V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Adelasia |
Inserito il - 30/10/2012 : 22:32:12 Chissà come si era affacciata, esattamente 200 anni fa, quella notte che cavalcava il 30 e il 31 ottobre 1812: notte oscura senza luna, immagino, per avere la complicità delle tenebre all’ avvio di una rivolta che, partendo da Cagliari, avrebbe dovuto scacciare il governo sabaudo dalla Sardegna. Perché cosi era stato deciso a Palabanda.
Scriveva il canonico Giovanni Spano nella "Guida della città e dintorni di Cagliari" del 1861: <<Uscendo da questo convento[dei Padri Cappuccini], nella vallata che si trova incontro,si vede un piccolo giardino ornato con lusso di opere d’arte, parte scavate nella roccia, e parte con monumenti antichi trovati nel sito. Viene chiamato Palabanda, e sebbene non sappiamo da che abbia preso il nome, pure è storico perché desso fu la culla dei rivolgimenti politici del 1812. Era questo un predio dell’infelice avvocato Salvatore Cadeddu, il quale l’aveva adornato di sedili e di altre comodità per ricrearsi. Quivi soleva trattenersi quotidianamente nelle ore d’ozio, dove concorrevano gli amici più cari che aveva, e distinti cittadini. All’ombra di due cipressi di morte, che allora vi sorgevano, seduti tutti solevano biasimare gli atti del Governo, e quindi meditavano di farlo crollare. Ma non ebbero effetto, perché fu scoperta la trama, e parte di essi terminarono la vita con supplizi e parte nell’esilio.>>
“Essi” erano gli eroi di Palabanda, uomini sardi che nel 1812, anno di carestia e di burrascoso malcontento popolare, si riunirono nella località di Palabanda, nei pressi del quartiere cagliaritano di Stampace, per organizzare una sommossa contro il governo piemontese rivendicando giustizia e libertà. Scoperti e arrestati, quegli uomini vennero condannati: alcuni furono giustiziati, altri morirono durante la detenzione.
Si spense così, con loro, anche un sogno di libertà, quello di Palabanda.
|
2 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
Adelasia |
Inserito il - 31/10/2013 : 20:08:36 Vorrei ricordare, anche quest'anno, gli eroi di Palabanda... |
Ammutadori |
Inserito il - 31/10/2012 : 15:08:19 Nel 1812, Cagliari e la Sardegna furono colpiti da una grande siccità che distrusse i raccolti e provocò una grave carestia che coincise con una epidemia di vaiolo. Quell'anno diventerà proverbiale ed è ancora ricordato come “Su famini de s'annu doxi”. Nel capoluogo si trovava il re Vittorio Emanuele I con il suo seguito in quanto il Piemonte era occupato dai francesi, per questo sui sardi si abbatterono nuove tasse per le spese della corte. Il popolo esasperato decise di ribellarsi, i congiurati si riunirono in un podere di proprietà dell'avvocato Salvatore Cadeddu, segretario dell’Università e tesoriere del municipio, situato nella località di Palabanda, nella zona in cui oggi sorge l'orto botanico. L'intento era quello di cacciare i pubblici funzionari e i cortigiani che stavano portando la Sardegna alla rovina. Erano a capo della congiura anche i figli del Cadeddu, Gaetano e Luigi, gli avvocati Francesco Garau e Antonio Massa, il sacerdote Antonio Muroni, l'insegnante Giuseppe Zedda, il conciatore di pelli Raimondo Sorgia, il sarto Giovanni Putzolu, il pescatore Ignazio Fanni ed il panettiere Giacomo Floris.
Il piano ordito dai congiurati consisteva nell’organizzare un’insurrezione nella notte tra il 30 ed 31 ottobre 1812, che doveva portare all’occupazione delle porte di Stampace e Villanova e all’espugnazione di Castello, passando dalla porta di Sant'Agostino lasciata aperta dai soldati di guardia favorevoli alla causa.
la rivolta di palabandaMa la notizia della cospirazione arrivò all'avvocato del fisco Raimondo Garau che informò il re ed il colonnello Villamarina che allertò i militari ai suoi ordini: Il panettiere Giacomo Floris fu uno dei primi a rinunciare quando incontrò una pattuglia di piemontesi e così fecero alcuni suoi amici. Il sarto Giovanni Putzolu e alcuni compagni mentre si aggiravano nelle stradine di Stampace furono intercettati dal colonnello Villamarina e Putzolu, vistosi perduto, puntò una pistola contro il comandante ma i suoi amici gli impedirono di sparare. S. Cadeddu, Putzolu e Sorgia furono giustiziati; G. Cadeddu, il Floris e P. Fanni morirono in carcere; Gaetano Cadeddu, Garau e Zedda furono condannati a morte in contumacia.
Gli atti del processo scomparvero quasi subito dagli archivi e circolava voce che gli imputati avessero fatto, durante gli interrogatori, il nome di Stefano Manca di Villahermosa, alto funzionario della corte di Carlo Felice, quale capo segreto della rivolta. La congiura del 1812 fu definita “borghese”, in quanto coinvolse quegli ambienti legati alla corte del fratello del re, Carlo Felice, messa in ombra dopo l’arrivo di Vittorio Emanuele I e dei suoi collaboratori. I fatti del 1812 rappresentano l’ultimo segnale di ribellione della borghesia dell’isola, successivcamente sempre più subalterna alla Corona.
Una lapide nel luogo dove si riunivano, ora inglobato nell'Orto Botanico di Cagliari, ricorda il sacrificio, la spietata repressione di questi sardi e il loro ideale di libertà. |
|
|