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 Articolo di Bolognesi sulla limba sarda

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Nicola76 Inserito il - 30/03/2010 : 12:50:48
Cari Tutti,

ho letto anche l'altro articolo consigliatomi da Su Foristeri, quello del linguista Bolognesi, che si basa su studi di linguistica computazionale relativi alla distanza tra i vari dialetti sardi.

Devo cominciare scusandomi col Signor Bolognesi, perché non è affatto vero, come sospettavo, che dica delle sciocchezze. Anzi, ha dimostrato egregiamente di essere un ottimo linguista.

Il punto è che Su Foristeri ha sbagliato alla grande l'interpretazione di quello che dice Bolognesi, mettendogli in bocca delle falsità peraltro alquanto superficiali.

Cominciamo col dire che l'articolo NON tenta di stabilire quale sia la distanza tra i vari dialetti sardi o di dimostrarne l'intercomprensibilità. Lo studio giustifica la Limba Sarda Comuna come "lingua franca" dell'Isola, poiché è ragionevolmente vicina a tutte le principali varietà linguistiche e costituisce un ottimo compromesso. Insomma, lo studio è sulla LSC, non sull'intercomprensibilità, men che meno tra i vari dialetti sardi.

Non entro nel merito delle considerazioni linguistiche e delle esaustive e corpose classificazioni che fa l'autore. Commento però su quello che dicevo in un altro filone, ovvero che la somiglianza lessicale è del tutto INSUFFICIENTE per affermare l'intercomprensibilità tra le lingue: è ragione necessaria, ma non sufficiente. Di questo è conscio anche Bolognesi, il quale seriamente afferma:

"La nostra ricerca si limita ad investigare le conseguenze fonologiche, morfologiche e lessicali delle differenze tra queste lingue, visto che queste sono le uniche differenze che si possono misurare sulla base della distanza fonetica."

Insomma, lui per primo afferma che studia certi aspetti, non tutto, quindi implicitamente invita il lettore a interpretare con cautela i dati.

L'autore continua dicendo, con molta onestà, che l'analisi basata sulla distanza Levenshtein ha dei limiti:

"è necessario anche essere espliciti rispetto ai suoi limiti.
Innanzitutto, il sistema misura le distanze tra parole sulla base delle rappresentazioni segmentali della loro pronuncia. Caratteristiche suprasegmentali come l’intonazione e l’accento vengono sistematicamente tralasciate. Il nostro ‘appello’ a favore della Distanza
Levenshtein non va però assolutamente preso come un invito a trascurare quelle differenze linguistiche che non possono essere analizzate in modo soddisfacente sulla base di questo metodo. Per questo tipo di analisi occorre utilizzare altri metodi.
Un secondo limite è costituito dal fatto che occorrono le trascrizioni fonetiche delle pronunce delle stesse parole in molte località diverse".


Insomma, se anche due parole fossero identiche tra due lingue, ma pronunciate con intonazioni molto diverse, potrebbero non apparire identiche a prima vista. Chiunque abbia minimamente viaggiato ne è stato certamente testimone.

Aggiungo una considerazione: il campione statistico scelto per lo studio è estremamente limitato:

"La distanza strutturale fra le varietà che si sono comparate è stata determinata sulla base della Distanza Levenshtein (si veda § 1.4) di 200 parole selezionate at random e tradotte nelle diverse varietà linguistiche"

Appena 200 parole. Scelte peraltro a caso. Se il Signor Bolognesi avesse voluto dimostrare qualcosa sull'intercomprensibilità tra lingue usando un campione del genere, sarebbe stato ridicolo, allora anche la mia provocatoria dimostrazione sulle somiglianze tra russo e italiano sarebbe stata valida.

Ma Bolognesi, che ribadisco, è un linguista serio, non ha mai detto nulla del genere, l'hai tirato fuori Su Foristeri.

Lo studio di Bolognesi, che ha finalità diverse da quelle per cui mi è stato consigliato, è un ottimo *esperimento*. La linguistica computazionale non mi ha mai entusiasmato, devo ammetterlo. Però si può sperare che sviluppi futuri consentano di raggiungere risultati che ora non ha. Oggi ci possiamo limitare a studiare, in maniera del tutto meccanica, sotto forma di statistiche non troppo esaustive, le somiglianze fonetiche tra gruppi non enormi di parole. In questo senso l'esperimento di Bolognesi è ottimo. Ma non è un punto di arrivo e chi interpretasse le sue conclusioni come definitive dimostrerebbe di aver frainteso l'intero processo di indagine scientifica.

In ogni caso, io non so se e fino a quale punto le varie parlate di Sardegna siano intercomprensibili, ma di certo non si dimostra nulla in tal senso facendo riferimento solo alle somiglianze fonetiche di un numero limitato di parole. Né tanto meno i numeri addotti (distanza massima tra due dialetti sardi: circa il 30%) significa qualcosa se non ci sono riferimenti esterni: il 30% di distanza è tanto o poco? La distanza tra, per esempio, italiano e veneto o siciliano e campano quant'è?

Ribadisco che non ho intenti polemici. Posso non essere sardo, ma una solida infarinatura di linguistica ce l'ho e mi infastidisce leggere di come serissimi studi linguistici vengano opportunamente piegati per dimostrare i propri scopi, più o meno condivisibili.

Cordiali saluti,

Nicola

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