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Nota Bene: La più antica attestazione delle launeddas ( il tipico strumento a tre canne della Sardegna) risale ad età nuragica.
Il notissimo "Suonatore Itifallico" ritrovato a Ittiri , oggi esposto al Museo Archeologico di Cagliari, infatti, suona un flauto a tre canne.
Questo fa presumere che i nuragici possedessero un sistema musicale che prevedeva l'accordo di tre note. Si pensi che il sistema musicale dei greci antichi accordava soltanto due note!



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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
francesco44 Inserito il - 25/06/2007 : 17:24:05
Un "caloroso" saluto a tutti/e!
Vi pongo una strana domanda:
Chi è disposto/a a tradurre in sardo (preferibilmente del campidano o di Tonara) alcune mie poesie?
Sono oriundo sardo ma molto legato alla terra dei miei antenati.
Grazie
Francesco
15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
francesco44 Inserito il - 13/01/2008 : 02:17:26
Lisboa,
per il viandante arrivato da altri siti
è nome dal suono compiuto come un atto d’amore,
che nel cuore entra frusciando
che scalza le radici
e lo riempie di altre memorie antiche.
È suono di reminiscenze
che insegue anche all’altro capo del mondo
chi va lontano ma non la lascia.
Può essere abbandonata Lisboa,
perché non s’allontana dagli occhi,
con le sue mura grigie pur solari,
le vie disegnate dalle ombre guizzanti delle veloci nuvole
che scorrono piene sui colli,
giocando a rimpiattino con il sole.
Lisboa,
suono lento e maturo da assaporare,
dalle sillabe curve,
carezzate dalla lingua e dalle labbra come l’ultimo bacio.
Suono che salpa da dentro la bocca con lieve schiocco
Lis-
come vela gonfiata dal vento,
per poi avviarsi col dolce sibilo
della brezza mattutina a riempire le labbra
bo-
della sorda risacca dell’onda atlantica
e infine terminare col sospiro aperto dell’amante appagato.
aa-
Lisboa,
nome modulato di canzone racchiusa in tre note,
sonorità di canto antico e sussurrato
che scivola sul Tago
aprendosi all’abbraccio del mare.
Lisboa,
città capricciosa che ti sconcerta
mentre la esplori con la cautela dell’amante
in cerca di sensualità celate,
che sconcerta chi si fa percorrere
le vie coronate di palazzi dai ricchi balconi,
dalle entrate imponenti ornate di pietre severe
dalle facciate chiazzate d'azulejos,
dalle finestre ampie e dai solidi tetti.
Case splendenti nel loro restauro,
eppure discrete in questa manifestazione di una ricchezza
che un tempo fu di famiglia
ed ora di anonima società d'azioni.
Poi, come dal nulla,
rompendo l’armonia della fila di feconde residenze,
si affianca un palazzetto con porte murate
ed il tetto cadente privato delle grondaie,
dalle finestre infrante ed muri sbrecciati
di colore grigio striato di nerofumo.
Un’antica dimora abbandonata
che vagando ne trovi tante di queste case solitarie
con le facciate adorne d’azulejos frantumate,
le occhiaie vuote delle finestre
da cui intravedi i muri interni scarnificati.
Case senza padroni
che suscitano la tristezza di una vecchia signora
che fu tanto amata ed ora è sola,
senza la dignità di una perduta ricchezza giovanile
e priva degli affetti che partirono per non tornare.
Lisboa
da vagare senza meta,
carezzata con passi lenti,
voltando un angolo rapido di volo di rondine,
attraversando un incrocio piccolo di timido e pubere bacio d’amore,
schivando con l’eleganza poetica del torero
un piccolo orgoglioso tram sferragliante,
infilando una stradina
con le case che si inchinano su essa come a proteggerla,
immergendola in un’atmosfera di riservatezza,
dove scorre l’uniformità delle facciate trascurate delle case
e delle finestre che svelano stanze calde d’umida umanità.
Lisboa
si svela nelle sensazioni accomodate di chi riconosce una figura
in vero mai vista eppure ritrovata nella memoria del sogno,
che scivola tra vie succinte nella loro essenzialità,
così volute per creare colleganza tra famiglia e famiglia,
che sfociano in una piazza vasta,
enorme nella sua improbabilità,
dominata da una statua d’un grande di tempi perduti alla vita
ma non al ricordo,
piazze fatte per raccogliere gente
e farla incontrare e cicalare.
Vie caste e dignitose salgono e scendono
intrecciate per poi trasmutarsi
in irrisolte stradine di astrusi dislivelli topologici
e infine cadere in piazzette minuscole e dislivellate,
refrigerate da un minuscolo fronzuto alberello
che sale veloce dalle pietre sconnesse di un antico acciottolato.
Lisboa,
città dei sette colli stretti tra loro
come a proteggersi dai venti freddi ed umidi dell’Atlantico
che s’incanalano lungo il Tago
seguendo come gabbiani le navi che tornano da lontano.
Sette colli dalle curve prepotenti
ed esposte senza pudore a difesa dell’assalto degli stranieri,
con stradine dai marciapiedi a scalini stretti come grondaie,
false scalinate in cui l’umida foschia dell’alba non riesce a penetrare,
inerpicate a mozzafiato verso i viali alberati
che dominano i tetti precipitati sulle balze
che separano i quartieri,
che corteggiano le piazze ombrose,
che scortano fino ai miradores
da dove si può inseguire con lo sguardo la luce
che rimbalza dai colli procaci,
che scivola carezzevole
e s’infila ora vivida ora ambrata,
tra curva e curva,
giocando tra vicoli e strade e piazze,
che illumina angoli nascosti,
oscuri recessi d’intimità umana
che si dischiudono e si spalancano spudorati
al suo bacio luminoso.
Lisboa
provoca con seduzione matura e consapevole,
sorprende con l’incanto della spontaneità impudica
e accarezza i tuoi sogni con la spigliatezza di femmina navigata
che tutti accoglie e nessuno respinge,
che si apre senza chiedere,
che aspetta d’essere indagata senza imporsi,
che non si spoglia e si fa scoprire,
che si abbandona a chi la percorre
vibrante di un’attesa che mai si consuma.


_________________________
mie poesie tradotte in sardo da tante/i care/i amiche/ci c/o:
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Scrittori di Paradisola ->
Traduzione in sardo di poesie
-----------------
ICHNUSA LIBERA!
francesco44 Inserito il - 10/01/2008 : 13:23:20
Haiku 4

Lo sparviero piega la testa
guarda la pernice
che corre tra l'erba alta.

Haiku 5
L'usignolo trilla il suo canto dal ramo
di ramo in ramo sale alle nuvole
il canto si compone al mio ascolto.


scritte secondo lo stile Haiku del XVII secolo.

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francesco44 Inserito il - 06/01/2008 : 20:18:15
Ben presto metterò on line il mio sito di poesie con una sezione speciale con tutte le traduzioni in sardo (nelle diverse varianti locali) fatte dalle amiche e amici di Paradisola


mie poesie tradotte in sardo da tante/i care/i amiche/ci c/o:
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Traduzione in sardo di poesie
francesco44 Inserito il - 17/09/2007 : 05:53:46
cara Zinni,
finalmente hai trovato la mia discussione e vedo che subito ti sei buttata nella collaborazione!

Grazie!

Aspetto il tuo contributo, tutti lo aspettiamo.

un abbraccio
Zinnibiri Inserito il - 10/09/2007 : 18:25:16
Ciao Francesco come vedi ho accettato l'invito, 8 pagine son tante per ora ho letto le prime 3 le discussioni sono molto interessanti.
Di seguito il mio contributo in Sardo Medio Campidanese per la precisione Serramannese

Alta/ Manna
quanto alta la sua statura / manna cantu sesi longa
col suo passo eretto/ cun sa camminada deretta
porta l’acqua / pottasa s'acqua
sul sentiero della vita./ in su mori de sa vida

Sicuramente le prime 2 righe in sardo non rendono perchè si potrebbero ritradurre così:
Grande
grande quanto sei lunga

Andrebbero sicuramente interpretate, per poi affinare in Sardo delle parole che ne rendano il significato.
francesco44 Inserito il - 04/09/2007 : 17:24:21
Eccomi di nuovo tra voi desiate amiche, lettrici, poetesse, ammiratrici, spasimanti, deliranti e chi più ne ha più ne metta, meglio se di più.
Sono tornato.
Non so se questa è da considerare come novella fausta o infausta.

Agli amici mando un virile quanto astemio (sono a dieta ahimè) saluto.

Dicono che la poesia è frutto del dolore. In effetti, ve lo vedete uno che se la gode, ride, mangia e amoreggia con gran sollazzo e si mette a poetare? Ma manco ci pensa, vuole godersela!

Perchè? A voi la risposta.

Non mi dite che la felicità porta anch'essa a poetare, che proprio nel delirio dell'innamoramento si poeta quanto in quello del dolore.
Ma appunto sono deliri, mica sollazzi.
Io ho sollazzato in quel della Valle della Loira prima e a Parigi poi.
Arrancando dietro una moglie assatanata di castelli, residenze nobiliari, giardini fatati, musei, gallerie, ecc. ecc. mi sono distratto abbastanza, e conseguentemente ho poco poetato.
Quel poco lo sto ripulendo (non certo nell'Arno, inquinato com'è!).
Ancora non so se ne verrà fuori qualcosa di degno e sopportabile per voi.
Si vedrà.
Nel frattempo cercherò qualche vecchia poesia, rimasta in qualche angolino del PC, all'ombra di un chip o timidamente mimetizzata tra i transistor.
A presto e ciao a tutte/i
francesco44 Inserito il - 25/07/2007 : 02:21:37
Care amiche e cari amici
è arrivato il momento del riposo vacanziero.
Dunque un saluto e buone vacanze.
Ci risentiamo a settembre.
Francesco44
Bakis Inserito il - 18/07/2007 : 21:48:52
LA NUOVA IMPRESA

Alla nuova impresa ti avvii senza voltarti

e

salgo allora sulla collina delle tombe eroiche

ove innalzo il tumulo di pietre nere

e seppellisco il mio cuore

e

lancio l'ultimo saluto che rotola nel nulla

dove alito di zefiro che scorre nel tempo

spazza i petali delle mie parole

e li dissemina nello spazio eterno

e

la tua tomba

non è nella sabbia

non è nella terra,

non è nel mare,

è nel nostro petto di semplici uomini.



S'impresa noa

A s'impresa noa t'avvias kena ti girare
E
Pigo tando subra su montiju de sas tumbas heroicas
In ue alcio su muntone de pedras nieddas
E interro su coro meu
E
Imbòlo s'ultimu saludu ki lòddurat in su nudda
In ue s'alènu de zefiro ki iscurret in su tempus
Ispazzat sos petalos de sas paràulas mias
E los semenat in s'ispaziu eternu
E
Sa tumba tua
No est in sa rena
No est in sa terra
No est in su mare
Est in sa pettòrra nostra de semplices homines





S’atzagna noa

A s’atzagna noa t’abias chene t’ortare
e
pigo tando a sa sedda ‘e tumbas eroicas
‘ue innartzo su tumalu ‘e pedras moras
e interro su coro meu
e lanto s’urtimu saludu chi rodulat in su nudda
‘ue s’alenu ‘e Zefiru iscurrit in su tempus
munnat sos petalos de sas paraulas mias
e los ispraminat in s’ispatziu eternu
e sa losa tua
no’ est in sa rena
no’ est in sa terra,
no’ est in su mare,
est in su nostru pettus ‘e omines semplices.



..........Vi trovi differenze sostanziali?

francesco44 Inserito il - 18/07/2007 : 21:28:52
Carissimo Bakis, questo è proprio quello che desideravo di più!!
L'avere diverse versioni nei vari dialetti sardi dei miei versi.
Hai perfettamente ragione, anche se da me non espressamente dichiarato, la mia ricerca era ed è quella di dare risonanze diverse alle stesse parole e sentimenti.
Sentire modulazioni, suoni, pronunce e parole che variano all'interno della nostra stessa regione credo che PARADOSSALMENTE sia una diversità che ci unifica: l'unità nella differenziazione. Perchè tutti i differenti dialetti e parlate sardi sono l'espressione di una matrice etnico-culturale che non trova l'uguale in Italia.
La fierezza di un popolo passa, prima di tutto, per la sua lingua che si trasmette, con i necessari ed imprescindibili cambiamenti che nella storia si verificano, e che comunque mantiene il substrato arcaico che tale lingua possiede da sempre.
Bakis Inserito il - 18/07/2007 : 12:21:38
Non avevo visto che Grodde l’aveva gia fato!
Meglio! Vuol dire che ci sono due versioni in cui si notano e si dovranno apprezzare le sottili e potenziali varianti che la nostra lingua ha.
Bakis Inserito il - 18/07/2007 : 12:02:52
Francesco 44,sperando di avere fato cosa gradita,nel senso che la versione della traduzione è in lingua sardo-logudorese,ti ho tradotto :LA NUOVA IMPRESA.




S’atzagna noa

A s’atzagna noa t’abias chene t’ortare

e
pigo tando a sa sedda ‘e tumbas eroicas

‘ue innartzo su tumalu ‘e pedras moras

e interro su coro meu

e lanto s’urtimu saludu chi rodulat in su nudda

‘ue s’alenu ‘e Zefiru iscurrit in su tempus

munnat sos petalos de sas paraulas mias

e los ispraminat in s’ispatziu eternu
e
e sa losa tua

no’ est in sa rena

no’ est in sa terra,

no’ est in su mare,

est in su nostru pettus ‘e omines semplices.


LA NUOVA IMPRESA

Alla nuova impresa ti avvii senza voltarti

e

salgo allora sulla collina delle tombe eroiche

ove innalzo il tumulo di pietre nere

e seppellisco il mio cuore

e

lancio l'ultimo saluto che rotola nel nulla

dove alito di zefiro che scorre nel tempo

spazza i petali delle mie parole

e li dissemina nello spazio eterno

e

la tua tomba

non è nella sabbia

non è nella terra,

non è nel mare,

è nel nostro petto di semplici uomini.


francesco44 Inserito il - 18/07/2007 : 04:43:57
Di tutt'altro genere

SEQUENZA DI SPECCHI

Allungo le mie mani
immergendole nella nebbia del nulla.
afferro l’indistinta essenza della mia vita
come in sequenza di specchi
la vita scorre rimbalzando
d’immagine in immagine
perdendosi nel fioco oscurarsi
della mente rapita.

Le braci del pensiero
si spengono sotto le ceneri
della storia immobile,
il filo di fumo del mio essere
si svolge lento, inutile,
attratto dal respiro delle stelle
nelle lente spire
dell’amore perduto.

Molle s’abbandona
la volontà nell’immemore
flusso sanguigno
del pulsare cosmico
inseguendo l’immersione
nell’acqua rituale
della dissoluzione
d’ogni simulacro

14 dicembre 2006
francesco44 Inserito il - 18/07/2007 : 04:14:00
Una sfida non da poco per i traduttori/trici in sardo!
Questi sono AIKU, poesie tradizionali giapponesi. Lo schema è:
3 versi di 7-9-7 sillabe.
In genere sono espressioni "minimaliste", nel senso dell'espressione di emozioni e sentimenti di semplicità assoluta.

Ogni volta che ci provo sento un gran rumore di scricchiolii: sono le ossa del maestri giapponesi dell'aiku che si rivoltano nelle loro tombe.

Non ci dobbiamo fare impressionare: anche loro all'inizio sentivano gli stessi scricchiolii dei loro maestri. Chissà un giorno...

L'eventuale traduzione in sardo dovrebbe seguire lo stesso schema 7-9-7
possibilmente rispettando il pensiero da me espresso (ma non è necessario).

AIKU 1
Solo il fumo vaga
Nella foresta senza fuoco
Ch’è stato spento da me.

AIKU 2
Tranciando il mio cuore
Fruscia la fredda nuda lama
Al destino non fuggo.

AIKU 3
Silente fu il grido
Silente è la risposta
Al nulla mi affaccio.
skywalker57 Inserito il - 12/07/2007 : 15:41:55
Spero di inserire il post nella discussione giusta.
Siccome fra dieci giorni si sposa mio cognato, vorrei fargli gli auguri in sardo, chi mi aiuta a trovare la frase giusta da inserire nel biglietto, possibilmente in campidanese, grazie 1000
francesco44 Inserito il - 11/07/2007 : 21:55:38
La traduzione di Grodde ha il sapore del miele amaro di corbezzolo, aspro e selvaggio come i sentimenti che impregnano i miei versi

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