V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
bobore |
Inserito il - 12/01/2010 : 15:01:06 salve, a selargius si usa per la festa di Sant'Antonio Abate addobbare la Chiesetta e il simulacro del Santo con gli agrumi qualcuno conosce l'origine di questa tradizione, si fa in altri paesi? |
15 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
musthayoni |
Inserito il - 26/01/2010 : 12:19:19 ... tottus cittius? .. o bobore che fine hai fatto ? .. ses isparessiu .. |
musthayoni |
Inserito il - 18/01/2010 : 17:18:41 ... bobore .. tzinnigas .. come è andata la festa da voi? ... e calincuna fotografia ... nudda? .. ahyò... |
musthayoni |
Inserito il - 17/01/2010 : 16:44:29 .. ieri sono stato a Monastir .. per la festa d Sant’Antonio Abate … bella festa .. i Tumbarinos di Gavoi hanno vivacizzato l’ambiente con la musica tradizionale .. la gente ha ballato vicino al gran falò .. ed inoltre molto spettacolari i fuochi d’artificio … ecco qualche foto …
... a si biri in bidda ...
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Tizi |
Inserito il - 16/01/2010 : 18:24:19 Graziano....ta bellusu is cogiusu po S.Antoi. Stassera in paese (che è lo stesso di Graziano) Villa S.Antonio, accenderanno su fogadoi e dopo, cena per tutte le persone che vorranno partecipare. Domani, domenica, ci sarà la messa e la processione dedicata al ns. Santo Patrono, e il fantastico coro di Villa S.Antonio canterà la messa tradizionale e alla fine, is cogiusu.....peccato non esserci |
Tzinnigas |
Inserito il - 16/01/2010 : 17:51:35 Il mio paese, Villa Sant’Antonio, prende il nome dalla devozione di Sant’Antonio Abate, suo patrono. Il Santo , in Sardegna è conosciuto meglio col nome “Sant’Anton’e su fogu”. Est’invocau: - po sa protezioni de su bestiami; - contra is guronis, mabadias contagiosas, su scrafingiu, su fogh’e Sant’Antoni (herper zoster), is mabadias de sa peddi, e su sangui mau, is venas varicosas; - contra su zoppimi e su fogu de ognia tipu; - Sant’ antoni esti protetori: de is pastoris, de is interra mottus, de is chi sonanta is campanas, de is bendidoris de procus, de is bendidoris ambulantis, de is eremitasa, de is guantaiusu, de cussus chi fainti crobis e canisteddus, de cussus chi preparanta sartizzu, ladru, prosciuttu, de chi fabricat iscovas, de chini faidi prattus, de chi traballada a su trabaxiu, de is tessidoris, de is tundidoris, de is messaiusu, de chi faidi pinzellusu cun zudda ‘e proccu e de chi faidi scatteddusu.
In bidda po sa festa cantausu is coggius de Sant’ Antoni:
Penitente prodigiosu Santu senza similante Dades nos grazia abbondante Antoni Abate diciosu.
De su splendore infinitu Brillante raju doradu E Serafinu incarnadu In sa regione d’Egittu Sende in dogni cunflittu Esemplare misteriosu.
S’Evangelica dottrina Ch’in su pulpitu intendistis In opera la pontisti Cun prestesa pellegrina Dande a sa boghe divina Gratu assensu e fervorosu
De s’eternu amore fertu In sa pius florid’edade Chirchende sa santidade Passestis a su desertu E a Deus azis offertu Su coru ossequiosu
Sos poderes infernales De manera s’lateresint Chi robare bos trattesint Sos donos celestiales Ordinde trattos mortales Cun ispiritu orrorosu
E cun tanta pius pretesa S’inferru bos persighesit S’anima osta resistesit Cun sobrada fortalesa Restande in dogn’impresa Triunfadore vittoriosu
Su sole in prim’oriente Pregande bos agate sit E pregande bos lassesit Declinadu in s’occidente Senza tenner pro niente Su corpus flaccu reposu
De su fogu s’appelidu Bos dat sa cresia santa Pro chi fustis de tanta Caridade rivestidu Fogu chi a terra hat battidu Su Segnore poderosu
Fogu sempre respiresit Et fogu sempre nudrisit Fogu sempre istetisit Fogu sempre aspiresit Po chi sempre operesit Cun caudale misteriosu
Postu in sa caduca edade Ricca de meritos s’alma Bos desit triunfale palma In sa celeste cittade E in tanta santidade Tronu riccu e majestosu
Dade nos grazia abbundante Antoni Abate diciosu.
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musthayoni |
Inserito il - 16/01/2010 : 16:59:26 ... anche a Nuramisis e Villagreca .. si accingono ai festeggiamenti .. con l'accesione del falò .. degustazione ... e altro in onore del Santo ... |
musthayoni |
Inserito il - 15/01/2010 : 10:55:55 ... segnalo che Sant'Antonio Abate .. sarà festeggiato questo fine settimana oltre che a Monastir .. anche a Selargius .. a Decimomannu e Decimoputrzu ... con accensione del falò tradizionale e correlata degustazione ... bona festa isperendi ki no proidi .. |
musthayoni |
Inserito il - 13/01/2010 : 11:52:45 LA FESTA DI SANT’ANTONIO ABATE
Il periodo invernale (che dalle feste solstiziali conduce all’equinozio di primavera quando il sole, diventato adulto, tocca crucialmente e supera l’equatore celeste, inaugurando il periodo più luminoso dell’anno), è contrassegnato da una serie di feste e cerimonie di segno diverso: alcune orgiastiche come il Carnevale, altre purificatorie e penitenziali come la Candelora e il mercoledì delle Ceneri con tutto il periodo Quaresimale, altre infine che, come la festa di Sant’Antonio Abate, rammentano antichi riti pagani di propiziazione della fecondità e fertilità fusi assieme a credenze cristiane più recenti. Fin dal più lontano passato la figura di Sant’Antonio Abate, ha esercitato un particolare fascino presso i popolani delle diverse regioni italiane e sul suo conto sono fiorite numerose leggende. Tra tutte la più conosciuta è quella che gli attribuisce il merito di aver fatto conoscere agli uomini l’uso del fuoco. Infatti, con la scusa di riscaldarsi, il Santo discese all’inferno da dove trafugò, con la complicità del suo maialino, il “sacro elemento” servendosi del suo bastone di ferula (un’altra versione della leggenda vuole che vi fosse disceso per chiedere ed ottenere giustizia); dopodiché giunto sulla terra poté accendere una catasta di legna e da allora il fuoco cominciò a riscaldare l’intera umanità. Una versione tutta sarda della leggenda evidenzia che Sant’Antonio portò la magica fiamma che riscalda anche nella terra dei nuraghi, dove l’offerta si accompagnò al grido di: “Fogu, fogu pò dogna logu; linna, linna pò sa Sardinna”. Il mito di Prometeo, qui palesemente richiamato, ripropone, dunque, tradizioni e culti antichissimi che, innestati nella fede cristiana, sono giunti fino a noi con tutto il fascino e il mistero della lunghissima storia del fuoco. Temuto e venerato, considerato dai filosofi greci uno dei “quattro elementi” dell’Universo, “su fogu”, carico di significati e suggestioni, viene ancora associato al colore del sangue, al calore del corpo e quindi alla vita, così come la fiamma e il suo perpetuo ardere restano espressione e simbolo del divino, della divinità. Studi basati su documenti e testimonianze degne di fede raccolti ed elaborati da illustri studiosi (un’accurata biografia sul mitico Santo e sull’insegnamento da lui lasciato ai posteri, è contenuta nel manoscritto “la vita di Sant’Antonio”, tramandatoci da Sant’Atanasio di Alessandria, che in gioventù fu suo discepolo), comunque evidenziano come il “padre del monachesimo” non è solo una figura leggendaria, ma al contrario pare che sia realmente vissuto in Egitto da eremita, tra il 250 e il 356, lungo le sponde del Nilo e nel deserto di Monte Qolzum (presso il Mar Nero), dove l’Abate si spense ultracentenario proprio il 17 gennaio. Così, nel cuore dell’inverno, la tradizione popolare ancora oggi affida ai bagliori dei grandi falò accesi la notte tra il 16 e il 17 gennaio il compito di riproporre in un’unica usanza culti e riti pagani, carichi di significati propiziatori e purificatori, con pratiche e credenze cristiane che attribuiscono al “Santo Abate” e alle sue reliquie miracoli, prodigi ed immensi poteri taumaturgici. Il 17 gennaio si benedicono gli animali domestici sul sagrato delle chiese a lui dedicate e fino a qualche decennio fa era pure diffuso tra la gente l’uso di offrire dei doni in natura ai sacerdoti che a loro volta, contraccambiavano distribuendo immagini del Santo da appendersi come amuleti nelle stalle. Ma un’altra usanza molto diffusa è anche la preparazione di un dolce benedetto che poi viene dato a uomini e animali malati perché Sant’Antonio, che resistette alle tentazioni, è considerato il vincitore del male. Ma non solo di quello spirituale, perché il Santo è ritenuto anche il guaritore dello “herpes zoster”, ovvero del cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”. Da ciò, secondo la tradizione, l’uso di affidare alle fiamme dei grandi falò accessi la notte della vigilia della festa una funzione purificatrice, in quanto il fuoco brucia tutti i mali e le malattie presenti nel mondo. In Sardegna ad esempio, quando gli ultimi tizzoni accesi erano ormai semispenti, la gente in passato si preoccupava di portare a casa dei monconi di legno carbonizzato rinvenuti tra la cenere ancora calda del falò, per conservarli come amuleti, perché si credeva potessero lenire il dolore di ventre e altri mali. Ma ancora oggi, la festa di Sant’Antonio è diffusa in gran parte del territorio regionale dove, per la sua particolarità, costituisce un momento abbastanza suggestivo per la funzione socializzante e per gli aspetti mitico-rituali che in essa vi sono connessi. E così, analogamente a quanto succede in tante altre regioni italiane, la sera della vigilia della festa si vedono brillare falò da un capo all’altro dell’Isola, quale segno di devozione al Santo. Più specificamente, durante l’intera giornata del 16 gennaio i giovani paesani e coloro che hanno ricevuto una grazia da lui, provvedono alla raccolta della legna per formare la gran catasta per il falò, che verrà acceso nella piazza della Chiesa o nel principale crocicchio del paese al calare delle tenebre. I grossi tronchi raccolti (is tuvas – truncus e scomadura), vengono disposti accuratamente seguendo una figurazione tronco-conica che ricorda un grosso bétile (elemento tipico della simbologia fallica e quindi, di fertilità) ed avvolti con arbusti e fascine secche per facilitare la corretta combustione della catasta. Nel corso della giornata però, tra i vari gruppi di giovani che parteciapano ai preparativi sorge spontaneamente una sorta di competizione per ricercare e trasportare i ceppi migliori affinché il fuoco che si accenderà dopo il vespro duri per buona parte della notte. Se ciò si verificherà allora, la maggior parte della gente prolungherà la propria presenza intorno al falò ballando e cantando allegramente fin oltre la mezzanotte. Le ragazze invece, partecipano simbolicamente ai lavori di preparazione alla fine di tutte le operazioni, quando offrono dolci, arance, mele e altri tipi di frutta per essere appesi dai loro coetanei in cima alla catasta. La sera, al termine della funzione vespertina il sacerdote, accompagnato dal corteo processionale, compie tre giri intorno al cumulo e lo benedice. Alla conclusione di questo rituale egli accende il fuoco in un punto prestabilito nel quale sono stati opportunamente sistemati stoppie e arbusti secchi per consentire lo sviluppo delle fiamme. L’accensione del falò costituisce il momento più importante e solenne del rito perché va eseguito seguendo una modalità ben precisa. Il fuoco infatti, dev’essere appiccato in un punto ben specifico perché dal suo andamento iniziale si traggono buoni o cattivi auspici; si crede ad esempio che la diffusione rapida delle fiamme sia presagio di buona annata, mentre al contrario tentennamenti nello sviluppo delle stesse o addirittura lo spegnersi del primo focolaio sono considerati segno di una cattiva annata. Nei paesi a prevalente economia pastorale, quando il fuoco avvolge in un gran rogo l’intera catasta di legna, tutto intorno vengono fatte sfilare un certo numero di pecore che simboleggiano le greggi della comunità. L’avvento di questo rituale segna un particolare momento di allegria fra i presenti perché i pastori sono costretti a rincorrere gli animali, spaventati dalle fiamme, per tenerli a bada. Secondo gli studiosi di tradizioni popolari, la partecipazione dei pastori con la piccola rappresentanza di animali probabilmente, ha lo scopo di esorcizzare dai possibili rischi di malattie l’intera comunità ed inoltre, serve ad inserire un elemento propiziatorio importante per concretizzare una buona annata. Dopo, quando la legna diventa brace, diversi giovani vi compiono dei salti, talvolta anche in coppia tenendosi per mano, significando in tal modo un antico rito legato alla procreazione e quindi al perpetuarsi della vita. Ma in molti paesi della Sardegna la festa di Sant’Antonio Abate segna anche l’inizio del Carnevale. A Mamoiada ad esempio, dopo l’accensione del gran falò escono in corteo le maschere dei Mamuthones e Issocadores che, con la loro danza ritmica eseguita attorno al fuoco, danno il via ai festeggiamenti Carnevaleschi. Per l’occasione, ai visitatori presenti viene offerto un piatto di fave con cotenna di maiale e i dolci tipici del luogo come il “papassinu nigheddu”, una specie di panforte con mandorle, noci, nocciole, uvetta, miele, buccia d’arancia e mosto raffinato con la cenere bollente. A Sestu invece, il culto per Sant’Antonio Abate è attestato fin dal lontano 1600, ma non è escluso che esso risalga ad un’epoca precedente. I libri dell’amministrazione del patrimonio dell’Arcidiocesi conservati nell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, ci danno notizie certe della festa in onore al Santo a partire dal 1660, anno in cui gli “obreri” Geronimo Ledda e Francesco Cau versarono 8 lire sarde per i suddetti festeggiamenti, mentre per l’anno successivo (il 1661), gli “obreri” Antonio Ledda e Antonio Cubeddu contribuirono complessivamente con 4 lire sarde e 1 soldo. Naturalmente i componenti dell’obreria che si assumevano l’incarico di effettuare la questua tra la gente per organizzare la festa variavano di anno in anno a conferma che il culto per il “Santo eremita” era veramente sentito fra la popolazione locale. A partire dal 1766 tra gli incaricati di organizzare la festa compare il famoso printzipale Raimondo Loddo, che al riguardo versava alla Causa Pia di Sestu 2 lire e 10 soldi. Il legato del Loddo per la festa di Sant’Antonio Abate (che tra l’altro versava anche 5 lire per il sermone in onore di Sant’Antonio da Padova) durò fino al 1816, anno in cui questi passò a miglior vita. Negli anni successivi il legato per la festa restò a carico di tutti gli eredi del Loddo, poi dal 1835 passò a carico esclusivo di Stefano Manunza che a partire da quella data versò 3 lire. Tale onere restò immutato fino al 1860, dopo di che dall’anno successivo, il Manunza incrementò la cifra portandola a 5 lire e 76 soldi e questa restò tale fino all’anno del suo decesso avvenuto nel 1886. In seguito gli eredi di Stefano Manunza ridussero l’obolo per la festa portandolo a 2 lire e 88 soldi. Questa somma fu versata fino al 1890, anno in cui compare l’ultimo versamento datato relativo ai festeggiamenti in onore del Santo. Negli anni successivi tra le spese per le varie feste che si effettuavano a Sestu, non compare più la “voce contabile” relativa alla spesa per organizzare la suddetta festa. Ciò fa presumere che gli eredi di Stefano Manunza poco alla volta, si disimpegnarono dal legato assunto dal loro parente nei confronti del Santo e così facendo pian piano la festa di Sant’Antonio Abate andò in disuso fino alla definitiva cessazione, avvenuta probabilmente nella prima decade del 1900. Al riguardo la memoria storica dei nostri anziani sembrerebbe confermare questa opinione e si parla di cessazione intorno al 1910-12, benchè a mio parere non sarebbe male raccogliere ulteriori informazioni in merito. Tuttavia, nonostante a Sestu i fuochi in onore di Sant’Antonio si siano (ohimé), estinti definitivamente agli inizi del secolo scorso, i sestesi ancora per moltissimi anni (fino al 1964) hanno continuato a raccogliere ed accatastare legna in paese per accendere altri falò che divampavano, proprio nel freddo mese di gennaio, in onore di un altro Santo il cui culto risale anch’esso ad epoca antichissima: “San Sebastiano”. Questa festa organizzata a Sestu dai pastori veniva celebrata il 20 gennaio e, come per Sant’Antonio Abate, la notte della vigilia venivano accesi dei grandi fuochi nelle piazze del paese, attorno ai quali la gente cantava e ballava in allegria; come se in un certo qual modo l’intera comunità volesse, contestualmente, riscattarsi per aver abbandonato, dopo tanti secoli di culto, i festeggiamenti per quel “Santo Abate” ritenuto dal popolo tanto miracoloso e leggendario.
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musthayoni |
Inserito il - 13/01/2010 : 11:51:21 | bobore ha scritto:
Vi ringrazio........ma datemi altre notizie!!!!!!! mi scuso per aver saltato la fase presentazioni lo farò questi giorni.
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... anda beni ... posto qualcosa che scrissi qualche anno fa al riguardo .. sperando che possa esserti utile ... e cmq .. facci sapere qualcosa in più su come si svolge la festa a Selargius ... (a proposito visto che citi Meana ... sei originario di quel paese?) ...
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manu79 |
Inserito il - 12/01/2010 : 23:57:21 Grazie Mustha! Sei un grande!
Si, l'albero che ho descritto è proprio così! Nella foto che hai postato, manca soltanto la fascia rossa su di esso, e nella fascia che cinge il petto del simulacro mancano le medaglie militari (lasciate come ex voto dai reduci di guerra....)........
Ciao! Ciao! |
bobore |
Inserito il - 12/01/2010 : 20:21:51 si effettivamente altre fonti mi riportano al culto di San Sebastiano, non so se in un passato più o meno remoto a Selargius si festeggiasse questo Santo , a Meana Sardo lo si festeggia il 19 o il 20 gennaio quindi di seguito a Sant'Antonio Abate; se ne potrebbe dedurre che venuto a mancare per chissà quale motivo la devozione verso San Sebastiano abbiano trasferito la tradizione degli agrumi a Sant'Antonio Abate. Proverò a in formarmi se effettivamente in passato a Selargius ci fosse una particolare devozione verso questo Santo. La Confraternita della Vergine d'Itria si occuppa dei festeggiamenti , in questi giorni si addobba la chiesa con agrumi messi a disposizione dai confratelli o dai fedeli particolarmente devoti al Santo il 16 dopo la benedizione si distribuiscono ai fedeli le arance amare durano da un anno all'altro senza marcire. Appena trovo delle foto le inserirò. Vi ringrazio........ma datemi altre notizie!!!!!!! mi scuso per aver saltato la fase presentazioni lo farò questi giorni. |
musthayoni |
Inserito il - 12/01/2010 : 19:11:00 | Messaggio di bobore
salve, a selargius si usa per la festa di Sant'Antonio Abate addobbare la Chiesetta e il simulacro del Santo con gli agrumi qualcuno conosce l'origine di questa tradizione, si fa in altri paesi?
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.. bobore .. raccontaci di come avviene l'allestimento da voi .. e di come si svolge la festa di Sant'Antonio. Mi risulta cmq che in certi paesi dell'interno gli agrumi vengono usati per allestire la statua .. unitamente ad altre ramature arboree ... |
musthayoni |
Inserito il - 12/01/2010 : 19:03:26 ... ciau manu .. bentornato e grazie per la preziosa descrizione che hai fatto sulla festa di San Sebastiano nel tuo paese, che mi arricchiscono di altre conocenze ..
.. guarda un po qua ... questa te la devo anche se è di tempi recenti ..
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manu79 |
Inserito il - 12/01/2010 : 17:32:48 Si, si Mustha confermo!!!!!!! Il simulacro di San Sebastiano patrono di Elmas, anche da noi è addobbato in occasione della ricorrenza festiva, con un particolarissimo alberello rotondeggiante realizzato con foglie di alloro (più resistenti di quelle d'arancio) nella sua interezza e solamente nella parte superiore ("su capeddu") con dei rametti d'arancio..... Il tutto e poi abbellito con delle arancie guarnite da una croce in lamina dorata ("s'indoru", quello utilizzato per i dolci, giusto per capirci.....), con dei battuffoli di cotone (credo a simboleggiare dei fiocchi di neve......) ed infine con una grande nastro di seta rossa........
Al termine della processione le arancie dell'albero venivano distribuite ad alcuni presenti (adesso invece le arancie dell'albero non si toccano più, e tutti ricevono altre arancie donate apposta dai produttori locali, al termine della messa....). Le foglie d'alloro, una volta disfato l'albero, agli otto giorni, venivano distribuite casa per casa dal sacrista, in cambio di un'offerta.... Io ho conosciuto personalmente la distribuzione delle foglie d'alloro in chiesa, la domenica successiva alla festa.....
Peccato non potervi inviare una foto!!!!
Da noi, questa è un'antica tradizione che a memoria d'uomo si è sempre conosciuta...... Tant'è che l'alberello "sa matta de Santu Srebestiau" veniva portato in chiesa in maniera trionfale dal presidente del comitato organizzatore "s'obreri", la sera della vigilia, ossia il 19 gennaio, partendo in processione dalla sua abitazione con l'accompagnamento del suonatore di launeddas e lo sparo festoso de is guettus!!!!!
Tutto ciò, sino ai primi anni novanta, poi le solite testoline nobili, in segno di una religiosità "più matura" hanno ben pensato di abolire questa tradizione a parer loro inutile........ attualmente, è rimasto soltanto l'alberello...... Che non viene più disfatto, se non in occasione della festa successiva e che fa brutta mostra di se in chiesa, tutto rinsecchitto (che schifo!!!!) praticamente 360 giorni l'anno!!!!!!
Purtroppo siamo in mano di certi personaggi locali che hanno preso il potere e che nella loro ignoranza, non vogliono sentir parlare di tradizioni..... se non di quelle che si inventano a seconda della loro fantasia di anno in anno...... Meglio che non ci pensi troppo, se no mi vien la deppressione......
Comunque, per l'amore ed il rispetto che ho per il mio patrono, vi scrivo unu muttettu a trallallera che gli antichi, dedicarono al nostro protettore:
Santu Srebestiau de Su Masu è patronu santu Srebestiau
Santu Srebestiau mellu poburu e bonu chi no arriccu e mau
De Su Masu è patronu chi no arriccu e mau mellu poburu e bonu
Ciao! a presto!
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musthayoni |
Inserito il - 12/01/2010 : 16:35:49 | Messaggio di bobore
salve, a selargius si usa per la festa di Sant'Antonio Abate addobbare la Chiesetta e il simulacro del Santo con gli agrumi qualcuno conosce l'origine di questa tradizione, si fa in altri paesi?
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... da noi si usa addobbare il simulacro di San Sebastiano con rami e frutti di arancio ... per Sant'Antonio .. che in paese si festeggiava con i fuochi .. fino al primo decennio del secolo scorso non mi risulta che la statua fosse addobbata come da voi a Selargius. Per quanto ne so anche a Elmas .. la statua di San Sebastiano .. è abbellita con rami e frutti d'agrumo .. manu confermi?
.. Statua di San Sebastiano .. durante la festa ...
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