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musthayoni
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Inserito il - 15/12/2009 : 17:20:01
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... siamo ormai prossimi al Natale .. Paskiscedda .. in sardo campidanese .. e già vedo e leggo fervori in ogni dove .. che mi riportano indietro nel tempo. Qualche anno fa .. quando ero più tranquillo e meno pregno di impegni e problemi vari .. scrissi qualcosa che venne pubblicata in una rivista di tradizioni popolari sarde. Il contenuto è abbastanza lungo .. ma se avete voglia e tempo .. dategli uno sguardo .. e poi ne riparliamo ... (vi risparmio le fonti bibliografiche contenute nel medesimo)
CREDENZE E USANZE NATALIZIE NELLA SARDEGNA TRADIZIONALE
Per il mondo cristiano, ormai da duemila anni, l’antico processo di transizione legato al solstizio d’inverno coincide con le feste natalizie. Infatti, verso il 336 d. C. il giorno della Natività fu fissato il 25 dicembre, come anniversario della nascita di Gesù Cristo, partendo dalla data della “Pasqua Ebraica”, cioè dal presunto periodo di concepimento del Messia . Nella tradizione sarda, il Natale costituiva (ma è così ancora oggi, seppur con usi differenti rispetto al passato) un significativo momento di festa per quanto riguarda gli aspetti socializzanti. In particolare, il Natale era l’occasione ideale per ribadire e ripristinare la coesione del nucleo familiare, temporaneamente disgregato a causa delle numerose inderogabilità imposte dai vincoli derivanti dal mondo lavorativo, che si contrapponeva come momento alternativo alla quotidianità d’ogni giorno e quindi, come momento di rottura al tempo della produzione. Al riguardo, si pensi alla ricomposizione dei nuclei familiari dei pastori, durante la transumanza invernale, o anche, nell’attuale periodo socio-economico, al ritorno degli emigrati che in prossimità delle feste natalizie, affrontano lunghi viaggi, pur di trascorrere questa ricorrenza insieme ai loro cari . Secondo le consuetudini del passato, ma al riguardo possiamo sostenerlo pure per quelle attuali, il momento cardine che sanciva la ricomposizione di ciascun nucleo familiare e quindi, anche la ripresa dei contatti con gli amici lontani, era proprio la notte della Vigilia di Natale, definita dalla tradizione campidanese come: “sa nott’è xena”. Infatti, al calar della sera del 24 dicembre, in ogni paese le diverse famiglie si riunivano al caldo tepore del focolare domestico, in casa del più anziano componente del gruppo di parentela. In quest’occasione il caminetto rappresentava il centro delle attività di soggiorno di ciascuna famiglia e quindi, il punto di emanazione del calore necessario a mitigare le fredde temperature invernali, che rendeva più suggestivi l’ambiente festivo e l’attesa notturna, facendo acquisire alla “Notte di Natale” un non so che di magico e misterioso per rutti i congregati. Per questo motivo era consuetudine imbiancare anticipatamente la stufa per ardervi durante la Vigilia, un grosso ceppo appositamente tagliato e conservato per l’occasione, denominato: “su truncu de xena o cotzi(n)a de xena” , che doveva restare acceso per tutto il periodo festivo. E proprio accanto al piacevole tepore emanato dal fuoco l’intero gruppo familiare consumava in allegria un’abbondante e saporita cena, a base di porchetto , agnello o capretto arrosto, di frattaglie (sa tratalia e sa corda) o anche di formaggio e salsicce secche ottenute dal maiale allevato in casa e macellato anzitempo . Fino a pochi decenni or sono, quando ancora la povertà e la fame erano situazioni concrete del vivere quotidiano di tante famiglie, i giorni di festa come il Natale costituivano le uniche occasioni possibili per fruire di un pasto più ricco del normale. Non mancavano al riguardo le eccezioni, perché laddove le condizioni socio-economiche di talune famiglie erano veramente drammatiche, anche in queste circostanze il pasto era appena appena più abbondante di quello frugale d’ogni giorno e talvolta, privo addirittura del pane . Al riguardo, gli anziani ricordano ancora oggi come in passato la carne fosse una pietanza eccezionale che non tutti si potevano permettere e di cui si usufruiva soltanto in situazioni particolari come le feste di Natale, Pasqua e qualche altra importante festività paesana. Tuttavia, contrariamente a quanto prima evidenziato circa la “Veglia di Natale” caratterizzata dall’abbondanza di cibi e bevande , diversi studiosi sottolineano come nel corso dell’Ottocento, nonostante “sa nott’è xena” fosse caratterizzata da un’aria di festosa letizia, il pasto della Vigilia fosse veramente frugale, giacché il digiuno per quella circostanza era una norma consolidata . L’abbondante consumo di cibi infatti, avveniva solo il giorno della festa vera e propria, ovvero il 25 dicembre e non pure la notte precedente il Natale, perché soltanto alla fine del XIX secolo si sviluppò l’usanza di consumare cibi abbondanti anche durante la Vigilia. Secondo questa consuetudine i preparativi per il “cenone” iniziavano già da alcuni giorni precedenti la “Notte Santa”, con la scelta e l’acquisto, in abbondanza, dei cibi e del vino da consumare. Al riguardo, la tradizione orale racconta come in quella circostanza il consumo di tutte le pietanze preparate diventasse un obbligo per tutti. E proprio per questo motivo, spesso e volentieri, si ammonivano i bambini a mangiare abbondantemente, altrimenti una terribile megera chiamata “Maria Puntaborru” (in alcuni paesi del Campidano) o “Palpaeccia” (in altri paesi dell’interno), avrebbe tastato il loro ventre durante il sonno e se questo fosse risultato vuoto, la strega avrebbe infilzato la loro pancia con uno spiedo appuntito, nel caso di Maria Puntaborru, oppure avrebbe messo sul loro stomaco una grossa pietra per schiacciarlo, in quello di Palpaeccia . D’altronde, prima che la televisione, con le sue immagini suggestive, modificasse irreversibilmente le antiche usanze praticate durante la veglia natalizia, simili storielle erano il fulcro principale dei diversi racconti che costituivano il vasto repertorio della tradizione orale, che vedeva come protagonisti incontrastati gli anziani di famiglia. Infatti, erano proprio loro i narratori che, attorno al fuoco, raccontavano ai componenti più giovani, le numerose storie che oscillavano tra il fantastico ed il reale o che riguardavano avvenimenti importanti del loro passato. In alternativa a questi racconti, il momento d’attesa era trascorso giocando con giochi tradizionali del genere a sorteggio e a scommessa, quali “su barrallicu” , “arrodedas de conca de fusu”, “punta o cù”, “cavalieri in potu”, “tòmbula”, “matzetu” e “set’è mesu in craru”, che accomunavano ancora una volta tutta la comitiva familiare, composta da adulti e bambini, in un unico insieme . Un altro passatempo molto in uso nel Campidano di Cagliari prima della messa natalizia era il tradizionale ballo sardo, che si svolgeva al suono delle launeddas e dell’organetto. Ogni comitiva infatti provvedeva a dotarsi di un suonatore privato, perché il “suonatore obbligato” era già impegnato dai giovani “de Sa Zerachia”, i quali pagavano a testa uno starello di grano, per avere uno zampognaro a loro disposizione e poter ballare in tutti i giorni festivi nelle pubbliche piazze . Con l’avvicinarsi della mezzanotte, tutti questi passatempi erano interrotti improvvisamente dai primi rintocchi delle campane, che avvisavano la gente dell’imminente inizio della “Messa di Natale”, denominata in sardo campidanese: ”Sa Miss’è Pudda”, ovvero la “messa del primo canto del gallo”, il cui termine, secondo gli studiosi, è di probabile derivazione catalana, poiché tra le tradizioni di Catalogna ricorre la cosiddetta “Missa del Gall” . Per la “Messa di mezzanotte” tutte le chiese venivano addobbate di una gran quantità di ceri, così come si desume dai registri contabili delle Cause Pie di vari paesi , che per l’occasione regalavano ai presenti una suntuosa cornice di splendore e luminosità. Per questo ogni chiesa si affollava di fedeli, perché la cerimonia religiosa oltre a sancire la solennità dell’evento della “Natività”, rappresentava per la gente anche un’occasione favorevole per ritrovarsi con gli amici, i conoscenti o altri parenti non presenti al cenone di famiglia e scambiarsi tra la gaiezza collettiva gli auguri di Natale. Ma la messa costituiva anche un importante occasione per le donne gravide che custodivano una creatura nel proprio grembo, di compiere alcune pratiche magico-religiose e quindi, operazioni di tipo esorcistico necessarie a tutelare la nascita del loro bambino. La maggior parte delle donne infatti era convinta che se non avessero ascoltato la messa di mezzanotte, il prossimo nascituro sarebbe nato deforme, oppure avrebbe assunto sembianze animalesche . Del resto, anche a Sestu la memoria collettiva delle anziane del paese ci tramanda racconti che riprendono queste credenze e che io, personalmente, ho avuto modo di raccogliere durante le varie interviste che mi hanno rilasciato. In Passato quindi, si riteneva che, con la partecipazione della gestante alla “Messa di Natale”, al momento dell’elevazione del calice per la consacrazione del vino e dell’ostia, l’eventuale “mostro” che ella portava in seno si sarebbe trasformato in feto normale (“sa bestia si furrìada in cristia(n)u” . Al riguardo, proprio la tradizione orale sestese ricorda come una giovane venuta meno a quell’obbligo partorì un bambino deforme, il quale si trasformò immediatamente in un grande uccello nero che, prima di essere catturato ed eliminato, si mise a svolazzare pericolosamente per tutta la casa, gettando panico fra le varie persone presenti al parto . Questi racconti denotano gli aspetti più “arcani” della ricorrenza natalizia, che ci riportano a credenze antichissime legate ad un substrato religioso di origine pre-cristiana, così come si riscontra ancora dalle storie rilevate in molti paesi del Campidano di Cagliari, dove si credeva che i nati la notte di Natale avessero la particolarità di non perdere denti e capelli durante la vita e di mantenere il corpo incorrotto anche dopo la morte (chini nascidi sa nott’è xena non purdiada asut’è terra) , o nel Logudoro dove invece si riteneva che coloro che nascevano in quella notte, potessero preservare dalle disgrazie sette case del vicinato . D’altra parte, le donne che praticavano la divinazione e la magia bianca, cioè coloro che la tradizione sarda a seconda delle aree di appartenenza definiva: “bruxas” o “deinas”, quando sentivano approssimarsi la loro fine, preparavano alla successione un’altra persona di fiducia per trasmetterle conoscenza e poteri e di norma questo passaggio si effettuava soltanto nel periodo che intercorre tra Natale e l’Epifania . Diversamente a quanto esposto poc’anzi invece, l’atmosfera natalizia, l’alta concentrazione di gente che assisteva alla messa (ad eccezione delle donne in lutto che la notte restavano a casa e partecipavano alla prima orazione del giorno dopo) , e la generale animazione che coinvolgeva tutti diventava spesso fonte di baccano proprio durante lo svolgimento delle sacre funzioni. Molti giovani buontemponi infatti, soventemente “brilli” per aver “alzato il gomito” durante la cena, coglievano l’occasione per infrangere le regole imposte dalla solennità del rito, attraverso la messa in atto di scherzi (come quello di legare fra loro le frange degli scialli delle donne più anziane o di cucire fra loro le gonne delle più belle ragazze del paese) e battute che provocavano le risate improvvise delle persone più vicine. Ma, come più volte stigmatizzato dalle autorità ecclesiastiche, succedeva anche che i giovani si lanciassero tra loro gusci di noci, mandorle o scorze di mandarino, che tenevano appositamente nascosti nelle proprie tasche, oppure li lanciassero verso le ragazze più carine per molestarle, facendo allo stesso tempo apprezzamenti e battute su di loro . Se a tutto questo si aggiunge l’abitudine dei sardi di sparare archibugiate in segno di giubilo nei pressi dei portoni di chiesa dal principio alla fine della messa, o all’interno della stessa chiesa, come accade in occasione del Natale del 1878, quando all’ora dell’elevazione dell’ostia uno dei barracelli presenti al rito, sparò una schioppettata nel presbiterio, cosicché il parroco sbigottito dovette affrettarsi a finire le funzioni religiose prima dell’ora stabilita , ci si renderà conto della grande animazione che vigeva in quest’attesa ricorrenza. A proposito di queste usanze ed in particolare del chiasso provocato dai fedeli durante la “Messa di Natale”, eppure in coincidenza di cerimonie religiose legate ad altre festività, la Chiesa già dal lontano passato aveva sempre lamentato il perpetuarsi di questi inconvenienti. I Sinodi di Cagliari degli anni 1651 e 1695 ad esempio, davano indicazioni ben precise al Clero locale, affinché “... si vietino il chiasso e la gran confusione che si creano in chiesa in occasione delle grandi feste e ... le notti di Natale, Giovedì e Venerdì Santo, .. non si permetta il lancio di noccioline, nocciuole, dolci, ecc., ..... né si sparino archibugiate all’interno della chiesa, anche se per festeggiare il Santo. E se sarà necessario si invochi l’aiuto del braccio secolare per scongiurare questi eccessi” . L’esuberanza della gente però doveva essere molto difficile da sradicare se in tempi più recenti il Sacerdote Fonnesu di Sestu, nella relazione stilata in occasione della visita pastorale del 1902 effettuata dall’Arcivescovo in paese, sottolineava ancora come “ nelle chiese, al tempo delle sacre funzioni, i fedeli conversano, discorrono e fanno chiasso”, lamentando inoltre che “non si può riparare a tale inconvenienza di parlare e di commettere qualche altra irriverenza, ancorché avvertiti e predicate e spiegate le tremende parole del Vangelo”. In altri termini, sebbene un certo numero di persone partecipasse con estrema devozione e serietà alle “ritualità natalizie”, l’alta concentrazione di folla, l’atmosfera festiva e la generalizzata spensieratezza che si sprigionava dagli individui più giovani in occasione del Natale accentuava, come sottolinea M.M. Satta, i rapporti scherzosi fra la gente, originando una carica di sregolatezza che, in un certo qual modo, infrangeva sia la normale compostezza dei giorni feriali, sia l’ufficialità e la solennità di un rito, che la rigidità delle norme imposte dalle autorità ecclesiastiche pretendeva a tutti i costi, pena il ricorso al “braccio secolare” della Chiesa. Finita la messa, la maggior parte della gente se ne tornava a casa, mentre per strada restavano soltanto sparuti gruppi di “giovani avvinazzati” che, nell’oscurità della notte, continuavano i festeggiamenti, cimentandosi nei balli e in canti improvvisati o in taluni casi, lasciandosi andare in schiamazzi e grida d’ogni genere che cessavano soltanto alle prime luci dell’alba.
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musthayoni
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Inserito il - 16/12/2009 : 10:03:05
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.. nessun commento in merito? ..
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laier
Salottino
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Inserito il - 16/12/2009 : 10:35:03
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sa tratalia e sa corda mi ricordano tanto mio nonno, le preparava la sera del 24 per arrostirle per la cena che buoneeeeeeee
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Nuragica
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Inserito il - 16/12/2009 : 11:56:16
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Nel tuo "racconto" ho riconosciuto tante tradizioni che fanno parte anche delle usanze trexentesi... in particolare l'imbiancatura del caminetto, il focolare e i is " contus de forredda".. ricordo che le storie fiabesche erano incentrate perlopiu' ad educarci al timore ( metodo montessoriano.... ) tramite queste storie ci inculcavano spesso un'educazione sessuale ( a modo loro),la diffidenza.. ma anche l'essere onesti col prossimo.. I giochi di gruppo erano il momento piu' atteso, e dopo cena ci si radunava quasi sempre con tutti i cugini e vicini di casa. non ci venivano regalate le Barbie super lusso, ma dei semplici mandarini e castagne "napoletane" quelle secche...
Non riconosco invece i personaggi Maria Puntaborru e Palpaeccia... Mi ha fatto sorridere molto il lancio delle noci e dei mandarini in chiesa....Pensavo all'ira di del nostro parroco se lo si facesse ancora ai giorni nostri... pero' simpatici i sestesi!!!
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Tizi
Salottino
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Inserito il - 16/12/2009 : 12:08:29
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mustayoni, bella questa discussione, mi piace quando si parla delle tradizioni e usanze del passato, sarà l'età, ma i ricordi, soprattutto in questo periodo, riaffiorano nella mia mente.....e mi prende una dolce malinconia..... Leggerò con calma quanto hai scritto e commenterò,(ora sono a lavoro e non posso).... intano grazie
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Panorama
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musthayoni
Utente Attivo
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Inserito il - 16/12/2009 : 13:15:41
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.. Laier .. ta bona sa tratalia e is cordas ... e da noi in famiglia è una portata che non manca mai ...
... ciau Nuragica .. qualche notizia su Maria Puntaborru e Palpaeccia .. la puoi reperire nelle opere di E. Delitala.
A San Sperate .. Maria Puntaborru .. usciva per Carnevale ...
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Incantos
Salottino
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Inserito il - 16/12/2009 : 22:39:27
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Complimenti musthayoni, bello questo topic anch'io ho riconosciuto parecchie usanze, il grosso ceppo de sa nott'e xena.. tutti i parenti riuniti intorno al focolare.. i racconti, i giochi, sa missa de puddusu e l'attesa di Babbo Natale..la mattina del 25 sveglia presto per scoprire i regali che come ha detto Nuragica spesso consistevano in dolciumi e frutti, e poi lo sbigottimento davanti alle impronte delle scarpe lasciate da Babbo Natale sulla cenere del caminetto... che bei ricordi...
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La Giara
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Tizi
Salottino
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Inserito il - 17/12/2009 : 09:03:39
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noi aspettavamo Gesù Bambino....era lui che ci portava i doni....
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Tizi
Salottino
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Inserito il - 17/12/2009 : 09:19:26
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Dici bene musthayoni il Natale era il giorno in cui ci si riunisce per festeggiare tutti insieme, quanti ricordi....sa notti de xena a casa si mangiava normalmente cena e dopo arrivavano amici e parenti, si giocava a tombola e a carte....un gioco di carte che ricordo era bestia a tresi e quattru cattasa.....si stava fino a tardi....a ridere e scherzare.....giocare, raccontare tutti vicino al fuoco..... Il giorno di Natale tutti a messa, dopo la messa si passava a casa dei nonni per gli auguri....sperando che anche li fosse passato Gesù Bambino a portare qualche dono, generalmente, frutta, dolciumi, noci e nocioline..... poi a casa a pranzo, maialetto, cruguxonisi o pasta al forno, sattizzu ecc. ecc. C'era un atmosfera particolare, magica.....
Maria Puntaborru e Palpaeccia, non le ho mai sentite neanch'io....
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musthayoni
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Inserito il - 17/12/2009 : 15:51:19
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.. Nuragica e Tizi .... su Maria Puntaborru e Palpaeccia ... trovate qualcosa (seppur con delle varianti) in .. Fiabe e leggende nelel tradizioni popolari della Sardegna di E. Delitala ...
.. o picciocas ... una cosa la volevo dire ... mi sorprende che dai si aspettasse Babbo Natale per i regali .. seppur composti di frutti secchi .. ma a casa mia .. dei miei cugini .. e degli amici del vicinato passanti .. Is Tres Gurreys ... e infine la Befana. Per Gesù Bambino .. si aspettava l'Evento con tutti i preparativi ad esso correlati ... ma .. almeno credo .. che la dispensa di doni alla vigilia .. sia stata introdotta in tempi più recenti .. o no?
.. e a proposito .. di Gesù Bambino e presepe .. ricordate a chi era delegato il compito di sistemarlo nella culla .. allo scoccare della mezzanotte?
... poi .. se ne avete voglia .. vi racconto cosa mi successe da bambino .. proprio il giorno della Befana ...
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Incantos
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Inserito il - 17/12/2009 : 15:57:39
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Io ricordo un gioco molto divertente al quale partecipavano perlopiù gli adulti, sinceramente non ricordo se si facesse la notte di Natale o l'ultimo dell'anno... vediamo se qualcuno di voi lo ricorda sempre che non fosse un gioco solo del mio paese Praticamente si prendevano due grossi cestini dentro i quali si mettevano ripiegati accuratamente dei bigliettini con i nomi dei giovanotti celibi e delle signorine in età da marito, questi bigliettini venivano poi presi dal cestino e letti ad alta voce in modo da ipotizzare una possibile storia d'amore tra le due persone ovviamente c'erano i buontemponi che facevano in modo che la più bella del paese capitasse con un giovanotto che non poteva definirsi proprio un Adone. Ci si divertiva per ore e alla fine i bigliettini venivano gettati in strada.
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musthayoni
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Inserito il - 17/12/2009 : 16:36:00
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.. o sentito anche io di questo gioco ... che mi pare si svolgesse a Capodanno perchè correlato alla funzione dei pronostici per il nuovo anno.
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Nuragica
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Inserito il - 17/12/2009 : 16:44:28
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musthayoni ha scritto:
.. Nuragica e Tizi .... su Maria Puntaborru e Palpaeccia ... trovate qualcosa (seppur con delle varianti) in .. Fiabe e leggende nelel tradizioni popolari della Sardegna di E. Delitala ... Appena riesco cerco di procurarmene una copia... ho un bel libro di favole sarde, scelte e tradotte da Francesco Enna e presentate da Salvatore Mannuzzu... ( da rileggere )
.. o picciocas ... una cosa la volevo dire ... mi sorprende che dai si aspettasse Babbo Natale per i regali .. seppur composti di frutti secchi .. ma a casa mia .. dei miei cugini .. e degli amici del vicinato passanti .. Is Tres Gurreys ... e infine la Befana. Per Gesù Bambino .. si aspettava l'Evento con tutti i preparativi ad esso correlati ... ma .. almeno credo .. che la dispensa di doni alla vigilia .. sia stata introdotta in tempi più recenti .. o no?
E' vero.. i doni arrivavano con l'arrivo dei magi alla capanna quindi con l'Epifania, infatti a casa mia ( eravamo sei figli) usavamo appendere la calza di lana al caminetto e al mattino trovavamo i doni... Ricordo anche che le maestre a scuola ci facevano preparare la letterina per il papa' dove promettavamo di essere buoni ed ubbidienti. All'ora di pranzo veniva posizionata sotto il piatto del capo famiglia e si aspettava impazienti che la "scoprisse" Che io ricordi non mi veniva mai indietro nulla...
.. e a proposito .. di Gesù Bambino e presepe .. ricordate a chi era delegato il compito di sistemarlo nella culla .. allo scoccare della mezzanotte? A casa mia sempre il mio fratello maggiore... ma non so se per tradizione o perchè lui era prepotente e leader in tutti i campi..
... poi .. se ne avete voglia .. vi racconto cosa mi successe da bambino .. proprio il giorno della Befana ...
Ne abbiamo voglia....
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Incantos
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Inserito il - 17/12/2009 : 16:45:14
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| musthayoni ha scritto:
.. o sentito anche io di questo gioco ... che mi pare si svolgesse a Capodanno perchè correlato alla funzione dei pronostici per il nuovo anno.
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Si, confermo si svolgeva l'ultimo dell'anno, chissà se lo fanno ancora??
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Incantos
Salottino
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Inserito il - 17/12/2009 : 16:49:59
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Ma cos'è che è strano?Che passasse babbo natale?? e poitta??
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Nuragica
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Inserito il - 17/12/2009 : 16:50:13
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| Incantos ha scritto:
Io ricordo un gioco molto divertente al quale partecipavano perlopiù gli adulti, sinceramente non ricordo se si facesse la notte di Natale o l'ultimo dell'anno... vediamo se qualcuno di voi lo ricorda sempre che non fosse un gioco solo del mio paese Praticamente si prendevano due grossi cestini dentro i quali si mettevano ripiegati accuratamente dei bigliettini con i nomi dei giovanotti celibi e delle signorine in età da marito, questi bigliettini venivano poi presi dal cestino e letti ad alta voce in modo da ipotizzare una possibile storia d'amore tra le due persone ovviamente c'erano i buontemponi che facevano in modo che la più bella del paese capitasse con un giovanotto che non poteva definirsi proprio un Adone. Ci si divertiva per ore e alla fine i bigliettini venivano gettati in strada.
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Grande Incantos.... Volevo scriverlo io e mi hai preceduta.... Anche da noi c'era questa usanza... chi conduceva il gioco, spesso si teneva da conto il bigliettino che conteneva il nome della bella del paese per abbinarla al suo nominativo
Anche io non ricordo bene se fosse una tradizione di Natale o di fine anno..
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