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Annixedda
Utente Medio
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Inserito il - 15/01/2007 : 20:05:17
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Sì adelasia, hai ragione.. però io purtroppo non riesco a dedicare ancora moltissimo tempo alla tesi, anzi adesso quasi nulla: sto ancora facendo esami e sono solo stressata... Appena avrò veramente del tempo libero leggerò con molta più attenzione questo post e anche quello creato qualche tempo fa da me.. Per adesso riesco a farlo solo saltuariamente.. Però devo dire che mi siete davvero di grande aiuto! Grazie di tutto cuore!!
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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 03/10/2007 : 20:55:14
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Niente di nuovo su s’accabadora, solo una divertente curiosità delle serie: come unire felicemente tradizioni popolari, archeologia e…. architettura.
Evidentemente confidando nella fortuna (o sfidandola, dipende dai punti di vista) che, a dispetto della nomea, pare abbia portato nel caso specifico questa figura, qualche anno fa è stato pubblicato un testo che credo abbia riscosso un apprezzabile successo nel suo settore.
Si tratta di “Accabadora. Tecnologia delle costruzioni nuragiche”, di Franco Laner (docente di Tecnologia dell'architettura presso l'Istituto universitario di architettura di Venezia) edito dalla prestigiosa casa editrice “Franco Angeli”.
Sentite come ci si arrampica sugli specchi, a dire il vero molto abilmente, nella scheda del volume che si può leggere proprio nel sito della Franco Angeli:
<< Accabadora è parola attualmente quasi sconosciuta in Sardegna, significa accoppatrice, finitrice. Compito delle accabadoras era dunque di donare la buona morte agli individui soggetti a lunga e dolorosa agonia. Eutanasia dunque. Eutanasia, in questo caso di molte, troppe, teorie sulle costruzioni nuragiche che nonostante la loro inconsistenza logica, storica e soprattutto costruttiva, non muoiono.
Il libro si occupa essenzialmente della costruzione dei nuraghi, pozzi e fonti, tombe di giganti... Ma è possibile occuparsi di atti tecnici senza conoscere gli atti mentali che li hanno provocati? È possibile distinguere il risultato di una pietra sopra un'altra pietra dal pensiero che le ha poste in opera?
Una cultura si esprime anche attraverso il suo ambiente costruito, così come dall'ambiente costruito si può risalire alla cultura che lo ha espresso anche se non è ora facile far parlare le pietre. Le varie interpretazioni che le pietre dei monumenti nuragici hanno finora suggerito sono assai modeste, a cominciare dalle teorie che assegnano ai nuraghi - nonostante la risibilità degli assunti - funzione militare, provocando a catena distorsioni e fuorvianze, mortificando non solo nuovi studi e acquisizioni, ma soprattutto la stessa cultura storica sarda.
Accabadora soprattutto di ciò che non è sostenibile sul piano costruttivo, sulle tecniche e concezioni delle strutture, dove si perpetuano luoghi comuni e affermazioni acritiche, proprie di chi non ha il senso del grave e non percepisce l'incessante lotta e i contrasti artificialmente apposti affinché le pietre non tornino a terra. Nelle costruzioni nuragiche sono congelate tecnologie costruttive assai raffinate, nonostante la rozzezza del materiale, che, disvelate, ci fanno apparire il Nuragico come un gigante.
Insomma troppe cose non convincono. È necessario ricominciare su altre basi. La prima è sicuramente quella di allargare il recinto degli scavi agli studiosi di altre discipline, non solo a parole o per atteggiamento. Il recinto degli scavi dovrebbe diventare il crocevia delle discipline della natura e dello spirito. Dovrebbero, in esso, trovar sintesi il pensiero e la materia. Solo così il mondo nuragico ci potrà, verosimilmente, appartenere.>>
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Nuragica
Moderatore
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Inserito il - 03/10/2007 : 21:05:56
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Simpatico abbinamento, peccato che s'accabadora non possa intervenire cun su mazzuccu per porre fine alle tante teorie sulle costruzioni nuragiche.
_________________________________________________ ... vegno del loco ove tornar disio
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shadow
Nuovo Utente
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Inserito il - 20/10/2007 : 13:09:37
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| Nuragica ha scritto:
Simpatico abbinamento, peccato che s'accabadora non possa intervenire cun su mazzuccu per porre fine alle tante teorie sulle costruzioni nuragiche.
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concordo!!
"..bisognerebbe fare sempre sogni grandiosi...e con la faccia verso il cielo..viaggi avventurosi.."
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Mansardo
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 03/12/2008 : 10:12:00
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Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte.
Ho lasciato il vecchio mulino per la tua estrema ninna nanna, per il tuo posto vuoto a tavola, passando attraverso tagli di occhi girati dall’altra parte, saluti negati da imposte socchiuse, rosari mormorati dietro le finestre.
L’olio è versato, il vento freddo fa oscillare le corde delle campane impazienti. Eccomi, sono il fiore che hai sognato. Chiudete le tende, smorzate il lume.
Andiamo, le nebbie ci aspettano.
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Mansardo
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 14/12/2008 : 10:21:20
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| Ammutadori ha scritto:
Bel racconto Petru vi posto tutto l'articolo..... Egidiangela Secchi, la giornalista di Videolina, ha fatto una tesi sulle pratiche tradizionali sarde.. magari Annixedda può contattarla...
La terribile Accabadora
L'Accabadora (ucciditrice) non era un'assassina, perchè uccideva solo per scopi umanitari. Il termine indicava la persona addetta a facilitare il trapasso ai moribondi.... ... Gianluca Nicoletti (La Stampa 1/maggio/2005) |
Trovato l'articolo! Però continua e parla anche di un fumetto sull'argomento. Riporto: "Damphir e la vecchia accabadora. La femmina accabadora è protagonista di uno dei fumetti più trendy del momento. Smazzola a volontà nell’ avventura del numero 59 di Dampyr uscita a febbraio e intitolata appunto “Le Terminatrici”. L’ album del mitico editore Sergio Bonelli è illustrato da Majo, il soggetto e la sceneggiatura sono di Mauro Boselli, che da quanto scrive in una prefazione, è stato ispirato a raccontare della nera terminatrice dopo una conversazione, avuta a Capoterra un paio di anni fa, con un conoscitore di tradizioni sarde, il professor Gavino Maieli."
Per chi volesse leggere tutto l'articolo il link è: http://golem.ilcannocchiale.it/2005...natrice.html
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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage |
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Adelasia
Moderatore
Penna d'oro
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Inserito il - 07/02/2009 : 18:01:34
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| Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte. .......................................................... ........................................................... Andiamo, le nebbie ci aspettano. [ |
Mi erano sfuggite queste intense e struggenti righe, intrise di malinconia e di pietà.
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Castello di Burgos
Burgos (Ss)
..un altro meraviglioso angolo di Sardegna |
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Mansardo
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 25/02/2009 : 15:25:24
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| Adelasia ha scritto:
| Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte. .......................................................... ........................................................... Andiamo, le nebbie ci aspettano. [ |
Mi erano sfuggite queste intense e struggenti righe, intrise di malinconia e di pietà.
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Grazie Adelasia. Dopo aver letto (qui e altrove) diversi contributi sull'accabadora, ho provato a immaginare il lato umano di una persona chiamata a compiere un atto così estremo e terribile.
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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage |
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Mansardo
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 27/05/2009 : 15:27:32
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Dall'Unione Sarda di oggi.
Esce il nuovo romanzo della scrittrice di Cabras edito da Einaudi «L'eutanasia non c'entra, soprattutto non c'entra la solitudine» Michela Murgia, la mia accabadora
Figura chiave di un codice accettato e rispettato nella Sardegna arcaica, sa femmina accabadora è ora la protagonista di un romanzo intenso e inquietante scritto da una giovane scrittrice sarda, Michela Murgia. Edito da Einaudi (164 pagine, 18 euro) S'Accabadora, da oggi in libreria, racconta la storia di una vecchia signora senza figli, tzia Bonaria, che ospita in casa una bambina. Maria è una figlia d'anima, accolta nella casa col consenso dei genitori naturali, e fuori dalle maglie della burocrazia. La bimba crescendo nota strane assenze notturne della donna finché non scopre che la madre adottiva è una accabadora. Questa consapevolezza creerà una frattura che si comporrà solo al momento della morte della madre. E qui Maria, di fronte alle sofferenze della donna sperimenterà sulla propria pelle il dramma dell'agonia, della fine lungamente attesa e sempre invocata come una liberazione. E si troverà di fronte a un inquietante dilemma.
«Il finale è volutamente double face», spiega la scrittrice di Cabras, autrice di altri due libri, uno dei quali è diventato il film di Virzì Tutta la vita davanti . Maria esprime la volontà di compiere un certo rito, ma quando si avvicina al letto per mettere in atto i suoi propositi è già avvenuto qualcosa....
Lei ha pensato di fare di Maria la continuatrice di una tradizione, ma poi ha pensato che era meglio presentare una Sardegna avviata del tutto verso la modernità. «È vero, anche perché mentre scrivevo il finale si compiva la vicenda Englaro. Non volevo prendere una posizione precisa. Inizialmente avevo pensato al passaggio del testimone, ma ripensandoci m'è sembrato troppo facile. Sembrava una soluzione del problema rimanere a su cunnottu, perché la tradizione giustifica tutto. Non è così. Problemi nuovi impongono soluzioni nuove. E un romanzo non è una sentenza, non è un trattato, non è un libro sull'eutanasia».
Perché questo argomento? «In realtà per me la scelta centrale era la maternità, non l'eutanasia. Anche perché non credo che l'eutanasia e l'accabadora abbiano qualcosa in comune. Intanto per una differenza enorme di contesto. L'accabadura, se si sviluppa (ma molti antropologi non sono d'accordo sulla sua esistenza) sorge in un contesto di fortissimi legami comunitari. L'eutanasia è esattamente il contrario: è una espressione della nostra personale solitudine, del nostro essere abbandonati a noi stessi o alle nostre famiglie. Il paragone non regge».
Ma il lettore lo farà. «Lo farà, anche per una certa propensione alla semplificazione. Leggiamo per analogia anche le cose che analoghe non sarebbero. Io volevo parlare della maternità in tutte le sue facce, anche quella più oscura, perché l'accabadora nella tradizione era anche sollevadora: levatrice. Aiutava a nascere e a morire. Il titolo iniziale del libro era “L'ultima madre”: leggere quell'atto estremo di pietà come una delle sfumature possibili della maternità».
La pratica dell'accabadora era diffusa in tutta la Sardegna? «Dolores Turchi ha localizzato il fenomeno della accabadura in posti circoscritti e l'ultimo caso dimostrabile risale almeno a 200 anni fa. Già nell'Ottocento i viaggiatori la raccontavano come una leggenda. Il fenomeno non era così diffuso, tant'è che in Campidano non esiste nemmeno la parola».
E lei oggi come valuta questa pratica? «Credo che fosse una risposta a un problema contingente. In una società contadina avere in casa una persona bisognosa di assistenza continua voleva dire braccia sottratte a una economia di sussistenza. Era una delle soluzioni possibili. Non mi sento di dare giudizi morali».
Esiste ancora in Sardegna la moda dei “fillus de anima”? «Io sono una figlia dell'anima. Ho dedicato il libro alle mie due madri».
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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage |
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Nevathrad
Utente Maestro
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Inserito il - 02/06/2009 : 19:29:31
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| Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte.
Ho lasciato il vecchio mulino per la tua estrema ninna nanna, per il tuo posto vuoto a tavola, passando attraverso tagli di occhi girati dall’altra parte, saluti negati da imposte socchiuse, rosari mormorati dietro le finestre.
L’olio è versato, il vento freddo fa oscillare le corde delle campane impazienti. Eccomi, sono il fiore che hai sognato. Chiudete le tende, smorzate il lume.
Andiamo, le nebbie ci aspettano.
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Ma che bella Mansardo! Una dolenzia che prende allo stomaco, parole discrete e proprio per questo potenti, struggenti, evocative!
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Regione Sardegna ~
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204costiera
Nuovo Utente
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Inserito il - 02/06/2009 : 20:10:36
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salve a tutti..mio padre cultore di storia e tradizioni sassaresi, tra le sue commedie ha pubblicato proprio una intitolata L'ACCABADORA...appena riesco posterò il dipinto dell'artista luca noce di Sassari che raffigura una accabbadora...
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christiano |
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Mansardo
Salottino
Utente Attivo
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Inserito il - 04/06/2009 : 07:20:44
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| Nevathrad ha scritto:
| Mansardo ha scritto:
Mi hai chiamato tu, non lo dimenticare. Con il tuo dolore, con il tuo orto abbandonato e gelido, con gli occhi della tua casa pieni di lacrime già pronte.
Ho lasciato il vecchio mulino per la tua estrema ninna nanna, per il tuo posto vuoto a tavola, passando attraverso tagli di occhi girati dall’altra parte, saluti negati da imposte socchiuse, rosari mormorati dietro le finestre.
L’olio è versato, il vento freddo fa oscillare le corde delle campane impazienti. Eccomi, sono il fiore che hai sognato. Chiudete le tende, smorzate il lume.
Andiamo, le nebbie ci aspettano.
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Ma che bella Mansardo! Una dolenzia che prende allo stomaco, parole discrete e proprio per questo potenti, struggenti, evocative!
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Grazie Nevathrad. Sei sempre molto gentile.
@ 204costiera Aspetto con molta curiosità il dipinto.
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Thomas Kinkade, Stepping Stone Cottage |
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Flore
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 04/06/2009 : 13:06:11
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Ho trovato anche questo :-) http://www.accabadora.net/
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Grazia Orsù, dunque.....
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Flore
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 09/06/2009 : 08:44:50
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Volevo segnalarvi che il libro di Michela Murgia è stato segnalato come 'talento del mese' nei negozi Fnac di tutta Italia.
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Grazia Orsù, dunque.....
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Flore
Salottino
Utente Master
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Inserito il - 11/11/2009 : 10:51:54
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Vista l'attinenza, lo segnalo qua, eventualemnte i moderatori provvederanno allo spostamento anzi, chiedo se possibile, di lasciarlo in evidenza per qualche giorno. Grazie e .... aspettiamo con piacere chi vorrà intervenire Grazie
Sabato 21 novembre 2009 alle ore 21.00 presso l'Auditorium Mussini Viale Libertà - Vigevano Il Circolo Culturale Sardo "S'emigradu" organizza
Spettacolo finalista al Teatro Festival Italia - Nuove Sensibilità- 2007 di Napoli
atto unico di Susanna Mameli
liberamente ispirato a "Les Bonnes" di J. Genet
con Rita Atzeri e Carla Orrù scene e costumi Marco Nateri contributo video Emanuela Cau regia Susanna Mameli produzione AnfiTeatroSud
Note di regia
Siamo nella tana de s'accabbadora, una serva, la sua serva che, mentre sistema e rassetta la stanza raccontai fatti della padrona. Attraverso il filtro dei pettegolezzi e dell'amore-odio della serva verso la sua padrona, ecco levarsi l'immagine castigata di Antonia, ora come levadora, ora come incantadora, e infine accabbadora. Levatrice, donna delle medicine, donna che pone fine alle sofferenze dei moribondi, ma anche figura crepuscolare solitaria, sfuggente e schiva. Si sa che da fanciulla fu abbandonata sull'altare sotto lo sguardo armato dei fedeli, si dice di come i fiori le si appassirono in volto, si racconta di come nessuno osò fermarla e della mano pietosa che fece cigolare la porta della chiesa, consegnandola alla luce divorante del mezzogiorno. Insomma il cielo bisogna guadagnarselo, e Antonia si fa serva e missionaria degli uomini in terra, affaticandosi a fare quello che nessuno vuole o ha il coraggio e la forza di fare: aiutare a nascere e morire. La "serva" e la "padrona" si, cavano i peccati dall'anima con crudele affetto, uno a uno fino a che la serva, rivela il gioco orrendo, implora Antonia - sua sorella, di liberarla dalla sofferenza che la corrompe dentro, le chiede di operare il suo ufficio sulla carne dolce e di sorella. Chiede la Pietà che Antonia ha sempre reso altrove. Ma per Antonia, questa volta, è diverso.
Immagine:
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Grazia Orsù, dunque.....
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