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Nota Bene: L'Altare Prenuragico di Monte d'Accoddi, fra Sassari e Porto Torres, e' una struttura unica in tutto il Mediterraneo Occidentale.
Si tratta di un'alta piramide tronca costruita in tecnica megalitica che risale all'età del rame ( 2900 a.C.) .
Quel che la rende straordinaria e' che all'interno si trova un'altra piramide, più antica, risalente al Neolitico Finale ( 3200 a.C.) . E' il " Tempio Rosso" , così denominato, dalla pittura rossa che ne ricopriva interamente le murature.
Sulla sommità della piramide restano le tracce di un monumentale tempietto rettangolare, forse dedicato ad una divinità femminile.



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 "Mortos in terra anzena"

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Adelasia Inserito il - 03/06/2013 : 00:56:42
Racconta l’autore, Giuliano Chirra, che un giorno si mise in contatto telefonico con un Comune della Sardegna; si presentò, illustrò il suo lavoro, informò di aver trovato, tra le tante, la tomba di un soldato proveniente da quel paese che era perito durante la prima guerra mondiale e del quale non si conosceva il luogo di sepoltura.
Silenzio, dall’altra parte del telefono: Giuliano Chirra era perplesso e non sapeva come interpretare quel vuoto comunicativo.
Finalmente una voce, rotta dall’emozione, spiegò che quel soldato, svanito nei foschi e tragici labirinti di quella prima guerra mondiale che intrise di sangue l’Europa, era suo nonno e che il figlio, padre dell’interlocutore, era recentemente scomparso con il grande dolore di non averne mai rintracciato i resti.
Quel soldato si chiamava Antonio Mastino: non sarà più solo, i suoi nipoti sono già andati a trovarlo, ricongiungendosi idealmente con le proprie radici.

Ma cosa spinge un uomo, che di professione fa tutt’altro (Giuliano Chirra è medico analista a Sassari), a dedicare 7 lunghi anni delle propria vita a ricercare e rincorrere in tutta Europa ombre di sfortunati conterranei, censendoli, fotografando le loro tombe lontane, sacrificando per questo ferie e momenti liberi, risorse finanziarie, famiglia, in compagnia di un giovanissimo nipote che lo seguirà ovunque? Senz’altro una potentissima motivazione: la passione per la memoria storica.
E’ da questa passione che nasce "Mortos in terra anzena".

“Mortos in terra anzena” è pertanto un certosino e poderoso inseguimento della nostra memoria, rappresentato in questo caso da ben 1845 soldati sardi caduti nella prima guerra mondiale oltre il confine italiano,
<<circa 650 morti in combattimento, in Libia, in Albania, in Macedonia, in Francia, in affondamento di nave e circostanze diverse: 1200 morti in campi di prigionia. Nel totale dei nostri 13.800 caduti (dati ufficiali , approssimati per difetto), nel 1915-1918, rappresentano ben oltre il 10%: ed il numero di 1.200 in prigionia non può passare inosservato……>>

Ad essi l’autore dedica la sua fatica:
<<In questo libro è presente la Sardegna: dagli stazzi della Gallura ai medaus delle montagne del Sulcis e dell’Iglesiente; dai cuili della Nurra pianeggiante a sos kuiles, avvolti nella solitudine dei più lontani monti e valli delle Barbagie, del Sarcidano e del Sarrabus>>.

L’opera comprende 3 volumi, importanti e fitti, che accuratamente illustrano – anche con l’ausilio di documenti fotografici- gli avvenimenti storici degli anni; catalogano uno per uno i nostri conterranei morti “in terra anzena”, dedicando a ciascuno una scheda con dati anagrafici, genitori, reparto di appartenenza, luogo di sepoltura e altre notizie che l’autore è riuscito e reperire; riportano un archivio fotografico (una parte delle 1700 foto scattate…) delle sepolture dei caduti sardi ritrovate dopo pazienti ricerche.

Fa impressione leggere, a Salonicco, cognomi familiari quali Lai, Fenu, Carboni; Carta, Fois, Obinu, Pisanu a Bligny – linea del fronte del II Corpo d’Armata- in Francia; Stocchino, Cocco, Meloni a Braunau, in Austria: tutti all’interno di immense aree cimiteriali, in sterminate distese di croci a testimoniare la perenne e altrettanto sterminata stupidità umana, che pare non aver imparato niente da queste stragi inutili e terribili.
Stragi che, si badi bene, non sono dovute solo ai combattimenti, ma anche alla fame perché, come spiega Chirra, la morte per edema riportata in alcuni atti altro non è che la morte per fame, in quanto non può morire diversamente, nel giro di due mesi, un giovane sano e robusto catturato nel pieno delle sue forze, che la sua cosiddetta “ patria” abbandona in quanto non fa pervenire alcun sostentamento ai propri prigionieri, al contrario degli altri Stati.

Qualora sia possibile, da non perdere un eventuale incontro con l'autore: Giuliano Chirra ha una preparazione che molti storici si sognano e una capacità dialettico- comunicativa che definire brillante è dire poco.

Intercalando l’illustrazione di "Mortos in terra anzena" con efficaci espressioni in bittese (Bitti è il suo paese di origine), trascina il pubblico in un affresco storico degli anni della grande guerra con tutti i risvolti sociali ed economici che ha “regalato”, specie alla Sardegna.
La nostra isola infatti, come sottolinea l’autore, ha pagato un prezzo elevatissimo con il sacrificio di migliaia di giovani uomini i quali, dal loro paese che nella stragrande maggioranza dei casi costituiva i confini delle loro conoscenze, furono catapultati in terre sconosciute, tra genti e lingue estranee, per ammazzare , -per non farsi ammazzare-, altri giovani uomini come loro contro i quali non avevano proprio niente.

Giuliano Chirra, in un misto di piètas e di passione storica, ce li riavvicina; dopo averlo ascoltato e aver letto la sua opera, non c’è da meravigliarsi qualora riemerga l'angoscia di “Il tunnel” del bellissimo film “Sogni” di Akira Kurosawa , con tutta la follia e l’orrore che accompagna la guerra.
3   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Turritano Inserito il - 17/07/2013 : 23:46:12
Malattia, combattimento o altri accidenti, sempre mortos sunt e, per la famiglia non fa differenza. La cosa peggiore poi è che sono morti in terra anzena, per un "lavoro" che altri dovevano fare, non loro! Invece sono morti i Sardi, reclutati ovunque in Sardegna e portati lontano, in una terra che a loro non interessava, non conoscevano e per cui non avevano nessun interesse.
La mia famiglia non ha avuto nessun morto in quella guerra, ma la famiglia di mia moglie sì. La madre della madre ha perso due figli (giovanissimi) su tre. Era una donna dignitosa, nascondeva il dispiacere, ma andava in campagna e nascosta si strappava letteralmente i capelli dalla disperazione.
Il nonno paterno invece è morto lasciando sola la giovanissima moglie è un figlio piccolissimo: dopo poco la moglie è morta per il dolore, e il figlio (il padre di mia moglie, cioè mio suocero, una persona splendida) è stato allevato da parenti.
Voi pensatela come volete, ma io provo dolore, indignazione e tanta rabbia
Quando penso a queste cose provo anch'io dolore e tanta rabbia
E' meglio che mi fermi qua!

Turritano
Adelasia Inserito il - 11/06/2013 : 23:58:03
Petru, significativa anche la tua piccola indagine, che purtroppo è rappresentativa di un campione ben più ampio.
Francamente anch'io non avevo mai riflettuto su questo aspetto: i caduti in guerra li immaginavo sempre legati al combattimento....e invece ne scopro sempre più vittime di setticemia, di broncopolmonite, di tubercolosi, di "esaurimento organico generale", di "debolezza generale del corpo", deceduti nei lazzaretti dei campi di prigionia a 20 anni, in "terra anzena".
Storie terribili di quei sardi rappresentanti di quella razza che- come ricorda lo stesso Giulio Chirra- pochi anni prima Alfonso Niceforo aveva definito delinquenziale.
Comunque ottima per carne da macello, a quanto pare.
Petru2007 Inserito il - 03/06/2013 : 14:08:53
Messaggio di Adelasia
Stragi che, si badi bene, non sono dovute solo ai combattimenti, ma anche alla fame perché, come spiega Chirra, la morte per edema riportata in alcuni atti altro non è che la morte per fame, in quanto non può morire diversamente, nel giro di due mesi, un giovane sano e robusto catturato nel pieno delle sue forze, che la sua cosiddetta “ patria” abbandona in quanto non fa pervenire alcun sostentamento ai propri prigionieri, al contrario degli altri Stati.



Non posso che confermare quanto hai su riportato; alla fame ci aggiungerei ovviamente la famigerata spagnola, che fece molte più vittime della guerra, in questo caso anche fra la popolazione civile. È una questione abbastanza trascurata dalla storiografia ufficiale.

Nel mio piccolo, ho fatto qualche ricerca solo riguardo ad elementi del mio paese; su 38 militari caduti in guerra, ben 12 (di cui due in prigionia), risultano essere deceduti a causa di malattie, ovviamente conseguenza di un fisico minato dalla scarsa nutrizione, dall’igiene personale e dall’assistenza sanitaria scarse o inesistenti, e da tante altre sofferenze e privazioni.

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