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Nota Bene: Le launeddas è sicuramente lo strumento musicale più rappresentativo della Sardegna. Esso è composto da tre canne del tipo comune che vengono chiamate basciu o tumbu, mancosa manna e mancosedda. E’ uno strumento a fiato di origine antichissima ed è in grado di produrre polifonia.



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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Torecasula Inserito il - 18/02/2008 : 13:30:43
Ciao a tutti. Qualcuno mi puo' raccontare l'origine e/o l'eventuale provenienza (se c'è) delle "launeddas"?
Grazie a tutti e ciao! Tore
2   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
afabica Inserito il - 18/02/2008 : 19:31:02
ti interessa lo strumento o anche la musica suonata con le launeddas, in quest'ultimo caso c'è in giro un documentario dell'associazione s'iscandula che ha ripreso e pubblicato gli studi compiuti da andres benzon
kolipo Inserito il - 18/02/2008 : 15:59:25
ciao tore ecco alcune notizie che ho trovato nel web, spero siano esaustive!


ORIGINI DELLE LAUNEDDAS


In generale
E' uno strumento musicale di origini molto antiche, ancora oggi usato nella regione meridionale e centro occidentale della Sardegna; un aerofono ad ancia semplice battente, costituito da tre canne di diversa misura: tumbu, mancosa e mancosedda.

La presenza millenaria delle launeddas in Sardegna è documentata dal ritrovamento, reso pubblico nel 1907 dall'archeologo Antonio Taramelli, del celeberrimo bronzetto nuragico datato intorno al VI-VII sec. a.C. e denominato "Bronzetto itifallico", nel territorio non ben precisato delle campagne di Ittiri (SS).



Strumenti congeneri, suonati con tecniche simili, sono presenti nell'Africa Settentrionale ed in Medio Oriente, rivelando la frequentazione e lo scambio reciproco dei Sardi con queste aree nelle epoche passate. L'uso delle launeddas è attestato in un arco temporale che va dalla preistoria, come si evince dal celebre bronzetto itifallico (nuragico), ritrovato ad Ittiri, rappresentante presumibilmente un suonatore di launeddas e, attraverso varie vicissitudini e con le modificazioni dovute al riuso, sino ai nostri giorni.

Le occasioni d'utilizzo, laiche o religiose, contemplavano l'esecuzione di brani originali; è credibile l'uso in rituali magico-rituali, come nel caso dei riti dell'argia, analoghi alle tarantolate dell'Italia Meridionale o altri riti consimili e, per trasposizione sincretica, all'attuale uso religioso.

Il ballo sardo, che vanta una maggiore sopravvivenza e ricchezza di Nodas o Picchiadas (frasi musicali), pur rivelando una sua specificità, deve essere necessariamente ricondotto ai balli orgiastico-cultuali in cerchio attorno agli officianti o al fuoco dei riti primitivi e questo è dimostrato dal fatto che, in epoca storica, l'occasione di ballo era indissolubilmente legata al ciclo dell'annata agraria, svolta nei sagrati delle chiese o d'antichi siti sacri.

Sino agli inizi degli anni ’60, il suonatore (o più di uno) si poneva al centro di un cerchio di ballerini (su Ballu Tundu), che tenendosi per mano ruotavano lentamente attorno allo stesso, andando avanti e indietro al ritmo della musica, secondo uno schema ossessivo ed ipnotico che prevedeva diversi tipi di passo e di movenze codificati, sincronizzati con i diversi momenti della sonata che normalmente durava 20-30 minuti, ma che poteva protrarsi anche per più di un'ora . Altri usi attestati dello strumento sono l'accompagnamento al canto (Muttettus, Goggius, Canzonis a curba…), l'accompagnamento de Is obreris, l'accompagnamento nei cortei delle sagre, dei matrimoni e di tutte quelle attività che prevedevano partecipazione popolare alla vita sociale.

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