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Nota Bene: Risale agli anni immediatamente successivi al 1860, una delle prime raffigurazione del treno e della ferrovia in Sardegna. La si trova nella tavola intitolata "Mih! Su caminu de ferru" , eseguita all'acquerello da Simone Manca di Mores per illustrare i costumi di Ploaghe.



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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
DedaloNur Inserito il - 26/11/2009 : 10:54:31
qui abbiam sfiorato il problema:
http://www.gentedisardegna.it/topic...whichpage=14
non sono al corrente di altre discussioni quindi vorrei parlarne diffusamente.
Partiamo dalle fonti storiche:
Da Festo:
Sardi venales alius alio nequior: ex hoc natum proverbium videtur, quod ludis Capitolinis, qui fiunt a vicinis praetextatis auctio Velentium fieri solet, in qua novissimus quisq deterrimus producitur a praecome senex cum toga paretexa, bullaque area, quo cultu reges soliti sunt esse E ...corum, qui Sardi appellantur: quia Etrusca gens orta est Sardibus ex Lydia.
Tyrrhenus enim inde profectus cum magna manu eorum, occupavit eam partem Italiae, quae nunc vocatur Etruria. At Sinnius Capito ait, Ti. Gracchum Consulem collegam P. Valeri Faltonis Sardiniam, Corsicam subegisse, nec praedae quicquam aliud, quam mancipia captum quorum vilissima multitudo fuerit.

Servio ad Aen X 172:
Insigne quem mater Aritia misit (quidam Populonia post XII Populos in Etruria constitutos , populos ex insula Corsica in Italia venissem et condisse dicunt. Alii Populonia Volaterranorum colonia tradunt. Alii Volaterranos Corsis eripuisse Populoniam dicunt.


Mi pare doveroso anche citare Strabone (V 2, 7) chiama Tyrrhenói anche gli antichi abitanti della Sardegna, quelli che si erano opposti alla conquista dell'Isola da parte prima dei Cartaginesi e dopo dei Romani. Sempre Strabone poi cita i pirati sardi che in particolare, agivano nei pressi di pisa.

Come noto Tirreni/Tirreno è un nome dai diversi significati:
1) indicherebbe Tirreno, colui che partì dalla Lidia con gli etruschi verso l'italia
2) l'etimo è ricollegabile a Tyrsenoi cioè i costruttori di Torri.

perchè dunque esistono questi antichi intrecci di tradizioni intorno ai Sardo-Etruschi e quale fu la natura del loro rapporto? si può dire che i Villanoviani o gli etruschi, definibili tali solo dall'VIII secolo sian in qualche modo derivati dai sardi?
8   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
DedaloNur Inserito il - 12/09/2011 : 12:50:26
Grazie Pimo, non conoscevo. ...tempo fa se ben ricordo avevo tovato un piccolo studio in cui si tentava di ricostruire la dislocazione delle tribù sarde in epoca romana, se riesco a beccarlo, farò sapere.
pimobalare Inserito il - 08/09/2011 : 23:50:00
DedaloNur ha scritto:

chi è Mattes Madao?

http://www.filologiasarda.eu/catalo...sez=36&id=79
Sto leggendo appunto il tomo 1° :"Dissertatione storiche apologetiche critiche"...ho inserito il link del pdf in precedenza...o forse no?..http://books.google.it/books?id=f-U...nati&f=false devi "raffinare molto..."ma qualcosina ne esce fuori, soprattutto per me che non ho studi "classici alle spalle"!!!
DedaloNur Inserito il - 08/09/2011 : 23:29:03
chi è Mattes Madao?
pimobalare Inserito il - 08/09/2011 : 17:08:27
DedaloNur ha scritto:



«Sono quattro le tribù delle montagne, i Parati, i Sossinati, i Balari, gli Aconiti,

sarebbe interessante se esista una localizzazione delle quattro tribù citate da Strabone: eccetto che per Balari non conosco alcuna localizzazione.

....
La collocazione ultima ufficiale dovrebbe essere questa:http://it.wikipedia.org/wiki/File:E...agiche-2.svg
MA.....Mattes Madao (1792) estrapolando da vari scritti + o meno antichi(compreso Strabone) li pone tutti al Nord, inoltre dice che:dice che:
Norace arrivò nella parte meridionale dell'isola(Giudicato di Tola, il cui porto è Capo Ercole), dove più a destra c'è il promontorio Cuniculario che chiamasi "Capo Pula"; lì vicino edificò una città che chiamò "Nora"(la prima città fondata in Sardegna da Norace, anche se vi erano già presenti città + antiche ( Torres, fondata da Ercole 322 anni prima di Nora e Cagliari,fondata dal greco Aristeo 200 anni prima di Nora)..........
Al Nord, secondo Mattes Madao ..è proprio Strabone che descrive i territori di (SS):la Nurra,abitata da popoli Taratesi, Sossinati, Balari, Aconiti..(non mai soggiogati nè da Cartaginesi nè da Romani..)
Stando alle parole del suo <Dissertatione storiche apologetiche critiche delle Sarde antichità, tomo I,>..le colloca al settentrione!!!!
Sassari = Tatari =Turritana
Sorso = Sossinati
(giusto per collegamento: Taranto = Tarentum: tutte colonie "Taratesi"
Porto Torres =Taphros = che egli colloca tra Castelsardo e le Bocche di Bonifacio = chiamata dai Romani "Fretum Gallicum"(anche se all'orecchio suona tanto..Tarros!!!)
La Corsica = Cirne
La Sardegna = Cadossene = Santa Pianella.........
Naturalmente................[8)..

Rimane la nebbia sui Parati e Aconiti? ( Anche se Parati...Tarati...)
Per gli Aconiti non sò..( anche se personalmente mi ricorda tanto :"Laconi" (or)...il "paese dei Menhir"..)



DedaloNur Inserito il - 01/09/2011 : 22:52:47
I rapporti sardo-etruschi sembrano contraddistinti da una proficua collaborazione, soprattutto sul fronte dello sfruttamento metallurgico. Però per contrasto dalle fonti classiche emergono anche episodi di conflittualità. alcuni episodi sembrano riflettere una storia moto risalente il passaggio di Festo. altri come quello di Servio si riferiscono, grosso modo, al periodo della battaglia del mar sardo.

poi eistono episodi storici Strabone osserva:

«Sono quattro le tribù delle montagne, i Parati, i Sossinati, i Balari, gli Aconiti, i quali vivono nelle spelonche e se hanno qualche terra adatta alla semina non la seminano con cura; anzi, compiono razzie contro le terre degli agricoltori e non solo di quelli dell’isola, ma salpano anche contro quelli del continente, soprattutto i Pisani

Strabone denuncia in prima persona l'andazzo riferendolo al suo presente, quindi non riporta notizie mediate da altri o riferite ad un passato troppo risalente.

sarebbe interessante se esista una localizzazione delle quattro tribù citate da Strabone: eccetto che per Balari non conosco alcuna localizzazione.



DedaloNur Inserito il - 01/09/2011 : 18:59:05
bhe dì la tua almeno...così magatri attiri altri interventi.
.machiavelli. Inserito il - 01/09/2011 : 17:06:46
Accidenti, mi era sfuggito. Grazie ad ambedue.
DedaloNur Inserito il - 01/09/2011 : 16:35:19
un grazie a Lessà per la segnalazione della mostra, Dai Santuari Nuragici ai tumuli etruschi di Vetulonia
http://www.gentedisardegna.it/topic...PIC_ID=17689

http://www.archeologia.it/detail.as...e=1&IDN=2051


In Toscana, nell'ambito dell'XI edizione de "Le Notti dell’Archeologia”, che quest'anno ha come tema "Le acque degli Antichi", il museo civico archeologico "Isidoro Falchi" di Vetulonia presenta la mostra “Navi di bronzo. Dai Santuari nuragici ai Tumuli etruschi di Vetulonia".
Il tema delle acque (risorsa idrica, spazio e strumento di dialogo commerciale e culturale) è lo sfondo ideale per un'esposizione che si incentra sui contatti fra civiltà ed etnie differenti e sugli scambi intrapresi fra l’etrusca Vetulonia e la Sardegna sin dall’Età del Bronzo.
La mostra indaga in particolare la complessa trama di rapporti fra la fascia costiera peninsulare toscana e la terra dei Sardi per evidenziare e chiarire il ruolo della componente nuragica e il peso della marineria vetuloniese nella distribuzione di oggetti importati e prodotti nei primi secoli dell’Età del Ferro.
Fulcro tematico e perno scenografico dell’esposizione sono le barchette bronzee. "Reperti che - spiega la direttrice del Museo di Vetulonia, Simona Rafanelli - possono a tutti gli effetti essere considerate la prima evidenza che collega la Sardegna nuragica al mare e Vetulonia alla Sardegna e al mare e che rappresentando idealmente una serie di ideogrammi che raccontano la storia incrociata dei due popoli del Mediterraneo”.
Chiave di lettura dell'esposizione sono le categorie ideali del mare, dell’acqua e del vino. A questo alludono infatti le navicelle (tradizionalmente interpretate quali lucerne o brucia profumi, che riproducono imbarcazioni ornate da protomi zoomorfe) e le fiaschette di tipo cipriota (riprodotte in miniatura negli omonimi pendagli bronzei) e le brocchette a collo obliquo e ventre arrotondato (che contenevano la preziosa bevanda, vero e proprio status symbol delle aristocrazie etrusche). C'è poi la classe delle armi e oggetti dell'ornamento personale rappresentati, nella forma simbolica di amuleto, da “faretrine” e bottoni nuragici. Reperti che si intrecciano e convivono all’interno di un itinerario che, per quanto riguarda la distribuzione dei materiali, esula volontariamente da una netta distinzione fra isola e continente.
Il percorso espositivo si ispira al tema più generale dell’eterno flusso e riflusso delle onde del mare, snodandosi attraverso un intricato sistema di realtà e simbolo, di allusioni e rimandi, di importazioni e riproduzioni e guidando il visitatore alla conoscenza di quegli oggetti che rappresentano il lascito materiale di una stretta relazione fra comunità etrusche ed isolane che risale a un’epoca remota e che coniuga gli estremi di un rapporto capace di promuovere dinamiche di sviluppo, crescita e integrazione culturale.
Per sottolineare la particolare dialettica instauratasi fra le città dell’Etruria settentrionale costiera e le principali isole del Tirreno. Al termine del circuito di visita, una sezione specifica è riservata all'unica città etrusca sorta sul mare: Populonia. Su questo tema, in ottobre, è previsto il Convegno di Studi Etruschi e Italici incentrato sui rapporti fra la città sul Golfo di Baratti e la Corsica.

Chiude la mostra il forte segno iconico del Tridente della tomba a Circolo di Vetulonia, per rappresentare una sorta di “passaggio di testimone” del dominio sul mare dalla Sardegna nuragica dell’Età del Bronzo alle città etrusche della costa tirrenica, prima fra tutte Vetulonia.

Le navicelle nuragiche

Le barchette bronzee sono la prima evidenza che collega la Sardegna nuragica al mare e Vetulonia alla Sardegna e al mare. Le ‘barchette’ o ‘navicelle’ sono un prodotto caratteristico della civiltà nuragica e costituiscono un eccezionale documento che ci parla di un vasto mondo di conoscenze: carpenteria navale, rotte, commerci, organizzazione sociale ed economica senza dimenticare la loro valenza quale segno di prestigio e potere che solo può spiegare la conservazione in luoghi ed epoche anche molto lontane, rispetto a quella della fabbricazione.
Questi reperti si ritrovano frequentemente nella penisola in corredi funebri (soprattutto a Vetulonia) e in ripostigli dell’Etruria tirrenica ma anche oltre, nella Campania villanoviana ed in Calabria.
Ognuna di queste navicelle non solo è un’opera di raffinato artigianato artistico e un oggetto prezioso e sacro, ma è anche un racconto e un messaggio che segue schemi e stilemi ricorrenti e dunque perfettamente comprensibili ai contemporanei quanto lo sono per noi sigle e stemmi.
Oggetto di dono tra capi o tra individui eminenti, le navicelle sono simbolo degli scambi commerciali e dei rapporti personali. Ma c’è di più. Esse potrebbero essere il segno dell’acquisizione di costumi esotici, di rituali stranieri da parte delle elites villanoviane per via del prestigio che esse dovevano presentare ai loro occhi. E' questo il caso delle fiaschette, ove testimoniano il costume di assumere bevande di tipo alcolico.
Oggetti caricati di valore simbolico e sacrale che in Sardegna sono presenti esclusivamente in contesti santuariali (pozzi sacri e templi), le navicelle bronzee, in Etruria, provengono da corredi tombali. A testimoniare ancora una volta come le forme di tesaurizzazione fino alla piena età Orientalizzante (VII sec. a.C.) fossero esclusivamente di tipo privatistico.
Sulla base dei dati archeologici e metallurgici e dello studio delle costruzioni navali antiche, la produzione delle barchette nuragiche si colloca all’apogeo della Civiltà Nuragica, nella piena padronanza delle risorse interne ed esterne che hanno determinato la presenza riconosciuta e ‘qualificata’ della Sardegna sulle rotte commerciali del Mediterraneo.
Così come i modellini di nuraghe (frequentissimi in pietra e in bronzo ed in dimensioni da scultoree a miniaturistiche) rappresentano sia il monumento che la comunità che lo aveva prodotto, anche i modellini di nave simboleggiano sia la nave cheil gruppo sociale che nei commerci, nella marineria e molto probabilmente anche nella pirateria, traeva il sostentamento per sé e per coloro che restavano a terra.

Il richiamo a terra, costante in Ulisse e nei suoi compagni, che in tutte le traversìe mantenevano il senso della loro identità e la tensione continua al “ritorno”, appare raffigurato, nelle navicelle, dal giogo di buoi, volto sempre verso la poppa come nelle barchette da Meana e dalla Tomba del Duce di Vetulonia, dalla protome bovina a prua, spesso riconoscibile dalle sferette sulla punta delle corna, come in una delle barchette dalla Tomba delle Tre Navicelle, dalle colonnine che rappresentano modellini di nuraghe come nell’‘albero’ di navicella da Furtei, dagli animali terrestri, come le volpi o i cani sulla barchetta da Meana, talvolta composti in scenette di caccia, come i due cani con il cinghiale sulla navicella dalla Tomba del Duce di Vetulonia.

Prezioso documento della signoria nuragica dell’età del bronzo finale (al tempo stesso metallurgica, navale e commerciale) non stupisce infine che in questi oggetti permanesse una forte valenza simbolica anche in epoca avanzata ed in ambito tirrenico, cosa che spiega la lunga tesaurizzazione di questi manufatti anche presso i discendenti (a Vetulonia, che del mondo nuragico ha raccolto le più vive ed importanti tradizioni, finivano come arredo di tombe principesce oppure divenivano offerta sacra in santuari portuali come Gravisca, Capo Colonna, Porto di Ostia).
“D’altra parte – conclude Simona Rafanelli – come si è già osservato, se i primi imperatori romani hanno voluto far risalire ad Enea e a Venere la propria stirpe, perché mai i principi vetuloniesi potevano esitare a richiamare fra i propri avi i mitici guerrieri, navigatori e pirati del Popolo delle Torri?”.

Valerio Giovannini



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