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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 22/10/2007 : 21:51:29
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Traduzione in 17 lingue per “Il giorno del giudizio” di Salvatore Satta, romanzo capolavoro (forse non completamente riveduto dal giurista) pubblicato postumo nel 1977, che ha definitivamente lanciato l’autore nel gotha letterario del '900, al punto che più di un severo critico sostiene che “Il gattopardo “di T.di Lampedusa sia stato superato dal respiro e dall’affresco del romanzo del Satta.
Pervaso dal senso della dissoluzione, ha fatto scrivere a Giacinto Spagnoletti nella sua “Storia della letteratura italiana del novecento" che “qui c’è la virile conoscenza dell’isola attraverso la morte, uno degli aspetti capitali della gente sarda: il vivere insieme coralmente in ambienti familiari, <<in attesa di giudizio>>, che è un sintesi della vita stessa, non un’anticipazione…Satta scende negli inferi della sua città, Nuoro, nel cuore di destini più oscuri della famiglia, per risalire come un monito assoluto: la morte è come la vita, carica di significati che sfuggono (e qui i personaggi che contano sono le donne di servizio, i sacerdoti, i maestri, chiunque abbia una funzione sociale, ma anche coloro che non hanno nulla di proprio da esibire, nessuna vocazione da far fiorire)….Resta una delle più forti testimonianza sul rapporto con il luogo di origine che la nostra ultima letteratura abbia espresso.”
La morte viene evocata già nei primi paragrafi del romanzo: il pretesto è la ricostruzione della nobiltà di don Salvatore Satta Carroni, la cui madre “doveva essere morta presto” , che sfocia in riflessioni sulla dissoluzione di chi ha vissuto e si dissolve nel nulla. Un viaggio a ritroso in una Nuoro vista come la capitale da “quei minuscoli centri lontani come le stelle l’uno dall’altro”, dove “rustici anziani dalle grande barbe, (vi) entravano avvolti nei costumi nuovi, come in un salotto”, seppure la città “neppure se li sogna la chiesa, i palazzi o i ruderi dei Galtellì”. Di quella Nuoro ritroviamo il quartiere Seuna e il caffè Tettamanzi, il chiosco Tortorici e la farmacia Piga, Chischeddu e don Ricciotti, zia Isporzedda e maestro Mossa; le beghe, i pregiudizi, lo stupore misto a diffidenza e terrore che accompagna l’arrivo della prima corriera, che evoca sas surbiles, le streghe, e la prima accensione della luce elettrica in una sera di ottobre (gelida forse come questa) che sa di magia e di miracolo, descrizioni gustose e indimenticabili in un romanzo che difficilmente riesce a far sorridere, impegnato come è a far meditare.
A molti ha ricordato pagine di L. Masters, ad altri di Borges: io vi ho trovato “The dead” di Joyce, per quanto paradossalmente proprio nulla abbiamo in comune le storie e i personaggi dei due romanzi essendo forse addirittura agli antipodi, se non una straordinaria forza evocativa difficilmente raggiungibile, che li fa sorprendentemente incontrare e incrociare.
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Tranquillo
Salottino
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Inserito il - 22/10/2007 : 21:56:13
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Accccc.... quanto sono ignorante!!!!
La mia conoscenza si fermava al "Dente del giudizio"......
............................................................................... (Se non fossi Tranquillo, molto probabilmente sarei un altro) ...............................................................................
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maragda
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Inserito il - 22/10/2007 : 21:58:47
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ohi..ohi..ca mi faisi morri... Pertanto,tra parentesi ,Il Gattopardo di T.Di Lampedusa svaniva già al confronto de I Vicerè di De Roberto. Purtroppo non ho mai letto il romanzo di S.Satta,imperdonabile... :-O
In su buccoi pratziu s'anghelu si doi setzidi...
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Albertina
Salottino
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:11:43
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Nemmeno io ho letto, ma devo farlo assolutamente. Io penso che la più grande riflessione sulla vita debba fare i conti con la morte e con quello che dopo di essa avviene. Perché soltanto esaminando la vita da quest'angolo di visuale e da quest'ottica possiamo cogliere noi stessi svincolati dagli schemi entro i quali siamo etichettati. Il giudizio scuote ogni persona che si sente al cospetto di chi legge in profondità e al quale non si può mentire. Sì, leggerò questo libro. Grazie, Adelasia
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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:26:06
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Mi interesserebbe molto conoscere le vostre valutazioni. Fatemi sapere... Per quanto mi riguarda ne sono letteralmente conquistata e lo ritengo il miglior romanzo scritto da un autore sardo, e non solo... E pensare che ho iniziato la lettura con un bel po' di pregiudizi sull'autore in quanto "La veranda" mi aveva deluso.
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assandira
Salottino
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:28:18
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Indubbiamente uno dei più bei libri che abbia mai letto!e sicuramente anche da rileggere... "In questo remotissimo angolo del mondo, da tutti ignorato fuori che da me, sento che la pace dei morti non esiste, che i morti sono sciolti da tutti i problemi, meno che da uno, quello di essere stati vivi"
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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:33:58
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| assandira ha scritto:
Indubbiamente uno dei più bei libri che abbia mai letto!e sicuramente anche da rileggere... "[ |
Quanto mi trovi d'accordo!!!!
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carol
Salottino
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:35:58
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ho letto questo libro qualche anno fà, la cosa che mii ha incuriosito di più sono state le descrizioni delle case attorno al corso (via majore) ed ogni volta che ci passo cerco di immagginare donna vincenza con le mani sulla fardetta (gonna) che scrutava da dietro il grande portone!!! un libro decisamente bello
carol
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assandira
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:51:38
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Brava Carol... Sai, pare che i nuoresi non accettarono di buon grado la descrizione che di loro fece Satta...che definì Nuoro una città di corvi...
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carol
Salottino
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Inserito il - 22/10/2007 : 22:54:52
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si lo sò, riminescenze scolastiche...la prof di italiano era contraria a questa lettura in classe, come d'altronde grazia deledda....preferiva quel cavolo dei sepolcri....divina...e manzoni!!!!
carol
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aki
Salottino
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Inserito il - 23/10/2007 : 08:49:00
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UNo fra i più bei libri che ho letto , è stato però parecchi anni orsono sicuramente da rileggere
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beriberis
Nuovo Utente
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Inserito il - 24/01/2008 : 10:28:10
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Il migliore romanzo sardo di tutti i tempi. Senza paragone.
inorabona
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asia
Salottino
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Inserito il - 24/01/2008 : 12:52:22
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Un cimitero diventa quasi crocevia dell'esistenza, dove i morti evocati interagiscono con i vivi in questo assurdo e casuale percorso che è la vita. Splendida la considerazione:
Bisogna svolgere la propria vita sino al momento in cui si cala nella fossa. E anche allora bisogna che ci sia uno che ti raccolga, ti resusciti, ti racconti a te stesso e agli altri come in un giudizio finale.
Che sembra in contraddizione con ciò che Satta diceva di sé: «Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte».
Scrivere, per lui, era un po' come vivere. Dovrebbe essere, per tutti, una parentesi che ciascuno realizza con naturalezza, senza obiettivi di guadagno e di fama. Ma questo significa volare sopra gli uomini, non essere contaminati dalle umane debolezze. Lui poteva. E ce lo ha dimostrato.
C'è sempre un angolo di silenzio nelle più sincere confessioni delle donne
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Modificato da - asia in data 24/01/2008 12:53:08 |
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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 24/01/2008 : 20:38:54
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| asia ha scritto:
«[b]Scrivo queste pagine che nessuno leggerà, perché spero di avere tanta lucidità da distruggerle prima della mia morte».
Scrivere, per lui, era un po' come vivere.
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Già...Ma non distruggerà le pagine, per quanto riaffermi che non avrebbe mai dovuto cominciare il racconto, condizione questa che lo allontanava dall'oblio - secondo lui equivalente alla buona morte - con la conseguenza della percezione di una sua imminente triste fine. Aveva la consapevolezza dell'eternità alla quale si era esposto e analizzava il suo stato d'animo quasi con amarezza, come se la sua vitale passione equivalesse alla sua condanna.
Avrei voluto conoscerlo.
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Marialuisa
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Inserito il - 01/02/2008 : 15:55:49
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Mistero del giudizio , mistero del processo , mistero della vita . Parte dalle considerazioni di quel grande giurista che fu Salvatore Satta, uno dei più validi , considerazioni amare sul diritto che si amalgano alle riflessioni sul giudizio del processo per farle poi confluire in quelle sul giudizio ultimo cui tende la vita dell'uomo. Senz'altro uno dei classici del Novecento , che va oltre correnti letterarie e oltre il tempo , ma anche oltre la nostra terra . Sarebbe utilissimo all'economia della nostra identità, se solo venisse rispolverato e tenuto in considerazione così come l'attualissimo "Il mistero del processo". Roberto Calasso lo ha inserito in "Cento lettere a uno sconosciuto"tra gli oltre mille testi di cui curò i risvolti dal 1967 al 1992 per l'Adelphi . Adelasia , mi piace avvicinarlo -empaticamente -a quel bellissimo "Libera nos a malo " di Meneghello -
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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 05/02/2008 : 01:21:20
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| Marialuisa ha scritto:
Adelasia , mi piace avvicinarlo -empaticamente -a quel bellissimo "Libera nos a malo " di Meneghello -
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Trovo interessante quello che scrivi. Empaticamente, in un certo senso direi di sì.. Si tratta di due tra le opere letterarie tra le più importanti e significative del novecento; raccontano entrambe degli indissolubili legami che hanno i rispettivi autori con le loro terre di origine, laddove sono piantate salde radici (“ho cercato di far rivivere le linee delle antiche case sarde, che mi porto da cinquantanni nel cuore, scrive Satta; “ coi tuoni e i primi scrosci della pioggia, mi sono sentito di nuovo a casa”, racconta Meneghello), di microcosmi (Nuoro e Malo) che assumono valenza di macrocosmi, che si dilatano fino a fungere da base a riflessioni profonde e universali. L’umorismo smagliante che accompagna le pagine di "Libera nos a Malo" non oscura quello ben più raro, nascosto e austero ma, secondo me, perfino più gustoso ed elegante che ci regala il libro di Satta, il quale non ha neanche la necessità di ricorrere a un particolare impasto linguistico (come fa Meneghello) per calare profondamente la sua storia tra gli abitanti di Nuoro e dintorni. Addirittura lo scrittore sardo si permette di tradurre vocaboli comprensibilissimi (predischedda, pietruzza) e nomi ( Boelle, Raffaele), quasi ad allargare la comprensione totale del suo microcosmo, senza concedere al lettore alcun tentativo interpretativo.. Meneghello registra il cambiamento epocale seguito al tramonto della civiltà contadina, Satta cerca di gestire il cambiamento esistenziale....se mi passi il concetto. Trovo il suo romanzo più sofferto (Satta si sente investito di un arduo compito), più viscerale, più tormentato, più lacerante, più amaro, perfino più moderno. E più universale.
Come fai intendere tu, di grande utilità per la nostra economia, se solo lo si conoscesse di più.
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Modificato da - Adelasia in data 06/02/2008 00:45:47 |
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Castello di Burgos
Burgos (Ss)
..un altro meraviglioso angolo di Sardegna |
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