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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Adelasia Inserito il - 03/11/2013 : 15:10:01
“...ed a dir di Sardigna/ le lingue lor non si senton stanche”: così si espresse Dante nella Divina Commedia riferendosi a Comita e a Michele Zanche che, pur immersi nella pece del cerchio infernale dei fraudolenti, non si stancavano di parlare dell’isola.
Non fosse per il contesto, bellissima espressione.

Il titolo del libro di Ottorino Mastino, come premette Manlio Brigaglia che ne cura la prefazione, parafrasa i versi del sommo poeta: "A dir di Bosa", perché anche di Bosa non ci si stanca di parlare.
Ottorino Mastino, grande cultore e studioso della città nonché padre di Attilio, Magnifico Rettore dell’Università di Sassari ma soprattutto Magnifico Storico, non si è mai stancato di parlarne e di scriverne, per tutta la sua lunga vita.
Se ne è andato pochi giorni fa, a 99 anni: quando l’ho saputo avevo appena finito di leggere il suo libro, che strana coincidenza! E’ l’ultimo che ho acquistato, perché anche io ho fame e sete di Bosa, della sua storia, dei suoi personaggi, della sua cultura, dei suoi acciottolati medievali, dei suoi colori quieti.

A dir di Bosa me li racconta: è un mosaico sulla cittadina del Temo, le cui tessere sono pezzi scritti nel corso di diversi anni dallo stesso Mastino, affiancati da elaborati di altri autori, a partire dagli anni ‘50; è una raccolta che unisce le domus de janas al castello, le arti e i mestieri antichi alle associazioni culturali, la storia della Piccola Casa della Provvidenza a quella della sanità cittadina, le pregiate aragoste al mancato grande turismo, gli incubi delle inondazioni del Temo ai progetti del nuovo porto, l’inebriante malvasia al profumato olio d’oliva, la pesca al commercio, i soprannomi alle massime e proverbi bosani.

Era un bosano verace, Ottorino Mastino, che non ha mai perdonato a Melchiorre Murenu i versi velenosi riferiti a Bosa, ai quali attribuisce tutti i successivi stigmi sulla sporcizia della città che egli nega con sdegno. E’ stata sempre pulita, Bosa, sostiene Mastino, tra i primi centri in Sardegna ad essere dotato di rete fognaria e di acqua potabile, e lodata per il clima mite; ed è stata sempre abitata, Bosa, da gente laboriosa, quali i mercanti che attraversavano Cagliari proponendo; <ollu, hermanos>>, olio fratelli, invito che è diventato un marchio doc: ozzu ermanu, ghermanu, diciamo oggi, perché se non è ermanu non è puro.

Sono anche un po' serafici filosofi, i bosani: "Mezzus a caddu che a pé", "Mezzus sanu che malàidu, mezzes iu che moltu"...

A dir di Bosa conclude la sua ragnatela di racconti con alcune poesie, come un arabescato e prezioso filet.
1   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
Rita Niffoi Inserito il - 07/11/2013 : 21:01:59
E bene, secondo me, faceva Mastino a non perdonare Murenu per quei suoi versi esagerati e volgari, che con la scusa del componimento poetico offendevano una comunità intera. E' pur vero che forse furono proprio quei versi a causare la morte del poeta cieco, spinto da tre sicari in un dirupo nei pressi della sua casetta e della chiesa di Santa Croce, alla quale egli aveva dedicato dei bellissimi gosos. Quanta differenza fra i versi astiosi scritti per denigrare Bosa e il componimento religioso che fu diffuso
( e copiato) in tanti paesi della Sardegna!
Bosa è bella, è magica!

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