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Nota Bene: Gesturi possiede la più grande casa patrizia della Marmilla, un'oasi al centro del paese circondato da giardini, piante esotiche, fontane in stile raffinato. Decine di case rurali e nobiliari conservano intatto il fascino e la magia del tempo passato. Caratteristici sono i portali d'accesso, che venivano costruiti con diversa cura, con diversi materiali e dimensioni, soprattutto ad arco, risalenti al XVII sec., periodo della dominazione spagnola in Sardegna.



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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
drFolk Inserito il - 28/06/2008 : 11:23:32
IL PANE DEL SUFFRAGIO


Suonavano i rintocchi dell'alba. Il paese, disteso su un'arida vallata, era immerso in una bassa nebbia: essa sembrava scaturire dal sottosuolo, quasi fosse il fumo di un invisibile incendio, a consumare e avvizzire tutta la vegetazione.
Un uomo grasso, vestito di un camice e un cappello bianco, caricava sulla proprio furgone delle enormi ceste, fragranti del pane che egli aveva appena sfornato. Ogni gesto, nonostante la mole e il soprannome di Bistrale che si meritò tanti anni prima -quando, garzone di forno, riuscì a sedersi sul pane in lievitazione, avvolto da candidi teli- era delicato e accorto. Quando accostò le portiere del mezzo, fece come se stesse richiudendo una finestra su un sole seducente ed accecante.

Le donne andavano alla messa, quasi vecchie eppure impettite nei loro scialli dalle frange ondeggianti: tutte, passandogli davanti, lo salutavano con un cenno del capo, e con le sopracciglia si accennavano l'improvvisa delicatezza di Bistrale; lui, che in quel giorno non vedeva e non sentiva, stava con le braccia conserte davanti alla vettura, quasi dovesse prendere una decisione troppo grave.

Tzia Costascia, che era la più anziana del paese e gli era stata madrina di battesimo, si staccò dal gruppo delle amiche. Era alta, ancora magra, aveva i capelli bianchissimi intrecciati sulla nuca e le folte sopracciglia nere; indossava lo scialle cone un peplo di antica romana.

"Anda, fizu caru, anda ch'est ora" sussurrò sfiorandogli la spalla. Bistrale si voltò e le sorrise, con gli occhi che a stento trattenevano le lacrime. Era il pane per il trigesimo di suo padre, quello che aveva lavorato e cullato.

Il panettiere non entrò in chiesa, perchè per un uomo adulto era disdicevole mostrarsi fra i banchi fra le beghine e i lattanti (sebbene egli non fosse affatto miscredente): ascoltò però con gratitudine le parole che il parroco tributò al padre, vero monumento ai grandi del passato, fedele alla parola data e giusto con tutti. Su biadu era tutto questo, benchè avesse un carattere duro: ma chi non ha i suoi difetti, al mondo? E poi la morte cancella tutto.

Quando la messa finì, il sole era appena sorto: il fuoco della terra s'era spento, e le stoppie tremavano, scosse dal vento, quasi incredule della rugiada che le avvolgeva. La moglie di Bistrale, tzia Costascia e altre parenti diedero un rapido passaparola, perchè tutti andassero in un salone poco distante, a bere il caffè in memoria della buonanima e ricevere un pane.

Il nostro panettiere, invece, prese per mano la sua figlia maggiore, una sedicenne magrissima, bella e vestita di nero, cui la giovane età e il piercing al labbro inferiore davano il diritto di essere in guerra col mondo. "Tu adesso vieni con me" le disse, recuperando la rudezza abituale. Quella, nè macca e nè sabia, fece spallucce e obbedì, tenendo bassi i suoi bellissimi occhi verdi dalle innaturali palpebre nere.

Bistrale, che era uomo all'antica, non sopportava l'abbigliamento e l'ubbia di quella figlia così bella, che sembrava galleggiare sul presente, schifando quanto le stava intorno. La chiamava "Sa Bitella", per via dello sconcio anello sul viso. Eppure la adorava, sembrandole l'opera più perfetta che le sue mani avessero mai fatto: voleva che in quel giorno di commemorazione scoprisse chi era stato suo nonno, e la gente che, per puro ribellismo adolescenziale, tanto detestava.

Padre e figlia andavano nelle case dei vecchi, dei poveri e dei malati, per consegnare a ciascuno un pane di suffragio: l'usanza del paese voleva che questo venisse consegnato solo a chi partecipava alla messa; ma in altri tempi non era così, e ogni casa riceveva una di quelle grandi ciambelle di semola e miele: specie i miseri e gli anziani, le cui preghiere erano più gradite al cielo.

Pellegrinarono per tutta la mattina: ovunque bussassero erano accolti con rispetto e devozione. Qualche anziano baciava il pane levandosi il cappello dalla testa, qualche vecchia si sentiva in dovere di improvvisare qualche strofa di cordoglio, ricordando la vita di paese cui non partecipava da troppi anni... In ogni casa sembrava quel pane portasse la vita, restituisse gli abitanti alla giovinezza.

Furono accolti dal vicino di pascolo che, per un confine tracciato male aveva intentato causa; furono omaggiati dalla vedova del bracconiere cui il vecchio pastore non nascose il fucile, e dalla donna che gli rifiutò la proposta di matrimonio.

Sa Bitella sorrideva, porgendo ad ognuno di essi il dono, mentre il padre la aspettava sulla vettura in sosta, tentando di non farsi scorgere a tirar su col naso e asciugare le lacrime: sapeva che il padre sarebbe stato felice di questo onore, perchè solo la gente di casta poteva pensare tali gentilezze.

Ciò che più sorprese la giovane fu una vecchietta, seconda cugina di tzia Costascia. Era confinata a letto da tanti anni anni, per via di un male che le indeboliva il senno, accudita soltanto da una badante che parlava un italiano querulo e malfermo. "Io dire signora, se essa capire..." pigolò la pallida straniera, mentre la donna si sollevava sulle braccia, e cercava di annodare sulla testa i candidi capelli che portava sciolti.

Quando vide il pane, aggrottò le sopracciglia ancora scure e disse, guardando la ragazza: "Custu est su pane de... tue ses sa neda, sa fiza de Jubanne Bistrale". E, fatta accomodare la ragazza su una sedia, le raccontò minutamente storie che la giovane già conosceva, ma che ascoltava incredula e commossa; tanto che pianse, liberando le palpebre da tutto quel lugubre nero. Quando fu il momento di andare, la vecchia volle baciarle entrambi gli occhi, verdi e finalmente luminosi, e le disse queste parole: "Non pensavo che qualcuno si ricordasse ancora dei poveri e dei malati. Ringrazia tuo padre. Io pregherò per tuo nonno, in gloria chi siet... e anche per voi. Lo merita, chi fa ancora la carità di un pane del suffragio".

***FINE***
11   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
stradafacendo Inserito il - 30/06/2008 : 10:25:03
Complimenti drfolk!

Per averci partecipato un bel racconto!
Per averci ricordato le belle usanze, di un tempo nemmeno tanto lontano!
Per averci dato la possibilità di commuoverci e riflettere che la felicità ci viene incontro... quando noi andiamo incontro agli altri!

Strada...

p.s.
non dimenticarti che abbiamo un caffè, da prendere insieme.

drFolk Inserito il - 30/06/2008 : 09:17:28
Grazie per tutti i vostri commenti
UtBlocc Inserito il - 30/06/2008 : 08:08:52
L'ho riletta con molta calma...si, mi sono commossa e...non poco.Uomini di un tempo, apparentemente duri...ma con un cuore grandissimo...., mi ricorda un po' mio padre, anche mia madre, lei era sempre sorridente e meno severa. Non ricordo il pane del suffragio, ricordo però che, quando mia mamma faceva il pane, (tutte le settimane) ne portava uno ai vicini più poveri, se dimenticava qualcuno....c'era mio padre che provvedeva a ricordarglielo. Inoltre allora si usava... per il trigesimo ed anche dopo un anno dalla morte di un parente , portare un piatto di pasta a qualche povero, noi figlie eravamo le "fattorine".Non era nel medioevo, si tratta di circa 25/30 fa. Ancora oggi....qualche persona anziana continua la "tradizione"
Grazie Folk....tutto questo mi ha ricordato la mia adorata infanzia
asia Inserito il - 30/06/2008 : 02:00:23
Giuseppe: un ragazzo di talento, geloso custode delle tradizioni, ma attento ai nuovi rintocchi del tempo.
Ciò che mi colpisce non è tanto l'estro narrativo o la padronanza del mezzo linguistico, quanto la versatilità e la sensibilità non comuni.
Dirti bravo forse è troppo poco.

P.S. Come non essere adoranti?
Adelasia Inserito il - 29/06/2008 : 18:21:31
Ci sono gli archetipi e la pietas discreta della gente della mia isola, in questo struggente racconto dove il nostro dr folk lascia immaginare, ma non vedere, il suo coivolgimento e la sua emozione. Belle pagine, scritte da chi ha il dono di saper scrivere con eleganza. E che riguardano il passato che è presente e che, speriamo, sia il futuro.
Nuragica Inserito il - 29/06/2008 : 00:12:07
Bellissimo racconto DrFolk..
son contenta che tu abbia trattato quest'argomento.
Pensa che pochi giorni fa in Sardegna ho incontrato una mia vecchia compagna di scuola di Orroli..
E raccontando dei nostri lutti.. Mi ha parlato proprio dell'usanza che ad Orroli ancora persiste di preparare il pane per il trigesimo.
Se ne inforna tantissimo e lo si porta in chiesa per tutti i presenti che a loro volta lo portano a chi non ha potuto partecipare alla funzione per problemi di salute..
E' un usanza molto costosa, ma lei per la sua mamma ha voluto
portare avanti la tradizione.

Dieci e lode Dr Folk

Cedro anche io ieri in pvt ho nominato DrFolk erede della Deledda
cedro del Libano Inserito il - 28/06/2008 : 14:34:59
ma dai,quale refuso é perfetta.
Pubblica carino,sei ormai pronto,
Dai ti nomino erede Di Grazia Deledda
UtBlocc Inserito il - 28/06/2008 : 14:29:03
Folk....bellissimo raccontoe molto toccante.
drFolk Inserito il - 28/06/2008 : 13:13:40
C'è quanche refuso, e un quarto d'ora non basta per correggere bene. Scusate.
euneada Inserito il - 28/06/2008 : 12:45:56
... sei incredibile , ho letto tutto d'un fiato ... bellissima e toccante ...

Bravissssssssssssimo Dr Folk

Euneada
Asinella80 Inserito il - 28/06/2008 : 11:31:27
Grande Dr Folk..

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