Forum Sardegna
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Nota Bene: La Sardegna con i suoi 976.500 ettari è la Regione con la maggiore superficie boscata d’Italia di cui ne rappresenta l’ 11,3%; questa superficie è maggiore dell’intera regione Marche.
La Sardegna ha anche la maggior superficie boschiva per abitante, ben 0,59 ettari (5.900 mq) per ogni sardo.



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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
Tharros Inserito il - 22/07/2009 : 20:16:29
Non avendo indicazioni sicure inizio qui questo nuovo post. Qualcuno nel caso lo sposterà.


Paesi e città della Sardegna la storia dei nomi e significati.

Nella mia regione molti paesi non hanno una storia ben definita riguardante il loro nome se c’è qualche piccolo accenno di storia, poca roba A volte deriva, il nome, da coloro che sono arrivati sul posto, hanno costruito una casa che poi nel tempo è diventato borgo, paese ecc. Anche qui come in gran parte d’Italia molti dei nomi derivano da insediamenti romani. Comincio io questo post che mi auguro sia interessante per tutti. Mi sono tenuto le città Regie, per non far torto a nessun Paradisolano che ha la fortuna di abitare nell’Isola. Ci sono 377 comuni, se non vado errato c’è parecchio da fare.



Castelsardo. Mentre passava il tempo cambiava anche il nome. Fondato dai Doria nel 1102 ( non è certo) con il nome di Castelgenovese. Vi abitò nel corso del XIII° secolo Eleonora d’Alborea insieme al marito Brancaleone Doria. Nel 1448 arrivarono i nuovi conquistatori, i catalano-aragonesi e il nome cambiò in Castelaragonese. Infine assunse il nome che porta ancora adesso con l’arrivo dei Savoia.

Sassari.
( La capitale di sopra) Si sa che il territorio era abitato fina dalla preistoria e si suppone che il primo abitato fosse stato costruito come punto commerciale di transito, per le direttrici che portavano al mare e dal mare partivano, in quello che adesso è il rione di S.Ampollinare Si sviluppò come una vera città e verso la metà del duecento gli abitanti cacciarono anche i giudici di Torres e fecere comunella con i Genovesi conferendosi il titolo di repubblica. Le prime leggi risalgono al 1300 ( Statuti Sassaresi). A Sassari ci passarono più o meno tutti: Pisani Genovesi Aragonesi Spagnoli e Piemontesi. Fu ammessa all’ Italia nel 1861.

Alghero
Sul nome ci sono discussioni da quando la città esiste. Chi lo fa discendere da Algeri o Algeciras con significato di “ Golfo riparato con un’isola in mezzo” oppure da Alguer “Luogo della alghe marine” in catalano. In sardo si chiama S’ Alighera con lo stesso significato o anche Barcelloneta. La data di fondazione è la stessa di Castelsardo, quindi un po’ sospetta. Le varie vicissitudine portarono Alguer ad essere una città abitata solo da Catalani con leggi proprie e concessioni esenti in altre parti dell’Isola.

Bosa.
Una leggenda sulla fondazione di Bosa che ne imputa il nome Originale a Calmedia, figlia o moglie di Sardus. Però la storia di Bosa parte, si può dire dal 1112 quando un ramo dei Malaspina costruì il Castello che ancora oggi sovrasta la Cittadina. Il castello fu ampliato nei secoli successivi dai vari dominatori che si susseguirono: Pisani, Gli Arborea e gli immancabili Aragonesi.

Oristano. Aristanis in sardo, Oristan in spagnolo, Oristany in catalano. Orestano, Aristanis, Arestani, Aristianes, Aristanes, Arestano, Aristamnum, Auristagni, Oristagni. Sembra che il nome derivi dalla pescosità degli stagni. La città fu fondata verso l’anno 1070 quando il Vescovo e signore di Tharros si trasferì nella nuova città edificata solo in parte ( trattasi anche questa di leggenda) portandosi appresso il materiale. “ Da Tharru portan sa pedra a carru”..racconta una canzone popolare.

Iglesias. In passato il nome era Villa di Chiesa e ancora prima Argentaria, per via delle miniere.
Fu una separazione dal giudicato di Cagliari a renderla indipendente e fu amministrata dai conti Donoratico frai i quali il mai compianto Ugolino della Gherardesca ma che amministrò con sapienza dando anche il primo codice legale “ Il breve di Villa di Chiesa” Dopo di lui i Figli Guelfo e Lotto. Poi nel 1323 Sbarcò Alfonso di Aragona e per i Pisani fu festa finita.

Cagliari. Il nome è di origine Orientale Karales, così chiamata dai Fenici e nome con cui la conobbero i romani. Il nome pare significare roccia oppure Altura fortificata. Uno scrittore di fine secolo la chiamo “ Bianca Gerusalemme” Furono però i pisani a portare la civiltà ed anche a costruire il castello che ora da il nome sardo alla città: Casteddu.

Le informazioni sono state tratte da pubblicazioni varie e qualcosa da internet. Spero di non aver scritto cose errate. Nel caso chiedo venia.




15   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
errante Inserito il - 15/02/2011 : 16:05:46




24,69 KB

Paradisola Inserito il - 15/02/2011 : 07:31:05
Ragazzi la discussione è interessante ma potrebbe esserlo molto di più evitando il mero copia e incolla, meglio inserire del contenuto originale o comunque se trovate degli spunti interessanti su altri siti bisogna inserire la fonte.

Sarebbe utile anche inserire dei video, su you tube potete trovare di tutto e di più e in questo caso la fonte è già presente all'interno del video.

Grazie, Domenico
errante Inserito il - 13/02/2011 : 14:52:26
La Storia Banari (ss)

Il territorio
Banari e' un piccolo paese del nord-ovest della Sardegna, in provincia di Sassari, esteso 2127 Ha. Ed una popolazione al 2004 di 658 abitanti.
Fin dal periodo nuragico il territorio di Banari e' stato interessato dalla presenza umana; nuraghi e domus de janas ne sono la testimonianza.
Da allora questa presenza e' stata costante, pur se le vicende storiche che si sono succedute hanno modificato le realta' in esso presenti e, sulle quali, seppur sommariamente daro' dei brevi cenni.
E' storicamente accertato che nel territorio degli attuali comuni di Banari, Ossi e Florinas vi fossero 15 villaggi i cui toponimi si trovano nei vari censimenti spagnoli.
Uno di questi villaggi era Cea (o Sea . o Seve), del quale resta la chiesa intitolata a S.ta Maria di Cea (o Santa Maria 'e Se) a circa 5 km. da Banari, sulla provinciale per Ittiri; questo villaggio risulta ancora abitato agli inizi del XIV secolo. L'insediamento romanico, costituito dalla chiesa e dall'annesso romitorio, e' stato negli anni scorsi interessato da una campagna di scavi.
La presenza dei due fiumi (il Riu de s'Adde e il Rio Biddighinzu), varie fontane, documenti, la scritta gotica posta sul lato destro del portone della chiesa, la fertilita' dei luoghi, sono la testimonianza della presenza umana fin dall'eta' nuragica. In epoca medioevale faceva parte della curatoria di Figulinas, portata in dote da una parente dei giudici di Torres a Corrado Malaspina.
Ulteriore conferma della presenza dell'ordine cavalleresco puo' essere la croce a forma di Tau posta sotto l'iscrizione indicante la costruzione (o restauro) della chiesa, con la data 1260; tale tipo di croce e' uguale al simbolo dei Cavalieri di San Giacomo di Altopascio; nonche', nelle vicinanze, sull'altro lato del fiume l'esistenza di una chiesa intitolata a Santu Jagu (San Giacomo), della quale resta il toponimo.
L'importanza, anche economica, del villaggio di Cea ha fatto si' che essa divenisse un feudo, del quale fu investita una delle famiglie piu' importanti della Sardegna: i Castelvi', (con il titolo di Marchesi di Cea) e diede un posto nel Parlamento prima spagnolo e poi piemontese ai prelati insigniti del titolo di Abate di Santa Maria di Cea e di San Michele di Salvenero. Ai Cavalieri di Altopascio subentrarono i vallombrosani, per circa un secolo e che, grazie all'opera dei numerosi servi, realizzarono miglioramenti fondiari, costruirono vari mulini ad acqua, alcuni dei quali attivi fino alla fine dell'800, finche' la malaria, la peste e le invasioni saracene non costrinsero l'ordine ad allontanare gli ultimi frati.
L'attuale centro abitato di Banari, fece parte della curatoria di Mejulogu e, gia' in epoca romana risulta abitata.
Il suo nome (come quello che si trova in bolle pontificie: Vanari) ha dato luogo a varie interpretazioni personalmente ritengo che voglia dire "Villaggio sopra i fiumi" (anà-ry).
L'attuale struttura urbanistica fa, in parte, intravedere quella medioevale: cioe' la presenza di due ville, una insistente attorno alla chiesa di San Lorenzo e l'altra a quella di San Michele (resta ancora nel ricordo dei piu' anziani la distinzione tra caffeari e groddini data da tempi immemorabili agli abitanti dei due rioni).
Niente e' rimasto della struttura. originaria, infatti, dal XVIII secolo la chiesa di San Lorenzo e' stata interessata da continue modificazioni fino al presente stile neoclassico ed opera dell'architetto padre Canu progettista di altre chiese fra le quali l'imponente chiesa di San Pantaleo a Sorso.
La primitiva chiesa, in stile romanico come quella di San Michele, venne ampliata la prima volta nel 1722 ad opera del Rettore Gavino Manunta che fece costruire a sue spese il presbiterio e la cappella dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. Nel 1732 fu la volta della cappella di S. Antonio, e nel corso del XIX secolo le altre, con il contributo di vari parroci ma anche con quello dei parrocchiani. Alla fine del 1597 e' da attribuire la costruzione del massiccio portone. Durante l'ultimo restauro e' stato riportato alla luce uno degli affreschi che abbelliva la chiesa.
Alla chiesa e' annesso un civettuolo campanile a forma ottagonale.
A qualche decina di metri dalla chiesa parrocchiale di San Lorenzo si trova l'Oratorio di Santa Croce, con una pregevole facciata in trachite rossa di Banari, sede fino ad una , cinquantina di anni fa della omonima Confraternita, la cui origine risaliva alla prima meta' del 500, dallo Statuto della quale (redatto in lingua sarda)si presume che, anche. a Banari fosse , stato presente in precedenza il movimento laico dei Disciplinanti bianchi.
Banari offre al visitatore anche dei caratteristici esempi di edilizia civile costituita, sia dalla cosiddetta architettura povera, sia dalle costruzioni localizzate in "Carrela de sos Palattos" (la strada dei palazzi), sia nelle abitazioni ubicate nelle vicinanze della piazza di Santu Jagu, ove nel XIX secolo avevano la residenza commercianti ed artigiani, tali abitazioni, sono da considerare dei palazzi di tipo urbano, che si differenziano dall'archittetura povera, perche' in essi, costruiti in trachite rossa, appaiono fregi, cornicioni, anche di particolare pregio.
Il territorio offre circa 1800 ettari di verde, con possibilita' di immergersi in una natura incontaminata. Vari csono i personaggi che hanno fatto conoscere Banari in Sardegna ed in Italia: Mons. A.M. Solinas, vescovo di Nuoro dal 1803 al 1812, Mons, Diego Marongiu Delrio arcivescovo di Sassari dal 1872 al 1905 che si distinsero entrambi nella difesa dei piu' deboli, Benedetto Arru, allievo di G. Marconi per vari anni direttore della radio vaticana, durante i moti antifeudali si distinsero alcuni membri della famiglia Solinas, che assieme alla famiglia Simon alla quale apparteneva l'allora abate di Santa Maria di Cea, furono tra i fondatori del partito democratico.


Il territorio
Banari e' un piccolo paese del nord-ovest della Sardegna, in provincia di Sassari, esteso 2127 Ha. Ed una popolazione al 2004 di 658 abitanti.
Fin dal periodo nuragico il territorio di Banari e' stato interessato dalla presenza umana; nuraghi e domus de janas ne sono la testimonianza.
Da allora questa presenza e' stata costante, pur se le vicende storiche che si sono succedute hanno modificato le realta' in esso presenti e, sulle quali, seppur sommariamente daro' dei brevi cenni.
E' storicamente accertato che nel territorio degli attuali comuni di Banari, Ossi e Florinas vi fossero 15 villaggi i cui toponimi si trovano nei vari censimenti spagnoli.
Uno di questi villaggi era Cea (o Sea . o Seve), del quale resta la chiesa intitolata a S.ta Maria di Cea (o Santa Maria 'e Se) a circa 5 km. da Banari, sulla provinciale per Ittiri; questo villaggio risulta ancora abitato agli inizi del XIV secolo. L'insediamento romanico, costituito dalla chiesa e dall'annesso romitorio, e' stato negli anni scorsi interessato da una campagna di scavi.
La presenza dei due fiumi (il Riu de s'Adde e il Rio Biddighinzu), varie fontane, documenti, la scritta gotica posta sul lato destro del portone della chiesa, la fertilita' dei luoghi, sono la testimonianza della presenza umana fin dall'eta' nuragica. In epoca medioevale faceva parte della curatoria di Figulinas, portata in dote da una parente dei giudici di Torres a Corrado Malaspina.
Ulteriore conferma della presenza dell'ordine cavalleresco puo' essere la croce a forma di Tau posta sotto l'iscrizione indicante la costruzione (o restauro) della chiesa, con la data 1260; tale tipo di croce e' uguale al simbolo dei Cavalieri di San Giacomo di Altopascio; nonche', nelle vicinanze, sull'altro lato del fiume l'esistenza di una chiesa intitolata a Santu Jagu (San Giacomo), della quale resta il toponimo.
L'importanza, anche economica, del villaggio di Cea ha fatto si' che essa divenisse un feudo, del quale fu investita una delle famiglie piu' importanti della Sardegna: i Castelvi', (con il titolo di Marchesi di Cea) e diede un posto nel Parlamento prima spagnolo e poi piemontese ai prelati insigniti del titolo di Abate di Santa Maria di Cea e di San Michele di Salvenero. Ai Cavalieri di Altopascio subentrarono i vallombrosani, per circa un secolo e che, grazie all'opera dei numerosi servi, realizzarono miglioramenti fondiari, costruirono vari mulini ad acqua, alcuni dei quali attivi fino alla fine dell'800, finche' la malaria, la peste e le invasioni saracene non costrinsero l'ordine ad allontanare gli ultimi frati.
L'attuale centro abitato di Banari, fece parte della curatoria di Mejulogu e, gia' in epoca romana risulta abitata.
Il suo nome (come quello che si trova in bolle pontificie: Vanari) ha dato luogo a varie interpretazioni personalmente ritengo che voglia dire "Villaggio sopra i fiumi" (anà-ry).
L'attuale struttura urbanistica fa, in parte, intravedere quella medioevale: cioe' la presenza di due ville, una insistente attorno alla chiesa di San Lorenzo e l'altra a quella di San Michele (resta ancora nel ricordo dei piu' anziani la distinzione tra caffeari e groddini data da tempi immemorabili agli abitanti dei due rioni).
Niente e' rimasto della struttura. originaria, infatti, dal XVIII secolo la chiesa di San Lorenzo e' stata interessata da continue modificazioni fino al presente stile neoclassico ed opera dell'architetto padre Canu progettista di altre chiese fra le quali l'imponente chiesa di San Pantaleo a Sorso.
La primitiva chiesa, in stile romanico come quella di San Michele, venne ampliata la prima volta nel 1722 ad opera del Rettore Gavino Manunta che fece costruire a sue spese il presbiterio e la cappella dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. Nel 1732 fu la volta della cappella di S. Antonio, e nel corso del XIX secolo le altre, con il contributo di vari parroci ma anche con quello dei parrocchiani. Alla fine del 1597 e' da attribuire la costruzione del massiccio portone. Durante l'ultimo restauro e' stato riportato alla luce uno degli affreschi che abbelliva la chiesa.
Alla chiesa e' annesso un civettuolo campanile a forma ottagonale.
A qualche decina di metri dalla chiesa parrocchiale di San Lorenzo si trova l'Oratorio di Santa Croce, con una pregevole facciata in trachite rossa di Banari, sede fino ad una , cinquantina di anni fa della omonima Confraternita, la cui origine risaliva alla prima meta' del 500, dallo Statuto della quale (redatto in lingua sarda)si presume che, anche. a Banari fosse , stato presente in precedenza il movimento laico dei Disciplinanti bianchi.
Banari offre al visitatore anche dei caratteristici esempi di edilizia civile costituita, sia dalla cosiddetta architettura povera, sia dalle costruzioni localizzate in "Carrela de sos Palattos" (la strada dei palazzi), sia nelle abitazioni ubicate nelle vicinanze della piazza di Santu Jagu, ove nel XIX secolo avevano la residenza commercianti ed artigiani, tali abitazioni, sono da considerare dei palazzi di tipo urbano, che si differenziano dall'archittetura povera, perche' in essi, costruiti in trachite rossa, appaiono fregi, cornicioni, anche di particolare pregio.
Il territorio offre circa 1800 ettari di verde, con possibilita' di immergersi in una natura incontaminata. Vari csono i personaggi che hanno fatto conoscere Banari in Sardegna ed in Italia: Mons. A.M. Solinas, vescovo di Nuoro dal 1803 al 1812, Mons, Diego Marongiu Delrio arcivescovo di Sassari dal 1872 al 1905 che si distinsero entrambi nella difesa dei piu' deboli, Benedetto Arru, allievo di G. Marconi per vari anni direttore della radio vaticana, durante i moti antifeudali si distinsero alcuni membri della famiglia Solinas, che assieme alla famiglia Simon alla quale apparteneva l'allora abate di Santa Maria di Cea, furono tra i fondatori del partito democratico.



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Tharros Inserito il - 13/02/2011 : 13:30:20
Si si continuo ma servirebbe anche l'aiuto dei Paradisolani...con tutti i paesi rappresentati...scansafatiche sono!!
Nuragica Inserito il - 14/06/2010 : 09:03:01
Continua...????
Tharros Inserito il - 18/03/2010 : 06:44:41
Il Toponimo

Teoricamente, l'origine del toponimo Arzachena sarebbe di origine preromana e a favore di questa tesi ci sarebbe una relazione tra alcuni toponimi sardi, quali Arzachena, Ardali, Bargasola, Libisonis, Scandariu, Sindia, Siniscola, Tiana e toponimi dell'Asia Minore, luogo dal quali si ipotizza possano essere giunti, in epoche antichissime, genti in cerca di nuove terre. Un'altra affascinante ipotesi d¨¤ al toponimo Arseguen un'origine greca, visto che gi¨¤ nell'Odissea viene citata la citt¨¤ di¦¡¦Ñ¦Ó¦Á¦Ê¦É¦Á a come capoluogo del popolo dei lestrigoni i quali avrebbero abitato questa porzione dell'Isola. In ogni caso, la pi¨´ antica documentazione del toponimo di Arzachena, nella forma Arsaghene, risale al 1421 nella Carta d'infeudazione concessa da Alfonso V di Spagna a Ramboldo de Corbaria.


Tracce di Storia


In et¨¤ preistorica, a partire dal V millennio a. C., si colloca il pi¨´ antico insediamento isolano legato alle culture portatrici del megalitismo, la cui identificazione ha dato origine al fenomeno culturale noto nel mondo archeologico come "cultura di Arzachena". In epoche successive, la dislocazione in prossimit¨¤ del mare e la disponibilit¨¤ e variet¨¤ di risorse naturali hanno reso il territorio particolarmente idoneo per l'insediamento di comunit¨¤ basate su un'economia sia di sussistenza che di sviluppo. In particolare, durante l'Et¨¤ del Bronzo, fra il XVI e il X secolo a. C., si constata un denso popolamento della zona documentato da un territorio costellato di insediamenti. Si assiste, inoltre, ad uno sviluppo dell'architettura nuragica distinta da forme di particolare maestosit¨¤, soprattutto nell'aspetto funerario: le tombe di giganti. Queste fanno capo ad estesi insediamenti costituiti da nuraghi sia semplici che complessi, attorno ai quali si sviluppano spesso villaggi particolarmente articolati (vedi, ad esempio, i complessi di La Prisgiona e di Malchittu). I materiali culturali che vi si rinvengono mostrano la partecipazione delle comunit¨¤ che vi risiedevano ad attivit¨¤ "commerciali" di scambio sia isolane che transmarine.
In et¨¤ storica, dopo sporadiche e documentate frequentazioni puniche assume particolare significato la presenza romana, tanto da essere citata nell'Itinerarium Antoniano (una sorta di carta stradale dell'Impero) la stazione di Turibulum Minus, dislocata fra il golfo di Arzachena e l'attuale centro abitato.
Come per molti dei paesi galluresi, all'origine della nascita della cittadina moderna ¨¨ la presenza della settecentesca chiesa campestre di Santa Maria Maggiore (attualmente denominata Santa Maria della Neve), attorno alla quale nel 1776, per volont¨¤ di Carlo Emanuele Filiberto, di Vittorio Amedeo III di Savoia e del Vescovo Mons. Francesco Guiso, prende forma il centro abitato dell'attuale Arzachena, che assume ben presto dimensioni ragguardevoli per un fenomeno di inurbamento e con l'arrivo di numerosi artigiani dall'entroterra gallurese. Verso la fine dell'Ottocento, il paese comincia la sua crescita di carattere economico, crescita limitata dallo stato di isolamento rispetto ai centri maggiori (Tempio Pausania, il suo capoluogo, Olbia e Palau) per mancanza di strade. Grazie alla tenace azione di un "Comitato pro-autonomia" costituitosi nel 1909 (853 abitanti), guidato dal giovane maestro elementare Michele Ruzittu e animato dagli arzachenesi pi¨´ facoltosi (proprietari terrieri, imprenditori agricoli, commercianti ed artigiani), il 4 febbraio 1922 segna la svolta col raggiungimento dell'autonomia comunale. La costruzione immediatamente successiva della strada Olbia-Palau ed i collegamenti stradali migliorati con Tempio pongono fine al proverbiale isolamento, consentendo l'avvio di un moderno processo di crescita.




Tharros Inserito il - 10/03/2010 : 14:14:57
Monteleone Roccadoria

Tracce di Storia

Monteleone Rocca Doria è un paese che vanta origini antichissime. L'elevato numero di nuraghi ubicati nella zona ed il ritrovamento di monete, di stoviglie e cisterne scavate nella roccia calcarea che testimoniano l'insediamento di diverse civiltà (romana, cartaginese etc.) Il paese conobbe il massimo splendore nel periodo feudale con l'insediamento dei Doria. Fu proprio in tale periodo che venne edificato il castello, dal quale dominarono per circa 3 secoli il vasto territorio, invadendo sovente quelli limitrofi di Sassari, Alghero e Bosa. Proprio la reazione a queste scorribande diede origine ad un assedio durato due anni da parte degli eserciti di quelle città e nel 1436 la roccaforte capitolò per fame. E’ situato nella Sardegna Nord-Occidentale, in provincia di Sassari in un rilievo tabulare (Su Monte) sulla cui sommità sorge il paese. Il territorio comunale è in gran parte occupato dalle acque del lago sul Fiume Temo, un lago artificiale realizzato nei primi anni Ottanta che ha trasformato radicalmente il paesaggio conferendogli un aspetto assai più vario con forme tipiche dell’ambiente lacustre, isolette, piccole lingue di terra, lunghi bracci che riempiono valli profondamente incise dai piccoli corsi d’acqua della zona. Questo nuovo ambiente costituisce un nuovo habitat per specie animali e vegetali. Sono presenti numerose strade vicinali, mulattiere e sentieri che conducono alle varie località del luogo.

Tharros Inserito il - 25/12/2009 : 23:06:53
La cultura di Monte Claro credo si riferisca al modo in cui si costruivano i vasi...Calcolitico o eneolitico sono lo stesso periodo storico e in Sardegna è il periodo in cui lentamente si abbandona l' ossidianta per l' uso dei metalli. Periodo 2.800-1.800 a.C.
robur.q Inserito il - 25/12/2009 : 18:42:06
Turritano ha ragione: i Doria erano in gran parte sardizzati, anche se ovviamente avevano forti legami e interessi con Genova di cui mantenevano ancora la cittadinanza e svariate proprietà.
Facevano soprattutto i loro interessi, divisi fra Sardegna e Liguria.
Quanto a Chiaramonti, in sardo Craru, Claru, Tzaru sono varietà fonetiche della stessa parola, etimologicamente CLARUS, che significa sostanzialmente "senza vegetazione alta" e che quindi permette ampia visuale. Uno dei colli di Cagliari si chiama Monti Craru, italianizzato in Monte Claro, e a parte un recente rimboschimento, era privo di vegetazione; ora è un parco urbano ed è noto in archeologia per aver dato il nome di una cultura credo calcolitica individuata la prima volta a Monte Claro.
Tharros Inserito il - 24/12/2009 : 18:38:29
Toponimo

Gli abitati di Villanova Monteleone si ritiene siano originari di Monteleone Rocca Doria, da cui ha origine storicamente la nuova cittadina di Villanova: Bidda Noa de Monteleone, ossia città nuova di Monteleone. Fino al 1771 conosciuta come Villa nueva.

Tracce di storia

Il paese in origine sorgeva intorno al santuario di Interrios (dove oggi è presente oltre il santuario dedicato alla Madonna anche un'antica colonia di vacanze per ragazzi) a qualche chilometro dal paese successivamente avendo subito una grande e cruenta invasione moresca proveniente dalla base della località di Monte Cucu, situato sulla strada Alghero - Bosa. La battaglia fu molto cruenta, con morti e parecchi abitanti fatti schiavi, da cui il nome anche di "campu dolorosu". Gli abitanti per ragioni di sicurezza traslocarono ancora una volta su un costone più interno del loro territorio, denominato Santa Maria, e lì ricostruirono il paese. Sviluppatasi notevolemente quale centro di commercio e crocevia per le zone dell'interno, quali Montresta, Bosa ecc., Villanova divenne centro di comunicazione e passaggio per le città di Alghero e Sassari. Durante il XX secolo cresce sino a sfiorare i 6.000 abitanti, ma le successive emigrazioni la riducono alla popolazione attuale. Villanova sino a dopo la seconda guerra mondiale era sede di pretura, e di caserma mandamentale di carabinieri a cavallo.



Tharros Inserito il - 21/12/2009 : 14:26:54
Grazie Turri..le precisazioni sono sempre ben accette..anche perchè per le notizie io mi affido ad internet nei vari siti comunali e altri.
Turritano Inserito il - 19/12/2009 : 23:26:14
Tzaramonte
Tharros ha scritto:

Chiaramonti
Il toponimo medievale Claramontis si è trasformato in Claramunt; quindi Saramonte, Caramonte, Ciaramonte e, finalmente, Zaramonte [1], denominazione tuttora in uso nella variante sarda locale. In breve, il nucleo abitato è posto “a giaru”, e cioè in luogo chiaramente visibile anche da lontano, perché in posizione dominante.
....... verso sud-ovest e lungo la direttrice Ploaghe-Nulvi, .......
Vi si ammira, in uno stato di conservazione ancora buono, la chiesetta di Santa Maria Maddalena ..... è stata eretta, forse, agli inizi del 12° secolo.
Successivamente alla sua divisione in giudicati, in Sardegna furono costruiti numerosi castelli ...... Fra questi il castello di Chiaramonti, edificato dalla potente famiglia genovese dei Doria intorno al 13° secolo. Gli stessi Doria avevano già realizzato le rocche di Castelgenovese e di Alghero. ....... aveva, quasi dirimpettaia, l’altra rocca genovese di Casteldoria, che guarda anche verso Castelgenovese. ......Le fortune alterne dei Doria hanno coinvolto anche il nostro castello. Sconfitti nel 1348 da Rambaldo di Corbera, i genovesi riebbero la rocca due anni dopo in conseguenza del loro riavvicinamento al re d’Aragona, cui si erano prima ribellati. ......il castello venne ceduto a Brancaleone Doria, marito di Eleonora d’Arborea e che non potè tuttavia possederlo.
.................

Mi permetto, come al solito, di fare delle precisazioni, sicuro che Tharros capisca il mio intervento:
"Tzaramonte": nome che è riduttivo e improprio definirlo "ancora in uso nella variante locale", in quanto ché la "variante locale", non è altro che il Logudorese, una delle colonne della Lingua Sarda (e il paese è chiamato ancora oggi "Tzaramonte" in tutto il Logudoro).
"A giaru" in logudorese significa "in chiaro", a prescindere dalla sua "visibilità" e "dominanza". Quindi, in questo caso, "a giaru" sarebbe una traslazione del vero significato del termine.
"Successivamente alla sua divisione in giudicati": i Giudicati hanno un origine decisamente anteriore al 12 secolo.
"edificato dalla potente famiglia genovese dei Doria io esiterei due volte prima di affermare che i Doria erano, in quei tempi, una "famiglia genovese", ma direi, credo più esattamente, di "origine genovese". Infatti i Doria, una volta venuti in Sardegna e ottenuta la parte Nord orientale del Giudicato di Logudoro (o Torres), si sardizzarono ben presto: matrimoni ripetuti nel tempo con gente Sarda (l'esempio più noto è quello di Brancaleone Doria con Eleonora d'Arborea, prima che diventasse "Giudichessa" del Giudicato omonimo), e non erano certo una testa di ponte in Sardegna della Repubblica Genovese.
"Castelgenovese, oggi "Castelsardo
"Alghero, al tempo denominata S'alighera (che in Sardo Logudorese significa "luogo di alghe", sinonimo: "mondezza") termine tutt'ora in uso in tutto il Logudoro e che, ancora oggi, è il nome sardo di Alghero.
"aveva, quasi dirimpettaia, l’altra rocca genovese di Casteldoria,: sempre per il ragionamento fatto prima, è completamente sbagliato definire "genovese i territori e castelli dei Doria e, comunque, è esagerato e stravagante dire che i due castelli sono "quasi dirimpettai" (si tratta di una distanza di almeno una 30na di km e non credo che da un castello si veda l'altro.
"i genovesi riebbero la rocca due anni dopo": insisto, è equivoco e fuorviante (in quel periodo storico), definire tout court i Doria "genovesi"
Turritano
Tharros Inserito il - 17/12/2009 : 11:39:35
ESTERZILI


Il toponimo deriva verosimilmente dal paleosardo . Esterzili una volta Stertilis, deriverebbe dal nome della gens Stertinia, che avrebbe posseduto latifondi nella zona. Faccio notare che il prof. Pittau dissente ma non da una versione diversa.



Tracce di Storia

Il toponimo deriva verosimilmente dal paleosardo. Il centro abitato ha forse origine romana considerato che nel suo territorio fu rinvenuta una tavola bronzea del I sec. d.C. che definiva i confini tra le comunità locali dei Galillenses e i Patulcenses. La villa medievale appartenne alla curatoria di Barbagia di Seulo nel Regno giudicale di Calari. Dal 1324 Esterzili entrò a far parte dei territori catalano - aragonesi del Regno di Sardegna e fu infeudata congiuntamente a Nicolò Carros, Bartolomeo Subirats e Guglielmo Montgry. Come le altre ville infeudate della Sardegna il primo embrione del suo municipio sorse nel XVIII sec. quando nell'isola furono istituiti i Consigli comunitativi, prima forma di rappresentanza municipale. Il 23 marzo 1843 la villa fu riscattata ai Marchesi Tellez Giron che ne detenevano il possesso dal 1777. Nel 1848 con la promulgazione della L. n. 295, in seguito alla fusione dei territori insulari del Regno di Sardegna con quelli peninsulari, per i quali con R. D. del 7 ottobre 1848 era stata decretata la riforma della legge comunale e provinciale, il centro fu riconosciuto come ente autonomo. La successiva Legge Rattazzi del 23 ottobre 1859 diede un nuovo assetto territoriale al Regno e nel 1865 l'ente assunse la struttura politico amministrativa propria del comune moderno. Il Comune faceva parte del territorio della Provincia di Nuoro ma, con l'istituzione nel 2001 delle nuove province, voluta dalla Regione Autonoma della Sardegna, L. R. n. 9, e divenuta operativa nel maggio del 2005, a seguito delle elezioni per il rinnovo dei Consigli provinciali, Esterzili è entrata a far parte del territorio della Provincia di Cagliari



Sarrokesu Inserito il - 21/11/2009 : 21:11:23
Tharros ha scritto che un delle etimologie del nome Baunei derivebbe da "badu" e poi l'agiunta del suffisso " eneis" riferito ad Enea.
Io ricordo d'aver letto che tale nome deriverebbe da "badu" e " nei" = neve; infatti in taluni periodi dell'anno, in inverno, l'antica strada orientale sarda, in quel punto risultando il più alto, era spesso bloccato dalla neve, da ciò il nome "bau-nei" "bau-nie": guado/passaggio nella neve.

Saluti, Sarrokesu.
Tharros Inserito il - 08/11/2009 : 11:36:10
Chiaramonti


Il toponimo medievale Claramontis si è trasformato in Claramunt; quindi Saramonte, Caramonte, Ciaramonte e, finalmente, Zaramonte [1], denominazione tuttora in uso nella variante sarda locale. In breve, il nucleo abitato è posto “a giaru”, e cioè in luogo chiaramente visibile anche da lontano, perché in posizione dominante.

Tracce di storia

Gli aspetti più significativi della storia locale sono legati a un insediamento camaldolese nelle aree di Orria Manna e Orria Pitzinna, verso sud-ovest e lungo la direttrice Ploaghe-Nulvi, dove pare si sia costituito un primo nucleo di persone che, successivamente, diedero vita al borgo di Chiaramonti. Vi si ammira, in uno stato di conservazione ancora buono, la chiesetta di Santa Maria Maddalena, esempio interessante di architettura romanico pisana, ricca di fascino anche per l’utilizzo sapiente della policromia dei conci, oltre che per il sito in cui è stata eretta, forse, agli inizi del 12° secolo.
Successivamente alla sua divisione in giudicati, in Sardegna furono costruiti numerosi castelli e altre strutture a scopo difensivo. Fra questi il castello di Chiaramonti, edificato dalla potente famiglia genovese dei Doria intorno al 13° secolo. Gli stessi Doria avevano già realizzato le rocche di Castelgenovese e di Alghero. L’antico maniero chiaramontese dominava, dall’alto del monte San Matteo (Su Monte nella parlata locale), la vallata che si estende da Martis e Laerru fino a Perfugas; aveva, quasi dirimpettaia, l’altra rocca genovese di Casteldoria, che guarda anche verso Castelgenovese. Sotto i bastioni della fortificazione e per ragioni evidenti di sicurezza, ma anche per la salubrità del luogo, sorse il primo nucleo di quello che divenne poi il villaggio di Chiaramonti. Le fortune alterne dei Doria hanno coinvolto anche il nostro castello. Sconfitti nel 1348 da Rambaldo di Corbera, i genovesi riebbero la rocca due anni dopo in conseguenza del loro riavvicinamento al re d’Aragona, cui si erano prima ribellati. Dopo la pace del 1355, fra il giudice d’Arborea e il re d’Aragona don Pietro si conveniva che il castello venisse consegnato all’arcivescovo di Arborea, in attesa che si pronunciasse al riguardo il papa Innocenzo VI. Nel 1357, il castello venne ceduto a Brancaleone Doria, marito di Eleonora d’Arborea e che non potè tuttavia possederlo.
Nel 1410, il castello venne assediato inutilmente da Guglielmo di Narbona, figlio del Visconte Almerico. Precipitate per sempre in Sardegna le sorti dei Doria, il forte continuò a far parte del patrimonio della casa d’Aragona. Tant’è che il re don Alfonso lo cedette in feudo nel 1439 (oppure nel 1443?) a certo Angelo Cano di Sassari, il quale lo abbandonò, lasciandolo andare definitivamente in rovina. Sui ruderi della fortezza venne edificata, probabilmente intorno al 1500, la prima chiesa parrocchiale, intitolata a San Matteo. Dell’antico maniero resta ancora una torre, già utilizzata come campanile dopo la costruzione della chiesa. Sottoposte a restauro conservativo, ora le architetture candide del monumento svettano sulla sommità del paese, quasi a vigilare ancora sulle sottostanti e fertili terre anglonesi.






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