i filocartaginesi che abitavano le coste. Infatti, nel processo contro Scauro intentato dai Sardi intorno al 54 a. C., Cicerone sostiene sia pure accentuando strumentalmente la sua opinione sui Sardi: “Bisogna convincersi che la realtà dei fatti dimostra che la maggior parte di costoro (i Sardi) è priva di ogni rapporto di amicizia, di alleanza con il nostro popolo. Infatti quale altra provincia, fatta eccezione della Sardegna, non ha almeno una città alleata del popolo romano e libera (cioè con la cittadinanza romana)?”. Occorre riconoscere, invero, che Strabone, attivo tra la fine del I a.C. e gli inizi del I d.C. afferma che “… ( i figli di Iolao) abitarono insieme a Barbari che allora occupavano l’isola… ma poi il dominio passò ai Fenici provenienti da Cartagine , insieme ai quali combatterono contro i Romani. Poi, però, essendo stati costoro sconfitti, tutto passò sotto i Romani”. Va rilevato, al riguardo, che la notizia di Strabone è generica e non si sofferma su dettagli e infatti menziona allo stesso modo il dominio dei Cartaginesi che, ben si sa, non era di certo esteso alle zone interne. Infatti, lo stesso Strabone, in un altro passo, afferma che dalla Sardegna si facevano azioni di pirateria nella zona di Pisa in Toscana, asserendo indirettamente che qualche settore dell’isola, era tutt’altro che pacificato e sotto il controllo politico di Roma. Che la situazione nell’isola non fosse affatto pacifica ancora nel I secolo d. C., lo afferma Cassio Dione il quale riferendosi agli eventi che si verificarono nel 6 d. C, sotto Augusto, afferma: “Infatti i briganti compivano tanto frequentemente delle scorrerie che per tre anni la Sardegna anziché avere per suo governo un senatore venne affidata a strateghi presi dall’ordine dei cavalieri (scelti dall’imperatore)”. Strabone (V,2,7) aggiunge che “gli strateghi che vi vengono inviati… talvolta rinunciano poiché non è certo vantaggioso mantenere di continuo l’esercito in luoghi insalubri…”. Ovviamente, era mascherata sistematicamente con l’insalubrità del clima l’insicurezza della Sardegna generata dallo stato di ribellione dei Sardi. Un situazione tutt’altro che pacifica è prospettata ancora, sia pure confusamente, oramai nel II secolo d. C. da Pausania ( X, 17,4): “... dunque ai miei giorni in Sardegna vi sono dei luoghi chiamati Iolaei”…. “I Troiani (cioè gli Iliei distinti erroneamente dagli Iolaei-Iliesi) si rifugiarono nei luoghi alti dell’Isola e, avendo occupato le montagne dal difficile accesso ben protette da opere difensive e da precipizi, ancora ai miei tempi conservano il nome di Iliei, per quanto somiglino ai Libii nell’aspetto, nell’armatura ed in ogni loro costume di vita”. Come si può osservare questi dati indicano, e si tratta di testimonianze dirette, che ancora nel II secolo dopo Cristo una parte dell’Isola delle montagne (Barbagie e Ogliastra) abitate dagli Iliesi non era affatto pacificata! Foto 2
Domus de jana di Sirilò
Non sappiamo se l’editto di Caracalla del 212 d. C., col quale a tutti i sudditi dell’impero e dunque anche ai Sardi fu riconosciuto il diritto di Cittadinanza romana, riuscì a convincere i Barbaricini a desistere dalla loro lotta. Indubbiamente, va detto che Austis fu una fondazione romana, ma questo non basta per sostenere che le regioni montane del Gennargentu furono soggiogate dai Romani. Infatti, è evidente che, con lo stanziamento di propri coloni in zone nevralgiche, i Romani cercarono di frenare le incursioni e le ribellioni degli Iliesi, ma invano. La stessa cosa avvenne più a Sud con la fondazione della colonia dei Patulcenses Campani nel Gerrei per tenere a freno i Gallilenses sarcidanesi, ai limiti della Barbagia di Seulo. Inoltre, il fatto che Forum Traiani (poi Crysopolis, Fordongianus), il presidio militare dei Romani e poi dei Bizantini, fosse ubicato relativamente lontano dalle montagne del Gennargentu indica indirettamente l’esigenza di tenere ai margini il cuore dei Montes Insani, un territorio che occorreva controllare con prudenza e a una certa distanza ancora in età tardo imperiale e bizantina. In ogni caso, come affermano autorevolmente i linguisti, la lingua latina in Barbagia giunse tardi e attraverso un insegnamento dotto, “scolastico”, e non con una graduale propagazione dalle zone vicine. Non di meno arrivò tardi, solo dopo il VI secolo, il Cristianesimo, a seguito di un’intesa con i bizantini.
Le ragioni dell’archeologia non contrastano con i dati della letteratura - Queste sono le notizie, tutt’altro che mitiche, della letteratura antica. I dati archeologici di Sirilò e di Sant’Efis contrastano con esse? A giudicare dai dati finora noti non mi pare. I ritrovamenti di ceramica punica e greca attica evidenziano un fatto incontestabile: le regioni barbaricine non erano refrattarie alle sollecitazioni culturali provenienti dall’esterno, in primo luogo attraverso le altre contrade dell’isola. Tali manufatti, però, non implicano affatto che il Supramonte fosse stato occupato dai Cartaginesi così come la ceramica e gli altri elementi di cultura greca trovati nelle tombe orientalizzanti dell’Etruria non fanno della Toscana una terra militarmente occupata dai Greci nel VII secolo a.C. Lo stesso discorso vale per gli elementi culturali d’età romana. Non ci si deve aspettare che in età romana l’interno dell’isola fosse rimasto fermo culturalmente all’età del Bronzo e del I Ferro! Resistenza non è sinonimo di isolamento anche se gli Iliesi continuavano a parlare una lingua “barbara per i Romani” e peraltro, praticando sistematicamente le razzie si impossessavano delle cose degli altri in terre che un tempo essi possedevano. È più che naturale che al tempo delle conquiste cartaginesi e romane nell’isola il quadro culturale fosse mutato e adattato ai nuovi tempi. Invero, non mi pare che esista al momento alcuna prova archeologica che nel I e II secolo d. C. la resistenza barbaricina degli Iliesi fosse stata domata e che politicamente il Supramonte fosse governato dai Romani. Non mi pare che siano stati trovati elementi probanti come ad esempio qualche iscrizione latina relativa alla fondazione di un municipium o di un tempio dedicato al culto imperiale. Né si possiede alcuna prova, per questo periodo, dell’introduzione della lingua latina nel cuore della Barbagia e certo nessun insediamento delle Barbagie porta un nome di origine romana. Sirilò (che ricorda lo zoonimo Sirilugum di Plinio il Vecchio) non è certo un vocabolo latino e Sant’Efis è un nome cristiano. In conclusione non emergono ragioni plausibili per sostenere che gli storici greci e romani non si fossero accorti che le resistenza sarda era una pura invenzione dei consoli e degli strateghi di Roma! Fino a che mancheranno inoppugnabili sostegni probatori è più che lecito continuare ad affermare che fu un fatto storico, e non un mito, la resistenza dei Sardi nelle grotte (Tiscali ne è un esempio!) e nei luoghi fortificati (ancora da scoprire) ubicati sulle montagne nel cuore delle Barbagie. |
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lapo |
Inserito il - 18/01/2012 : 15:38:18 Ma non e vero che in sardegna ci sono stati cani e porci. La sardegna fi dalla antichita era conosciuta per la sua civilta e pitenza militare basta pensar ai shardana e ai nuragici. Ienici ebbero il benestare dei shardana per commerciare in sardegna non erano affatto conquistatori la stessa coda vale per i cartaginesi i quali erano aleati dei sardi e non viceversa. i greci chiamavano la sardegna antica abitata dagli antichi. Quindi per i greci la sardegna e i sardi erano piu antichi di loro!! |
DedaloNur |
Inserito il - 16/01/2012 : 12:17:46 ottimo suggerimento lo studio di nadia canu, anche perchè non lo conoscevo...
mentre il pdf di Delussu sì, v ne sono anche degli altri, appena posso li segnalo. però, a fronte di quanto dice,
| L’insediamento romano di Sant’Efis nel territorio di Orune, secondo F. Delussu sorgeva in prossimità della strada che l’Itinerarium Antonini indica come “aliud iter ab Ulbia Caralis”. Vedi sito http://www.fastionline.org/docs/FOL...2009-150.pdf L’asse stradale si dipartiva da Olbia toccando le stazioni di Caput Tyrsi (Buddusò), Sorabile (Fonni) e Biora (Serri) prima di raggiungere Carales. |
io ricordavo che qualcuno per Sant'efis avesse parlato di diverticula (cioè di una dirmamazione) della Ulbia Karalis, non proprio della aliud iter ab Ulbia Caralis ,
me senz'tro ricordo male io, visto che non posso rileggermi niente in questi giorni.
complimenti sartinò, bell'intervento. |
sartinocchja |
Inserito il - 16/01/2012 : 09:21:33 | DedaloNur ha scritto:
cercavo una resa grafica della aliud iter ab Ulbia Caralis , ma non ho trovato granchè. http://www.scribd.com/doc/28577630/...romana-Olbia
la aliud iter ab Ulbia Caralis è la strada che passava per il gennargentu. quella che più ci interessa anche perchè, o lei stessa o una sua diramazione 8sinceramente non ho ancora compreso bene) passava per S. Efis.
poi tentavo di capire a quando questa strada si faccia risalire. se i commerci coi romani avvengono già in età repubblicana ( ci sono delle anfore romane nel nuraghe mannu isalenti ad età repubblicana) a me pare che le opere monumentali e architettoniche, in barbagia risalgano solo alla piena età imperiale.
qualcuno per favore corregga o confermi.
Nell’articolo si parla di diversi insediamenti rurali, nel territorio di Orgosolo, ma di età romana imperiale (per il periodo repubblicano si parla di oggetti – ceramica sigillata) … con una particolare concentrazione nelle vallate attraversate da fiumi lungo il confine con il territorio di Villagrande Strisàili e nella valle di Locoe, al confine con il territorio di Oliena.
L’insediamento romano di Sant’Efis nel territorio di Orune, secondo F. Delussu sorgeva in prossimità della strada che l’Itinerarium Antonini indica come “aliud iter ab Ulbia Caralis”. Vedi sito http://www.fastionline.org/docs/FOL...2009-150.pdf L’asse stradale si dipartiva da Olbia toccando le stazioni di Caput Tyrsi (Buddusò), Sorabile (Fonni) e Biora (Serri) prima di raggiungere Carales.
Forse trovi qualcosa qua … http://www.scribd.com/doc/28251941/...degna-romana
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DedaloNur |
Inserito il - 15/01/2012 : 19:42:31 ottima osservazione caro Lessà. rapporti commerciali non significa ancora romanizzazione.
sperimoc he qualcuno posti qualche info in più sul sistema viario romano. appena posso, altrimenti, lo farò io. |
Lessa |
Inserito il - 15/01/2012 : 14:00:03 I Celti dell'Italia cisalpina e transalpina pagavano un anfora di vino per ogni prigioniero che vendevano ai Romani. Se non avessimo avuto questa notizia dagli storici latini, al ritrovamento di anfore vinarie in Gallia si sarebbe ipotizzato che i Romani erano arrivati ovunque, costruendo strade e ammazzando gente, assieme al proprio vino.
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