Venezia - dal 3 novembre al 16 dicembre 2007 Francesco Ciusa: gli anni delle Biennali (1907-1928) PALAZZO MOLIN ADRIATICA vai alla scheda di questa sede Exibart.alert - tieni d'occhio questa sede Fondamenta Zattere Ai Saloni 1412 (30123) Venezia individua sulla mappa Exisat individua sullo stradario MapQuest Stampa questa scheda Eventi in corso nei dintorni
-------------------------------------------------------------------------------- Attraverso quindici opere, quasi tutte grandi sculture che figurarono all’epoca nei massimi appuntamenti espositivi internazionali, vengono ripercorse le tappe salienti della vicenda dell’artista in quello che fu il periodo cruciale della sua ricerca. orario: 10:00-17:00 chiuso il lunedì (possono variare, verificare sempre via telefono) biglietti: ingresso libero vernissage: 3 novembre 2007. ore 11.30 editore: ILISSO curatori: Giuliana Altea, Anna Maria Montaldo autori: Francesco Ciusa telefono evento: +39 3283907216 genere: arte contemporanea, personale email: Mostraciusa.org@libero.it
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Cento anni fa, alla Biennale veneziana del 1907, lo scultore sardo Francesco Ciusa (Nuoro 1883-Cagliari 1949) faceva il suo esordio con La madre dell’ucciso, gesso che venne accolto come una rivelazione dalla migliore critica dell’epoca, e al quale doveva rimanere legata la sua fama al di fuori della terra d’origine. Anche se nel contesto nazionale la sua fortuna critica doveva quasi subito appannarsi, in Sardegna Ciusa fu oggetto di un vero e proprio processo di mitizzazione che portò ad esaltarlo come il “primo artista” dell’Isola, accanto a Grazia Deledda che ne era la “prima scrittrice”.
Questa mostra riporta Ciusa a Venezia cento anni dopo la sua prima affermazione, presentandone quasi tutte le opere maggiori comprese tra il 1907 e il 1928, anno che lo vide esporre per l’ultima volta alla Biennale. Tra le due date si situa la parte più feconda e felice della sua vicenda artistica: un periodo che, pur inframmezzato dalla guerra, lo vide pienamente partecipe delle istanze del dibattito estetico contemporaneo e impegnato in un dialogo serrato con le proposte nazionali e internazionali. La preparazione di questo evento ha offerto l’occasione di esaminare per la prima volta nel dettaglio le tappe di un itinerario di ricerca costellato di stimolanti momenti di confronto; guardando con particolare attenzione alla ricezione critica, si è puntato a ricostruire il rapporto dialettico che Ciusa intrattenne con le tendenze della scultura italiana ed europea del suo tempo. Ne viene fuori il ritratto di un artista che, pur profondamente impregnato di sentimenti regionalisti, fu tutt’altro che provinciale e il cui itinerario, informato e aggiornato su quanto intorno a lui si andava facendo, si caratterizza per l’originalità con cui stimoli e suggestioni vennero interpretati e fatti propri, traducendosi in proposte plastiche non di rado di sorprendente intensità espressiva. Quando, nell’aprile 1907, a ridosso dell’inaugurazione, Francesco Ciusa seppe di essere stato ammesso ad esporre La madre dell’ucciso tra i trentadue scultori delle sale “internazionali” della VII Biennale di Venezia, rimase assai colpito, quasi incredulo. La decisione di partecipare con questa scultura alla mostra era stata presa in un clima di incertezze, di timori, di speranze. Partì per Venezia senza conoscere il futuro della sua opera, la cui elaborazione era durata più di un anno e sulla quale aveva investito ben più che il lavoro e la fatica. Aveva ventitré anni, era sconosciuto, veniva da una terra poco frequentata e un po’ misteriosa per la gran parte dei visitatori dell’esposizione e per i critici che lo avevano ammesso. Delle tempeste emotive che contrassegnarono la sua presenza alla Biennale, tra legittimi timori e insperate soddisfazioni per il riconoscimento ottenuto, fa fede la testimonianza della commozione da lui pubblicamente dimostrata nella sede della mostra. La critica recente, come anche questa nostra esposizione conferma, ha dimostrato che La madre dell’ucciso è solo un momento d’avvio nell’evoluzione dello scultore e tuttavia per la letteratura critica e per gli amatori sardi doveva restare il punto di riferimento più importante, sicché la vicenda di quest’opera ha assunto nel tempo contorni leggendari. Ma soprattutto questa pagina della storia artistica isolana può avere generato processi di identificazione in non pochi dei sardi che, a vario titolo, si trovano ad affrontare ambienti e persone estranei alla loro terra, con timori e speranze non troppo diversi da quelli nutriti allora dal giovane scultore. Per questa ragione, noi sardi d’oltremare abbiamo voluto celebrare un centenario che può essere considerato la memoria di un’importante affermazione della nostra riconoscibilità fuori dell’Isola. Con la consapevolezza che la posa raccolta e il riserbo straziato della Madre dell’ucciso, icona di una sofferenza inaccettata e allo stesso tempo ineluttabile, sono l’emblema di tutte le storie collettive e individuali che Ciusa nella sua opera ha evocato con tanta efficacia.
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***LIBRIDISARDEGNA***
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