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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Marialuisa Inserito il - 27/01/2011 : 07:53:50




27 Gennaio 2011
Giorno della memoria in Sardegna


Per Giorno della Memoria si intende quella ricorrenza istituita nel 2000 con la legge 211 che riconosce nel 27 gennaio la giornata della commemorazione e del ricordo.

« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.[1] »




UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE
di Joyce Lussu

C'è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
"Schulze Monaco"
c'è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald

servivano a far coperte per soldati
non si sprecava nulla
e i bimbi li spogliavano e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c'è un paio di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald

erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l'eternità
perchè i piedini dei bambini morti non crescono

c'è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.




* Evento speciale per la Giornata della memoria 2011


Il Cedac Sardegna presenta

Il lupo e il cielo spinato. La favola nera di Esther H.
di e con Francesca Falchi, una produzione Fueddu e gestu.

27 gennaio 2011 – MINIMAX-il Ridotto del Massimo, Cagliari, ore 10.30

LO SPETTACOLO

Il testo poetico Il lupo e il cielo spinato. La favola nera di Esther H., scritto e interpretato da Francesca Falchi si presenta come un flusso di coscienza che precede la stesura dei diari della Hillesum, otto quaderni compilati con una scrittura minutissima e quasi indecifrabile. Punto d’arrivo di un lungo lavoro su Etty Hillesum, il testo originario di 132 pagine è stato opportunamente ridotto per la messa in scena.

Il regista Giampietro Orrù ha articolato il testo poetico con le installazioni di Fabiola Ledda dinamizzando lo spazio scenico con una partitura di azioni e l’utilizzo di pochi oggetti, passando da un quotidiano ritualizzato a scene dal forte impatto simbolico.

Le musiche di Ennio Atzeni astrattamente quotidiane accompagnano i passaggi del processo “metamorfico” di Etty. Così come i costumi di Edith Maria Delle Monache nel loro iperrealismo sottolineano il percorso di Etty verso la spoliazione materiale nella direzione di quella spirituale.
Questo lavoro è un invito ad esplorare il mondo di Etty Hillesum, un mondo nel quale la levità dello spirito immortale e la consistenza della carne mortale si bilanciano ed equilibrano, creando un percorso diretto dalla terra al cielo, un cielo che si apre davanti ai nostri occhi “senza recinti di spine”.

* Vento di primavera
A Quartucciu, The space cinema.


Esce il 27 gennaio, il giorno della Memoria, Vento di primavera, La rafle è il titolo originale, pellicola che ci ricorda gli avvenimenti tragici della deportazione ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale: in particolare vengono narrati alcuni fatti accaduti nella Francia sotto occupazione tedesca nell’estate del 1942
"In Vento di primavera c'é solo un 15 per cento di fiction, il resto è storia vera, documentata e per questo ho accettato". Jean Reno parla con trasporto del film di Rose Bosch sull'Olocausto francese.
La regista racconta la retata del 16 luglio 1942, quando la polizia francese rastrellò a Parigi tredicimila ebrei, per un terzo bambini rinchiudendoli nel Velodromo d'inverno in condizioni disumane prima di smistarli nei campi di concentramento, separando i figli dai genitori.


* I sardi nei campi di concentramento



Anche la Sardegna venne coinvolta nella deportazione verso i lager.
Benchè poco si sappia su questi eventi che ci toccarono da vicino, secondo l'ISSRA, Istituto sardo per la Resistenza e l'Autonomia, ben dodicimila IMI (Internati Militari Italiani) furono i sardi internati e tra essi Diego Are , intellettuale di Santu Lussurgiu che racconterà la sua esperienza nel libro"Nebbie e girasoli"
Senz'altro 48 si trovavano tra i 1788 deportati in blocco da Peschiera nel settembre del '43 e arrivati a Dachau.
I deportati erano militari di leva o di carriera, Carabinieri e Guardie di Finanza , ma anche civili e perfino un sacerdote, Don Mario Crovetti di Sassari.
Tra gli Ebrei, Elisa Fargion e Vittorina Mariani di Cagliari e PortoTorres.
Zaira Coen Righi, sposata con un ingegnere sassarese fu deportata e morirà ad Auschwitz.
Tra i sopravvissuti ricordiamo Modesto Melis di Gairo e Luigi Rizzi.
Di altri si sanno poche notizie che attestano il coinvolgimento della Sardegna in questa triste pagina di storia.

Come in peace - Giora Fiedman
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Anto Inserito il - 30/01/2011 : 11:57:08
...ci si sente meno soli a dividere anche il dolore. Grazie.... anto
sartinocchja Inserito il - 30/01/2011 : 08:44:36
Anto ha scritto:

La metto raramente.....
so che è un simbolo di protesta, di ribellione..e di troppe cose violate.
La metto rare volte al collo, la mia keffiyeh bianca e nera, anche se so che è il simbolo di un popolo abbandonato...
Non per protesta , non per sfrontatezza, non per mancanza di rispetto.
Conosco come tutti.. il dolore che provoca un tale orrore, non lo rinnego, lo accudisco come un bene prezioso affinchè in me si sviluppi la coscienza della follia umana e mi tenga lontana da tale efferatezza, affinchè persista ogni giorno nel rispetto di ogni essere umano , della sua religione, della sua cultura e delle sue tradizioni se non malvagie.
La Palestina non è Hammas. E' solo un altro popolo che soffre ad opera di un altro ( e ho sperato che questo popolo così offeso non avesse dimenticato...)è fatto di donne, di bambini, di malati, di vecchi e di giovani disperati..ha diritto di essere aiutato.
La Cecenia non è solo la bomba che esplode sugli aeroporti...è un popolo che soffre, martoriato e zittito...da un altro popolo.
Il tibet non è solo il Dalai Lama...è un popolo rinnegato e segregato...
Gli Indiani d'America...ne sono rimasti pochi ancora sulle riserve...senza diritti come animali in gabbia.
Gli Indios dell'Amazzonia...massacrati e offesi...e ormai estinti..
E altri altri ancora..nella totale apatia e nel silenzio di tutti .
Oggi ho messo al collo la mia Keffiyeh bianca e nera...........e pesa come un rosario di dolore.
Vi abbraccio con l'affetto di sempre. anto




Anto

Aggiungo alla lista la dittatura Pol Pot in Cambogia, il genocidio dei Tutsi in Ruanda, lo sterminio del popolo Armeno, l’olocausto sudanese … ricordare, ricordare, ricordare … sempre!!!
Un caro saluto a tutte


Tizi Inserito il - 28/01/2011 : 18:08:27
Un abbraccio fortissimo Anto.....hai ragione ci sono tanti popoli violati, oppressi, schiavizzati ai quali hanno tolto la dignità di vivere, li hanno privati del bene più grande che un essere umano deve avere, ha il sacrosanto diritto di avere ....LA LIBERTA'....
Marialuisa Inserito il - 28/01/2011 : 15:54:21
Anto ha scritto:

La metto raramente.....
so che è un simbolo di protesta, di ribellione..e di troppe cose violate.
La metto rare volte al collo, la mia keffiyeh bianca e nera, anche se so che è il simbolo di un popolo abbandonato...
Non per protesta , non per sfrontatezza, non per mancanza di rispetto.
Conosco come tutti.. il dolore che provoca un tale orrore, non lo rinnego, lo accudisco come un bene prezioso affinchè in me si sviluppi la coscienza della follia umana e mi tenga lontana da tale efferatezza, affinchè persista ogni giorno nel rispetto di ogni essere umano , della sua religione, della sua cultura e delle sue tradizioni se non malvagie.
La Palestina non è Hammas. E' solo un altro popolo che soffre ad opera di un altro ( e ho sperato che questo popolo così offeso non avesse dimenticato...)è fatto di donne, di bambini, di malati, di vecchi e di giovani disperati..ha diritto di essere aiutato.
La Cecenia non è solo la bomba che esplode sugli aeroporti...è un popolo che soffre, martoriato e zittito...da un altro popolo.
Il tibet non è solo il Dalai Lama...è un popolo rinnegato e segregato...
Gli Indiani d'America...ne sono rimasti pochi ancora sulle riserve...senza diritti come animali in gabbia.
Gli Indios dell'Amazzonia...massacrati e offesi...e ormai estinti..
E altri altri ancora..nella totale apatia e nel silenzio di tutti .
Oggi ho messo al collo la mia Keffiyeh bianca e nera...........e pesa come un rosario di dolore.
Vi abbraccio con l'affetto di sempre. anto


Anto mille volte cara, solo tu potevi regalarci queste parole toccanti , preziose !
Una lectio magistralis .
sonos Inserito il - 27/01/2011 : 20:11:49
Anto ha scritto:

La metto raramente.....
so che è un simbolo di protesta, di ribellione..e di troppe cose violate.
La metto rare volte al collo, la mia keffiyeh bianca e nera, anche se so che è il simbolo di un popolo abbandonato...
Non per protesta , non per sfrontatezza, non per mancanza di rispetto.
Conosco come tutti.. il dolore che provoca un tale orrore, non lo rinnego, lo accudisco come un bene prezioso affinchè in me si sviluppi la coscienza della follia umana e mi tenga lontana da tale efferatezza, affinchè persista ogni giorno nel rispetto di ogni essere umano , della sua religione, della sua cultura e delle sue tradizioni se non malvagie.
La Palestina non è Hammas. E' solo un altro popolo che soffre ad opera di un altro ( e ho sperato che questo popolo così offeso non avesse dimenticato...)è fatto di donne, di bambini, di malati, di vecchi e di giovani disperati..ha diritto di essere aiutato.
La Cecenia non è solo la bomba che esplode sugli aeroporti...è un popolo che soffre, martoriato e zittito...da un altro popolo.
Il tibet non è solo il Dalai Lama...è un popolo rinnegato e segregato...
Gli Indiani d'America...ne sono rimasti pochi ancora sulle riserve...senza diritti come animali in gabbia.
Gli Indios dell'Amazzonia...massacrati e offesi...e ormai estinti..
E altri altri ancora..nella totale apatia e nel silenzio di tutti .
Oggi ho messo al collo la mia Keffiyeh bianca e nera...........e pesa come un rosario di dolore.
Vi abbraccio con l'affetto di sempre. anto

Anto Inserito il - 27/01/2011 : 19:35:21
La metto raramente.....
so che è un simbolo di protesta, di ribellione..e di troppe cose violate.
La metto rare volte al collo, la mia keffiyeh bianca e nera, anche se so che è il simbolo di un popolo abbandonato...
Non per protesta , non per sfrontatezza, non per mancanza di rispetto.
Conosco come tutti.. il dolore che provoca un tale orrore, non lo rinnego, lo accudisco come un bene prezioso affinchè in me si sviluppi la coscienza della follia umana e mi tenga lontana da tale efferatezza, affinchè persista ogni giorno nel rispetto di ogni essere umano , della sua religione, della sua cultura e delle sue tradizioni se non malvagie.
La Palestina non è Hammas. E' solo un altro popolo che soffre ad opera di un altro ( e ho sperato che questo popolo così offeso non avesse dimenticato...)è fatto di donne, di bambini, di malati, di vecchi e di giovani disperati..ha diritto di essere aiutato.
La Cecenia non è solo la bomba che esplode sugli aeroporti...è un popolo che soffre, martoriato e zittito...da un altro popolo.
Il tibet non è solo il Dalai Lama...è un popolo rinnegato e segregato...
Gli Indiani d'America...ne sono rimasti pochi ancora sulle riserve...senza diritti come animali in gabbia.
Gli Indios dell'Amazzonia...massacrati e offesi...e ormai estinti..
E altri altri ancora..nella totale apatia e nel silenzio di tutti .
Oggi ho messo al collo la mia Keffiyeh bianca e nera...........e pesa come un rosario di dolore.
Vi abbraccio con l'affetto di sempre. anto
errante Inserito il - 27/01/2011 : 19:27:33
E’ più di un anno che vivo al ghetto,
nella nera città di Terezìn,
e quando penso alla mia casa
so bene di che si tratta

O mia piccola casa, mia casetta,
Perchè m’hanno strappato da te,
Perché m’hanno portato nella desolazione,
nell’abisso di un nulla senza ritorno?

Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fiore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo!

Ora ricordo, quei tempi d’oro:
presto ritornerò, ecco già corro.

Per le strade girano i reclusi
e in ogni volto che incontri
tu vedi che cos’è questo ghetto,
la paura e la miseria.

Squallore e fame, questa è la vita
che noi viviamo quaggiù,
ma nessuno si deve arrendere:
la terra gira e i tempi cambieranno.

Che arrivi dunque quel giorno
in cui ci rivedremo, mia piccola casa!
Ma intanto preziosa mi sei
perché mi posso sognare di te.

Lo sconosciuto autore di questa poesia è un ragazzo ebreo; alla piena consapevolezza della condizione di miseria, di orrore, di fame in cui vive nel campo di concentramento si contrappongono, nella mente del ragazzo, le immagini della sua casa e la speranza di rivederla.
Marialuisa Inserito il - 27/01/2011 : 16:48:45
Olocausto e Pittura






Marc Chagall
Crocifissione bianca









David Olere







Felix Nussbaum
Autoritratto con carta d'identità






Kitaj
If not, not
tiu memmere Inserito il - 27/01/2011 : 16:10:27
l'uomo è l'animale piu' malvagio sulla terra non uccide per fame ma per il gusto di farlo.....
Marialuisa Inserito il - 27/01/2011 : 14:42:34
Tizi ha scritto:

@Luisa sono entrata per postare una poesia....e indoviana quale? "Un paio di scarpette rosse" di Joyce Lussu.....quando si parla di sintonia!

Bellissima poesia e allo stesso tempo drammatica, ti tocca il cuore.....per non dimenticare le attrocità, la malvagità inflitta a uomini donne e bambini senza colpe.....


Tizi cara, cosa mi dici se ti racconto che io volevo postare invece proprio il brano di Primo Levi?
E' davvero confortante notare che ogni uomo potrebbe interagire con i suoi simili con empatia e condivisione: verrebbe da esclamare :Questo è un uomo !!
Grazie carissime per le belle parole, le poesie e la testimonianza .
Vi rimando ad alcuni passi del diario di Etty Hillesum e alle sue coraggiose riflesssioni.
Etty Hillesum morirà ad Auschwtz nel 1943.

<< Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è grave: dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà da sé. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso; se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo; se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è chiedere troppo. E' l'unica soluzione possibile. È quel pezzettino d'eternità che ci portiamo dentro. Sono una persona felice e lodo questa vita, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra.>>

Tizi Inserito il - 27/01/2011 : 13:41:49
Se questo è un uomo


Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

Voi che trovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:

Vi comando queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore

Stando in casa andando per via,

Coricandovi alzandovi;

Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,

La malattia vi impedisca,

I vostri nati torcano il viso da voi.



(Primo Levi)
Nuragica Inserito il - 27/01/2011 : 13:37:51
Toccanti poesie, che raccontano verita' atroci.. la musica in sottofondo
rende ancor piu' reali i racconti. Speriamo che fatti del genere non accadano mai piu'.
Tizi Inserito il - 27/01/2011 : 10:31:47
@Luisa sono entrata per postare una poesia....e indoviana quale? "Un paio di scarpette rosse" di Joyce Lussu.....quando si parla di sintonia!

Bellissima poesia e allo stesso tempo drammatica, ti tocca il cuore.....per non dimenticare le attrocità, la malvagità inflitta a uomini donne e bambini senza colpe.....
sartinocchja Inserito il - 27/01/2011 : 10:09:10
Mio zio era uno dei “militari di leva”, catturato, deportato e imprigionato in un campo di concentramento tedesco alla fine del secondo conflitto mondiale.
Resto pochi mesi e forse è per questo che poté far rientro a casa. Per lui i cancelli del lager si aprirono … ma non riuscì mai a liberarsi del ricordo di quei giorni … si bisogna ricordare!

Io ricordo da piccola i documentari, le immagini di bambini, donne e uomini uccisi … provai sgomento e paura allora. Mi domandavo come fosse possibile uccidere qualcuno perché ritenuto “inferiore”.

Anche oggi quando guardo/ascolto le testimonianze con grande fatica mantengo il controllo di fronte a un simile orrore … ma l’orrore è ancora più grande se penso che in molte parti del mondo si è ripetuto e forse si sta ripetendo una “sciagura” simile … si bisogna ricordare … non solo oggi!
Flore Inserito il - 27/01/2011 : 10:01:29
Mai più

Terezin

Una macchia di sporco dentro sudice mura
e tutt’attorno il filo spinato:
30.000 dormono
e quando si sveglieranno
vedranno il mare
del loro sangue.
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati:
dov’è il Babau di un tempo?
Ma forse questo non è che un sogno
e io ritornerò laggiù con la mia infanzia.
Infanzia, fiore di roseto,
mormorante campana dei miei sogni,
come madre che culla il figlio
con l’amore traboccante
della sua maternità.
Infanzia miserabile catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore
già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente riposa
nelle piccole aiuole di un parco,
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere …
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno …

Hanus Hachenburg (1929 – 1943)

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