V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E |
Paradisola |
Inserito il - 21/04/2011 : 11:59:48 IL ROMANZO “E CANTAVAMO ALLA LUNA” E' STATO ISPIRATO DA UN LUOGO FISICO A ME CARO
Chi, come me, ha vissuto a Lanusei negli anni Sessanta-Settanta ancora ricorda certe domeniche o festività passate al bosco Seleni quando le famiglie arrivavano alle prime ore del mattino per riuscire ad accaparrarsi i tavoli di granito migliori posizionati sotto i lecci.
Era un momento aggregativo e socializzante che creava movimento e fermento ed interrompeva per qualche ora il silenzio e la solitudine del bosco millenario. Le famiglie apprestavano vere e proprie tavolate con pranzi pantagruelici, dove non poteva mancare l'arrosto di maialino allo spiedo fatto negli appositi spazi.
Chi ha vissuto quei momenti non ha dimenticato l'acqua gelida e pura che sgorgava di getto dalla sorgente e dalle altre due fontane minori. Il Selene (o meglio Seleni alla sarda) è sempre stato il vanto della cittadinanza lanuseina, orgoglio da mostrare al forestiero e bene da godere.
Come dimenticare l'orrore che suscitò in tutti l'incendio che scoppiò un giorno di un anno lontano degli anni Settanta? (Perchè non ci ricordiamo più quel momento? Ho chiesto a tanti lanuseini la data precisa ma non ne ho avuto notizia certa.
Eppure sono questi momenti che non devono essere dimenticati, che ci fanno capire quanto siamo legati ad un posto fisico, e quanto questo posto sia di un valore inestimabile da tramandare alle generazioni future!).
Tutta la popolazione accorse a spegnerlo spinta da una forza generata da un senso di comune appartenenza. Morivano lecci secolari, castagni possenti e verdeggianti, scompariva un fertile sottobosco; se ne andava una parte di noi.
Ricordo quel momento ancora con grande commozione, il sole che stava tramontando dietro il monte divenne rosso di brace. Noi lanuseini quel giorno avemmo paura, non stavamo perdendo solo una parte del nostro patrimonio paesaggistico e naturalistico, stavamo perdendo una parte della nostra storia.
Eppure, in quegli anni, nessuno di noi era pienamente consapevole di cosa fosse realmente la storia del nostro bosco. Conoscevamo l'esistenza di quell'ammasso di pietre, sulle quali bambini si andava a giocare, come resti di un antico nuraghe. Ma nulla di più.
Gli studi fatti da La Marmora ai primi dell'Ottocento o da Angelino Usai nella nostra epoca erano a conoscenza di pochi. Chi di noi sapeva dell'esistenza del bronzetto della sacerdotessa oggi conservato a Cagliari? Chi del pane rituale di farina di ghiande che facevano le nostre ave nuragiche?
Oggi, invece, dopo gli scavi iniziati negli anni Ottanta, siamo a conoscenza della rilevanza storico-archeologica che riveste il sito del Seleni: importante insediamento nuragico con pozzo sacro, grande villaggio all'intorno del nuraghe con centinaia di capanne e due grandi tombe dei giganti che fanno ipotizzare un importante centro religioso legato al culto delle acque e dei defunti. Io, allora bambina, qualcosa sognavo quando mi protendevo dalla roccia dove sorgevano le rovine del nuraghe. Gennaccìli, Genna 'e Cili , Porta del Cielo, era chiamato il nuraghe e il masso che si protendeva sulla vallata. Chissà quale antico passato si era svolto lassù. Chi aveva vissuto in quel bosco alto di Ogliastra? Oggi a distanza di quarant'anni ho preso la penna in mano e ho intessuto una storia, fantastica certo, non ha pretese di storicizzazione, ma che mi permette di rendere narrativamente con gli occhi della fantasia che cosa poteva essersi svolto lassù tanto tempo fa.
Ricercare le nostre origini non con i metodi scientifici dell'archeologo ma con quelli della passione letteraria che può avere la forza di ricreare l'aurea del mito.
Anche perchè, nel frattempo, in questi ultimi decenni, tanto si è andati avanti nella ricerca storico-archeologica dell'antico popolo sardo. E, non sorprende, se si paragonano altri siti sardi, di sentire parlare di culto delle acque, di culto alla luna, di incunaboli, di riti funebri legati a luoghi particolari.
Luoghi sacri come il bosco Seleni/Selene che della Luna ricorda con il termine greco il suo legame con l'astro notturno e con il suo antico culto.
Pia Deidda
http://zeniaeditrice.blogspot.com |
15 U L T I M E R I S P O S T E (in alto le più recenti) |
Pia |
Inserito il - 22/05/2011 : 13:20:19 Oggi condivido con voi una bella recensione scritta da Francesco Manca.
SE ESISTESSERO ANCORA I CANTASTORIE di Francesco Manca
Se esistessero ancora i cantastorie, quelli che fino a qualche secolo fa, chitarra in braccio, raccontavano le gesta di questo o quel personaggio, più o meno leggendario, non si farebbero certo scappare la storia di Airam, la sacerdotessa che cantava alla Luna. E canterebbero di come, tanti secoli fa, un popolo venuto dal mare, forte e potente, abbia cominciato la conquista della sua terra, ponendo dolosamente fine a un’epoca ma non riuscendo mai a estirpare la radice profonda di quella genìa. Racconterebbe come dal male subito sia nata comunque una speranza e di come quella storia sarebbe stata tramandata nei secoli, nei millenni, dal racconto della progenie di Airam, custode del tempo come l’Antonio Setzu di “Passavamo sulla terra leggeri”. Il mito raccontato da Pia Deidda è questo: una lunga ballata, quasi un racconto in versi, un poema fatto di ritmo e musica anche nelle parti più descrittive e drammatiche. Ed è anche una canzone d’amore per la sua terra, per la sua cultura, le sue tradizioni, la sua storia non scritta ma spesso detta, anche se quasi sempre a voce bassa. Terra difficile, la Sardegna. Irraggiungibile nella sua quintessenza anche per i suoi stessi abitanti. Terra unita, pur nelle sue ataviche divisioni. Unica e affascinante: “quasi un continente” la definì qualcuno che la conosceva bene. E questa terra c’è tutta nella storia-fiaba-leggenda-mito di Pia Deidda. Vista forse con l’occhio indulgente della figlia lontana, che quindi immagina un popolo unito e in pace al cospetto dell’arrogante invasore romano, quando c’è chi pensa che invece i sardi già allora così uniti non fossero. Ma chi può dire chi ha ragione? “E cantavamo alla Luna” è una storia al femminile. Non poteva essere altrimenti. La Luna era una divinità femminile, come l’acqua. E Airam è una sacerdotessa e anela una figlia cui tramandare i propri poteri. Airam è l’incarnazione della Grande Madre, la terra, nel cui grembo il seme dà nuova vita. Airam, donna, simbolo di un culto di vita e di pace, si oppone a Quinto Cornelio, uomo, condottiero delle truppe romane che stanno conquistando la Sardegna centrale, costringendo le genti che la abitano a spingersi sempre più in alto, sulla grande montagna d’argento. Quinto Cornelio è il rappresentante della civiltà imperialista, che vuole conquistare il mondo e imporre i propri dei. Ma il condottiero è anche un giovane uomo colto e raffinato, sensibile al fascino della terra che deve conquistare e dalla sacerdotessa che lo irretisce con il fascino dei suoi simboli. È lui la personalità più problematica del libro: vorrebbe fermarsi e tornare dalla sua giovane moglie a Roma, ma è un soldato e deve portare a termine il suo compito. E sarà un compito crudele. Ma la violenza delle truppe romane non piegherà il popolo di Airam, così come non riuscì mai a piegare del tutto le “civitates barbariae” della storiografia dei vincitori. Un nucleo originario, così si racconta, rimase libero. Di quella conquista, cominciata nel 238 e terminata (ufficialmente) nel 111 a.C. ci rimangono preziose vestigia e soprattutto il nucleo principale della lingua che poi conobbe un altro determinante influsso dalla dominazione spagnola. Anche i Quattro Mori, il simbolo della Sardegna, sono di origine spagnola, tanto che c’è chi non li riconosce e preferisce adottare come emblema dell’Isola l’albero sradicato degli Arborea. Ma, sembra dirci Pia con la sua parabola, i sardi di oggi sono la somma dei sardi di ieri; e così come per Airam ciò che è nato dal male può diventare prezioso bene, così i sardi di oggi possono trarre frutto dal proprio passato, anche da quello più doloroso, e costruire un futuro migliore. Ciò che non possono e non devono mai fare è dimenticare chi erano e chi sono: “Questo sarà il nostro compito…tramandare”. Infine, “E cantavamo alla Luna” è anche un atto d’amore di Pia per Lanusei, suo paese natale, che si affaccia sullo splendido golfo dell’Ogliastra e sui cui monti si possono ancora oggi visitare i resti del villaggio di Genna ‘e Cili, dove sorgeva il nuraghe: il Tempio di Airam.
Ringrazio infinitamente Francesco Manca sopratutto per avermi paragonato ad un cantastorie! Quando, a proposito dell'altro mio romanzo L'ultima jana, mi hanno chiesto in quale personaggio mi identificassi di più ho sempre risposto: Elias!!! Elias il cantastorie. Elias colui che canta storie di miti lontani, sardo aedo, per deliziare ma anche per non far dimenticare la propria storia di popolo. Colui che conserva. Ma crea anche mito.
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Pia |
Inserito il - 12/05/2011 : 09:14:15 apporto una correzione: gli scavi sono incominciati negli anni Novanta |
Flore |
Inserito il - 12/05/2011 : 08:49:19 Pia |
Pia |
Inserito il - 07/05/2011 : 11:17:50 Il mio editore Mario Murru della Zènìa editrice di Nuoro.
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Dietro s'intravvedono la scrittrice Giovanna Mulas e il poeta Gabriel Impaglione |
Pia |
Inserito il - 07/05/2011 : 11:13:05 Un saluto a Baronesia, Maria, Anto e Asinella 80 (bentornata!!! ma non dovevi venire a Torino per vedere la nuova Venaria Reale?) |
Pia |
Inserito il - 07/05/2011 : 11:11:13 | Baroniesa ha scritto:
Non avrei potuto essere presente comunque, per via del mio lavoro, ma quel titolo... Lo trovo nelle librerie di Nuoro e dintorni?
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L'editore mi dice: librerie Mondadori e Novecento.
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Asinella80 |
Inserito il - 07/05/2011 : 10:24:40 GRANDE LA PROF!!! Quando avrò mai il piacere di conoscerti!!! |
Anto |
Inserito il - 06/05/2011 : 23:27:58 anto |
maria |
Inserito il - 06/05/2011 : 20:52:56 Itte bella ki sese |
Pia |
Inserito il - 06/05/2011 : 16:14:53 |
Pia |
Inserito il - 06/05/2011 : 16:08:35 |
Pia |
Inserito il - 06/05/2011 : 16:06:30 E' stato commovente ed emozionante presentare il romanzo proprio nel luogo in cui si svolge la storia. E' stato bello rincontrare anche vecchi e affezionati amici. Il Bosco Seleni, la mia terra.
Adesso posto qualche foto...
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maria |
Inserito il - 02/05/2011 : 08:07:41 | Pia ha scritto:
Certo Baroniesa! La casa editrice Zènìa è di Nuoro e distribuisce in tutta la Sardegna. Ciao!
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Grazie Pia me lo faro portare da mia sorella quest'estate perche l'altro (via internet) lo sto ancora aspettando |
Pia |
Inserito il - 01/05/2011 : 07:41:08 Certo Baroniesa! La casa editrice Zènìa è di Nuoro e distribuisce in tutta la Sardegna. Ciao! |
Baroniesa |
Inserito il - 30/04/2011 : 17:00:31 Non avrei potuto essere presente comunque, per via del mio lavoro, ma quel titolo... Lo trovo nelle librerie di Nuoro e dintorni? |
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